Fanfiction partecipante al concorso “I
miss you”, indetto da malandrina4ever
Settima classificata a pari merito e vincitrice del Premio Originalità.
DISARMATO
«Rubeus! Rubeus
Hagrid! Che piacere rivederti!
Quercia, sedici
pollici, piuttosto flessibile; non era così?»
“Harry
Potter e La Pietra Filosofale”, Capitolo 5 - Pagina 83
Si era tutto
risolto per il meglio, grazie ad Harry e Hermione.
Infatti,
nonostante la pesante condanna a morte che gravava sul capo di Fierobecco,
l’animale magico era stato salvato dai due ragazzi, inaspettatamente. Soltanto in
seguito aveva scoperto lo zampino di Silente.
L’angoscia e il dispiacere
che aveva provato, dentro di sé, al solo pensiero della perdita che avrebbe
subito, erano stati devastanti. Essi inevitabilmente l’avevano portato
soprattutto a riflettere: sulla sua impotenza, di fronte alla barbarie che
sarebbe stata compiuta; sull’ingiustizia, un altro innumerevole esempio del
fatto che i ricchi purosangue erano in grado di prevalere su un mezzogigante
come lui; sulla malvagità, enorme flagello posseduto da alcuni uomini per
raggiungere i loro scopi, senza badare al male che causano; e, soprattutto,
sulla sua stessa impotenza, di fronte alla barbarie che sarebbe stata compiuta,
qualcosa che l’avrebbe colpito al cuore, senza che lui avesse potuto fare altro
che solo supplicare.
Inerme era
l’aggettivo che meglio lo definiva.
Un sinonimo di
'indifeso', 'debole', 'sprovvisto'.
Sprovvisto,
materialmente, di una bacchetta vera e propria, di quella bacchetta che gli era
stata spezzata in seguito all’espulsione da Hogwarts parecchio tempo prima, privo
della sua bacchetta.
Non si trattava
di un oggetto qualsiasi: per un mago era la passaporta per il mondo degli
incantesimi, la possibilità di esprimere le proprie capacità, il mezzo per
proteggere se stesso e gli altri.
In un primo
tempo, dopo la ‘spaccatura’ – come la chiamava lui – aveva conservato i due pezzi in un bauletto
in legno decorato, posto accanto al letto; ogni sera contemplava, pieno di
rammarico, quei pochi anni in cui aveva potuto praticare magie.
Silente,
l’allora professore di Trasfigurazione, gli era stato vicino, come del resto
avrebbe fatto sempre. Era stato proprio lui, successivamente, a donargli uno
strano ombrello a pois.
E non era strano
che, di quel giorno particolare, si ricordasse principalmente il sorrisetto
furbo sul volto dell’anziano.
«La ringrazio signor preside, ma non
avrebbe dovuto! E poi, possiedo già parecchi ombrelli… Non che questo non mi
piaccia, stia tranquillo, eh…»
«Diciamo che questo esemplare è
particolare, Rubeus.»
Una volta
tornato nella sua casetta, si era seduto sulla poltrona dinanzi al caminetto ad
esaminarlo. Dopo averlo rigirato due o tre volte, aveva trovato una fessura,
quasi invisibile, su uno di quei molteplici pallini che ricoprivano il tessuto
dell’ombrello; all’interno vi era un bigliettino che era riuscito ad afferrare
dopo qualche tentativo, a causa delle sue enormi mani da mezzogigante.
“Due rami di quercia per ripararti dalla
‘pioggia’ ” vi era scritto, con l’elegante calligrafia del
docente suo amico. Ci aveva messo neanche un attimo per capire a cosa fosse
riferito, così si era fiondato rapidamente nella sua camera, aveva aperto con
foga il bauletto, prendendo poi quello che rimaneva della sua bacchetta.
Tornato sempre speditamente nel salotto, aveva infilato i due resti nella
piccola apertura. Aveva poi acciuffato l’oggetto e si era diretto nel ripostiglio
tetro, confinante con la sua stanza da letto. Lì, agitato, lo aveva puntato
verso l’alto e aveva sussurrato “Lumos”: una lieve luce era fuoriuscita
dalla punta, rischiarando di poco l’ambiente buio.
Era stata quasi
una rinascita.
Col passare del
tempo, aveva ricominciato a padroneggiare la maggior parte degli incanti
elementari; tuttavia, quando si era accorto di non poter eseguire le magie più
articolate, l’euforia iniziale si era abbastanza diradata.
Sicuramente era
meglio di niente, ma il problema era che si sentiva inutile quando vi erano
scontri importanti, battaglie dove un “Expelliarmus” – per lo più debole
– serviva pochissimo. La sua smisurata forza fisica poi non riusciva a
compensare il vuoto lasciato da quella bacchetta integra, dall’unione di quei
due pezzi.
E la condanna
dell’ippogrifo l’aveva ancora ampiamente dimostrato.
Spesso il suo
animo era preso dalla malinconia di muovere la mano destra secondo le direttive
spiegate da Vitious. Quasi ogni sera, una volta ritiratosi, le ripeteva una a
una, per non dimenticarle.
Gli mancava
anche solo infilare le dita nella tasca destra e agguantare quei sedici pollici
di quercia.
Era grato ad
Albus Silente per tantissimi gesti che aveva fatto per lui, specialmente per
non averlo cacciato dalla scuola dopo l’episodio di Aragorn e Tom Riddle, e per
l’ombrello. Gli aveva permesso di tornare a possedere parte di quella ‘normalità’
che aveva avuto nei primi anni a Hogwarts, anche se non era stato abbastanza da
colmare la sua tristezza.
Perché, la
maggior parte delle volte, riusciva solo a sentirsi disarmato.
E ciò lo
spezzava, ancora, continuamente.