Crossover
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Autore: Darik    15/10/2010    1 recensioni
Un omicidio chiaro. Tutto indica chi è il colpevole. Ma quel colpevole è una delle persone più care al mondo per Negi. Chi può aiutarlo nel tentativo di scagionarla? Forse un misterioso e abilissimo detective.
Genere: Generale, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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7° CAPITOLO

“NO!” gridò Asuna svegliandosi di soprassalto.

Si guardò intorno e dopo un po’ riconobbe la sua cella.

Un orologio digitale, inserito sopra la porta, indicava che erano le otto del mattino.

Asuna aveva il fiatone ed era sudata.

Sapeva il perché: aveva avuto un altro incubo.

Erano cominciati dalla sera prima, dopo l’ultima discussione con il suo avvocato e la sua proposta.

****

“Che cosa ha detto?!” esclamò Asuna con un’incredulità palpabile.

“Mi dispiace, signorina. Davvero. Ma le cose si stanno mettendo molto male” rispose a malincuore Obata.

“E pensa che dichiarami colpevole possa risolverle?!”

“E’ una possibilità per ottenere uno sconto di pena. Capisco che lei si ritiene innocente, anch’io lo credo, ma le prove sono contro di lei. Lei afferma di essere stata condotta da Takamichi nel suo appartamento sotto l’effetto di una qualche droga. Tuttavia nel suo organismo e nella casa della vittima non è stato trovato niente. Due testimoni, di cui uno oculare, dichiarano che c’è stato un litigio tra lei e la vittima, un litigio che non c’entrava molto con l’autodifesa. Il suo abito bianco era macchiato col sangue della vittima. E non ha saputo fornire una vera ricostruzione di cosa è accaduto quella sera, a causa dei suoi vuoti di memoria. Potrebbe essere una dimostrazione che lei è stata drogata. Però potrebbe pure essere un inganno. Come quello, sosterrà l’accusa, ordito davanti alla sua amica per fingersi una vittima. Insomma, è la sua parola contro una marea di indizi e prove accusatori. Se deciderà di patteggiare, potrò ottenere una condanna per omicidio colposo”.

“Omicidio colposo? Cioè, l’avrei ucciso ma senza l’intenzione? In questo modo, non solo sono comunque un’assassina, ma mi sembra che non è più neanche autodifesa”.

“L’accusa vorrebbe che la spiegazione dell’autodifesa fosse quantomeno diluita. In questo modo si farebbe dai nove ai quindici anni”.

Asuna sbiancò. “Nove o quindici anni?!”

“Sempre meglio che passarne da venti a trenta” obbiettò l’avvocato.

Che tuttavia non ebbe il coraggio di guardare in faccia la sua cliente.

“Io…. Io le farò sapere” concluse Asuna chinando il capo.

****

“Nove o quindici anni. Per molti non sono tanti. Però io sono innocente”.

O almeno era questo che credeva, in parte.

In fondo, come poteva essere certa di non averlo ucciso?

La sua maledetta memoria sembrava giocare a nascondino sui fatti di quella sera.

Poteva essere sicura di non averlo colpito con un coltello?

E poteva essere sicura che si fosse trattata di legittima difesa?

E’ autodifesa quando si ferma alla prima coltellata.

Non quando si colpisce altre quattro volte.

E gli incubi…. Quegli incubi che le avevano reso la notte orribile… che si ripetevano uguali non appena chiudeva gli occhi.

Incubi in cui era lei che colpiva Takamichi al petto.

Lo colpiva con un’espressione orrenda.

Perché era un’espressione di gioia sanguinaria.

Non potevano essere i ricordi di quella sera?

Forse quella droga aveva solo fatto venire alla luce il suo lato oscuro.

Una Dark Asuna bramosa di sangue.

Una parte di lei le disse che si stava solo facendo suggestionare.

Ma chi glielo poteva assicurare che in fondo alla sua mente non si celasse un mostro?

Si rannicchiò sulla branda mettendosi in posizione fetale.

Da quanto tempo non lo faceva?

Dai tempi dell’orfanotrofio, quando solo nel silenzio della notte poteva sfogare le sue lacrime, la sua frustrazione, accumulatasi durante la giornata a causa delle angherie delle sue compagne.

Scherzi crudeli, attuati da ragazzine che si credevano chissà chi solo perché più grandi di qualche anno.

E nessuno con cui confidarsi, cui chiedere aiuto.

Il suo istituto le permetteva di seguire le scuole pubbliche, per l’altro di qualità.

Cosi aveva conosciuto Konoka.

Ma quando dalla scuola era riaccompagnata all’orfanotrofio, le cose cambiavano.

I tutori erano inutili, le bastarde sapevano sempre essere santarelline quando c’erano gli adulti.

Nessuno le credeva.

Era la sua parola soltanto.

Come nel caso attuale.

Con la differenza che allora Asuna era consapevole di essere una vittima e si era sforzata di diventare più forte, per non subire più cose simili e impedire che anche altri le subissero.

“Il processo è domani. Se non sono sicura di me stessa… forse la soluzione di Obata è la cosa migliore. O forse dovrei dichiararmi colpevole e basta?”

Il piccolo campanello della porta suonò ed entrò un agente.

“Kagurazaka Asuna, hai visite” annunciò.

“Obata è venuto prima del previsto oggi. Un impegno ammirevole, ma temo ormai sprecato” pensò la ragazza mettendosi a sedere.


L, accucciato sulla sedia e con le gambe piegate verso il petto in modo da tenere i piedi ben piantati sulla poltrona, aveva ordinato una serie di dolcetti al cioccolato in modo che formassero una w.

Una w che stava in piedi, come la x fatta con gli zuccherini.

Tuttavia quando Negi era entrato nell’appartamento del detective, quella w era già finita in bocca a quest’ultimo.

“Eccomi!” annunciò il ragazzo piazzandosi con un saltello affianco a L.

“Mi sembri di buon umore” osservò L impassibile.

“Sono accadute delle cose bellissime. Mi sono riconciliato con mia madre! E’ stato meraviglioso! E poi…”

Il rumore di un fax interruppe Negi, L raccolse il foglio e lo esaminò.

“Di che si tratta?” volle sapere Negi.

“E’ un elenco di farmacie” rispose l’investigatore.

“Farmacie?”

“Stamattina ho potuto leggere i verbali degli interrogatori ad Asuna da parte della polizia”.

“Davvero?”

Negi rimase molto incuriosito, perché in quei giorni nessuno aveva fornito dettagli sull’accusa di omicidio.

Saputolo, L gli raccontò tutto.

Negi fremette di rabbia. “Quel… porco! Quel lurido maiale!! Ha osato mettere le mani su Asuna?! Allora chiunque l’abbia ucciso, ha…”

L gli mise un dito sulla bocca. “Non dire altro. Non hai l’età per capire e parlare di queste cose”.

“Va bene, scusa. Allora, cosa c’entrano le farmacie?”

“Vieni con me e lo scopriremo” disse L avviandosi verso l’uscita.


Il pomeriggio non era mai monotono per Toshio.

Essendo impiegato in una farmacia della capitale, il lavoro non mancava mai.

E l’essere nella città di Tokyo bilanciava la posizione non centrale del negozio: clientela continua ma non assillante.

Certo quando si era laureato in medicina, non pensava che sarebbe finito dietro un bancone.

Ma da qualche parte bisognava pur cominciare.

“Mi scusi” disse un ragazzino presentandosi davanti a Toshio.

L’impiegato non l’aveva mai visto. “Salve, giovanotto. Che ti occorre?”

Il ragazzino gli passò un foglietto.

“Uhm, si abbiamo questa medicina. Ora vado a prendertela”.

Quando Toshio tornò, vide che il piccolo cliente aveva un’aria afflitta.

“Che succede?” gli domandò.

“Sa, io ero un grande fan di Takahata Takamichi. Era un idolo per me. E sapere che è morto, mi addolora tantissimo”.

“Capisco. Sai, era un cliente di questa farmacia”.

“Davvero?”

“Si, non veniva proprio spessissimo, ma diciamo che almeno una visita ogni uno o due mesi la faceva”.

“Uao! E che medicine prendeva?”

“Be, questo non posso dirtelo. Sono medicine per adulti. Comunque è un vero peccato che non ci sia più. Senza contare che pagava sempre in contanti”.

“Ah, va bene. Comunque la ringrazio per avermelo detto. Forse diventerò anch’io un cliente fisso di questa farmacia”.

Il ragazzino fece un inchino e uscì.

Pochi minuti dopo, una persona particolare entrò nel negozio.

Indossava occhiali neri e aveva un’aria solenne e marziale.

E pur indossando abiti borghesi, puzzava di poliziotto lontano un miglio.

Il nuovo arrivato si piazzò davanti a Toshio.

“Bu… buongiorno” disse quest’ultimo impallidendo lievemente.

“Buongiorno” esordì l’altro “Mi serve un’informazione. Devo sapere se quest’uomo è un vostro cliente, cosa ha comprato da voi e quando”.

Sul bancone piazzò la foto di una persona.

Toshio lo squadrò e si rilassò ma non troppo. “Perché lo cerca?”

“Non sono questioni che la riguardano. Lo conosce o no?”

“Veramente, non so se posso…”

“Intende forse nascondere qualcosa?”

“No, glielo giuro!” esclamò il commesso agitandosi nuovamente “Noi non nascondiamo niente! Né tantomeno facciamo cose sbagliate, come vendere medicine sottobanco! E solo che… è vietato dare informazioni che violino la privacy dei …”

“Dunque è un vostro cliente. Grazie per l’informazione” disse lo sconosciuto andandosene.

Toshio rimase quanto meno perplesso.

Non sapeva il perché, però s’immaginava che con quel tizio sarebbe successo molto di più.


Fuori dalla visuale della farmacia, Negi appariva pensieroso.

“A cosa stai pensando?” gli domandò L raggiungendolo e togliendosi gli occhiali.

“Non mi è piaciuta molto questa recita. Io di solito non sopporto chi recita, mi suona falso”.

“Meglio cosi” commentò L “Comunque direi che ci siamo”.

“Ah. Quindi il quarto tentativo è stato quello buono?”

“Ofa fuofiafo a fafa” disse L con un nuovo leccalecca in bocca.

“Prego?”

“Ora torniamo a casa. Mi serve qualcosa di dolce”.

L si premette di nuovo un punto alla base della colonna vertebrale, che da dritta tornò curvata in avanti.

Negi, che davanti a quello spettacolo sentiva fortissima la tentazione di ridere, decise che alla fine avrebbe dovuto chiedergli come faceva.

Salirono sulle biciclette e se ne andarono.


L’avvocato Obata trovò Asuna stranamente radiosa.

“Immagino che le sia capitata una bella cosa” osservò.

“Oh si” affermò Asuna.

“Sono felice per lei. Mi dica, ha riflettuto sulla mia proposta di ieri?”

“L’ho fatto eccome!”

“E dunque cosa ha deciso?”

“Che rifiuto ogni patteggiamento. Io sono innocente. Non ho ucciso Takahata Takamichi, nonostante lui abbia tentato di abusare di me”.

Ogni parola fu scandita con notevole sicurezza.

“Ma è sicura? L’impianto accusatorio….”

“Non m’importa cosa credono. Io non sono una criminale. E le dirò di più. Non m’importa neppure se mi condanneranno. La vita è niente se si perde il rispetto e la fiducia in se stessi e negli altri. Ed io non intendo rinunciarvi. Né intendo smettere di lottare”.

Obata si grattò dietro la testa. “Be, signorina, devo ammettere che la sua determinazione le fa onore. Se ha deciso cosi, allora anch’io darò il massimo per farla scagionare, nonostante le possibilità siano non proprio altissime”.

Asuna fece un lieve inchino.

Il cellulare di Obata squillò.

“Scusi un momento” disse l’uomo alzandosi e avvicinandosi alla porta.

Approfittando di quella pausa, Asuna tirò fuori un foglietto da una tasca.

Ce ne era voluto per convincere i poliziotti a lasciarglielo.

Nonostante fosse solo un pezzo di carta.

Che per lei aveva però un valore immenso.

‘Io e mia madre crediamo in te. Ti vogliamo bene, Negi’.

Parole scritte che si erano ormai stampate nella mente di Asuna.

“Accidenti” disse Obata conclusa la telefonata. “Devo fare una cosa urgente in banca. Temo che il colloquio finirà prima del previsto. Comunque non c’è molto da dire ancora. La nostra posizione è non colpevole, giusto?”

“Esatto” rispose la giovane cliente.


“Allora, mi spieghi cosa hai scoperto?”.

Negi ed L erano tornati alla casa di quest’ultimo, che sedutosi alla solita maniera subito aveva cominciato a sezionare una torta al cioccolato con ripieno di ciliegie.

Con accuratezza, L scavava nel dolce per raggiungere e prendere solo quest’ultime.


“Stamattina, ho ricevuto la descrizione della vicenda da parte di Asuna e Konoka. Ho riflettuto su quale potesse essere questo tipo di droga. Ho fatto una selezione, basandomi sui sintomi, sui costi, che Takamichi poteva permettersi perché era un divo, e sulla disponibilità, che doveva essere estesa alle farmacie pubbliche, poiché la vittima era un civile.

Alla fine è uscito un nome: trialissico liquido. Una variante creata in laboratorio degli anestetici che si usano in ospedale abitualmente. Il trialissico, infatti, è una droga che si utilizza, raramente, per piccoli interventi chirurgici d’emergenza, quando l’operazione è importante ma non troppo estesa e l’anestesia solita, per un motivo o per un altro, non è disponibile. Tale farmaco provoca una sorta di torpore molto simile alla catalessi. Si è vivi, ma la mente è come isolata dal corpo, non riceve gli stimoli esterni né reagisce a essi. Ovvio quindi che quando l’effetto cessa, la vittima non ricorda nulla, se non vaghi sprazzi d’immagini e sensazioni, come in sogno. La persona in pratica, è ridotta a una sorta di statua vivente.

E una volta passato l’effetto, il trialissico lascia scarsissime tracce.

La farmacia dove siamo stati lo vende. Takamichi era un cliente. E direi che l’impiegato ha l’abitudine di vendere farmaci sottobanco a clienti danarosi, senza preoccuparsi se hanno o no una ricetta. Infatti quando mi sono presentato ostentando un’aria ‘da sbirro’, lui si è subito agitato. Aveva temuto che fossi venuto per lui, avendo scoperto qualcosa d’irregolare nella sua gestione.

E Hitoshi Demegawa, assistente personale di Takada, è anche lui un cliente di quella farmacia. E può avere contanti a disposizione”.


“Ma come si legano Takada e Takamichi?” domandò Negi sempre più ansioso di sapere.


“Takada sicuramente conosceva il ‘vizio’ di Takamichi. D’altronde, diverse ragazze hanno presentato denuncia contro di lui in passato. Non c’è mai stato luogo a procedere, perché non si sono mai trovate prove. Come ti ho detto, le vittime del trialissico sono ridotte a statue viventi. Non possono difendersi, quindi niente lividi, niente abiti strappati e niente segni di penetrazione forzata. Al massimo quelle poverette potevano scoprire che era successo qualcosa perché da un giorno all’altro si accorgevano di non essere più vergini. Cosa che non basta per accusare qualcuno di stupro.

Takada ha fatto in modo che Takamichi mettesse gli occhi su Asuna, e prima che lui le portasse il bicchiere drogato, deve aver fatto prendere ad Asuna, tramite Konoka, un bicchiere contenente un reagente chimico per contrastare l’effetto del trialissico.

Asuna, infatti, ha detto che quando Takamichi stava per violentarla, lei si è ripresa ed è riuscita a fermarlo.

Quando però ha cercato di uscire dall’appartamento, è caduta nell’oblio.

E’ stata Takada: era in agguato nell’appartamento, ha ucciso Takamichi e neutralizzato Asuna cogliendola di sorpresa e somministrandole un’altra dose di trialissico. L’effetto della nuova dose, unito ai residui della precedente, ha steso la tua amica.

A quel punto Takada ha compiuto quanto ti ho già narrato in precedenza.

L’unico elemento in più è che, prima di ritirarsi, ha trascinato Asuna in un ascensore per poi chiuderla in quello sgabuzzino al quinto piano.

Infine torna nel bagno del salone”.


“Incredibile” esclamò Negi.

Si rese conto di aver ormai abusato di quel termine, ma le capacità deduttive di L, il modo in cui sapeva incastrare i vari dettagli, erano incredibili.

“Un momento” rammentò Negi “ma se le cose stanno cosi, allora qual è la posizione di Konoka in tutto questo? E’ stata lei a portare Asuna a quella festa, però non posso credere che la volesse stuprata o accusata di omicidio!”

“Hai ragione” ammise L “anch’io nutro dei dubbi a proposito. Ci devo riflettere. E per farlo, ho bisogno di zuccheri”.

Mentre aveva parlato, il detective aveva finito la torta.

E ora si serviva dei pasticcini alla crema.

Negi poi guardò l’orologio: anche per lui era ora di andare.

Il processo ad Asuna era domani, però ora era preoccupato e non agitato.

Con l’aiuto di L, infatti, la liberazione di Asuna sembrava sempre più certa.

Il suo cellulare squillò.

“Oh, è la mamma” esclamò felice e rispose: “Ciao mamma, si, tra poco rientro a casa. Sono con quel mio nuovo amico. Va tutto bene”.

Ora che si era riconciliato con la madre, non se la sentiva più di mentirle.

E non poteva più fare affidamento su Kotaro, perché aveva raccolto altri quattro cani abbandonati, quindi la sua tribù al parco era diventata bella grossa e lo assorbiva totalmente.

Però doveva anche proteggere l’anonimato di L.

Quindi le aveva detto che passava i pomeriggi con un nuovo amico, un po’ strano ma molto affidabile.

Il sorriso però gli si spense quando udì cosa doveva comunicargli la madre.

L notò che il suo giovane amico era diventato pallido quasi quanto lui.

Negi fissò L con occhi increduli.

“Konoka… è morta. Dicono che si è… suicidata”.

  
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