Capitolo XXV
Ore 01.00 –
Londra, Carrozzeria McGraw
<< Ho bisogno
che l’auto sia pronta nel più breve tempo possibile >> disse William,
guardando la Bugatti con i vetri anteriori spaccati e la carrozzeria ammaccata,
<< Devo andarmene da qui entro domani mattina… Gli sbirri mi stanno
cercando >>.
La Carrozzeria McGraw, fuori Londra, era un ampio capannone di cemento e
metallo che visto da fuori sarebbe apparso più come un vecchio magazzino. In
realtà, l’obiettivo era proprio quello, perché la “sede ufficiale” si trovava
da tutt’altra parte. Quella serviva solo per i lavoretti sporchi che McGraw si procurava dai piloti clandestini.
L’uomo, un tizio
grassoccio e con due grossi baffi, aveva l’aria di capirne molto di auto, anche
se in quel momento appariva dubbioso. Sotto i neon la
sua faccia era solcata da qualche ombra per via dell’ora: William lo aveva
tirato giù dal letto senza tanti complimenti, come da patti.
<< Trovare i
pezzi per un’auto del genere non è facile >> disse, strofinandosi il
mento, << Una Veyron non si vede
tutti i giorni… Però posso provare a metterla a posto. Domani mattina, dici? Uhm… >>.
Il meccanico si
strofinò di nuovo il mento e tirò fuori un cellulare. Compose un numero,
continuando a guardarlo, in attesa che dall’altra parte rispondessero.
<< Ti costerà
più del previsto, Scorpione >> disse, agitando il dito.
<< Se serve a
farmi fuggire, va bene >> ribatté William, << Basta che la macchina
sia pronta >>.
Il meccanico annuì,
poi dall’altra parte della linea risposero.
<< Jason?
>> disse, << Scusa l’ora, ma abbiamo un affare da portare a
termine. Mi servono pezzi di ricambio per una Bugatti Veyron…
Entro due ore. Sì, lo so che costeranno… Ok, sai dove ti aspetto. Fai in fretta, il nostro cliente è piuttosto importante >>.
McGraw chiuse la
telefonata e lo guardò nuovamente.
<< Avrai la tua auto per domani mattina alle sei, alle sette al
massimo >> disse, << Di più non posso fare. Nel frattempo, in fondo
al capannone, c’è una cucina. Puoi prenderti qualcosa da bere, se vuoi… Io
inizio a occuparmi dei vetri >>.
William annuì, e
fece cenno a Daniel di seguirlo; fino a quel momento era rimasto in silenzio
alle sue spalle. Raggiunsero il fondo, dove era stata stipata una piccola cucina
dall’aria vecchia e superata, con un frigorifero che emetteva strani ronzii a
intermittenza e un insetto che svolazzava intorno alla lampadina appesa al
soffitto. Si accomodarono al tavolo dalle sedie spaiate, e William si accese
una sigaretta.
Sfuggire agli
sbirri non era stato difficile come aveva pensato. Non erano riusciti a
seguirlo, non né a intercettare il suo percorso. Una volta lasciata la villa,
aveva preso una strada periferica e poi aveva imboccato l’autostrada,
raggiungendo rapidamente la Carrozzeria, senza trovare intoppi lungo il
percorso. L’unico posto di blocco che avevano
rischiato di incrociare lo aveva evitato tagliando attraverso una via
periferica che passava tra dei campi di grano.
Quella corsa gli era servita per provare la Bugatti, e scoprire che era
l’auto che aveva sempre desiderato: rapida, velocissima, estrema, perfetta
nella tenuta di strada e negli scatti… A confronto, la sua vecchia Zonda non era che una macchina per principianti. Aveva
toccato la punta dei quattrocentodue chilometri orari, cosa che non era mai riuscito a fare con nessun’altra auto…
“Questa è la mia vendetta per essere stato tradito… Me
lo sentivo che quel tizio aveva qualcosa di strano”.
Sicuramente Karl in
quel momento stava rodendo: aveva cercato di venderlo agli sbirri, ma non ci
era riuscito e in più aveva perso la sua auto da duemilioni e mezzo di dollari…
Forse era il suo stipendio per la collaborazione con gli sbirri. Bé, gli era andata decisamente male, questa volta.
Non aveva più un
cellulare, l’unico che gli era rimasto lo aveva
gettato dal finestrino dell’auto in corsa lungo l’autostrada, subito dopo aver
avvisato McGraw del suo arrivo, e aveva costretto
Daniel a fare altrettanto. Se gli sbirri gli stavano alle calcagna, non poteva
rischiare di far intercettare il suo telefono. Ma così non sapeva niente di
Richard e dei suoi amici… Molto probabilmente dovevano essere stati tutti
arrestati, ma contando che l’F.B.I. stava cercando
lui, forse erano già fuori dopo aver sborsato una cauzione nemmeno troppo
pesante…
<< Cosa facciamo adesso? >> chiese Daniel, che stava
frugando nel frigorifero. Gli passò una birra e William la prese.
<< Andiamo
dritti verso la Russia >> rispose lui, secco.
<< In auto?
>> fece Daniel, dubbioso, << Ci metteremo una vita… Ci saranno, che
ne so, seimila chilometri almeno! >>.
William stappò la
bottiglia e ne buttò giù un sorso. La Russia era lontana, ma non abbastanza da
fermarlo. Da quando sapeva che Irina era lì, aveva un motivo in più per
andarci…
<< Non
possiamo prendere un aereo >> ribatté seccato, << Abbiamo ancora i
documenti falsi, ma non sono sicuro che possano coprirci ancora… L’F.B.I. sapeva che eravamo qui, perciò potrebbero conoscere
i falsi nomi che abbiamo utilizzato. E non possiamo nemmeno aspettare di
trovare un posto libero per Mosca sul primo aereo da qui… Prima lasciamo
l’Inghilterra, meglio è. L’unico modo che abbiamo per farlo senza lasciare
tracce è in auto… In caso di bisogno potremo anche cambiare direzione per
confondere ancora di più le idee. Non si aspettano che raggiungiamo la Russia,
per di più in macchina. Non credo sospettino che sappia dove si trovano Irina e
Dimitri >>.
Daniel inarcò un
sopracciglio, poco convinto.
<< Se lo dici
tu… >> fece, << Spero solo che dopo quel viaggio, la tua ragazza ci
aspetti a braccia aperte e con una casa accogliente e piena di sue amiche…
Questa fuga inizia a stancarmi >>.
William fece una
smorfia.
Non sapeva se Irina
lo avrebbe accolto a braccia aperte, e ogni ora che passava ne
era sempre meno convinto. Quella poliziotta che aveva cercato di arrestarlo gli
aveva aperto gli occhi sulle donne, ricordandogli una frase di suo padre: “l’unica cosa che le donne non tradiscono è il denaro… mai
fidarsi di loro”.
No, Irina non lo
avrebbe sicuramente accolto con gioia, esattamente come non aveva amiche da
presentare a Daniel. Doveva essere a Mosca per altri motivi, forse per tentare
di rifarsi una vita con le corse clandestine… Era una traditrice, tutta Los
Angeles e dintorni lo sapeva, e nessuno avrebbe voluto
avere a che fare con lei. L’unico altro posto in cui poteva sperare di trovare
piloti clandestini organizzati e forti era la Russia, e lei era andata lì.
Ora era davvero
pronto a ucciderla. Lo avrebbe fatto davvero, questa volta. Non poteva
permettersi altri errori, soprattutto ora che stava per essere fregato da una
sbirra in abiti succinti… Irina non lo avrebbe fatto cadere di nuovo. Se
nell’esatto momento in cui se la sarebbe trovata davanti
non le avesse fornito una spiegazione plausibile, convincente e chiara, niente
le avrebbe risparmiato la morte, questa volta. E lui era convinto che non sarebbe riuscita a farlo.
<< Non
aspettarti niente, dalla Russia >> ribatté, guardando Daniel e giocando
con la pistola che aveva in mano, << Non aspettarti di essere accolto a
braccia aperte… Nessuno lo farà >>.
<< Scorpione,
la tua auto è pronta >>.
William si riscosse
dal torpore in cui era caduto, seduto sulla dura sedia di legno, e guardò McGraw, in piedi sulla soglia, il grembiule sporco di olio
e il volto distrutto. Si alzò di scatto, sentendo l’eccitazione salire, e lo
seguì nel capannone.
<< Forse
quello che sono riuscito a fare è un miracolo >> disse il meccanico,
mentre i suoi passi rimbombavano nel corridoio, << Ma non credo che
riuscirò mai più a fare una cosa del genere in una sola notte… >>.
La Bugatti Veyron lo aspettava parcheggiata al centro del capannone,
nera, di un nero lucidissimo e cattivo, bassa e filante come un proiettile pronto
a essere sparato. Nei paraurti davanti e dietro e nelle minigonne era stata
applicata, nella parte bassa, una striscia arancione, che gli dava un’aria
ancora più sportiva. I vetri erano stati sostituiti con dei cristalli oscurati,
per impedire di vedere chi ci fosse dentro…
Al centro della
presa d’aria, campeggiava la targhetta con scritto “Bugatti”, a termine del
lungo cofano dalla forma aerodinamica… I fari a led accesi illuminavano il
capannone a giorno, potenti quanto il suo motore da
1.001 cavalli.
<< E’ di tuo
gradimento? >> chiese McGraw.
William sorrise e
gli gettò un’occhiata. << E’
perfetta >> rispose, << Ottimo lavoro >>.
Il meccanico si
avvicinò e mostrò le strisce arancioni.
<< Sono
adesive >> spiegò, << So che la volevi completamente nera, ma non
ho potuto riverniciare anche i paraurti. Non si sarebbero asciugati in tempo,
quindi sotto sono in color carbonio. Se vuoi puoi
toglierle… Contribuisce a rendere la macchina meno riconoscibile, se ti seguono
>>.
William annuì. Era
una buona idea.
<< Hai fatto
davvero un ottimo lavoro >> disse, << Mi ricorderò
di te >>.
McGraw gli strinse la
mano, facendo un cenno con il capo.
<< E’ stato
un piacere >>.
William infilò la mano
in tasca, ma quello che tirò fuori non furono i soldi per pagare… Fu la
pistola.
Il suono del
proiettile rimbombò nel capannone, facendo tremare i vetri e riverberando lungo
i tubi che scorrevano sulle pareti. Il corpo di McGraw
cadde con un tonfo sul pavimento, sotto lo sguardo di ghiaccio di William.
<< Mi
dispiace, ma non lascerò nessuna traccia dietro di me… >> sussurrò.
Girò con il piede
il corpo di McGraw, poi si guardò alle spalle perché
Daniel entrò correndo il quel momento, svegliato dal colpo di pistola.
<< Ah, sei
tu… >> disse lui, stancamente.
<< Daniel,
nascondi il cadavere… Ce ne andiamo >> ordinò William, facendogli un
cenno con il capo.
Salì sulla Bugatti
e la mise in moto, inondando il capannone con il suono del suo motore spropositato.
Attese che Daniel trascinasse il cadavere sotto una montagna di pezzi di
ricambio e lo guardò sedersi di fianco a lui, esasperato: non doveva avergli
fatto piacere aver lasciato un altro morto dietro di loro.
<< Da questo
momento in poi, saremo due ombre >> disse lo Scorpione, << Ci
fermeremo solo quando sarà necessario, quindi al momento opportuno guiderai
anche tu. E soprattutto non lasceremo alcuna traccia dietro di noi.
Riprenderemo a respirare solo quando saremo in Russia >>.
Daniel fece una smorfia.
<< Ok,
Scorpione. Ma spero che tu abbia finito di ammazzare
gente, perché sono stufo di nascondere cadaveri >> disse, << E
spero soprattutto che una volta a Mosca mi pagherai una russa per una settimana
intera… Non sono tanto convinto di aver fatto un affare a fuggire con te. Non
mi sono ancora divertito nemmeno un po’ >>.
William ghignò.
<< Ti pagherò
una russa per una settimana >> promise, << Sempre che non sia la
Lince a farlo >>.
Affondò il piede sull’acceleratore
e la Bugatti sgommò, fiondandoli fuori, diretti in Russia, la loro ultima tappa
in cerca di vendetta.
Ore 22.00 –
San Pietroburgo
Xander fissò la mappa
della gara poggiata sul tavolino e scarsamente illuminata dalla luce del
locale, la musica che gli arrivava soffocata alle orecchie. Nell’altra ala decine
di russi si stavano divertendo in una delle solite notti di San Pietroburgo, e
l’unica cosa che gli invidiava era il fatto di non avere troppi pensieri nella
testa come aveva lui in quel momento.
<< Sono due
tappe facili, tranne l’ultima >> stava dicendo Nina, languidamente
appoggiata al tavolo, il corpo sinuoso fasciato in un abito nero attillato, <<
Dobbiamo fare attenzione, perché la tua auto è poco adatta
a quel tipo di percorso… Ma non dovremo preoccuparci degli altri, non ci
daranno fastidio >>.
Xander annuì stancamente,
poco interessato. Cercò di nascondere il suo cattivo umore e domandò: << Come fai a essere sicura che non ci daranno fastidio?
>>.
Nina sorrise
scuotendo la sua morbida massa di capelli biondi.
<< Ti ho già
detto che sono una che conta >> rispose, << Non ti preoccupare,
penso io a tutto quanto… >>.
Xander ebbe un sospetto:
Nina sembrava un po’ troppo sicura di sé, come se potesse contare dell’aiuto di
qualcuno dall’alto. Era pur sempre la figlia del Primo Ministro russo, ma era
troppo esperto per non sapere che in quel mondo non bastava avere un certo
cognome per poter vivere tranquilli, anzi. E poi, Krarakova era uno che contava nel mondo “legale”; in quello
delle corse c’era molta gente più importante di lui, in primis la Lince…
Il suo istinto gli
suggerì che Nina nascondeva qualcosa, e quel qualcosa doveva essere quello che
la rendeva tranquilla di fronte alla Mosca-Cherepova.
<< Non è che per caso tu sei una Referente? >> domandò Xander, secco.
Nina non si
scompose, come se quella fosse una domanda che le veniva
posta spesso. Il suo sorriso non si incrinò, e nemmeno
nei suoi occhi azzurri passò un’ombra. Si abbassò al livello del suo volto, e
per un istante Xander ebbe la sensazione di essere un
topolino di fronte a un gatto.
<< No, non
sono una Referente >> rispose lei, a bassa voce, << Cosa te lo fa
pensare? >>.
<< Sei un po’
troppo sicura di te… >> disse Xander,
incrociando le braccia per mettere una certa distanza tra loro. Colse uno
scintillio divertito nello sguardo di Nina, che non era dovuto al bagliore
soffuso delle luci del locale.
Nina si avvicinò.
<< Io sono sempre sicura di me >> ribatté, << Non dovrei
esserlo? >>.
La ragazza sorrise.
Era praticamente sdraiata sul tavolo, incurante della
gente che stava agli altri tavolini, protesa verso di lui, tranquilla. Xander non se ne era nemmeno accorto, ma aveva ripiegato
rapidamente la mappa, che ora stava in un angolino, in bilico…
<< Allora sei
una Sentinella >> disse lui, e non era una domanda. Non voleva farsi
distrarre dal suo atteggiamento, anche se ci era riuscita comunque.
Nina rise, e una
ciocca di capelli ondeggiò a poca distanza da lui.
<< Mark,
Mark, perché pensi così male di me? >> disse, e gli sfiorò il mento con
la mano, << Ti sembro così cattiva? O c’è qualcosa che ti rende nervoso?
>>.
Xander si scostò,
infastidito. Certo che c’era qualcosa che non andava… C’erano
un sacco di cose che non andavano. Il litigio con Irina aveva aperto uno
spiraglio nel loro rapporto che non riusciva più a chiudersi, e lui stava
soffrendo… Era arrabbiato, deluso, offeso e anche un po’ spaventato, e di
sicuro non aveva voglia di sorridere al mondo e a
tutti i suoi abitanti…
Nina gli si
avvicinò ancora, sensuale.
<< Perché non
chiudiamo, con questa ragazza, eh? >> fece, << Scommetto che ce ne
sono un sacco di carine come lei… Anche di più, credo. Sono sicura che non faresti fatica a trovarle. E poi, se ti fa soffrire in
questo modo, non dovrebbe meritarsi tutti questi scrupoli da parte tua, non
credi? >>.
“Stronza…” pensò Xander, “Sta cercando di farmi cadere… Però non
posso dire che non ha colto il problema…Come fa a saperlo?”.
Le rivolse
un’occhiata piuttosto fredda.
<< Cosa pensi di saperne, tu? >> ringhiò.
Nina non si fece
spaventare. Si mosse sul tavolo con grazia, facendogli arrivare alle narici il
suo buon profumo, molto probabilmente costossissimo.
<< So come
vanno le cose, Mark >> sussurrò, << E tu non sei il tipo da
relazioni stabili… Lo vedo dai tuoi occhi. Chi sarà mai questa ragazza che ti
vuole legare con un guinzaglio, eh? Nessuno può permettersi di toglierci la
nostra libertà, non credi? Soprattutto chi dice di amarci… >>.
Nina inchiodò gli
occhi azzurri nei suoi, con un ghigno sul bel volto. Era una adulatrice,
una dannata manipolatrice, furba come una volpe… E amava le sfide. In quel
caso, la sfida era farlo cedere.
<< Non è
sempre come dici tu… >> sussurrò lui, nello stomaco qualcosa di pesante…
La ragazza si
abbassò ancora di più.
<< Forse no…
Ma quando le persone diventano un peso, perché continuare a trascinarcelo
dietro? >> fece lei, << Un rapporto deve essere fatto
di amore reciproco, di rispetto… E non mi sembra che lei ti stia rispettando…
>>.
“In effetti, non mi sembra che Irina stia patendo la
stessa cosa che patisco io…”.
“Sta solo cercando di fregarti…”.
Xander guardò Nina, e
qualcosa nel profondo avrebbe tanto voluto fargli dire che aveva ragione… Solo
la sua determinazione gli fece rimanere la lingua incollata al palato.
<< Che cosa
vuoi da me, Nina? >> mormorò.
Le labbra della
ragazza si inclinarono ancora in un sorriso.
<< Niente…
>> rispose lei, << Sto solo cercando di aiutarti… Ti vedo
sofferente, e non te lo meriti >>.
“Già, non me lo merito…”.
Xander scosse il capo e lo
abbassò, allontanando la sua faccia da quella di Nina. Stava giocando la carta
della seduzione, della lusinga… E lui poteva caderci, se voleva. Poteva lasciar perdere tutto e lasciarla vincere… Forse voleva.
Voleva staccare, voleva dimenticare per un attimo di essere legato a una
persona che in quel momento non provava lo stesso dolore che provava lui, che
non capiva lo sforzo che aveva fatto fino a quel momento per garantirle la
serenità… Voleva smettere di essere il bravo agente dell’F.B.I.
e tornare per qualche ora quello che era stato prima di quella svolta, quello
che se ne fregava di tutto e tutti, che non si preoccupava del dopo, del se e
del ma…
“Non posso, non posso… Le
avevo promesso che le avrei sempre detto tutto…”.
“Lei però non lo ha fatto… Non
ha parlato dell’idea di sedurre Konstantin…”.
Alzò nuovamente lo
sguardo su Nina, trovandola intollerabilmente bella, più bella di qualsiasi altra ragazza avesse mai visto. Perfetta, con
il suo corpo sinuoso adagiato al tavolo, le sue labbra rosse e morbide, i
capelli biondi, la pelle profumata… Però dentro era vuota, era insoddisfatta,
come lo era stato lui ai suoi tempi. Ciò che la spingeva a voler lui, in quel
momento, era il senso di sfida, la sensazione di avere uno scopo, niente di
più.
Ma non avrebbe
tradito la sua parola, non avrebbe tradito Irina. Se doveva succedere qualcosa,
sarebbe accaduto solo dopo, quando avesse chiarito le cose con lei… Qualsiasi cosa fosse successa.
Si alzò di scatto e
guardò Nina dall’alto in basso, gli occhi di ghiaccio: la trovava bellissima ma
al tempo stesso la detestava, la destava con tutto sé
stesso perché stava cercando di sedurlo, perché stava cercando di confonderlo.
<< Quello che
passa per la mia testa sono solo problemi miei >> disse, e fece per
andarsene, senza sapere che sul volto di Nina, in quel momento, si disegnò un
vero e proprio sorriso di trionfo.
Ore 19.00 –
Autostrada, Germania orientale
William strizzò gli
occhi fissando la strada che scorreva davanti a loro a folle velocità, il sole
calato alle loro spalle che ormai aveva lasciato spazio al buio della notte. Il
cruscotto colorato di bianco della Veyron illuminava
fiocamente l’abitacolo, le lancette che si muovevano appena, il navigatore
satellitare che indicava la direzione da seguire, silenzioso.
Daniel, la cintura
di sicurezza che gli segava il collo, dormiva con la bocca aperta, la faccia
rivolta verso l’esterno. William aveva coperto il suo
lieve russare alzando il volume della radio, ma lo trovava comunque irritante.
Strinse il volante, gettò una rapida occhiata al tachimetro che segnava i
duecento orari, e cercò la bottiglietta dell’acqua che aveva gettato di lato.
Lasciare la Gran
Bretagna non era stato poi così difficile, ma al tunnel della Manica avevano
rischiato di essere perquisiti dalla polizia: solo per caso fortuito, due
spagnoli che guidavano una Ferrari rossa avevano attirato maggiormente
l’attenzione degli sbirri, che avevano scelto loro come obiettivi.
Guidava ormai
ininterrottamente da sei ore, e aveva i muscoli del collo e delle spalle
contratti, le gambe indolenzite e gli occhi che bruciavano. Si era concesso
pochissimo riposo da quando avevano abbandonato l’Inghilterra, e aveva lasciato
il volante a Daniel solo una volta: sapeva guidare, ma gli era parso
chiaramente in difficoltà quando era stata ora di tenere medie elevate come
quelle che pretendeva lui. Per fortuna, in Germania
c’erano tratti dove non c’erano limiti, e non
correvano il rischio di essere fermati dalla polizia per aver superato i limiti
di velocità.
Si passò una mano
sugli occhi e si immise nella corsia di destra,
rallentando la velocità. Individuò il cartello che segnalava una stazione di
servizio e si preparò a scendere.
<< Sveglia,
ci fermiamo >>.
Daniel scosse la testa
e si stiracchiò, guardandosi intorno con aria assonnata.
<< Di già? >> fece, la voce
impastata, << Che ore sono? >>.
William sbuffò e
fermò la Bugatti in una zona appartata della stazione di servizio, accorgendosi
che era necessario fare nuovamente rifornimento di benzina: l’alta velocità non
faceva che aumentare i consumi di quella macchina.
<< Ho guidato
per sei ore di fila, credo di potermi prendere una pausa >> rispose
William, << Dopo tocca a te. Dovrebbe esserci un tratto che di solito è
abbastanza trafficato, quindi ne approfitterò per riposarmi. A mezzanotte ci
diamo di nuovo il cambio >>.
Daniel annuì.
<< Ok… Io ho bisogno di mangiare, tu? >>.
<< Andiamo a
prenderci qualcosa… >>.
William chiuse
l’auto e raggiunsero l’autogrill, dove sembravano esserci solo camionisti in
sosta. Ordinarono un paio di caffè e si presero un
panino; poi tornarono in auto, fecero il pieno e ripartirono, William questa
volta seduto dalla parte del passeggero.
Non avrebbe
dormito, non ci riusciva. Primo perché Daniel non sarebbe mai stato in grado di
gestire da solo un imprevisto se mai ci fosse stato, e secondo perché era
impaziente e non vedeva l’ora di arrivare a Mosca. La sua testa finiva sempre
lì, a lei e a quello che le avrebbe fatto.
Mentre vedeva
scorrere il guard-rail alla sua destra, le luci dei tir brillare nella notte, pensava. Pensava alla situazione in cui si trovava, di chi
era la colpa, di che cosa sarebbe successo e poteva succedere.
Di quanto le cose fossero diverse, ma di quanto lui in realtà non si sentisse
cambiato. Di quanto odiasse Irina, ma di quanta voglia avesse di rivederla.
<< Sai… Forse
non manterrò la promessa di farti conoscere la mia ragazza… >> disse,
come se parlasse a sé stesso. Si mise
le braccia dietro la testa, più comodo.
Daniel, il volante
stretto tra le mani, aggrottò le sopracciglia ma non distolse lo sguardo dalla
strada.
<< Cosa vuoi dire? >> chiese.
William fece un
ghigno. << Lei non è mia ragazza >> rispose, tranquillo, <<
Non lo è mai stata >>.
Daniel sembrò
ridacchiare. << Ah, allora qualcuno aveva ragione, in carcere… >>
mormorò.
William si irritò, ripensando ai giorni passati chiuso in una cella.
<< Nessuno aveva ragione, perché nessuno sapeva come stavano veramente le
cose >> ringhiò, << Non era la mia ragazza… Era mia e basta
>>.
Daniel sembrò non
capire.
<< Questo cosa vuol dire? >>.
William ghignò di
nuovo: aveva voglia di parlare, di parlare di Irina, forse
per mettere ordine nelle sue idee, o forse solo per vantarsi di lei. Perché
anche se non era mai stata la sua ragazza, né era sempre stato orgoglioso…
<< Voglio
dire che se la conoscerai, non potrai fare a meno di rimanerne affascinato
>> rispose.
Se non avesse
guidato, molto probabilmente Daniel si sarebbe girato a guardarlo in faccia per
capire se lo stava prendendo in giro oppure no. William si mise comodo sul
sedile e continuò: << Se solo volesse, potrebbe rivoltarti come un
calzino, potrebbe riuscire a farti fare esattamente
quello che vuole lei senza che tu te ne accorga… >>.
<< Questo lo
avevo capito… >> disse Daniel, << Una che parte per la Russia e va
a fare delle gare clandestine per liberarti deve per forza avere le palle…
>>.
William sorrise.
<< Non è come pensi tu >> disse, << Te la stai immaginando
nel modo sbagliato. Quando la vedrai in faccia, ti chiederai se non ti abbia
veramente preso in giro… >>.
Stava
per descriverla, per descrivere Irina com’era veramente, e non come la
costringeva a essere lui: semplice, naturale, ma sempre con quella tempra che
trasformava il suo sguardo… Ma poi si rese conto che Daniel non avrebbe capito,
non poteva capire… Irina era un controsenso, qualcosa che sembrava conciliare
gli opposti: bella e semplice, forte e debole, adulta e bambina. Doveva vederla per
rendersi conto di chi fosse la ragazza che aveva incastrato lo Scorpione.
<< Se ti
dicessi che è riuscita a farmi arrestare, cosa penseresti? >>.
Daniel si voltò a
guardarlo per la prima volta, la bocca aperta.
<< Non
prendermi per il culo… >> sussurrò.
William sorrise.
<< Non ti sto prendendo per il culo… E guarda la
strada >>.
Daniel tornò a fissare
lo sguardo davanti a sé, ma non sembrava credere alle sue parole.
<< Stai
dicendo che stiamo correndo verso una traditrice?
>> ringhiò, arrabbiato.
William sorrise.
<< Sì
>>.
Per un attimo credette che Daniel fermasse l’auto e facesse inversione,
senza curarsi di dove si trovavano; invece apprezzò il suo sangue freddo nel
dire solamente: << Spiegati, non capisco >>.
<< Irina era la numero tre della Black List >> disse William, tranquillo, << Lavorava
per me per pagare i debiti di suo fratello… Ma non era solo una mia pilota, era
anche l’unica donna al mondo che mi abbia sbattuto in faccia il suo no secco e
diretto >>.
<< Non ci
credo… >>.
<< Per quale
motivo credi che, oltre che per omicidio, io sia stato condannato anche per
violenza sessuale? >> ribatté lo Scorpione, irritato, << L’ho violentata, e non sai quante volte. Lei era mia, la mia
pilota, mi doveva un sacco di soldi, e non ha mai avuto il coraggio denunciarmi
alla polizia… Lo ha fatto solo una volta, ma quando ha
capito che ero troppo forte per lei, ha lasciato perdere. Era mia, nessun’altro poteva metterle gli occhi addosso, nessun’altro
poteva girarle intorno senza che io lo volessi… >>.
Nella sua voce non
c’era orgoglio, ora, c’era una profonda amarezza, dovuta all’umiliazione che
aveva subito, che aveva patito e che non avrebbe mai dimenticato.
<< Due anni
fa è arrivato uno sbirro dell’F.B.I., che si è
infiltrato tra noi >> continuò, sentendo la rabbia crescere, << Si
chiamava Alexander Went, e si è spacciato per un
pilota clandestino… E ha incontrato lei. Sapevo tutto dall’inizio, i miei
contatti mi avevano informato che Went era un
poliziotto, ma l’ho lasciato fare. Avevo voglia di giocare, di vedere fin dove
fosse riuscito ad arrivare… Non avevo calcolato che Irina lo aiutasse, che
facesse il doppio gioco per lui… E che se ne innamorasse >>.
Il suo tono era di
ghiaccio, gelido, ma qualcosa dentro di lui gli procurò un dolore acuto nel
pronunciare quell’ultima frase. Perché Went e non
lui?
<< Alla fine
ho costretto Went a fuggire, ma quando ha scoperto
chi avevo all’interno dell’F.B.I. è tornato indietro.
Ho preso Irina come ostaggio, perché con lei a farmi da scudo Went non avrebbe osato fare mosse azzardate. Era cotto di
lei, era pronto anche a lasciarmi fuggire… Se Dimitri non mi avesse tradito,
non ci avrebbe trovati… Ho sfidato Went
sull’autostrada, ma mi ha battuto >>.
Aveva snocciolato
quegli eventi velocemente, con voce piana, senza sentimento, ma in realtà
dentro ribolliva. Non avrebbe raccontato di come aveva pregato Irina di dargli
una scusa per non ucciderla, di come si era reso conto che dipendeva da lei più
da qualunque altra persona… Non avrebbe detto che l’aveva bramata più di
qualsiasi cosa avesse avuto in tutta la sua vita.
<< Quindi è per colpa sua se sei stato arrestato >> disse
Daniel.
William guardò
fuori dal finestrino.
<< Sapevo
tutto, potevo rimandare Went da dove era venuto senza
problemi >> rispose, << Avevo il mio infiltrato, potevo controllare
la situazione… Non potevano prendermi, se non lo
avessi voluto. L’errore che ho commesso è stato quello di volerla tenere per
me, di non voler uccidere Irina al momento giusto. Se
lo avessi fatto, non sarei mai stato catturato. Al massimo sarei stato
costretto alla fuga, ma sarei rimasto libero… >>.
<< Allora
perché stiamo andando a Mosca? >> chiese Daniel.
<< Per
uccidere Dimitri, e per trovare Irina >> rispose lo Scorpione, <<
Per scoprire perché non sta più con il suo sbirro, perché è tornata a fare la
pilota… E per ucciderla, perché sono sicuro che qualsiasi cosa stia facendo, mi
odi ancora >>.
Los Angeles
– Sei anni prima
Irina è seduta di
fronte a lui, nello studio luminoso e pulito di casa Challagher.
E’ spaventata, lo vede, ma non vuole farlo capire, e continua a guardarlo con
quel misto di sfida e strafottenza che gli ricordano tanto le sue. Ha ancora in
mente la voce di Dimitri che gli dice: “Irina ha gareggiato, ieri sera… E ha
vinto”.
<< Cosa ti passa
per la testa? >> domanda William, accendendo la sigaretta che tiene in
bilico tra le dita.
<< Hai detto
di voler indietro i tuoi soldi >> risponde secca lei, << E di farci
fuori tutti se non li riavrai… Non abbiamo un milione di dollari, e credo che
non li avremo mai. L’unico modo che ho per pagare il debito di mio fratello è
provare a gareggiare per guadagnare qualcosa >>.
Lo Scorpione
vorrebbe riderle in faccia, ma non ci riesce. Il tono serio di Irina lo lascia
senza parole… Pagare il debito di suo fratello? Come spera di poter racimolare
un milione di dollari facendo qualche gara in macchina?
<< Stai
dicendo sul serio? >> chiede, la boccata di fumo
che si dissolve leggera nell’aria.
<< Sì
>> risponde Irina, e non c’è tremore nella sua voce, << Non li
abbiamo, tutti quei soldi… E Dominic non si farà
rivedere, anche perché non so dove rintracciarlo. L’unica alternativa
che ho è questa, mi sembra. So che hai dei piloti che lavorano per te…
>>.
William è basito.
Quella ragazza si sta offrendo di ripagare il debito di suo fratello facendo la
pilota clandestina… Non ha mai visto nessuno fare una cosa del genere.
<< Vorresti
lavorare per me? >> chiede, ma non è una proposta, la sua. Non per il
momento.
Sul volto di Irina
si dipinge un piccolo sorriso.
<< Se tu me
lo permetti >> ribatte.
William sorride a
sua volta. I suoi occhi si soffermano sul suo viso: è una bella ragazza, deve
ammetterlo. E ha anche capito che forse è rimasta affascinata da lui, come
qualsiasi altra donna che gli è capitata davanti.
<< E’ vero,
ho dei piloti che lavorano per me >> dice, << Fanno parte di quella
che viene chiamata Black List… Ne hai sentito parlare? >>.
Irina annuisce.
<< Sì, ma non so bene come funziona… La gente non è stata molto
disponibile nei miei confronti… >>.
<< Hai
infastidito qualcuno, vincendo >> spiega William, fissandola, <<
Dalle nostre parti non si vedono piloti donna, a parte
qualche raro caso… Hai ferito l’orgoglio di alcuni di noi >>.
Irina sembra
divertita, e lo è anche lui. Anche se sembra fuori posto, quella ragazza appare
stranamente determinata e in qualche modo molto più forte di quanto possa
sembrare. William rimane colpito, guardando il suo volto liscio e delicato, tanto
simile a quello di una bambina ma con gli occhi di una donna.
<< Davvero
vorresti diventare la mia pilota? >> chiede William, avvicinando il
posacenere, senza distogliere gli occhi da lei.
Irina diventa
seria, e un’ombra passa nei suoi occhi da cerbiatta. << E’ l’unica alternativa che ho… A meno che le tue minacce non siano
finte >>. Non c’è speranza nella sua voce.
Lo Scorpione spegne
la sigaretta, osservando quella ragazza giovane e molto bella che ha davanti.
Non la conosce, sa poco e niente di lei, eppure non può che esserne
affascinato… Tuttavia, deve dimostrare che lui è uno da temere, che non cede di fronte a niente…
<< Le mie
minacce non sono finte >> dice, a bassa voce, << Dominic ha un debito, e i debiti
vanno saldati… Ha cercato di fregarmi, e non perdono questi affronti… >>.
<< D’accordo,
allora sono disposta a farmi carico del suo debito >> lo interrompe
Irina, quasi a non voler sentire cosa ha da dire, << Pago io per lui…
Anche se non so quanto tempo ci impiegherò >>.
William la guarda,
senza capire cosa passi nella testa di quella ragazza. << Perché vuoi
fare una cosa del genere? >>.
Irina abbassa gli
occhi. << Sono abituata a pagare per i miei fratelli >> risponde a
bassa voce.
William tace. C’è
qualcosa che gli dice che quella ragazza è abituata a lottare, ma che è anche
incredibilmente stanca… Più vecchia di quanto dovrebbe essere.
<< Quanti
anni hai? >> domanda lo Scorpione.
<< Diciotto
>>.
William la fissa.
Aveva intuito fosse giovane, ma non così tanto… Allora
non sembra poi tanto piccola, lo è veramente.
Gli occhi di Irina
lo scrutano, a metà tra l’impaurito e lo sfrontato. Per essere poco più che una
bambina, quella ragazza ha carattere: nonostante abbia paura, si offre di
legarsi a lui…
Tutto
sommato,
non sono i soldi che gli interessano. Un milione di dollari non sono poi gran
che, valutando anche che in realtà ne ha prestati a Dominic
molti di meno: la maggior parte sono interessi, maturati in seguito ai suoi
diversi tentativi di “intimidazione”… Averli o non averli indietro non gli
cambia la vita, ma è il fatto di essere stato gabbato a dargli più fastidio.
Non si gioca con lo Scorpione, e tutti lo devono sapere.
“Quando sono andato a casa di Dominic,
non credevo che mi sarei ritrovato davanti a questo… Ha le labbra da bambola”.
I suoi occhi
tornano a guardare Irina, seduta immobile, e la ragazza arrossisce di colpo.
L’occhiata che le ha gettato è stata particolarmente eloquente… Anche se è
giovane, Irina lo attira molto, fisicamente.
Ghigna. Potrebbe
essere interessante avere a che fare con lei… Non sembra la tipa da una notte e
via, ma di sicuro riuscirà a scioglierla… Ne ha viste di ragazze di quel
genere, e molte a letto erano delle tigri, a dispetto delle apparenze…
Potrà anche essere
brava al volante, ma non è sicuro che possa tornarle utile. Magari alla fine si
scopre che sono state tutto un caso, le poche vittorie che ha
guadagnato…
In tutta sincerità,
non ha nessun motivo per doverla accettare tra i suoi piloti: ne ha già
abbastanza, e di sicuro non riavrà mai i suoi soldi. Oltretutto è troppo piccola
per poter vantare qualche esperienza, e sarebbe la
pilota più giovane di tutto lo Stato…
Però qualcosa di lei lo
attira come una calamita. Nonostante la sua faccia pulita, senza trucco,
nonostante la sua maglietta scura che nasconde egregiamente le sue forme, la
trova sensuale. Basta l’espressione dei suoi occhi scuri a catturarlo: non ha
mai visto nessuna ragazza come lei.
<< Ci sono
delle condizioni, se vuoi essere la mia pilota >> sussurra, mentre nella
sua testa prende forma un’idea.
<< Quali?
>> chiede Irina.
<< Dovrai
fare ciò che ti dico >> spiega William, << Tutto, anche se non ti
andrà a genio. In cambio io lascerò in pace la tua famiglia e tuo fratello. Mi
pagherai con i proventi delle gare che riuscirai a vincere, e sbrigherai per me
alcune faccende. E dovrai ricordare una cosa: mai mettersi contro lo Scorpione
>>.
Irina sembra
trattenere il respiro per un attimo, i suoi occhi che si abbassano
impercettibilmente.
<< Tutti?
>> chiede, la voce piccola piccola.
<< Tutti
quelli che riterrò tu possa portare a termine >> risponde William, e un
sorriso gli affiora tra le labbra.
Non vuole
spaventarla; vuole vedere fin dove potrebbe arrivare.
<< Per il
resto, sarai libera di fare quello che vuoi >> continua, << Essendo
una mia pilota, potrai provare ad entrare nella Black List, e far parte del mio
giro >>.
Irina annuisce,
guardandolo.
<< Lascerai
in pace la mia famiglia? >> dice, come per essere sicura delle
condizioni.
<< Hai la mia
parola >> risponde William, << Tu diventerai la mia pilota, e io cancellerò dalla mia memoria le loro facce… Rimarremo
solo tu e io, in questa storia. Accetti? >>. Le porge la mano aperta.
Irina trae un
sospiro, poi annuisce. << Accetto >>. Stringe con la sua manina la
sua, e sorride, certa di aver salvato la sua famiglia e forse anche se stessa,
mentre William sente il braccio diventare caldo, e qualcosa serrarglisi
nello stomaco…
Perché
solo in quel momento si rende conto che forse quella ragazza non è lì per caso,
che forse non è una qualunque… Quella stretta gli trasmette la sensazione che
sia stato il destino a farli incontrare, e non sa che quel pensiero diventerà
presto una convinzione… Non sa che intrecciando la mano con quella piccola di
lei, ha scritto la pagina più importante della sua vita, ha segnato per sempre
il suo futuro… Non sa che l’idea che si è fatto, quella di aggiungerla tra le
sue conquiste, è solo uno stupido piano destinato a fallire. Non sa che Irina
non sarà come le altre, che non vincerà mai con lei…
Non sa che diventerà la sua ossessione, il suo chiodo fisso, la sua debolezza…
Come lei che non sa
che quello che ha davanti sarà la sua rovina, il suo incubo, il mostro da cui
da sola non riuscirà mai a fuggire… Che le strapperà l’anima, che si insinuerà dentro il suo cuore e che lo lacererà come mai
nessun’altro. Che la farà morire e rinascere tante e troppe volte.
E con quella
stretta di mano, nessuno dei due sa che ha firmato la sua sconfitta.
<< Benvenuta
nel mio mondo, bambolina >>.