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Autore: Ella_Sella_Lella    28/10/2010    2 recensioni
Una storia strana, ambientata un anno prima del arrivo dei folletti nella vita dei nostri eroi, non ci sarà Alessia,non ci sarà Cecilia, non ci saranno neanche Samuele e Tommy ...
Ci saranno solo la troupe delle medie, con personaggi inventati da me, che partono da una situazione è la storia si concluderà con tutt'altra ovvero quella del inizio del anime ...
Camilla negata in ogni sport .Camilla e Carolina amiche per la pelle. Camilla innamorata di Fabrizio che neanche sa chi è ...
Dunque questa è la fine ma non vi icuriosisce come può essere cominciata?(Secondo me) cosa in realtà è stato??
Averto che usciranno fuori le cose più inpensabili ...
Spero la storia vi ispiri, ma non penso affatto verrà letta.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: OOC, What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Avendo un volo per Barcellona tra poco, non ringrazio singolarmente, ma ringrazio tutti quelli che seguono, preferiscono leggono e recensiscono questa storia. Vi ringrazio tanto. Chiedo perdono per il mio colossale ritardo, specialmente a MissTata55 a cui dedico questo storia.
(Comunicazione di servizio: Il cognome di Alessia è il nome proprio della sua versione originale. Giulia è riamessa a scuola(E ora mi sono puntata di farla finire in coppia con Michele). Alessia è molto OOC, ma nell'anime qualche volta viene mostrata anche con una ragazza dolce, di rado ma accade.)
Spero di non deludervi con questo capitolo.
Buona Lettura.
Baci Baci
EsL












In Un Passato Non Troppo Lontano

La Decisione di Serena e La Ragazza che veniva da Osaka















“Forse mamma, io dovrei andare con papà …” propose Camilla a sua madre una domenica mattina, tra le due era risaputo il pessimo rapporto che albergava spesso tra il padre e Serena, e poi lei era incinta, aveva più bisogno della madre; “In verità io e Leonardo, abbiamo provato a convincere il giudice a cambiare il verdetto, ma non l’ha voluto fare!” aveva risposto Teresa, versando l’acqua bollente del tè nella sua tazza, “E poi tuo padre guadagna più di me, può favorire meglio a tre persone!” aveva aggiunto, con un livello di voce, quasi piatto. Camilla rimase a fissare sua madre, che sembrava quasi un fantasma, ebbe come l’impressione che sapesse di più ma che non voleva dire la verità, “Mamma, c’è qualcosa che non mi hai detto?” chiese alla fine Camilla con voce dolce, la donna si voltò a guardarla, scosse la testa quasi pentita, Camilla comprese che c’era veramente qualcosa che gli sfuggiva. “Ti prego mamma!” sussurrò dopo, sedendosi sulla sedia e posando le mani su quelle di sua madre, che continuava a mantenere uno sguardo basso, “Vedi amor mio …” bisbigliò la donna, sollevando appena gli occhi dalla tazza per concentrarli su quelli di brace della figlia, poi aggiunse: “Hanno dato a tuo padre una promozione, ad Osaka!” la sua voce era morente, Camilla fissò sua madre sbigottita. Questo significava ormai solo una cosa. Serena sarebbe andata via e la sua famiglia sarebbe stata distrutta completamente.

Si alzò lentamente dal tavolo, annunciando alla madre che sarebbe andata a fare una passeggiata e così fece. Sconsolata camminava per le vie della città, così senza una meta, pensando che se giusto un anno fa si sarebbe trovata in questa situazione sarebbe scappata a casa di Cintya a piangere e lei sicuramente l’avrebbe consolata come solo lei sapeva fare, ora invece dove poteva andare? Da chi poteva andare a sfogarsi? Da Giulia? Si Giulia sarebbe stata un’ottima idea, sicuramente avrebbe trovato le parole giuste per consolarla, quindi imboccò la via per casa di Giulia, quando il destino pensò bene di trovarle un’altra direzione. Di fatti appena imboccata una strada si era ritrovata faccia a faccia con Carolina che con la tuta ed una borsa a tracolla tornava a casa, probabilmente dopo gli allenamenti di pallavolo, pensò Camilla ricordandosi di tutte le molteplice attività sportive che Carolina faceva, invece lei era negata in ogni sport tranne nel calcio femminile. “ Ciao Camilla!” disse la ragazza con tono acuto, tirando indietro una ciocca dei capelli violacei, la bionda risaluto con voce spenta e gli occhi tristi, “Camilla cos’hai?” chiese Carolina preoccupata notando la tristezza negli occhi della neoamica, questa però non rispose limitandosi semplicemente abbracciò Carolina, cercando di trattenere l’impulso di piangere, ma non ci riuscì. Carolina la strinse amichevole senza chiederli spiegazioni.

*

Serena prendeva delle vitamine utili al feto che gli aveva procurato Letizia. Era seduta sul letto con le gambe accavallate ed una mano posata sul ventre, Fabrizio dalla sedia di fronte che la guardava preoccupato. “Cosa succede?” chiese alla fine, visto che la sua fidanzata era più impegnata ad inghiottire pillole che rivelargli il motivo di quella incursione a casa, Serena infilò la scatolina delle vitamine dentro la borsa fucsia ed alzò lo sguardo verso il fidanzato, poi con voce tremolante disse: “Mio padre ha avuto una promozione!” Fabrizio la guardò confusa così Serena aggiunse: “In un’altra città e noi ci trasferiamo!”posò le mani sul ventre e cercò di trattenere le lacrime che in quel momento prepotenti tentavano di uscire, Fabrizio rimase in silenzio a fissarla, come ad elaborare un discorso sensato da fare, alla fine si alzò di scatto ed urlò un no o un lamento, la ragazza non l’aveva capito bene, si era alzata anche lei ed aveva abbracciato il ragazzo.

Fabrizio aveva smesso di urlare e bestemmiare dopo parecchio, poi si era seduto sul letto e con gli occhi bassi aveva cominciato a parlottare fra se e se: “Non possono portarvi via da me. Noi siamo una cosa sola!” posò la mano sul ventre della ragazza, Serena lo consolò come meglio poteva, ma lei sapeva come sarebbero andate le cose. Lei era dannatamente certa che volente o nolente sarebbe andata via, che nessuno avrebbe permesso a due ragazzini di 14 anni di fare i genitori, era stato suo padre a insinuarle quel dubbio, chiedendole se aveva voglia di buttare via totalmente la sua vita e lei si era ritrovata a pensare che non voleva, forse era egoista ma non voleva, non voleva essere una ragazza madre, non voleva che Fabrizio dovesse crescere così tanto, era già dovuto crescere dopo la morte del padre, si sentiva stupida, aveva tremendamente sbagliato quando aveva scelto di tacere su quella notizia e di rivelarla quando ormai era tardi. “Non mi lasciare. Voi non potete andarvene!” piangeva ora Fabrizio, Serena non l’aveva mai visto piangere ma vedere l’amato in lacrime non era per lei di certo una consolazione, Fabrizio era un ragazzo così intelligente con tanto da esprimere e con grandi capacità, avrebbe fatto davvero grandi cose, ma ora in questo momento lei e la piccola creatura nel suo grembo erano un freno, ma non solo per lui, Serena capiva di essere un freno anche per se stessa, anche lei avrebbe potuto fare grandi cose ma non con una figlia a carico. Perciò non si era opposta quando suo padre le aveva detto che sarebbero andati via, aveva accettato senza commenti ed aveva deciso che appena nata avrebbe dato via la bambina, questa cosa le sarebbe costata, le sarebbe costata carissimo, ma capiva che comunque sarebbe stato meglio per tutti, ognuno di loro avrebbe avuto una vita più felice, compresa la piccola Renoir.

“Devo andare! Scusa!” disse poi, con le lacrime agli occhi, fuggendo veloce dalla casa del moroso. Pensava correndo veloce, mentre sentiva chiaramente dietro di se i passi di Fabrizio inseguirla, erano stati stupidi, due stupidi ragazzini di 13anni che non sapevano neanche cosa fosse il vero amore, loro erano maturi ma non pronti a questo. “Serena! Serena!” continuava a chiamare Fabrizio, ma lei aveva già chiuso il cancelletto ed era scappata il più lontano possibile, aveva voglia di piangere, accartocciarsi in un angolo e piangere, senza il bisogno che qualcuno la consolasse, l’importante era piangere, così corse quasi a perdi fiato, con una mano premuta sul ventre ormai non più piatto, correva a perdifiato e chiunque la vedesse di sfuggita correre velocemente poteva pensare a lei come una confusa ragazzina che corre senza una meta, ma lei l’aveva una meta. Il parco. Il loro parco. Dove tutto aveva avuto inizio, perché non piangere e sfogarsi proprio lì? Giunse al parco e si accomodò sulla prima panchina trovata libera, mise le mani sugli occhi serrati e cominciò a piangere, pregando che nessuno la vedesse.

*

Jeanne era uscita con Greta quel pomeriggio; Aveva deciso che prima della sua partenza avrebbe passato ogni istante in Giappone al meglio, cercando di accumulare più ricordi possibili. “Andrò al linguistico lo sai?” chiese Greta, passandosi una mano sui capelli per testare che qualche capello non fosse sfuggito alla prigionia delle mollette, Jean le sorrise e poi le rivelò la sua felicità. “E poi verrò a trovarti in Scozia!” aggiunse Greta, stringendo in un abbraccio l’amica, Jeanne rise e ricambiando l’abbraccio disse: “E poi andremo al lago di Locness, però fai attenzione a non farti mangiare dal mostro!” Greta aveva riso, già si vedeva cadere nell’acqua ed un enorme bestia dalle acqua prenderla, poi le rispose: “Temo sarei indigesta!” e Jeanne rise con più fragore, Greta dovette anche comprimersi le mani sul ventre per le risate, non solo per quell’ultimo insensato discorso ma per tutti quelli che avevano fatto fino in quel momento.

“Che fate Girls?” chiese Nicolò, che si era avvicinato, avendo visto la sua ragazza ed una sua amica, seduta su un avoli di un caffè a ridere, “Diciamo fesserie Darling!” rispose Jeanne alzandosi dalla sedia e stampando un bacio a timbro al ragazzo, “Si se ci avessi sentite …” rispose Greta con il solito tono di chi la sapeva lunga, Nicolò fu trascinato a sedersi su una sedi lì vicino dalla ragazza, che con sguardo languido si era seduta nuovamente sulla sua sedia. Pensava che a pochi mesi di distanza avrebbe abbandonato la sua terre, le sue amiche ed anche il suo ragazzo, solo che per lui non valeva il discorso di poterlo rivedere ogni qual volta sarebbe tornata qui per qualche vacanza, anche Nicolò se ne andava anche lui avrebbe preso per sempre il volo, avrebbe abbandonato la sua Tokyo per l’America; Sapeva Jeanne che una volta partiti la loro relazione avrebbe avuto i minuti contati, ma quanto tempo avrebbero resistito, quanto tempo sarebbero stati insieme? Poco? Molto? Abbastanza? No, non sarebbe mai stato abbastanza; A far quei pensieri le veniva da piangere, ma si era ripromessa di non farlo almeno non fino alla partenza.

*

La mattina dopo.

La campanella aveva annunciato il momento della pausa. Giulia aveva abbandonato la sua classe e si era diretta ad una finestra che dava sul cortile. La notte prima Camilla l’aveva tenuta sveglia chiacchierando con lei al telefono e le aveva strappato la promessa che avrebbe provato a far pace con Cintya perché lei, Giulia, non aveva alcun valido motivo per essere in lite con l’altra. Così giusto la mattina con qualche incertezza si era chiarita con Cintya, che per tutta risposta era euforica di aver finalmente recuperato una delle sue migliori amiche. Adesso Cin era nel parco sotto braccio a Lorenzo e lei Giulia gli guardava dalla finestra. “Ho sentito che hai fatto pace con Cintya!” la voce di Michele la fece sobbalzare, si voltò di scatto, trovandosi davanti Michele che guardava interessato la scena, “Si, si” rispose velocemente Giulia non distraendosi dai due, “Pensi che la vostra amicizia non sopravviverà alla terza media?” chiese con fare civettuolo Michele, Giulia sgranò lo sguardo anche se alla fine ammise al ragazzo che aveva ragione. “Anche io, penso che la mia amicizia con Fabrizio e Lorenzo non supererà la terza media, magari resistiamo fino all’estate!” aggiunse lui, con un tono malinconico, davvero poco da lui, Giulia si voltò verso di lui, vedendo gli occhi tristi di lui. “O Michi chi ti guarda ora, potrebbe pensare che tu non sia uno stronzetto ipocrita e meschino, ma perfino un ragazzo con un po’ di cuore!” sibilò Giulia, ma non era un commento velenoso, anzi era un commento ironico che fece anche sorridere Michele, che subito si tolse quell’espressione malinconica; “Sai se qualcuno ci vedesse ora potrebbe pensare che siamo una coppia. Siamo così gradevoli da guardare insieme!” ci tenne a precisare Michele con un sorriso malizioso, Giulia mise le mani sui fianchi e gli rispose divertita: “Sai Michi abbiamo già tentato, non funzionerebbe. E poi io ti conosco troppo bene …” Michele gli sorrise. “Però pensavo, io e te frequenteremo la stessa scuola. Metti un po’, fra 5 anni ricapitiamo in classe insieme, io magari sono cambiato, sono ancora più bello e un carattere più adatto a te, tu sarai splendida …” stava dicendo Michele ma fu interrotto da Giulia: “Evviva la modestia e poi io sono già splendida!” digrignò i denti e poi aggiunse: “E tra me e te non ci sarà mai niente!” per poi andarsene con una camminata ondulata. Michele sorrise.

Fabrizio camminava per la scuola senza una meta, aveva una gran voglia di raggiungere Serena, ma quella mattina la sua ragazza non era venuta a scuola, era rimasta a casa, si era sentita malissimo. Così vagando era incappato in una biondina quasi completamente voltata di schiena, che parlottava con Carolina, faceva ampi movimenti con le mani, avendo anche rischiato di far cadere il succo che aveva in mano sul pavimento. Fabrizio si era appostato al muro per spiare la biondina troppo lontana da vedere, il cuore di Fabrizio batteva all’impazzata: Era lei. Quella era la ragazza del sogno, ne era certo. Carolina conosceva la ragazza del sogno? E chi era la ragazza del sogno? Lui doveva vederla, lui doveva assolutamente sapere chi era, ma la campanella suonò proprio in quel momento e la bionda ragazza con le codine era già scomparsa in classe e Carolina gli era andata dietro. Fabrizio batté il pugno sul muro. Ma cosa gli era venuto in mente? Lui doveva pensare solo a Serena e a nessun’altra.

Carolina stava tornando in classe assieme a Camilla, “Mi ero dimenticata di dirtelo, le codine ti stanno molto bene!” aveva detto Carolina riaggiustandosi meglio gli Chignon ai lati della testa, “Anche a te i tuppetti!” aveva risposto la bionda, ondeggiando appena un po’ la testa, in modo che anche le codine bionde si muovessero. Carolina e Camilla avevano impiegato tutto l’intervallo a parlare di quello di cui era venuta a conoscenza Camilla e sul suo stato emotivo. “Sai Caro, continuo a fare sogni strani di recente!” disse Camilla mentre si appostava al suo banco, sfortunatamente accora a canto a quello di Cintya, mentre si voltava verso Carolina che aveva cominciato un lieve dibattito con Marta per il fatto che le sue cose invadevano il banco, “Dimmi! Dimmi!” rispose Carolina veloce e anche Marta pettegola si mise all’attenti, anche Cintya aveva teso l’orecchio. “Be un ragazzo che non riesco ad identificare che mi lega un braccialetto al polso!” rispose indicando il polso vuoto, Carolina aggrottò le sopraciglia ma non fece in tempo a rispondere che la professoressa Amanda le aveva zittite.

*

Si era sentita male, ma alla fine aveva deciso di uscire di casa per comprare del cioccolato all’arancia, aveva una dannata voglia di cioccolato all’arancia incontrollabile. Era uscita di casa con un enorme lunga e larga maglia pre-maman che sperava coprisse la sua eccessiva rotondità e con un po’ di soldi si era diretta al mini-market, comprata una quantità ingente di cioccolata probabilmente eccessiva anche per un diabetico con una dose sbagliata di insulina. Aveva appena finito la seconda barretta quando si imbatte in un ragazza: Dai capelli scurissimi e gli occhi intesi. Era ai margini del marciapiede voltata di schiena, in bilico sul cadere per la strada, la postura eretta e gli occhi puntati ad una casa. Serena non le diede importanza finché una donna non uscì dalla casa, “Alessia ti piace?” chiese la donna dolce, la ragazza mise le mani sulla vita, poi rispose: “Veramente mamma, preferivo la casa che avevamo a Osaka!”, quel nome fece bloccare Serena. In quale città aveva detto che suo padre si trasferiva? Si a Serena venne in mente che la città era proprio Osaka, incredibile a vederla così, quella situazione era davvero buffa: Lei, Serena, abbandonava per sempre la sua Tokyo per trasferirsi ad Osaka e a quella ragazza invece succedeva il contrario, lasciava la sua Osaka per Tokyo.

“Scusa non ho potuto fare a meno ti ascoltare, tu vieni da Osaka?” chiese Serena avvicinandosi alla ragazza che corrispondeva al nome di Alessia, che limitandosi a guardarla stizzita rispose di si. “Ma tu ti immischi sempre negli affari delle persone che non conosci?” chiese veramente seccata la ragazza dagli occhi chiari, guardandola con fare superiore, Serena non se la prese a male, cosciente che la ragazza aveva ragione, “No, ma io presto lascerò Tokyo per andare a vivere ad Osaka!” disse Serena, passandosi appena una mano sul ventre largo coperto dalla larga e pesante maglia. “Che coincidenza!” disse quella ragazza con una voce appena un po’ più dolce, poi allungò una mano verso Serena, “Alessia Azumi!” enunciò , Serena strinse la mano della ragazza presentandosi a sua volta. Rimasero a fissarsi qualche istante, poi Alessia le chiese: “In che zona vivrai?”, Serena incrinò la testa, suo padre le aveva rivelato, ci pensò un po’ poi rispose: “ Il quartiere di Fukushima, credo” grattandosi la testa bionda, Alessia sorrise poi rispose: “Il mio vecchio quartiere. Vivevo con mia madre e mio fratello a Fukushima, per ora sto io e mio fratello stiamo a Kita da mio padre!”aggiunse Alessia con un tono un po’ triste, prima di spiegare che era stata invitata dalla mamma a vedere la nuova casa che la donna aveva preso ed arredato a Tokyo, Alessia e suo fratello minore si sarebbero trasferiti a Tokyo verso metà estate; “Tu quando te ne vai?” chiese la ragazza, portando una ciocca scura dietro l’orecchio, “Appena saputo il voto dell’esame di terza media!” rispose la bionda, spostandosi le mani dalla pancia, si era programmata tutto, avrebbe partorito la bambina ad Osaka, probabilmente con un cesareo, avendo fatto ricerche ed avendo stabilito dopo attenta cura che i suoi fianchi non erano abbastanza larghi e adatti per un parto naturale e poi avrebbe lasciato la bambina all’ospedale, dopo averla chiamata Renoir, in modo che qualche povera donna che non poteva avere un pargoletto, potesse prendersi cura della sua paffutella ragazza.

“Alessia, tesoro, io devo uscire a comprare il pane!” rispose la madre di Alessia affacciandosi dalla porta di casa, dove prima era rientrata. “O vuoi andarci tu?” chiese poi, notando che la figlia era in compagnia di un’altra ragazza e che conversavano più o meno allegramente, Alessia volse lo sguardo a Serena che subito disse che il mini-market era lì vicino, lasciando ondeggiare la busta piena di cioccolata all’arancia, Alessia rispose positivamente alla mamma e prese i soldi per il pane. Alessia e Serena camminavano lungo la strada con fare disinvolto senza parlarsi molto, se non con qualche commento qua e là sulle città dove le ragazze avevano abitato e sulle amicizie che avrebbero abbandonata. “E lui com’è la presa che te ne vai?” chiese curiosa Alessia ammiccando alla pancia di Serena, la ragazza un po’ imbarazzata rispose: “Non bene, ha pianto, devo dire che non l’avevo mai visto piangere” sperava che Alessia non se ne accorgesse, ma evidentemente era chiedere troppo, infondo era incinta di più di quattro mesi era difficile non accorgersene. Alessia mostrò una certa sensibilità non chiedendo più niente a Serena sulla gravidanza, ma si limitò a gozzovigliare mezz’ora della sua vita Tokyo, con al sua amica Daniela e il suo amico Mirco. Senza alcun dubbio Serena poté notare che Alessia era una delle persone più narcisiste che potessero esistere su questa terra ma almeno non era poi tanto indiscreta ed era meglio che stare da sola.
   
 
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