"Sveglia ragazzo, sei ancora intero."
Marv muove la testa su un cuscino che non conosce. Apre gli occhi e balza a
sedere di scatto, gettando un grido al dolore acuto che lo aggredisce. L'uomo di fronte a lui abbozza un sorriso cortese
e
lo studia come fosse un malato terminale. "Certo che bazzichi brutta gente. Ti
ho trovato in aperta campagna ridotto piuttosto male"
Marvin si tasta il petto e le braccia piuttosto sorpreso." Chi... sei?"
"Un veterinario, ma le ferite le so guarire ugualmente. Ti ha detto bene che
quella pallottola non ti abbia bucato il cuore."
Marv lo fissa sulla difensiva, ancora sconvolto per la novità. E lui che pensava
di essere morto! Si guarda attorno studiando l'ambiente in cui si trova. Il suo
veterinario deve essere piuttosto povero. E' una topaia schifosa, pensa
scrutando ogni centimetro del suo corpo.
Il telefono che squilla lo fa balzare lontano dal comodino. Il
vecchio prende il cellulare e lo guarda stranito. "Squilla da giorni e ogni
volta che rispondo mi attaccano in faccia. Sono amici tuoi?"
Marv assentisce e lo prende con due dita. "Si. Anche parecchio incazzati"
mormora con la voce roca di paura.
Sarà anche matto... ma questa è gente che non ci mette nulla ad ammazzarti chi
hai di più caro al mondo nel più sanguinario dei modi.
Il tono nervoso che proviene dal microfono, azzera ogni
dubbio. Non che ne avesse.
Quando la comunicazione viene tolta bruscamente, impreca
fra i denti. Ha perso il carico, il taxi e la donna ma stranamente i suoi
superiori non se la sono presa più di tanto. Sanno tutto, sanno chi è stato e
stanno mandando una squadra di risolutori.
Chi cazzo sono i risolutori, poi... si chiede posando il telefono e
tornando a sdraiarsi.
"Vuoi qualcosa da mangiare? Ti vedo magrolino, non avrai qualche malattia
strana, vero?"
Marv gira lentamente la testa verso il veterinario dal volto
bonario e innocuo. Un lampo sinistro
negli occhi che il vecchio non nota. "No, niente malattia. Però ho molta fame."
***
Sospira, sospira…continua a sospirare, vedrai che ti passa.
Mira autoironizza da quando ha lasciato l’hotel.
Ironizza, altrimenti si metterebbe a piangere.
La prima cosa che ha fatto quando ha lasciato il parcheggio in lacrime, è stato
telefonare alla stazione della polizia che l'aveva dirottata in tutta fretta sul
cellulare di Bronx. L'uomo le aveva risposto piuttosto trafelato.
“Sei viva?!”
“Certo che sono viva!” aveva esclamato con aria incredula. “Sto tornando a casa.”
Bronx si era incupito al suono di quella voce buia e debole. "Stai bene?"
No. Mira assentì e poi si ricordò che non poteva vederla "sto
annuendo."
Bronx era rimasto in silenzio ascoltando quella strana risposta. “Conosciamo l’identità del tuo
assalitore.”
“Non me ne importa nulla. L’ho ucciso, Harvey…”aveva sussurrato dandogli
nuovamente del tu. “L’ho ucciso io.” Mentì scacciando il pensiero di Lucas come
una mosca fastidiosa.
“La vedo difficile” l’aveva raggelata piegandosi sulla cornetta “non abbiamo trovato il corpo”
Le era quasi caduto il telefono di mano quando aveva pronunciato l’ultima sillaba.“E' ancora vivo….”
“Come hai fatto a scappare da lui?”
Lucas…
“Si è distratto. Gli ho preso la pistola e gli ho sparato, ma pensavo di averlo
colpito!”
“Non abbiamo trovato niente, la pioggia ha lavato via tutto. Ma ho trovato il
tuo specchietto. ”
“Buttalo, per favore" sussurrò di nuovo tesa e nervosa. “Marv stava trasportando
un carico di droga ma non so dove sia finito.” Mentì mordendosi un labbro: non
poteva dire che ce l’aveva Lucas!
“Allora deve esserselo ripreso. Il taxi verde è scomparso e sembra che nessuno
l’abbia visto.”
“Cristo, è verde! Verde!!” esplose facendo girare tre avventori del bar “come
fanno a non vederlo? Senti, devo lasciarti, mi sto rimettendo in viaggio. Mi
dispiace per la cena.”
“Non dirlo neanche per scherzo!”
Mira gli era stata grata di quella voce confortante e rilassante, ma non le era
bastato. Aveva bisogno di qualcosa di più che non voleva nominare. Non ci voleva
nemmeno pensare.
“Pensa a tornare… poi pensiamo a tutto il resto”
Quale resto? Che resto? Non c'è niente che tu possa fare per me. Stava per
dirglielo quando un vecchietto
dietro di lei le picchiò la spalla con un dito, visibilmente seccato.
“Signorina è un telefono pubblico”
“Si, mi scusi. Ciao ispettore, ci vediamo presto”
Bronx non aveva fatto neanche in tempo a dire ‘a’ che Mira aveva già riattaccato
con aria pensosa.
“E finalmente!”
L’occhiataccia di stizza che aveva lanciato al vecchio, non era minimamente descrivibile.
Si era fermata a fare un breve pranzo e aveva mangiato svogliatamente anche se
non aveva affatto fame.
E continuava a venirle da piangere.
Il vecchio si era seduto accanto a lei pesantemente, gettandole un’occhiata
veloce “è passato tanto tempo dall’ultima volta che sono riuscito a far piangere
una bella ragazza” aveva soffiato dal naso grande, da contadino, incrociando le
mani di fronte a se.
Macchie epatiche sul dorso, unghie rotte. Fa lavori manuali.
“Non è per lei” aveva sussurrato mandando giù un boccone svogliatamente “cose
mie.”
Lui l’aveva guardata attraverso gli occhi acquosi spenti e scoloriti dall’età.
Doveva cinquant’anni, forse sessanta. Portati malissimo, pensò posando il
bicchiere e girando la testa “se deve fissarmi a lungo, l' avverto che non è
giornata”
Il vecchio aveva sollevato le spalle robuste ma cadenti e si era voltato verso
la cameriera facendole un cenno. “Da queste parti non è mai una buona giornata.
Questa è una città di transito; siamo talmente piccoli che non compariamo sulle
mappe stradali. Vedi quelli laggiù?” borbottò attirando la sua attenzione su due
fidanzatini che tubavano e facevano le fusa “quei due sono appena scappati di
casa e non hanno molta voglia di essere disturbati” le spiegò facendola sbuffare
di noia: lei voleva solo essere lasciata in pace!
Bevve un sorso della bibita e annuì,
fingendo comprensione e interesse.
“Quello la è il classico pistolero a tempo perso che spera di beccare una rissa
per estrarre il fucile da caccia che ha appena comprato per far vedere quanto è
virile” continuò indicandole un tipo piuttosto massiccio dallo sguardo nervoso
“E quella vecchietta laggiù… beh, scommetto che avvelenato il figlio perchè non
la andava mai a trovare, l’unica volta che si è presentato a casa sua” ridacchiò
battendole una mano grande sulle sue e facendola scattare all’indietro.
“Giù le mani!”
L’uomo assunse un’aria mortificata che la fece subito sentire in colpa. Si ritirò in se stesso, come una tartaruga vecchia e stanca.
“Non volevo... ho avuto una settimana un po’ pesante” ammise posandogli una
mano sulla spalla “Brutta gente, brutti incontri. Sto tornando a casa” spiegò
con voce più gentile e un po’ rotta. Il vecchio sorrise appena “ti auguro ogni
fortuna, ragazza-”
“Grazie.”
Mira pagò il conto ed uscì. È il primo pomeriggio, non pensava che avrebbe perso
tutto quel tempo nel ristorantino.
“Signorina!”
Si voltò: il vecchio era dietro di lei con una grande borsa a tracolla. “Potrei…”
Era timoroso e titubante e Mira lo fissò aspettando: stava per chiederle un
passaggio?
“Potrei chiederle…lei dove va?”
“A New Orleans”
“Io un po’ più giù. Faccio l’autostop ma sono fermo qui da giorni. Mi darebbe un
passaggio fino lì? Dopo mi arrangio da solo”
La donna lo soppesò: non sembrava pericoloso, ma non si poteva mai sapere.”Va
bene, ma al primo passo falso, la scarico in corsa dalla macchina!” lo minacciò
con un dito puntato e pochissima voglia di scherzare.
Il vecchio annuì, dopo averla guardata piuttosto sorpreso. “Se vuole, eh…non
per forza”
E’ esausta, le farà bene un po’ di compagnia. Gli anziani sanno sempre un sacco
di aneddoti. E poi parlare l’aiuterà a dimenticare.
“Metta dietro la borsa”
****
Mira sta ridendo da una buona mezz’ora, non si aspettava che il suo compagno di
viaggio fosse così simpatico. Ha guidato a lungo, è stanca. Il vecchio Charlie
non si è neanche offerto di prenderne il posto, sapeva che non avrebbe mai
acconsentito.
“Penso che non lascerò mai più che un uomo prenda il mio posto alla guida”
aveva spiegato con aria esausta.
Lui non aveva commentato limitandosi a guardarla. Quando si era fermata in una
radura e aveva spento la macchina, fu costretto a celare la sua sorpresa.
“Un attimo solo, ho voglia di guardare un po’ le stelle”
Il cielo era crivellato di puntini luminosi che la rendevano ancora più
malinconica.
Sarebbe tornata a casa. Sarebbe uscita con Harvey. Stavolta l’avrebbe invitato a
casa sua, non si sarebbe neanche arrischiata a mettere un piede fuori.
Sospirò a lungo, il freddo che le congelava il naso e i piedi.
“Si prenderà il raffreddore” l’avvertì dopo un bel po’ che se ne stava la fuori
sola. Scese dalla macchina, sbattendo la porta e facendola sussultare.
“Non m’importa molto a dir la verità…”ammise intristita. “Le è mai capitato di…”
Mira lo guardò indecisa e tacque.
“Su…continui”
“Niente, niente” sbottò risalendo in macchina “forza, cerchiamo un motel per la
notte”
Harvey le aveva dato il suo numero personale. Mira lo rigirava fra le dita: un
numero scribacchiato in fretta su un foglietto strappato dalle pagine gialle del
telefono pubblico. Aveva voglia di chiamarlo, ma poteva essere impegnato in
qualche lavoro notturno e non voleva disturbarlo.
Gira fuori, al freddo. Potrebbe accaderle di tutto un’altra volta, potrebbero
aggredirla, rapinarla o sgozzarla.
A Mira non importa. Siede sul cofano della propria auto e guarda le stelle con la gola strozzata. Quando decide che ne ha abbastanza, che ormai
si è congelata e compatita a sufficienza, si volta, in tempo per notare la
tendina della finestra della camera del vecchio che viene rimessa a posto.
Un altro che non si fa gli affari suoi.
***
Brutto scherzo, tesoro. Brutto scherzo. Non me lo dovevi fare, piccina.
“Mira… Miraaaa! Ti vengo a prendere, lurida troia che non sei altro!”
Marv si trascina per la casa del veterinario con un tramezzino in mano e l'aria
cupa, la mazza da baseball stretta nell'altra. Quel tipo strambo ci ha messo parecchio
tempo per
togliergli il proiettile dal fianco, gliel'ha detto prima di morire. Non è la
prima volta che viene colpito e non è impressionato dalla vistosa cicatrice. Una
volta aveva dovuto scavare una ferita con le chiavi della macchina, figurati se si
spaventava per un taglietto.
L'ordine è di aspettare la nuova squadra di recupero senza fare troppe domande.
A Marv non piace ricevere ordini, ma in galera ha imparato a dire 'sissignore' e
ad abbassare la testa.
Il frigorifero del vecchio è pieno di cibo, deve essere uno che non ama
uscire molto di casa, pondera guardandosi in giro e cercando eventuali
tracce di parentele del veterinario. Neanche una foto. Meglio, non avrebbe
dovuto aspettarsi sorprese inattese. Marv piomba sul divano liso e mezzo
sfondato e agguanta il telefono con un sorriso. La sua cara vecchietta... chissà
come stava!
***
"C'è un cambio di programma. Arriverò con un giorno di ritardo"
"Ne siete certo?"
"Fate la seconda telefonata. Il resto è compito mio"
***
Si dice che il giorno in cui LORO arrivarono, la pioggia smise di cadere e
improvvisamente uscì un sole soffocante, che rese il terreno umido ancora più
odoroso di erba.
Si dice che il giorno in cui arrivarono, Marv stesse lucidando il fucile da
caccia del vecchio e che alla loro vista lasciò partire un colpo che trapassò
quasi il
soffitto e fece un bel buco nell'intonaco.
Si dice che l'uomo a capo del comando di risolutori aprì bocca per pronunciare
una parola sola.
"Andiamo"
Chiacchiere di paese sussurrano che
l'organizzazione per cui lavorava Marvin, l' Associated Lyrics, avesse ricevuto
una telefonata piuttosto gradevole da 'un amico' che li invitava a recarsi a New
Orleans il più presto possibile. Sembra che quest' 'amico' fosse a conoscenza
del fatto che un tale Jack Tempesta recava con se il carico di Nero che era
stato illegalmente sottratto all'incaricato e che stesse portandolo al committente del
lavoro, tale Kenneth Astingson, conosciuto nell'ambiente come Domino Kent, un
noto truffatore di Casinò e affini che si dilettava da tempo nella nobile arte
del raggiro e della frode ai danni di grandi compagnie come la Associated Lyrics,
una società per azioni che investiva parte dei propri guadagni nel brillante
mondo delle droghe pesanti.
Quello che proprio non era andato giù a Marlene Vallone, la socia di maggioranza
dell'Associated, era stata la brillante trovata di usare un poveraccio come Marv
per trasportare quel grosso carico di merce ai suoi 'amici' di Baton Rouge.
Non solo il carico non era mai arrivato, ma l'idiota se l'era fatto fregare da
sotto il naso da un concorrente!
La signorina Vallone non accettava un tale sgarbo, per lo più sotto Natale.
Sollevò il telefono e in breve, quattro uomini fecero la loro comparsa,
silenziosi, letali e devoti ad oltranza.
Marlene li guardò tutti uno per uno, incrociando
le mani dietro la schiena. "Voglio veder rotolare tante teste." Sibilò fra le
labbra sottili "voglio il carico, voglio Domino morto!,
e voglio Tempesta a brandelli. Pezzi piccoli, molto piccoli. Deve entrare in una
scatola da scarpe." Precisò fissandoli negli occhi. "L'idiota uccidetelo, ma
dopo. E' l'unico che può riconoscerlo"
"Jack Tempesta?"
Marlene lo guardò di traverso "non so chi sia, ma so che presto morirà"
I quattro si occhieggiarono a vicenda
"Tempesta non è facile da prendere. Si traveste, è praticamente irriconoscibile"
mormorò un uomo senza mai perdere la calma.
"Sono problemi vostri. Guardatevi le spalle, anche fra di voi!" sbottò
congedandoli con un gesto della mano. Marlene Vallone strinse un'altra volta le
labbra e si voltò verso la finestra del superattico che dominava la parte
Est della città.
Prima Tempesta , poi l'idiota e infine il bel Domino che non la smetteva mai
di impicciarsi degli affari degli altri!
***
Mira bussò a lungo alla porta di Charlie, sicura che fosse ancora addormentato.
Sollevò le spalle quasi tentata di lasciarlo lì e andarsene e si recò nel
settore ristorazione dell'alberghetto con passo cadenzato e lento.
Lo trovò seduto a ingozzarsi di cibo e si sedette al suo stesso tavolo,
ordinando un caffè nero e con poco zucchero "pensavo stesse dormendo"
"Noi vecchi dormiamo poco" rumoreggiò fra le briciole di pane tostato che
metteva in bocca due alla volta.
"Le andrà di traverso" mormorò in tempo per vederlo tossire e inghiottire il
boccone voluminoso con una lunga sorsata di caffelatte. Il vecchio autostoppista
ruttò discretamente alzò una mano per scusarsi mentre Mira sollevava un
sopracciglio. "Come si dice: meglio fuori che dentro" ridacchiò un pò
imbarazzata del comportamento di quell'uomo che non si limitava in niente,
sebbene fosse in presenza di una donna.
"Sacrosanta verità!" sghignazzò pulendosi la bocca con il dorso della mano
mentre Mira restava a metà aria con un tovagliolino di carta nel palmo.
Un optional, pensò riposandolo sul tavolo come nulla fosse.
"Beh, mia cara ragazza. Le nostre strade si dividono qui" affermò mettendo la
mano in tasca e tirando fuori una banconota da dieci tutta stropicciata."Ho
trovato un camionista che va dritto a destinazione"
Mira annuì sorseggiando il caffè "se le va bene così..." a me non dispiace,
pensò sollevata.
"Ma mi faccia un favore, prima: si compri un'arma" le disse all'improvviso
facendola strozzare
"E perchè?"
Il vecchio scosse le spalle con un sorriso bonario "difesa personale, se va in
giro da sola non sa mai cosa le può accadere"
Mira convenne che aveva pienamente ragione. Gli
promise di farlo e quando se ne andò, restò seduta al tavolo da sola, guardando
fuori del finestrone poco pulito del bar. Una pistola. Si, ne aveva
bisogno assolutamente!
***
Lucas guidava violentando la strada sotto di se con rabbia crescente. Il
segnalatore mandava impulsi sempre più forti, segno che Mira era vicina. Stavano
andando tutti e due nella stessa direzione.
Mira tornava a casa, lui aveva da svolgere un compito che gli sarebbe valso una
pensione d'oro e non intendeva rinunciarci. Inchiodò sul ciglio della strada,
aspettò che il segnalatore smettesse di lampeggiare in quel modo accecante e poi
riprese il cammino mentre, molto lontano da lui, un gruppo d'uomini ben
equipaggiati e silenziosi procedevano nella stessa direzione. Marv taceva
ostinatamente, guardando altrove. L'ostilità era palpabile in quella BMW nera
che viaggiava senza intoppi sulla statale, divorando chilometri come fosse una
belva feroce e tenuta digiuna da troppo tempo.
Marvin non apprezzava la compagnia più di quanto
facessero loro. Essere costretto a seguirli non gli era andata giù, ma la 45
special puntata alla tempia, era stata un ottimo deterrente alle sue proteste.
Mancavano pochi chilometri a New Orleans.