Quattordici
La scena raccapricciante
della stanza delle torture con tutti i felini appesi e crocefissi era stata
abbastanza potente da riuscire a togliere appetito al povero Thomas, ed
oltretutto a farlo inquietare parecchio, tanto che aveva chiesto gentilmente ad
Alberto se poteva restare a dormire da lui. Ora Thomas era lì al suo computer
portatile, che scaricava le fotografie dalla macchinetta digitale.
“Lettere… lettere…
soltanto lettere dell’alfabeto.”
Tamburellò con la biro su
un blocchetto degli appunti che si era approntato, per annotare eventuali
anomalie. Piuttosto stanco, si massaggiò l’attaccatura del naso, strabuzzando
gli occhi. Deciso a mettere in ordine le sue idee, chiuse il portatile ed
incominciò a scribacchiare qualcosa sul bloc-notes.
“Ricapitoliamo. Abbiamo un
pazzo che ha rapito Daniele, forse è lo stesso che ha rapito Nathan, forse è lo
stesso che ha ucciso Nevio; sicuramente lo stesso che ha rapito Daniele ha
frequentato quel casolare abbandonato ed ha fatto una carneficina felina…” pensò,
facendo correre la penna e scrivendo righe in una calligrafia impeccabile. Era
il suo primo caso, ma si sentiva parecchio confuso. Si voltò, sperando che
Alberto non fosse lì a sentirlo. Beh, d’altronde come avrebbe fatto? Alberto
non possedeva certo la facoltà di leggere nel pensiero, e adesso era nel suo
bagno a farsi una doccia. Arrossì, al pensiero di poterlo vedere nudo.
“Ehi scemo. Ricordati che
hai del lavoro da fare, non distrarti!” si auto-impose, schiaffeggiandosi
leggermente la guancia che iniziava a presentare una leggerissima peluria
“…Hmh. Tempo di rasatura…” pensò, e lanciò un’occhiata in direzione del bagno
dove c’era Alberto sotto la doccia.
*****
Come la vittima di un
diluvio universale, Alberto si lasciò accarezzare dallo scroscio dell’acqua
corrente nel bagno di Thomas, facendo finta che la doccia fosse effettivamente
una scarica di pioggia fresca. Nonostante il freddo Alberto aveva preferito non
usare troppa acqua calda, solo perché dopo il pomeriggio passato insieme a
Thomas, sentiva il bisogno di ricaricare le batterie, e l’acqua fredda che
picchiava sul suo corpo aveva un effetto molto benefico. Si passò le mani tra i
capelli, sentendoli ancora un po’ unti nonostante l’acqua. Prese il flacone di
shampoo e ne versò un po’ sui capelli, passando poi a massaggiarli
energicamente per lavare via la sporcizia. La frizione delle sue dita con la
cute nel massaggio, però, non era abbastanza lenitiva dei pensieri, che da
quando erano rientrati stavano ronzando nella testa di Alberto. Thomas si era
rimesso al suo posto al sedile passeggero, e non aveva più detto nulla per
tutta la durata del viaggio. Sembrava che avessero litigato, se non era per il
fatto che erano rimasti a baciarsi per più di due ore. Poi, erano arrivati
all’appartamento del ragazzo e Thomas aveva detto “Ti andrebbe di restare qui?
Non penso che riuscirei a prendere sonno dopo quello che ho visto…” Colto nello
spirito protettivo, Alberto aveva annuito. Ed eccolo là, sotto la doccia di un
mezzo sconosciuto...
“Uno sconosciuto che però
non hai esitato a baciare, eh?” Disse a sé stesso “mentre là fuori c’è un pazzo
che va in giro a rapire e forse anche ad uccidere le sue vittime… Ma che cosa
credevi di fare, proponendo quello stupido gioco, me lo spieghi?”
Con il bagnoschiuma si
massaggiò il torace e la pancia, sentendosi ancora una volta un po’ troppo in
carne…
“…Forse questa cosa sta
andando troppo velocemente. D’accordo, Nathan manca da due anni e sto facendo
il possibile per ritrovarlo, ma allora perché tutto questo preoccuparmi per
Thomas? In realtà non dovrei nemmeno essere qui, e lui dovrebbe fare il lavoro
da solo. Come potrei aiutarlo di più?”
E qui gli venne in mente
che non gli aveva mai parlato abbastanza di Nathan, delle sue abitudini, di
quello che faceva. Ormai era piuttosto chiaro che Thomas non era molto incline
ad indagare per Nathan, quanto lo era per Daniele, il suo amico. Digrignò i
denti, pensando che forse era incappato in un’ennesima presa per i fondelli.
Nelle sue elucubrazioni ci inserì anche la psicologa “soldi buttati al vento”,
pensò, “sarebbe stato meglio se quei soldi li avessi spesi con un buon
investigatore privato…”
Intanto la doccia
continuava a spruzzare acqua. Nella miriade di pensieri, Alberto cercò di
ripercorrere il sogno e la visita al casolare. Dunque. Nel sogno c’era questo
grande salone pieno di gente con la maschera…
A
mezzanotte ci toglieremo le maschere e magari …
…magari ci puoi trovare
Nathan o l’assassino. Quale delle due, signor Ferrari?
Le maschere.
Fabrizio che lo incitava a
ballare con la figura mascherata, tutto raggiante di felicità. Possibile che un
amico, per quanto quella definizione calzasse al nome di Fabrizio Foschi, non
riuscisse a capire che quelli erano momenti drammatici per lui? Almeno un
minimo di ritegno avrebbe imposto di non ridere. Ma nei sogni, si sa, può
accadere di tutto.
La maschera.
Due fessure a formare gli
occhi, un naso con due aperture per consentire il respiro, una bocca sigillata
ma che sembrava vera. Alcune placche d’argento sulla fronte… Possibile che gli
ricordasse qualcosa?
Perso nei suoi pensieri,
Alberto si spaventò a morte quando vide una figura fuori dal box doccia. Fece
un mezzo urlo. Poi asciugò con la mano il vapore sul vetro e vide la figura di
Thomas. Con un colpo della mano chiuse il rubinetto e afferrò l’asciugamano,
che prontamente si avvolse alla vita.
-Ti ho spaventato?-
domandò Thomas.
-Che domanda. Certo che
sì, accidenti. A momenti mi veniva un infarto…- ribatté Alberto, frizionandosi
i capelli con un altro asciugamano un po’ più piccolo. Uscì dal box doccia,
lasciando Thomas a guardare il posto vuoto che aveva lasciato, e si diresse
allo specchio per sistemarsi i capelli. Nel riflesso, vide Thomas, di spalle,
che si stava togliendo la maglietta. Lo osservò, ammirando quella schiena così
bianca e piena di efelidi, e mentre lui faceva finta di niente, vide il ragazzo
togliersi le scarpe e le calze, per poi passare al bottone dei pantaloni.
Abbassò la zip e lasciò cadere anche quelli. Pettinandosi i capelli, Alberto
vide che Thomas si stava anche togliendo gli slip (una fantasia molto strana,
fatta di tanti scheletri ed ossa stampati sul tessuto degli slip), rivelando un
sedere molto curato e in forma, come del resto era tutto l’intero suo corpo. Si
sorprese ad ammirare con rinnovato interesse il suo giovane amico, lo stesso
che poche ore prima aveva baciato nella sua auto, soltanto per gioco… Adesso
cos’avrebbe voluto fare? Fingere che fosse Nathan mentre erano avvinghiati
l’uno con l’altro e fargli l’amore? No, quello sarebbe stato veramente troppo.
E forse neanche troppo eccitante, dal momento che la sua fantasia in quel
momento vedeva come protagonista proprio Thomas, quel bel ragazzo dai capelli
rossi e dalla pelle nivea. “Adesso mi chiama a fare la doccia con lui. E io
cosa gli dico? Che l’ho già fatta, ovviamente? Ma sì, non può essere così
rincitrullito da chiedermi una cosa simile” stava pensando Alberto, mentre
nella sua mente lo scenario di prenderlo sotto la doccia gli stava facendo
venire l’eccitazione… “No, no, no, cazzo… smettila di fare il cretino, Alberto
Ferrari!” pensò, mentre Thomas era in procinto di entrare nel box.
All’improvviso, complice un lieve innalzamento dei livelli di testosterone di
Alberto, questi uscì frettolosamente ma con garbo dal bagno, chiudendosi la
porta alle spalle. Rimasto solo, Thomas sospirò.
“Perché non gli ho chiesto
di fare la doccia insieme…?” pensò, arrossendo…
*****
“Non avrei dovuto
accettare, no, non avrei dovuto. Accidenti a me. Adesso potevo essere a casa
mia a guardarmi un DVD e invece guarda dove sono …” se n’era andato sul divano
di Thomas. Il televisore acceso era sintonizzato su un programma di calcio, che
ad Alberto non piaceva, ma che era un ottimo stemperante per i casi di libidine
subitanea. Intanto, aspettava qualche improvvisa manifestazione di Nathan.
“Lo so che ci sei, sei qui
da qualche parte… Ma allora perché non ti fai vedere?”
Nessuna risposta,
ovviamente.
“Avanti. Dimmi che sei
geloso, dimmi che Thomas è un puttanello qualunque, che magari in passato
faceva l’escort, e che adesso sta solo cercando di spillarmi soldi dal
portafogli.”
Ancora nessuna risposta. In
compenso però la televisione si spense sull’immagine di Davide Dezan che stava
commentando una partita.
-Eh?- domandò Alberto, non
capendo cosa stesse succedendo. Dietro di lui, Thomas reggeva in mano una
bottiglia di vino e due calici.
-Ho pensato che potevamo
parlare un po’- Esordì, calciando delicatamente il telecomando con il piede
nudo. Alberto si accomodò sull’angolo del divano, mentre Thomas poggiava i due
bicchieri e la bottiglia sul tavolino. Gli sorrise.
-Cos’è quella faccia,
Alby?-
Alberto indicò il vino ed
i due calici –Lo … lo sai che a me il vino fa…-
Thomas sospirò, ma annuì.
–A dire la verità avevo bisogno di bere. Ho portato il secondo bicchiere in
caso tu avessi voluto farmi compagnia, ma se non vuoi…- ed incominciò a
stappare il vino, versandolo nel calice. Lo prese in mano e lo avvicinò alla
bocca, prendendone un sorso.
Indeciso sul da farsi,
Alberto prese il calice e lo mise sotto Thomas. Questi sorrise e gli riempì il
bicchiere, tanto che Alberto dovette fermarlo affinché non riempisse troppo.
-Mi aiuta a pensare.-
-Hai scoperto qualcosa,
guardando quelle fotografie?- domandò Alberto, tanto per intavolare un
argomento. Anche lui mandò giù una sorsata di vino.
Thomas scosse la testa
–Hai visto anche tu quello che ho visto io. Tutte quelle lettere, sono sicuro,
nascondono un indizio importante, ma devi darmi il tempo di decifrarle.-
-E decifrale, no?-
-Calma, Alberto, calma.
Ritrova la dimensione della tua calma.- rispose, e Alberto si chiese se fosse
lo stesso Thomas che poche ore prima era corso via piangendo e rinchiudendosi
nella sua auto. Evitò di riaprire il discorso, scuotendo impercettibilmente la
testa e bevendo un altro po’ di vino.
Chiudendo gli occhi,
Thomas si rannicchiò in sé stesso. Nonostante il pigiama che si era messo (“Per
fortuna che se l’è messo e non è nudo” pensò Alberto, già guarito dalla
libidine di cui era stato preda nel bagno), sembrava avere freddo. Allungò le
gambe, fino a toccare la coscia di Alberto con i piedi. –Alby…?-
-Cosa?-
-Ho i piedi freddi.
Potresti…?-
-Thomas…- rispose Alberto,
con un tono leggermente seccato.
-Dai, cosa ti costa…?-
Sospirando, Alberto si
spostò fino a prendere i piedi di Thomas in grembo, accavallò le gambe e si
mise a massaggiarglieli dolcemente. Intanto il vino stava incominciando a fare
di nuovo il suo effetto … “Accidenti a me e a quando sono venuto qui e doppio
accidenti a quando ho preso questo vino.” Pensò, mentre con le mani massaggiava
delicatamente i piedini di Thomas, che erano veramente molto freddi. Thomas si
rilassò, chiuse gli occhi e iniziò a pensare… Al casolare, al delitto, ed a
tutti quei poveri gatti, cercando, ancora una volta, di elaborare una possibile
trama. Frattanto, si godeva il massaggio per niente inesperto di Alberto,
questi ignaro che Thomas aveva iniziato un altro gioco, ovvero la “serata col
fidanzato”.
“Scusami, Alby… Non ti ho
nemmeno chiesto se volevi giocare con me. Ma dal momento che hai accettato, mi
sento felice. Dammi almeno la possibilità di godere di questi piccoli momenti
di felicità, fino a che non ritroverò il tuo amato Nathan…. Se è ancora vivo.”
Pensò, respirando piano e augurandosi che Alberto non si fermasse troppo
presto.