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Autore: topolinodelburro    09/11/2010    0 recensioni
Shinobu era consapevole di quanto quella carta fosse stupida, ma non riusciva a non stringerla spasmodicamente tra le mani. Di sicuro una volta giunto a casa se ne sarebbe liberato, o l'avrebbe fatto sua sorella al posto suo. Nel frattempo, rossa, spiegazzata, veniva osservata ogni tanto, di nascosto, giusto perchè Ephraim non si accorgesse che la stesse studiando forse un po' troppo rispetto a quanto avrebbe dovuto.[...]
Avrebbe potuto regalarla a Miyagi-san forse, probabilmente gli avrebbe portato fortuna; dopotutto era lui tra i due, quello che credeva ciecamente nell'astrologia.
[Seconda classificata al contest "le 22 stelle(multifandom)" indetto da souseiseki]
Genere: Introspettivo, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Nuovo Personaggio, Shinobu Takatsuki , Yō Miyagi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erano in due, uno era venuto a prendere l'altro a scuola e si erano incamminati lungo le strade di Sado, normalmente, come ci si aspetterebbe da degli studenti comuni.
Il personaggio più vistoso era di certo il tipo alto, capelli biondi, parlantina dallo strano accento inglese, aspetto da surfista, un prototipo assolutamente esotico di australiano. L'altro era comune, ma grazioso, oh, davvero lo era; e rimirava tra le mani un pezzetto rettangolare di cartoncino rosso cupo, ripetutamente. Non stava guardando dove metteva i piedi, nè dove quella strada lo stesse conducendo; quella carta nelle sue mani era sovrapposta alla pavimentazione del marciapiede, all'interno del suo campo visivo, e l'unica cosa che vi rientrava oltre ad essa era il ciglio della strada, ed i piedi dei passanti che incrociavano la loro via.
La rigirò tra le mani, aggrottando il naso, mordicchiandosi nervosamente l'angolo destro della bocca, prima di passare il pollice lungo la sua superficie liscia.
-In ogni caso credo che entrare nell'università M non sia poi una così gran furbata da parte tua-
-Tu credi?-
-Tzè, se credo, no dico... ehi Shinobu...-
Il tipo non sollevò lo sguardo dalla carta, figuriamoci, quel colore amaranto che la caratterizzava stonava tremendamente con l'anonimo grigiore del marciapiede. Decisamente.
Non riusciva a chiudere le palpebre, non che non volesse, ma qualcosa, in quella carta, lo intrappolava.
Gli occhi gli erano diventati secchi e freddi.
Gli sembrò quasi come se tutto quel rosso fossero i resti smaciullati di un topo senza vita spiaccicato in mezzo al marciapiede.
Iniziò da nitido, a vedere progressivamente doppio, finché quel colore non catalizzò completamente i suoi recettori e la sua visione, diventava a poco a poco fortemente sfocata, fino ad apparirgli ad intermittenza.
Tuttavia non si lasciò sfuggire lo sguardo, ed i suoi occhi presero a lacrimare per inumidirsi, mentre le palpebre cercarono testardamente di chiudersi.
-Shinobu, here-
Delle dita schioccarono di fronte alle sue pupille e riempirono la sua visuale, distogliendolo dalla contemplazione della carta. I suoi occhi si riebbero in alcuni battiti di ciglia.
-I mean, puoi permetterti qualcos'altro, non te lo dice pure quel tuo professore strano?-
-Nn, il mio tutor-
-Quel ch'è, Shinobu, Dio, pensa in grande, pensa... Harward!-
-Mi è indifferente l'università, quel che mi interessa è Miyagi-san-
Lasciò scivolare lentamente il capo verso il basso, e la carta riacciuffò nuovamente la sua attenzione, veloce, in simultanea, un secondo e la sua vista si era impigliata come su di una ragnatela, il colore colloso lo calamitava al suo interno.
Probabilmente era il fatto d'essere caratterizzata da un colore primario, che la rendeva così spigliata contro la pavimentazione piastrellare del marciapiede, ma stranamente, gli parve di vederla più rossa di prima. Vi passò per l'ennesima volta le dita sopra, accarezzandola piano, e percependo l'aura di attrazione che sembrava scaturirne fuori, mentre accanto a lui Ephraim parlava, e poi parlava ancora.
Il suo chiacchiericcio cullava dolcemente la sua sacra contemplazione. I bisbigli che udiva, le esclamazioni lontane, erano diventate parole di rito che accompagnavano in una nenia la sua adorazione.
Gli occhi ripresero a divenire insensibili, e le palpebre non vollero più abbassarsi. Si sgranarono invece. E riprese di nuovo quel turbinio sfocato e fastidioso quasi, ma inebriante, che prese la sua vista. La macchia rossa si ingrandiva contro il marciapiede, e pareva che il topo prendesse vita nella morte ed il suo sangue ricominciasse a defluire, versandosi a fiotti dalle vene.
Finché il rosso ed il topo, e con loro il marciapiede non scivolarono via e cieco, vide solo nero tutt'attorno, e il suolo gli mancò sotto i suoi piedi.
-Shinobu!-
-Ehi, guarda dove cammini-
-Sei deficiente? Nemmeno mia sorella va in bicicletta sul marciapiede!-
-Perchè tua sorella batte sul marciapiede!-
-Fuck off, go on, shitty Japanese!-
Aprì gli occhi e vide il mondo al contrario, era il paradiso, il cielo sopra vorticava.
-Shinobu!-
Le scarpe di Ephraim erano nere, ma delle linee verdi le decoravano lateralmente. Roteando un po' gli occhi poteva vedere i suoi libri sparsi sull'asfalto. Algebra, storia dell'arte, antologia, giapponese kanji.
-Ragazzi serve aiuto?- la sua agenda, la sua carta.
-No grazie, tutto apposto, ora lo metto in piedi- la sua carta?
La sua carta. Si sollevò su di un gomito mentre Ephraim lo strattonava per una spalla. Voltò il capo, più volte, aspettandosi di vedere il sangue della sua visione che sporcava il terreno sotto il suo corpo.
O almeno il rosso della sua carta, ma non lo vide.
-Ephraim, la mia carta?-
Afferrò una mano dell'amico, aggrappandosi ad essa e rimettendosi in piedi, continuando a spostare lo sguardo in giro.
Ephraim raccattò la sua roba e gliela mise tra le mani -Quale carta?-
-Quella che ho trovato stamattina-
-Quel tarocco? Che ti frega? Come on, Let's go-
-A..aspetta!-
Fece qualche passo indietro, poi altri in avanti, e ruotando spostò repentinamente lo sguardo da destra a sinistra, mentre l'adrenalina nel corpo gli cresceva esponenzialmente, ed immagini su immagini di quel marciapiede gli si sommarono nel cervello. Finché sfocata, non vide una macchia amaranto dormiente sulla corsia destra della carreggiata, a pochi passi da lui.
Non pensò che Ephraim l'avesse ormai lasciato indietro, e nemmeno che avrebbe potuto comprarne a fascicoli di carte simili in tabaccheria.
C'era quella consistenza pregnante che pareva liquefarsi col passare del tempo, e spargere la sua tintura rossa sull'asfalo, fino a colare lungo il tombino. La carta sparì in un turbinio investita da un'autovettura e Shinobu si gettò per afferrarla.
-Jesus! What are you doing?!-
L'aveva toccata, e presa, sua, mentre decine di clacson strombettarono in contemporanea ed il traffico veniva fermato.
-Togliti dalla strada!-
-Che è successo?-
-Qualcuno si è fatto male?-
Ephraim lo afferrò per la manica del pullover trascinandolo fin sul marciapiede, poi prese a correre lontano dall'ingorgo trattenendolo ferreamente per un polso. Shinobu stringeva la carta al petto, guardando costantemente le punte delle sue scarpe porsi una davanti all'altra, mentre il ragazzo australiano lo conduceva dove voleva.
Correndo si lasciarono alle spalle svariati isolati, finchè la confusione che si sentiva da lontano non fu completamente silenziosa. Ephraim si squadrò attorno criticamente, passeggiando ora di qua, ora di là.
Era nervoso, si vedeva.
Shinobu prese fiato profondamente alcune volte, piegato sulle sue ginocchia, mentre la sua mano destra tratteneva così forte il tarocco contro il cuore che gli batteva freneticamente nel petto tanto da potercela conficcare dentro. Si sentì d'un tratto strattonare per i capelli, ed emise un gemito alzando il viso.
Ephraim puntò i suoi occhi azzurri nei due grigi dell'altro, bistrattandolo, e trattendendolo ad una altezza leggermente sotto le sue spalle in modo da poter godere di una posizione dominante. Per picchiarlo meglio, qualcosa gli diceva.
-Tu sei stupido-
Shinobu emise altri gemiti mentre la mano dell'amico si stringeva maggiormente nella sua capigliatura castana -Lasciami, scemo- farfugliò.
-Ti piace tanto quella carta? D'accordo, muoviti- lo lasciò improvvisamente, provocandogli alcuni istanti di squilibrio, e strattonandosi la sacca sulle spalle, riprese a camminare. Shinobu lo seguì.
Erano silenziosi, Ephraim dava qualche occhiataccia alle sue spalle passato ogni isolato per assicurarsi della presenza dell'altro dietro di sè.
Shinobu era consapevole di quanto quella carta fosse stupida, ma non riusciva a non stringerla spasmodicamente tra le mani. Di sicuro una volta giunto a casa se ne sarebbe liberato, o l'avrebbe fatto sua sorella al posto suo. Nel frattempo, rossa, spiegazzata, veniva osservata ogni tanto di nascosto, giusto perchè Ephraim non si accorgesse che la stesse studiando forse un po' troppo rispetto a quanto avrebbe dovuto.
Sulla sua superfice liscia c'era una donna, inginocchiata lungo la riva di un fiume, e dentro vi versava delle anfore colme d'acqua.
Shinobu pensò che fosse un gesto inusuale, oltre che inutile.
Sulla sua testa vorticavano otto stelle, l'incarnato della superficie di sfondo richiamava terribilmente il colore del sangue.
Avrebbe potuto regalarla a Miyagi-san, forse, probabilmente gli avrebbe portato fortuna; dopotutto era lui tra i due, quello che credeva ciecamente nell'astrologia.
Non si accorse di aver smesso di muovere i piedi, finchè non alzò gli occhi da terra per fissarli in quelli incendiati di Ephraim.
-Lì dentro- dichiarò ferreo. Indicava un regozietto di antiquariato riunchiuso in uno spazio decisamente troppo angusto per i suoi gusti. La porta d'ingresso era di un massiccio legno rossastro che non avrebbe saputo riconoscere, ai suoi piedi un tappetino beige recava la scritta "benvenuti". Dava l'idea di qualcosa di imbucato. Decisamente.
-Entra- Prima di poter rispondere con qualsiasi cosa venne spinto dal compagno all'interno del locale, arrestandosi dopo poco a causa del buio. I suoi occhi vi si abituarono presto, e potè vedere che tutto, all'interno di quel piccolo anfratto, era completamente in legno.
Ephraim fece altrettanto il suo ingresso provocando uno squillio dolce di campanelli che precedentemente non aveva notato; la porta era talmente bassa che per evitare lo stipite, il ragazzo australiano aveva dovuto abbassare il capo. Lo raggiunse con due falcate, ed insieme si immersero maggiormente nell'ambiente ingombro, mobili e credenze erano installati ed appoggiati pressocchè ovunque, e su di loro era riposto un numero incredibile di ninnoli ed oggettini curiosi. Un intenso e fastidioso odore di vernice e stermicida per tarme aleggiava nel luogo creando un'aria stagnante. La sensazione di claustrofobia di Shinobu venne accentuata dalla quasi totale assenza di finestre, fatta eccezzione per un'unica porticina rettangolare, nell'angolo destro della parete di sinistra.
Procedento lentamente giunsero ad un bancone, pure in legno, elegantemente inciso e dalla monumentale imponenza. Dietro di esso, una parete in carton gesso separava quello che doveva essere il magazzino dallo spazio destinato ai clienti ed alla vendita, si accedeva al retro tramite un buco rettangolare sulla parete, riparato da delle doppie tende color crema.
Attesero, guardandosi l'un l'altro, che qualcuno apparisse ad accoglierli.
   
 
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