Wow. Devo ammetterlo, non mi aspettavo una
risposta così numerosa e positiva per il primo capitolo. Grazie per ogni commento
ricevuto, grazie infinite ad ognuno di voi.
Prima di lasciarvi all’aggiornamento, ci
tengo a dirvi che ho sollevato il rating a giallo. Avrei dovuto farlo fin
dall’inizio, ma me ne sono dimenticata. Sorry.
Buona lettura.
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Capitolo 2
2010
Davide ha ora
ventiquattro anni. Studia ingegneria in un’università molto prestigiosa, e
pensa che riuscirà a laurearsi entro il 2011.
Ha perso la
pancetta che aveva da bambino ed è diventato molto alto. Adesso è poco meno di
un metro e ottanta. I capelli sono rimasti biondi e gli occhi sono sempre
marroni.
Quindici anni fa,
due anni dopo l’incontro con Camila, suo padre è morto. Il suo nome era Cosimo;
faceva un lavoro difficile e pericoloso, il poliziotto. Durante un posto di
blocco, dei malviventi gli hanno sparato, ferendolo a morte.
La madre di Davide,
la signora Simona, si è risposata cinque anni dopo, con un produttore di olio
extra vergine. Davide si è trasferito nella città in cui studia adesso, ha
cambiato scuola ed amici, ha abbandonato la scuola calcio.
E’ cresciuto in
maniera serena, grazie anche alla vicinanza di sua sorella Priscilla. Lei e sua
madre hanno saputo dargli l’affetto di cui aveva bisogno dopo la morte di
Cosimo. Anche Giancarlo, il suo patrigno, ha contribuito alla sua crescita. Con
lui, Davide ha parlato di sport, di politica, di scuola. Grazie a lui, ha
imparato a fare il nodo alla cravatta e ad essere educato e galante con le
donne.
Ciò nonostante, a
Davide è sempre mancato suo padre. Il suo vero padre. Con Cosimo, ogni
conversazione era spontanea, naturale. Con lui si sentiva a casa. Guardava a suo
padre, Davide, sapendo che egli rappresentava ciò che di giusto e rispettabile
esisteva nella sua vita. Lo amava e lo temeva. Lo venerava e gli ubbidiva.
Questa mancanza ha
inciso su alcuni aspetti della sua vita. Negli anni travagliati del liceo,
quando scopriva l’altro sesso ed i rapporti d’amicizia erano diversi rispetto
alle elementari, Davide desiderava più di ogni altra cosa la presenza di suo
padre. Dopo la maturità, quando ha dovuto scegliere la facoltà più adatta alle
sue inclinazioni, avrebbe voluto ascoltare il parere di suo padre. E
quotidianamente, quando si trova di fronte ad una scelta o ad un problema,
Davide si chiede sempre “Cosa farebbe papà?” oppure “Papà sarebbe orgoglioso di
ciò che ho fatto?”
Simona, Priscilla e
Giancarlo rappresentano per lui una famiglia solida e presente, ma l’assenza di
Cosimo l’ha condizionato e lo condiziona.
Capitano volte in
cui Davide non riesce a ricordare la voce di suo padre, oppure non riesce ad
immaginare un suo consiglio, un suo parere. In quei momenti, quando si sente
smarrito, la rabbia lo assale. In quei momenti, invidia Priscilla e sua madre
che conservano una quantità maggiore di ricordi di Cosimo. In quei momenti,
odia Giancarlo. Lo fa sapendo che lui non è stato la causa della morte di suo
padre. Lo fa sperando quasi di poter dimenticare tutto e vivere bene come fa
sua sorella.
Ma la vita di
Davide non è solo questo.
E’ uno studente
brillante, orgoglio di sua madre e dei suoi vecchi insegnanti. E’ un amico
simpatico ed affidabile. E’ un ragazzo attraente e desiderato, non solo per il
suo aspetto.
Dal terzo anno di
liceo, Davide è stato conteso da molte ragazze. All’inizio non faceva nulla per
attirare la loro attenzione. All’inizio non pensava di poter essere bravo nelle
vesti del fidanzato. Col passare del tempo, storia dopo storia, ha cambiato
idea.
Adesso, a
ventiquattro anni, Davide può dire di avere una discreta esperienza con il
gentil sesso. Non ha mai avuto una relazione stabile, nel senso stretto del
termine. Si è innamorato due volte: la prima al liceo, ma egli non crede che i
sentimenti per Antonella fossero vero amore, e la seconda volta al primo anno
di università. Carla, questo era il nome della studentessa di economia, era –
purtroppo per Davide – già fidanzata.
Le sue relazioni
sono sempre temporanee, precarie. Lui non cerca l’amore, e l’amore non cerca
lui.
Il ragazzo non se
ne cruccia: è giovane, è bello, le ragazze non sono un problema.
Come Alessia, ad
esempio, la ventunenne con cui ha appena finito di mangiare una pizza.
Si sono conosciuti
ad una partita di hockey su prato, lo sport praticato da Priscilla.
Hanno visto insieme
qualche match, Davide e Alessia, fino a che lui le ha chiesto di uscire.
Lei ha accettato
immediatamente, ed ora sono al terzo appuntamento.
E’ una ragazza
carina, molto carina. Più bassa di Davide, ha i capelli biondi ed il viso
tondo. Il seno è prosperoso e delizioso, e lui l’ha notato subito, perché il
seno è una delle prime cose che osserva in una ragazza. Quello, e le orecchie.
Non sa perché gli piacciano tanto le orecchie, in una ragazza, mentre è
facilmente immaginabile perché preferisca il seno.
Alessia studia
scienze politiche alla sua stessa università. Non è originaria di Roma, e i
suoi genitori sono entrambi avvocati.
“Oh, grazie,” dice lei quando Davide apre lo sportello della sua auto
per farla salire. Le prende perfino la mano per aiutarla.
Davide sa che alle
donne piacciono certe accortezze. Sa che, di fronte ad un certo tipo di
trattamento, anche la ragazza più tesa si addolcisce.
Non che Alessia sia
tesa. Lei è perfettamente a suo agio: si gode il trattamento da principessa e
non vede l’ora che Davide si spinga più
in là.
“La pizza era molto
buona,” gli dice mentre lui mette in moto la vettura.
“Però avresti dovuto lasciarmi pagare la mia parte.” Lo dice, ma in realtà non
lo pensa: è contenta che Davide le abbia fatto riporre il portafoglio nella sua
borsa di Louis Vuitton.
“Smettila,” ribatte lui con un sorriso. Guida con sicurezza, ma senza
una meta precisa.
Non se la sente di
accompagnare la ragazza a casa, ma non vuole neppure andare a finire in un club
o in un cinema. E’ venerdì, e le probabilità che accada l’una o l’altra cosa
sono piuttosto elevate.
“Permettimi allora
di offrirti una birra,” dice Alessia. “Ti va?”
Prima di
rispondere, Davide lancia uno sguardo al suo enorme seno, di cui può ammirare
il sodo incavo attraverso lo scollo della maglia che lei indossa.
“Certo che mi va,” risponde sollevando gli occhi sul suo viso. “Andiamo al
Robin Hood?”
“A
dire il vero… potremmo andare da me.
E’ venerdì, l’appartamento è vuoto.” Nel dirlo, si bagna le labbra, lanciando
con il corpo un segnale che Davide ha imparato a conoscere molto bene.
Alessia non vuole
soltanto bere una birra.
“Ok,” risponde con voce più bassa. “Andiamo da te.”
Il viaggio è
pressoché silenzioso. Davide ed Alessia si scambiano poche parole, forse a
causa della tensione sessuale creatasi in una manciata di secondi. Commentano
un pezzo passato in radio, lui le chiede come va lo studio per il suo prossimo
esame. Gli sguardi che si scambiano, però, sono sguardi di chi pensa a tutto
tranne che alla musica o all’università.
Arrivati nel
parcheggio del palazzo in cui vive la ragazza, Davide parcheggia e spegne il
motore.
“Oh, no…”
Alessia si sporge
in avanti, guardando in alto, in corrispondenza del suo piano.
“Che c’è?” chiede
lui, sporgendosi come lei ma affondando gli occhi nella scollatura.
“Una
delle mie coinquiline è in casa.
Ma non importa,” spiega. “Possiamo starcene nella mia
stanza,” dice con un sorriso che infiamma il suo volto
e quello di Davide.
“Avrei dovuto
immaginare che non sarebbe uscita,” dice Alessia
quando sono nel portone. “Non esce mai.”
“E’ una studentessa
come te?” chiede lui per fare un po’ di conversazione.
“No,” risponde la ragazza. “E’ più grande di noi. Lavora, ma
non ho idea di cosa faccia. Non parliamo molto. A dire il vero non parla
neppure con l’altra coinquilina.”
“Perché fai quella
faccia?” chiede Davide, notando la bocca di lei arricciata in una espressione di disgusto.
“Perché
secondo me è matta. Io e
Ida, l’altra coinquilina, l’abbiamo soprannominata
Davide non riesce a
prestarle attenzione, concentrato com’è su una cosa specifica.
Al diavolo la birra, al diavolo
L’appartamento di
Alessia è al terzo piano. Una volta raggiunto, grazie all’ascensore, la ragazza
apre la porta e si guarda in giro, alla ricerca della coinquilina.
“Non c’è,” dice facendo entrare Davide. “Deve essere andata a
dormire.” Indica la porta che si trova in fondo al corridoio. “Quella è la sua stanza. Quella accanto è la mia. Vieni,” dice prendendolo per mano. “Andiamo.”
In cucina, Alessia
appoggia la borsa sul tavolo ed apre il frigorifero. “L’apribottiglie è nel
primo cassetto,” dice passandogli una birra ed
indicando un mobile.
“E’ un posto
tranquillo,” dice lui.
La cucina è
piccola, con le mattonelle bianche e blu e le sedie di legno. Una tipica cucina
in una tipica casa di studenti. Lui ne ha viste molte, avendo parecchi amici
che non sono di Roma, ed avendo frequentato diverse studentesse.
Bevono la birra in
silenzio, lo stesso silenzio carico di tensione di poco prima.
Lui è appoggiato
alla cucina; lei gli va incontro, ondeggiando i fianchi.
“Non ti ho fatto i
complimenti per questo completo,” gli dice dopo aver
bevuto un sorso. “Il nero ti sta da Dio…”
“Da quando in qua
sono le donne a complimentarsi per l’abbigliamento?”
“Ti spiace che
abbia fatto un apprezzamento?” chiede ammiccando.
“Affatto,” risponde Davide, ingoiando il liquido fresco. “Anzi, mi
sento piuttosto lusingato,” aggiunge, allargando le
gambe per fare spazio a lei.
Alessia sorride e
beve un altro po’ di birra. Lui ne approfitta per catturare una ciocca di
capelli sfuggiti alla coda alta.
“Ti va di mostrarmi
la tua camera?” chiede a bassa voce. Appoggia la bottiglia di birra su un
ripiano, sapendo che di lì a due minuti non ne avrà più bisogno.
“Volentieri,” risponde Alessia, compiendo un altro passo nella sua
direzione. Lo prende per mano e lo attira a sé per baciarlo. Davide non si tira
indietro: ha sempre apprezzato le ragazze propositive, attive.
E Alessia è molto
attiva. Lo conduce nella sua stanza, chiude la porta a chiave e gli salta
letteralmente addosso, dando vita ad una spettacolare notte di passione,
esaudendo il desiderio che Davide ha avuto fin dal giorno in cui l’ha vista per
la prima volta alla partita di hockey di Priscilla.
Il mattino dopo, lui
è il primo a svegliarsi. Il lettino di Alessia è comodo per il sesso, ma non
per il riposo. La schiena gli fa male, e inoltre ha bisogno di andare al bagno.
Scende dal letto
liberandosi dalle braccia della ragazza, e in punta di piedi esce dalla stanza.
In casa non vola una mosca, tutto tace.
Si chiude in bagno
per un attimo e poi decide di fare una capatina in cucina per bere un sorso
d’acqua. Nel breve tragitto bagno-cucina ripensa alla notte trascorsa, e non
può fare a meno di sentirsi orgoglioso di se stesso. Ha ventiquattro anni: la
vita per lui è una tela bianca da riempire di sogni e di notti passate con una
prosperosa bionda a cavalcioni sui suoi fianchi.
Dal frigorifero
afferra una bottiglia d’acqua e poi va alla ricerca di due bicchieri, uno per
sé e uno per Alessia.
Apre uno degli
sportelli dei mobili appesi al muro, e rimane a bocca aperta.
L’intero pensile è
stipato di barrette di cioccolato di ogni tipo, di ogni gusto.
“Wow…”
Gli sembra di
trovarsi dinanzi allo scaffale di un supermercato, o in una pasticceria ben
fornita.
“Chi sei?”
Davide salta in
aria, spaventato a causa della voce appena sentita.
Si volta verso
sinistra e nota una ragazza che non è chiaramente Alessia.
Pensa che sia
Non sa che il suo
nome è Camila.
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Ad Alessia ho scelto di dare il mio nome per
non far impazzire il neurone. A differenza della ventunenne, non sono bionda e
non ho una quinta di reggiseno. Meh.