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Autore: Stupid Lamb    16/11/2010    20 recensioni
“Non voglio niente, Davide. Non devi metterti nei guai per me.”
“Ma tu… tu sei povera.”
“Lo so, ma questo non è un tuo problema. Hai già fatto molto per me. Non devi preoccuparti, chiaro?”
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Wow

Wow. Devo ammetterlo, non mi aspettavo una risposta così numerosa e positiva per il primo capitolo. Grazie per ogni commento ricevuto, grazie infinite ad ognuno di voi.

Prima di lasciarvi all’aggiornamento, ci tengo a dirvi che ho sollevato il rating a giallo. Avrei dovuto farlo fin dall’inizio, ma me ne sono dimenticata. Sorry.

 

Buona lettura.

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Capitolo 2

 

2010

 

Davide ha ora ventiquattro anni. Studia ingegneria in un’università molto prestigiosa, e pensa che riuscirà a laurearsi entro il 2011.

Ha perso la pancetta che aveva da bambino ed è diventato molto alto. Adesso è poco meno di un metro e ottanta. I capelli sono rimasti biondi e gli occhi sono sempre marroni.

Quindici anni fa, due anni dopo l’incontro con Camila, suo padre è morto. Il suo nome era Cosimo; faceva un lavoro difficile e pericoloso, il poliziotto. Durante un posto di blocco, dei malviventi gli hanno sparato, ferendolo a morte.

La madre di Davide, la signora Simona, si è risposata cinque anni dopo, con un produttore di olio extra vergine. Davide si è trasferito nella città in cui studia adesso, ha cambiato scuola ed amici, ha abbandonato la scuola calcio.

E’ cresciuto in maniera serena, grazie anche alla vicinanza di sua sorella Priscilla. Lei e sua madre hanno saputo dargli l’affetto di cui aveva bisogno dopo la morte di Cosimo. Anche Giancarlo, il suo patrigno, ha contribuito alla sua crescita. Con lui, Davide ha parlato di sport, di politica, di scuola. Grazie a lui, ha imparato a fare il nodo alla cravatta e ad essere educato e galante con le donne.

Ciò nonostante, a Davide è sempre mancato suo padre. Il suo vero padre. Con Cosimo, ogni conversazione era spontanea, naturale. Con lui si sentiva a casa. Guardava a suo padre, Davide, sapendo che egli rappresentava ciò che di giusto e rispettabile esisteva nella sua vita. Lo amava e lo temeva. Lo venerava e gli ubbidiva.

Questa mancanza ha inciso su alcuni aspetti della sua vita. Negli anni travagliati del liceo, quando scopriva l’altro sesso ed i rapporti d’amicizia erano diversi rispetto alle elementari, Davide desiderava più di ogni altra cosa la presenza di suo padre. Dopo la maturità, quando ha dovuto scegliere la facoltà più adatta alle sue inclinazioni, avrebbe voluto ascoltare il parere di suo padre. E quotidianamente, quando si trova di fronte ad una scelta o ad un problema, Davide si chiede sempre “Cosa farebbe papà?” oppure “Papà sarebbe orgoglioso di ciò che ho fatto?”

Simona, Priscilla e Giancarlo rappresentano per lui una famiglia solida e presente, ma l’assenza di Cosimo l’ha condizionato e lo condiziona.

Capitano volte in cui Davide non riesce a ricordare la voce di suo padre, oppure non riesce ad immaginare un suo consiglio, un suo parere. In quei momenti, quando si sente smarrito, la rabbia lo assale. In quei momenti, invidia Priscilla e sua madre che conservano una quantità maggiore di ricordi di Cosimo. In quei momenti, odia Giancarlo. Lo fa sapendo che lui non è stato la causa della morte di suo padre. Lo fa sperando quasi di poter dimenticare tutto e vivere bene come fa sua sorella.

Ma la vita di Davide non è solo questo.

E’ uno studente brillante, orgoglio di sua madre e dei suoi vecchi insegnanti. E’ un amico simpatico ed affidabile. E’ un ragazzo attraente e desiderato, non solo per il suo aspetto.

Dal terzo anno di liceo, Davide è stato conteso da molte ragazze. All’inizio non faceva nulla per attirare la loro attenzione. All’inizio non pensava di poter essere bravo nelle vesti del fidanzato. Col passare del tempo, storia dopo storia, ha cambiato idea.

Adesso, a ventiquattro anni, Davide può dire di avere una discreta esperienza con il gentil sesso. Non ha mai avuto una relazione stabile, nel senso stretto del termine. Si è innamorato due volte: la prima al liceo, ma egli non crede che i sentimenti per Antonella fossero vero amore, e la seconda volta al primo anno di università. Carla, questo era il nome della studentessa di economia, era – purtroppo per Davide – già fidanzata.

Le sue relazioni sono sempre temporanee, precarie. Lui non cerca l’amore, e l’amore non cerca lui.

Il ragazzo non se ne cruccia: è giovane, è bello, le ragazze non sono un problema.

Come Alessia, ad esempio, la ventunenne con cui ha appena finito di mangiare una pizza.

Si sono conosciuti ad una partita di hockey su prato, lo sport praticato da Priscilla.

Hanno visto insieme qualche match, Davide e Alessia, fino a che lui le ha chiesto di uscire.

Lei ha accettato immediatamente, ed ora sono al terzo appuntamento.

E’ una ragazza carina, molto carina. Più bassa di Davide, ha i capelli biondi ed il viso tondo. Il seno è prosperoso e delizioso, e lui l’ha notato subito, perché il seno è una delle prime cose che osserva in una ragazza. Quello, e le orecchie. Non sa perché gli piacciano tanto le orecchie, in una ragazza, mentre è facilmente immaginabile perché preferisca il seno.

Alessia studia scienze politiche alla sua stessa università. Non è originaria di Roma, e i suoi genitori sono entrambi avvocati.

“Oh, grazie,” dice lei quando Davide apre lo sportello della sua auto per farla salire. Le prende perfino la mano per aiutarla.

Davide sa che alle donne piacciono certe accortezze. Sa che, di fronte ad un certo tipo di trattamento, anche la ragazza più tesa si addolcisce.

Non che Alessia sia tesa. Lei è perfettamente a suo agio: si gode il trattamento da principessa e non vede l’ora che Davide si spinga più in là.

“La pizza era molto buona,” gli dice mentre lui mette in moto la vettura. “Però avresti dovuto lasciarmi pagare la mia parte.” Lo dice, ma in realtà non lo pensa: è contenta che Davide le abbia fatto riporre il portafoglio nella sua borsa di Louis Vuitton.

“Smettila,” ribatte lui con un sorriso. Guida con sicurezza, ma senza una meta precisa.

Non se la sente di accompagnare la ragazza a casa, ma non vuole neppure andare a finire in un club o in un cinema. E’ venerdì, e le probabilità che accada l’una o l’altra cosa sono piuttosto elevate.

“Permettimi allora di offrirti una birra,” dice Alessia. “Ti va?”

Prima di rispondere, Davide lancia uno sguardo al suo enorme seno, di cui può ammirare il sodo incavo attraverso lo scollo della maglia che lei indossa.

“Certo che mi va,” risponde sollevando gli occhi sul suo viso. “Andiamo al Robin Hood?”

“A dire il vero… potremmo andare da me. E’ venerdì, l’appartamento è vuoto.” Nel dirlo, si bagna le labbra, lanciando con il corpo un segnale che Davide ha imparato a conoscere molto bene.

Alessia non vuole soltanto bere una birra.

“Ok,” risponde con voce più bassa. “Andiamo da te.”

Il viaggio è pressoché silenzioso. Davide ed Alessia si scambiano poche parole, forse a causa della tensione sessuale creatasi in una manciata di secondi. Commentano un pezzo passato in radio, lui le chiede come va lo studio per il suo prossimo esame. Gli sguardi che si scambiano, però, sono sguardi di chi pensa a tutto tranne che alla musica o all’università.

Arrivati nel parcheggio del palazzo in cui vive la ragazza, Davide parcheggia e spegne il motore.

“Oh, no…”

Alessia si sporge in avanti, guardando in alto, in corrispondenza del suo piano.

“Che c’è?” chiede lui, sporgendosi come lei ma affondando gli occhi nella scollatura.

“Una delle mie coinquiline è in casa. Ma non importa,” spiega. “Possiamo starcene nella mia stanza,” dice con un sorriso che infiamma il suo volto e quello di Davide.

“Avrei dovuto immaginare che non sarebbe uscita,” dice Alessia quando sono nel portone. “Non esce mai.”

“E’ una studentessa come te?” chiede lui per fare un po’ di conversazione.

“No,” risponde la ragazza. “E’ più grande di noi. Lavora, ma non ho idea di cosa faccia. Non parliamo molto. A dire il vero non parla neppure con l’altra coinquilina.

“Perché fai quella faccia?” chiede Davide, notando la bocca di lei arricciata in una espressione di disgusto.

“Perché secondo me è matta. Io e Ida, l’altra coinquilina, l’abbiamo soprannominata La Pazza. Se ne sta sempre chiusa in camera, esce solo per prepararsi la cena o per prendere qualcosa dalla dispensa. A stento sappiamo che faccia abbia.” Alessia ride ed aggiunge qualcos’altro, ma Davide non l’ascolta. Vorrebbe chiederle perché, secondo lei, una persona riservata debba essere automaticamente matta, ma la risata di lei si riflette sul suo corpo, in particolare sul decolleté, che rimbalza vistosamente.

Davide non riesce a prestarle attenzione, concentrato com’è su una cosa specifica.

Al diavolo la birra, al diavolo La Pazza. Voglio solo spogliarla ed affondare dentro di lei.

L’appartamento di Alessia è al terzo piano. Una volta raggiunto, grazie all’ascensore, la ragazza apre la porta e si guarda in giro, alla ricerca della coinquilina.

“Non c’è,” dice facendo entrare Davide. “Deve essere andata a dormire.” Indica la porta che si trova in fondo al corridoio. “Quella è la sua stanza. Quella accanto è la mia. Vieni,” dice prendendolo per mano. “Andiamo.”

In cucina, Alessia appoggia la borsa sul tavolo ed apre il frigorifero. “L’apribottiglie è nel primo cassetto,” dice passandogli una birra ed indicando un mobile.

“E’ un posto tranquillo,” dice lui.

La cucina è piccola, con le mattonelle bianche e blu e le sedie di legno. Una tipica cucina in una tipica casa di studenti. Lui ne ha viste molte, avendo parecchi amici che non sono di Roma, ed avendo frequentato diverse studentesse.

Bevono la birra in silenzio, lo stesso silenzio carico di tensione di poco prima.

Lui è appoggiato alla cucina; lei gli va incontro, ondeggiando i fianchi.

“Non ti ho fatto i complimenti per questo completo,” gli dice dopo aver bevuto un sorso. “Il nero ti sta da Dio…”

“Da quando in qua sono le donne a complimentarsi per l’abbigliamento?”

“Ti spiace che abbia fatto un apprezzamento?” chiede ammiccando.

“Affatto,” risponde Davide, ingoiando il liquido fresco. “Anzi, mi sento piuttosto lusingato,” aggiunge, allargando le gambe per fare spazio a lei.

Alessia sorride e beve un altro po’ di birra. Lui ne approfitta per catturare una ciocca di capelli sfuggiti alla coda alta.

“Ti va di mostrarmi la tua camera?” chiede a bassa voce. Appoggia la bottiglia di birra su un ripiano, sapendo che di lì a due minuti non ne avrà più bisogno.

“Volentieri,” risponde Alessia, compiendo un altro passo nella sua direzione. Lo prende per mano e lo attira a sé per baciarlo. Davide non si tira indietro: ha sempre apprezzato le ragazze propositive, attive.

E Alessia è molto attiva. Lo conduce nella sua stanza, chiude la porta a chiave e gli salta letteralmente addosso, dando vita ad una spettacolare notte di passione, esaudendo il desiderio che Davide ha avuto fin dal giorno in cui l’ha vista per la prima volta alla partita di hockey di Priscilla.

Il mattino dopo, lui è il primo a svegliarsi. Il lettino di Alessia è comodo per il sesso, ma non per il riposo. La schiena gli fa male, e inoltre ha bisogno di andare al bagno.

Scende dal letto liberandosi dalle braccia della ragazza, e in punta di piedi esce dalla stanza. In casa non vola una mosca, tutto tace.

Si chiude in bagno per un attimo e poi decide di fare una capatina in cucina per bere un sorso d’acqua. Nel breve tragitto bagno-cucina ripensa alla notte trascorsa, e non può fare a meno di sentirsi orgoglioso di se stesso. Ha ventiquattro anni: la vita per lui è una tela bianca da riempire di sogni e di notti passate con una prosperosa bionda a cavalcioni sui suoi fianchi.

Dal frigorifero afferra una bottiglia d’acqua e poi va alla ricerca di due bicchieri, uno per sé e uno per Alessia.

Apre uno degli sportelli dei mobili appesi al muro, e rimane a bocca aperta.

L’intero pensile è stipato di barrette di cioccolato di ogni tipo, di ogni gusto.

“Wow…”

Gli sembra di trovarsi dinanzi allo scaffale di un supermercato, o in una pasticceria ben fornita.

“Chi sei?”

Davide salta in aria, spaventato a causa della voce appena sentita.

Si volta verso sinistra e nota una ragazza che non è chiaramente Alessia.

Pensa che sia La Pazza.

Non sa che il suo nome è Camila.

 

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Ad Alessia ho scelto di dare il mio nome per non far impazzire il neurone. A differenza della ventunenne, non sono bionda e non ho una quinta di reggiseno. Meh.

 

   
 
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