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Autore: Unsub    17/11/2010    0 recensioni
Lui la abbraccia e lei sposta lo sguardo verso i cespugli vicini. Rimane un attimo interdetta… non può essere.
Un urlo le esce dalla bocca e gli uccelli volano via dai rami degli alberi.
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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- Questa storia fa parte della serie 'Sarah Collins '
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capitolo 24 Capitolo XXIV. Question and Answer

Boston, Massachusetts
Ha chiesto a Hotch una settimana di ferie, che il capo le ha prontamente accordato. Ha evitato il resto del team dal loro ritorno da Biloxi, si è rifiutata di parlare persino con Spencer. Cerca delle risposte agli interrogativi che il caso ha fatto sorgere in lei. Crede di sapere chi può risponderle e porre fine a quella lotta interiore fra quello che è giusto e quello che era sbagliato.
Non l’aveva avvertito del suo arrivo, temendo che lui le dicesse di non andare. Rintracciarlo è stato facile, la sorpresa di sapere dove si trovava la scossa ancora di più. Parcheggia la macchina ad Harvard Square e si incammina per quei viali che conosce cosi bene.
Lì non era stata un mostro per i suoi compagni di università, era quella che veniva guardata con ammirazione per la sua intelligenza. In quel posto era stata apprezzata per la prima volta in vita sua. Sorride ricordando come le piaceva passeggiare per il campus con un poderoso tomo sotto il braccio e l’aria di chi ha molto da fare.
Era solo una ragazzina che cercava approvazione all’epoca, ora è una donna che ha imparato a considerarsi utile ma non indispensabile. Conosce se stessa e i propri sentimenti, ha imparato ad apprezzare gli altri e a non temere di essere ferita. Beh, quello non è stato merito dell’università, ma del suo legame con Spencer.
Si ferma davanti alla facoltà di psicologia e i ricordi di quando ha conseguito il dottorato proprio lì le tornano alla mente. Sorride di nuovo ed entra nell’edificio dai mattoni rossi con aria sicura. Lungo il corridoio incontra un suo vecchio professore che non la smette più di lodarla per essere riuscita a diventare una profiler. La trattiene ricordando come fosse stata una delle sue studentesse preferite e di come riuscisse sempre a consegnare i compiti con largo anticipo rispetto ai suoi compagni più grandi. Sarah finalmente lo interrompe e gli spiega che è venuta per vedere una persona.
Il suo vecchio professore rimane perplesso quando sente chi lei stia cercando, poi le indica un’aula in fondo al corridoio. Le dice che hanno dovuto assegnargli l’aula più capiente della facoltà, visto il gran numero di studenti che partecipano alle sue lezioni. Non le chiede perché deve vederlo, pensando che abbia qualcosa a che fare con l’F.B.I. e il suo lavoro. Lei non lo disillude e si affretta a raggiungere l’aula.
Entra alla chetichella e si mette a sedere nell’ultima fila dell’aula magna. Guarda in giù e lo vede fare avanti e indietro davanti alla cattedra mentre le immagini scorrono sullo schermo alle sue spalle. Un moto di tenerezza la pervade osservando i movimenti di lui, che lei ricorda cosi bene. Il suo vizio di strofinare i palmi delle mani l’uno contro l’altro, il modo di camminare e l’espressione seria che assume mentre cerca di spiegare un concetto.
Improvvisamente lui annuncia che la lezione è finita e che quel giorno non sarà disponibile per i colloqui di approfondimento nel suo ufficio. Lei aspetta che l’aula si svuoti completamente, poi si alza e scende lentamente i gradini. Lui è di spalle intento a riordinare il materiale didattico e sembra non averla notata.
-    Non dovresti essere a Quantico? – le chiede senza voltarsi.
-    Ho preso una settimana di ferie.
-    E sei venuta a cercarmi cosi, senza un motivo? – lui finalmente si gira e le sorride.
-    No, non senza un motivo – sospira lei abbassando lo sguardo.
-    Vieni, andiamo a parlare in un posto più tranquillo. Ti offro un caffè.

Sono seduti dentro uno Starbucks, continuando a fissare ognuno la propria tazza e non si rivolgono la parola. Lui improvvisamente alza lo sguardo e la osserva. E’ cambiata molto dall’ultima volta che si sono visti. I capelli sono lunghi e ha rinunciato a quel ridicolo ciuffo colorato. Il suo abbigliamento è più sobrio ed elegante, ora è veramente un’agente dell’F.B.I. e non una ragazzina che si atteggia a profiler.
-    Hai fatto tutti questi chilometri per rimanere lì in silenzio? – le chiede infine.
-    Un caso difficile – comincia lei.
-    Sai che non sono più un profiler.
-    L’abbiamo risolto. Ma è stato… devastante a livello personale – lei finalmente ricambia lo sguardo – Jason, come si fa a capire quando è ora di andarsene?
-    Non credo che tu sia ancora pronta a gettare la spugna.
-    Non riesco più a distinguere quello che è giusto e quello che è sbagliato. Cosa succede quando non ci sono innocenti? Quando tutti sono colpevoli?
-    Si va avanti – le risponde lui prendendole una mano – Sarah, io ti ho addestrato, ti ho fatta diventare una profiler, ma questo non vuol dire che tu sia costretta a rimanere lì. Se vuoi andartene nessuno ti biasimerà.
-    Tu sì, tu mi biasimerai. In fin dei conti è questo ciò che sono: la dimostrazione che Jason Gideon sa addestrare i migliori profiler.
-    Tu sei molto di più e io non devo dimostrare niente a nessuno.
-    Jason, io non voglio andarmene, quella è casa mia.
-    Allora perché questi dubbi?
-    Ho paura di non riuscire più a fare bene il mio lavoro. Mi sono lasciata coinvolgere troppo.
-    Essere un profiler non vuol dire non avere sentimenti. Non permettere a questo lavoro di inaridirti o di portarsi via la tua vita. Non fare il mio stesso errore – la stretta sulla mano di lei si accentua – Io ho rinunciato a molto per continuare a fare il profiler.
-    Spencer mi ha detto…
-    Lo chiami per nome? – lui sembra perplesso.
-    Sì, ci chiamiamo per nome – lei volta lo sguardo per non dover spiegare di più – Lui mi ha detto che una volta si è trovato nella situazione di dover scegliere fra ciò che riteneva giusto e ciò che il suo cuore gli diceva.
-    Il caso Harris.
-    Sì, alla fine ha salvato quel ragazzo. Ma adesso vive nella paura che lui possa fare del male, che diventi il mostro che credeva di essere.
-    Sai cosa gli ho risposto quando mi ha confidato questa sua paura?
-    No.
-    Gli dissi che aveva salvato la vita a quel ragazzo innocente, ma che se lui fosse tornato per uccidere avrebbe fatto il suo dovere: l’avrebbe fermato.
Lei annuisce. Vorrebbe che per una volta sola Jason la trattasse come sua figlia e non come una sua allieva. Spencer e Jason non hanno legami di sangue, eppure il loro rapporto era del tipo padre e figlio. Lei è veramente sua figlia, ma il loro rapporto è molto freddo e professionale. Non ha idea di quale domanda l’abbia spinta a recarsi a Boston, ma sa che non è qui che troverà la risposta.
Saluta Jason, promettendo di rimanere in contatto. Sale sulla macchina ma decide di non prendere l’aereo. Sa che sono la bellezza di 486 miglia, ma chiama la compagnia di autonoleggio e li avverte che riconsegnerà la macchina all’aeroporto di Washington. Deve riflettere e la possibilità di stare da sola le sembra la soluzione ideale.

I-95, Boston – Quantico
Continua a rimuginare sul perché non sia soddisfatta delle risposte che le ha dato Jason. Era sicura che la soluzione al suo dilemma fosse parlare con lui, eppure non si sente meglio. Comincia a rimuginare sullo strano rapporto che la lega a suo padre e al fatto che non ne abbia mai fatto parola con Spencer.
Continua a pensare al perché non abbia rivelato la verità sulla sua nascita al suo ragazzo. Non sa neanche lei come ma una conversazione le torna alla mente.

-    Sai, Gideon ha un figlio, Steven.
-    Lo conosci? – Sarah non ha mai incontrato il suo fratellastro ed è curiosa.
-    No, non ha mai voluto incontrarmi. Mi dispiace, perché per me Gideon è come un padre e mi avrebbe fatto piacere avere un rapporto con suo figlio.
-    Vedi Steven come un fratello?
-    Mi piacerebbe, sì.

Improvvisamente si rende conto del fatto che Spencer potrebbe vederla come una sorella, se scoprisse la verità su lei e Jason. Il solo pensiero è intollerabile. Per tutta la sua vita da adulta ha lottato perché gli uomini vedessero in lei il cervello e non la donna. Si rende conto che vuole disperatamente che Spencer veda in lei la donna e non la profiler.
-    Sei incontentabile, mia cara – si dice sorridendo.
Durante il resto del tragitto, rimugina su cosa vuole veramente nella vita. Si chiede se le decisioni che l’hanno portata a quel punto siano veramente sue o solo il frutto di quello che gli altri si aspettavano da lei.

Quantico, Virginia
E’ giovedì notte, è stata via solo tre giorni, eppure le sembra che sia cambiato tutto. Si muove lentamente nel soggiorno senza accendere la luce, si sfila il giubbotto e lo lascia cadere sul divano. E’ stanchissima dopo aver guidato per tutti quei chilometri. Entra nella stanza da letto cercando di non fare rumore, si avvicina al letto e si siede accanto al ragazzo addormentato. Lui si sveglia e la guarda stupito. Lei gli sorride e gli scosta i capelli dal viso.
-    Sei tornata – dice lui con calma – Dove sei stata?
-    A fare visita ad un vecchio amico, dovevo chiarirmi le idee.
-    E ci sei riuscita? – lui si tira su a sedere e si guarda le mani.
-    Lui non aveva le risposte che cercavo.
-    E allora? Lascerai la squadra?
Sarah afferra la mano di Spencer e la stringe forte. Lui si gira a guardarla, è ferito dal fatto che lei non abbia voluto parlargli prima di partire. Si chiede cosa le frulli nella testa.
-    Sarah, che risposte stai cercando?
-    Non ne ho idea, ma so dove trovarle – il sorriso di lei diventa dolce.
-    Dove?
Lei lo abbraccia stretto e sospira soddisfatta.
-    Tutte le risposte di cui ho bisogno sono fra le tue braccia.

Fine
   
 
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