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Autore: Puglio    19/11/2010    3 recensioni
Sono passati quasi dieci anni dalla battaglia contro il Kishin. Maka e i suoi amici sono cresciuti e molti di loro sono cambiati. C'è chi ha intrapreso una carriera all'interno della Shibusen, chi si è sposato, chi si è allontanato... ma sarà proprio il ritorno di uno di loro a cambiare la vita di Maka, quando già sembrava segnata in modo irreversibile.
Nota: in alcuni i casi i personaggi potranno apparire ooc. Se è così, è perchè li ho voluti far crescere. Dieci anni passano per tutti, anche per loro...
Non credo di inserire siparietti comici in stile con l'anime. Per farlo, credo, bisogna esser bravi e io non credo di esserlo. Il rischio è di fare qualcosa di ridicolo, più che di divertente.
Per finire... ora che la storia è terminata, posso dire di essermi divertito molto nel realizzarla. Perciò, spero sinceramente che possa piacervi, e che nel leggerla possiate trovare lo stesso divertimento che ho provato io nello scriverla.
Buona lettura! E grazie per essere passati di qua.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Black Star, Death the Kid, Maka Albarn, Soul Eater Evans, Tsubaki
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Maka socchiuse la porta, spingendola piano. Nella penombra della stanzetta, il volto addormentato di Daniel spuntava tranquillo dalle coperte, i neri capelli striati di bianco che gli ricadevano confusi sulle piccole tempie e sul cuscino. Con un sorriso deliziato, Maka entrò in punta di piedi, piegandosi sul lettino per salutarlo con una carezza.

«Mamma?»

Maka sorrise. Si piegò sulle ginocchia, avvicinandosi con il volto a quello di lui. Daniel socchiuse gli occhi, infastidito dalla luce che filtrava dalla porta della camera, leggermente accostata. Una pallida smorfia gli increspò le labbra sottili mentre si stiracchiava, avvicinandosi al bordo del letto e rannicchiandosi su se stesso. Tutto avvolto nelle coperte, si protendeva verso di lei, in attesa di quel bacio che Maka gli posò dolcemente sulla fronte.

«Non volevo svegliarti» gli sussurrò lei, accarezzando il suo profilo con la mano. Daniel nicchiò, deciso.

«Non fa niente. Non dormivo. Aspettavo te e papà».

«Perché? Qualcosa non va?»

Lui fece segno di no, assumendo un'espressione seria e concentrata. Fissò con gli occhietti ben aperti il volto della madre e il profilo scuro del padre, che si stagliava leggermente discosto, ai piedi del letto. Kid fece un passo avanti e i lineamenti del suo viso emersero improvvisamente dall'ombra. Sorrideva.

«Avevi paura?» gli chiese lui, sedendosi sul lettino. Daniel fissò entrambi i suoi genitori interrogativamente, quindi annuì.

«Dicono che c'è un mostro, in città» disse, vagamente. Maka si irrigidì per un istante. Si trattenne dal voltarsi a guardare Kid, anche se sentiva perfettamente il suo sguardo sulla nuca. Cercò di mostrarsi il più possibile tranquilla.

«Chi ti ha detto una cosa del genere?» disse, accarezzando il faccino angosciato del figlio. Lui abbassò gli occhi, incerto se rispondere oppure no.

«Ho sentito Yuko che ne parlava al telefono. Diceva che c'è un...» il suo viso si piegò in una smorfia corrucciata «... non ho capito cosa, però diceva che mangia le persone e che non si può uscire di notte. Anche lei aveva paura».

Maka non poté trattenersi dal sorridere. Persino Kid, alle sue spalle, rise.

«Non devi preoccuparti» lo rincuorò Maka «al momento non c'è nulla di sicuro. E poi, sia io che papà sappiamo come combattere contro mostri come quello. È il nostro lavoro. Non lasceremo che ti faccia del male, puoi stare tranquillo».

«Io non ho paura di lui...» fece Daniel.

«E allora, di cosa hai paura?»

Daniel tese le braccia e si aggrappò in silenzio al collo di Maka. Sorpresa, lei lo trasse a sé, lasciando che le sue manine le carezzassero le spalle e la schiena, percorrendola tutta come alla ricerca di un contatto rassicurante con il suo corpo. Sembrava quasi che con quelle carezze lui volesse imprimere nelle proprie mani il ricordo di lei, e la sensazione che gli dava toccarla.

Il bimbo premette il volto contro quello della madre, nascondendo il faccino tra i suoi capelli biondi aspirandone il profumo. Non piangeva; ma per qualche ragione che Maka non comprendeva, non voleva più separarsi da lei. Sopraffatta dall'emozione di quel contatto così delicato e improvviso, e dalla tenerezza che le suscitava il corpicino di suo figlio così intensamente avvinghiato al suo, Maka trasalì.

«Hai paura per me?» gli chiese sorpresa, stringendolo forte. Lui fece cenno di sì, dandole un bacio. «Ma perché, sciocchino?»

Daniel sollevò il volto, fissandola contrariato.

«Perché non hai una Buki. E se incontri il mostro non puoi combattere».

Maka si irrigidì. Poteva quasi sentire i pensieri di Kid, in quel momento fermo dietro di lei. Sicuramente stava pensando che Daniel avesse ragione. La cosa la infastidì.

«Non devi pensare a una cosa simile» disse, con fare sicuro ma dolce. «Non mi accadrà nulla».

«Ma se...»

«Te lo prometto».

Daniel sembrò pensarci sopra un attimo, poco convinto. Alla fine, si allontanò dalla madre, mettendosi a sedere e fissando Maka dritto negli occhi.

«Mamma, voglio diventare una Buki».

Un velo di gelo cadde sulla stanza. Maka sentì chiaramente il respiro di Kid fermarsi per un istante. Con la coda dell'occhio lo vide allontanarsi di un passo per poi uscire in silenzio.

«Ne riparliamo un'altra volta, va bene?» fece lei, cercando di mostrarsi conciliante. «Adesso è tardi, ed è meglio se torni a dormire».

Daniel accettò la cosa senza discutere. Si rintanò sotto le coperte che Maka gli rimboccò con cura, prima di salutarlo con un ultimo bacio. Quindi lei uscì, trattenendosi solo un ultimo istante sulla soglia, come se una forza più grande di lei le imponesse di restare accanto a quell'esserino che amava più di se stessa.

«Buonanotte» disse. La risposta tranquilla di Daniel le arrivò come un sussurro, avvolgendole il cuore e riscaldandolo, improvvisamente. Consapevole della responsabilità che le pesava addosso, Maka chinò la testa. E affranta, richiuse la porta.

Nel salotto, Crona parlava a bassa voce con Yuko, la studentessa che Maka era solita chiamare quando aveva bisogno di una babysitter. Kid sedeva pensieroso in disparte. Yuko sembrava decisamente preoccupata e chiedeva notizie sul Kishin che sembrava aggirarsi in città.

«... io non so... non credo che dovrei parlarne...» balbettava Crona, che lanciò un'occhiata supplichevole a Maka non appena si accorse di lei. La ragazza, ancora appoggiata alla porta della camera, sospirò, facendosi avanti. Prese la borsetta dal tavolo e vi frugò dentro, estraendo un portafoglio. Lo aprì, prendendo alcune banconote che porse poi a Yuko.

«Ecco» disse, con un sorriso un po' stanco «è qualcosa più del solito, visto che ti ho chiamato così all'improvviso».

Yuko accettò il denaro con un inchino rispettoso. Ma quando sollevò nuovamente il viso, la preoccupazione di lasciare quella casa le si lesse chiaramente in volto, perché continuava a lanciare occhiate smarrite alla porta.

«Professoressa, io... mi chiedevo...»

«Sì, forse è meglio se stanotte ti fermi a dormire qui» convenne Maka, intuendo quello che stava per chiederle. La ragazza sorrise, improvvisamente sollevata.

«Davvero? Non le recherò disturbo?»

«Certo che no. Però dovrai accontentarti del divano»

Yuko assicurò che andava benissimo.

«In questo caso, avverti pure i tuoi. Io vado subito a prenderti lenzuola e coperte».

Maka si allontanò per recuperare il necessario nella propria camera. Kid, senza dire una parola, attese che sparisse oltre la porta, quindi si alzò dal divano e le mosse dietro. La trovò china davanti all'armadio, che frugava per tirare fuori alcune lenzuola pulite e una coperta. Quando Maka si girò, lo vide fermo dietro di lei. Gli rivolse un'occhiata seria, prima di distogliere nuovamente lo sguardo.

«So già quello che stai per dire» commentò lei, annoiata. «Quindi, per favore, risparmiamelo».

«Da quant'è che va avanti questa storia?» chiese Kid, ignorando completamente quello che lei gli aveva appena detto. «Pensavi di dirmelo, prima o poi?»

Maka sbuffò, sollevando alcune coperte per estrarne una dal fondo.

«Guarda che io ne so quanto te» fece, stringendo le labbra mentre sfilava la coperta da sotto le altre «è la prima volta che gli sento dire una cosa simile».

«Ti renderai conto anche tu che è un'assurdità» commentò Kid. Maka gettò la trapunta sul letto, accanto a due lenzuola pulite e perfettamente piegate. Ancora china sulle ginocchia, sollevò gli occhi sul volto di Kid, la bocca leggermente socchiusa.

«Assurdità» fece, alzandosi «mah, non saprei...»

«Non saprei?» Kid allargò le braccia, esasperato. «Nostro figlio se ne salta fuori con una storia assurda, e tu gli dai pure corda?»

«Cosa c'è di tanto assurdo nel voler diventare una Buki?» fece lei, caricandosi le lenzuola sulle braccia. «Mi sembra una cosa normale quanto diventare Shokunin».

«Mio figlio non diventerà mai una Buki» ringhiò Kid, frapponendosi tra Maka e la porta. «E questo deve essere chiaro».

Maka fissò a lungo Kid senza dire una parola. Stava per dire qualcosa di cui in seguito si sarebbe sicuramente pentita e fu solo perché Crona apparve in quel momento sulla soglia, che la discussione non degenerò.

«Maka... tutto bene? Vuoi una mano?» balbettò Crona, rivolgendole un'occhiata preoccupata. Infatti li aveva sentiti discutere, ed era accorso subito. Maka gli porse le lenzuola e la coperta che teneva tra le braccia, ringraziandolo con un sorriso sbiadito.

«Quando esci, chiudi la porta per favore».

Crona eseguì. Maka e Kid erano di nuovo soli, ma l'atmosfera tra i due si era improvvisamente distesa.

«Capisco la tua sorpresa, anche per me è stato lo stesso» si sforzò di dire lei, con tutta la calma che le era possibile mantenere in quel momento. «Ma è solo un bambino. Qualcosa lo preoccupa, e sente il bisogno di farsi notare. Magari è un'idea del momento, lasciamolo fare... assecondarlo per un po' non può fargli poi tanto male, non credi?»

«Non voglio litigare per questo» fece Kid, scuotendo la testa. «Ma da domani Daniel non andrà più a lezione da Evans. E su questo non ammetto discussioni».

Maka sorrise, torva. «Perché lo decidi tu?»

«Mi sembra evidente».

«Beh, io non sono d'accordo».

Kid impallidì, facendosi nuovamente teso.

«Vuoi che continui a frequentare quel tipo?» fece lui, avvicinandosi minaccioso. «Davvero vuoi che nostro figlio frequenti quel poco di buono? Maka svegliati» disse, afferrandola per le spalle e scuotendola «non ti rendi conto che è stato lui a montarlo con tutta questa storia? Lo fa perché vuole vendicarsi, sicuramente».

«Ma davvero pensi di essere sempre al centro dell'universo?» ringhiò lei. «Davvero credi che tutto questo dipenda esclusivamente da te?»

«E da cos'altro dovrebbe dipendere, altrimenti?» ruggì lui. «Prova a pensarci! Da quando è tornato, Soul cerca solo di dividerci, di metterci l'uno contro l'altro. Prima l'ha fatto con Daniel, riempiendogli la testa con queste sciocchezze sul diventare una Buki, poi con Liz... come fai a non accorgerti che fa di tutto per indebolirmi, allontanando da me le persone a cui tengo? Vuole colpirmi rompendo i legami che ho con te e Daniel, e con le mie armi».

Maka scosse la testa, confusa. Per quanto quel pensiero la ripugnasse e ancora non riuscisse, nonostante tutto, a figurarsi Soul capace di bassezze del genere, doveva ammettere che il suo atteggiamento passato e l'ambiguità con cui agiva nel presente non lo rendevano certo un individuo degno della massima fiducia. Come se non bastasse, quella sera aveva mancato la riunione convocata da Shinigami, riunione in cui il Dio della Morte aveva riferito la notizia della possibile presenza di un Kishin in città. Mancando all'appello, Soul aveva letteralmente dato uno schiaffo a tutta la Shibusen, mostrando una sfrontatezza e un'arroganza ingiustificabili. Oltre che un'assoluta mancanza di responsabilità.

«D'accordo, forse hai ragione» ammise, chiudendo gli occhi. «Non mandiamolo più da Soul, mi sta bene. È stato un errore, da parte mia, credere che potesse servire a qualcosa; ti chiedo scusa. Ma questo non ha niente a che vedere con il resto» aggiunse, decisa. «Sappi che se Daniel avrà comunque intenzione di diventare una Buki, io non lo fermerò».

«Tu vuoi davvero che nostro figlio, uno Shinigami, diventi una Buki?» esalò Kid. «Vuoi che si copra di ridicolo? Quando mai s'è visto un Dio della Morte che si mette a servizio di una persona qualsiasi?»

«Adesso non darti tutte queste arie» ribatté Maka, veramente infuriata. «Non è che tu sia poi tanto diverso da molte persone qualsiasi, sai? L'unico che ha paura di coprirsi di ridicolo, qui, sei tu. Del resto non te ne frega niente».

Kid parve non gradire molto quel commento. Il suo volto sbiancò all'improvviso e il suo corpo si tese, tutto irrigidito.

«Non puoi parlarmi così» sibilò.

«Così come, come a un cretino?» fece Maka, livida. «Beh, è quello che sei. Parli delle Buki come se fossero qualcosa di disprezzabile. Ma ti ricordo che senza di loro, noi non contiamo niente».

«Una Buki è solo un arma!» esplose Kid. «Senza un maestro che la usi...»

«Non ti sei nemmeno accorto del motivo per cui lui vuole essere una Buki!» ribatté Maka. «Vuole farlo per me! Hai capito? Lui è preoccupato per me, per questo vuole essere una Buki, non per un capriccio, o perché vuole farti dispetto. Lo fa perché ha paura e perché spera di potermi salvare!»

Maka si portò una mano alle labbra, colta da una commozione improvvisa. Sentì gli occhi che le bruciavano e dovette lottare contro la forza delle proprie emozioni per non piangere. Kid impallidì, colpito dall'evidenza di quelle parole.

«Non te la devi prendere con lui, ma con me» fece Maka, sospirando per ricacciare indietro le lacrime che le imperlavano le ciglia agli angoli degli occhi. «Per tutti questi anni ho rifiutato di rimpiazzare Soul, e adesso mi ritrovo senza una Buki con cui combattere. E proprio mentre un Kishin si aggira per Death City. Come faccio a difendere le persone che amo? Persino Daniel l'ha capito, mentre io... dio, che razza di stupida sono...»

Kid abbassò gli occhi, improvvisamente più calmo. Maka, dal canto suo, continuava a pensare a Daniel, che dormiva al di là della parete che divideva le loro stanze. L'idea di averlo preoccupato a tal punto da spingerlo a compiere una scelta del genere, la faceva sentire letteralmente uno schifo. Magari anche adesso era sveglio, preoccupato dalle loro grida; e forse si sentiva persino in colpa per quel loro litigio...

Niente da dire, pensò. Come madre, era proprio un fallimento completo.

«Io sono orgogliosa di lui» mormorò «e anche se non potrei mai volerlo come Buki, io non posso evitare di sentirmi felice per quello che mi ha detto... perché è il mio bambino, e gli voglio bene».

Kid chiuse gli occhi davanti alle lacrime di lei, che sgorgavano senza che lei potesse far nulla per evitarlo. Vedendola scossa da così violenti singhiozzi, lui la prese tra le braccia e la strinse, posandole un bacio sulla fronte.

«Non devi farti una colpa di quello che è successo con Soul» le mormorò, accarezzandole i capelli. «Chiunque nella tua situazione avrebbe fatto lo stesso».

«No» fece lei, mordendosi le labbra per resistere alla violenza del pianto. «Non tutti. Io ho pensato che lui fosse diverso, perché me l'ha fatto credere. Nella mia debolezza, mi sono fidata e sono stata ingannata. Una persona più forte, con meno dubbi, non avrebbe fatto quello che ho fatto io».

Kid chiuse gli occhi. Era contento che lei finalmente avesse raggiunto una tale consapevolezza. Anche se gli dispiaceva sinceramente che per farlo avesse dovuto soffrire così.

«Cosa intendi fare, ora?» le chiese. Lei assunse un'espressione dura. Si sfregò gli occhi con il dorso della mano, scostandosi da lui rudemente.

«Vado a cercarlo» affermò, decisa. «Scommetto che si è rintanato da qualche parte a fare la vittima incompresa, proprio come faceva mio padre. Lo troverò, come riuscivo a trovare sempre anche lui. E non appena l'avrò tra le mani, lo obbligherò a compiere il suo dovere».

«E come pensi di fare, se non si è nemmeno degnato di rispondere alla chiamata di mio padre? Stasera c'eravamo tutti, tranne lui».

«Hai sentito cos'ha detto tuo padre, no?» fece lei. «Soul è ancora il mio compagno. Io ne sono responsabile. Sono stata io a renderlo una Death Scythe, e io devo rispondere delle conseguenze dei suoi gesti. Non mi importa se lui intende fuggire ancora, perché questa volta lo costringerò a seguirmi, dovessi incatenarlo a me stessa. Non pianterà in asso la Shibusen un'altra volta».

Kid sogghignò. «E poi?» fece. «Cosa speri di ottenere?»

«Non mi interessa cosa otterrò io» rispose Maka. «Ciò che mi interessa è che lui faccia ciò per cui l'ho addestrato. Poi, per quanto mi riguarda, quello stronzo può anche marcire all'inferno».

 

 

Nota: da stavolta ho scelto di rispondere alle recensioni del capitolo precedente utilizzando la funzione apposita fornita dal sito. Se non doveste visualizzare nulla, magari fatemelo sapere che troverò un altro modo. Grazie e a presto!

 

Puglio

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 



  
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