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Autore: Arthemisia    21/11/2010    4 recensioni
« Ci conosciamo, milady? » domandò, con il suo sorriso speciale, facendoti il baciamano.
Sentisti le guance andare a fuoco, e lui se ne accorse, sorrise.
« I-Io… » lo guardasti, indecisa sul da farsi. Era affascinante, anche parecchio, ma tu non potevi permetterti di parlare con nessuno, all’infuori di coloro che i tuoi genitori ti avrebbero indicato.
...
« Il principe ereditario Araton, il principe Admir e la principessa Aria » chiamò nuovamente il fauno, e ti sembrò di vedere tante stelline intorno al capo, che sentivi pesante dal terrore.
...
« Principessa, non dovete ringraziarmi. Sono… siamo felici di avervi a Cair Paravel » per la prima volta, da quel giorno nel bosco, notasti l’imbarazzo sul suo volto sempre così fiero, il colore sulle sue guance pallide. Lo stesso colore che probabilmente aveva inondato anche le tue, di guance. Lui era Re Supremo dei Re di Narnia, doveva parlare sempre a nome di tutti. Perché aveva commesso quell’errore, parlando con te?
...

Qui io voglio raccontare quello che è veramente successo a Narnia, dopo l'incoronazione dei quattro sovrani.
Amore, dolore, perdita e morte.
Tutto incentrato nella mente di una protagonista non citata.
"Vincitrice dei premi per la best female, best ficlet e best co-protagonista dei Never Ending Story Awards"
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Peter Pevensie, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Peter & Aria - Non sempre esiste il lieto fine'
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Wow, che ammazzata

Wow, che ammazzata! 
Non so se qualcuno di voi leggerà mai tutta questa pappardella, ma lo spero davvero tanto.
Ho impiegato due giorni per scriverla, avevo gli occhi molto, forse troppo, simili a due palline da tennis.
Ho immaginato quello che, a parer mio, sarebbe dovuto realmente succedere a Peter, ed i Pevensie in generale, dopo la salita al trono, fino al momento della partenza. Avranno lasciato amici, sudditi ed amori, a Narnia.
Si sa che il lieto fine non esiste per sempre.
Spero sinceramente che leggerete questa luuuuunga shot e che mi farete sapere cosa ne pensate.
Ho deciso di non dividerla perché altrimenti avrei spezzato quel collegamento logico ed emotivo che ho creato scrivendola. Mi dispiace, non me la sono sentita.
Risponderò a tutti gli eventuali commenti!
Baci,
A.

 Lost in your memory

 

 

Nei ricordi di ogni uomo ci sono certe cose che egli non svela a tutti,
ma forse soltanto agli amici.
Ce ne sono altre che non svelerà neppure agli amici,
ma forse solo a sé stesso, e comunque in gran segreto.
Ma ve ne sono infine,
di quelle che l'uomo ha paura di svelare perfino a sé stesso,
e ogni uomo perbene accumula parecchie cose del genere.
 
Fëdor Dostoevskij, Memorie dal sottosuolo, 1864

 

 

« Ci conosciamo, milady? » domandò, con il suo sorriso speciale, facendoti il baciamano. 
Sentisti le guance andare a fuoco, e lui se ne accorse, sorrise. 
« I-Io… » lo guardasti, indecisa sul da farsi. Era affascinante, anche parecchio, ma tu non potevi permetterti di parlare con nessuno, all’infuori di coloro che i tuoi genitori ti avrebbero indicato. 
« Perdonatemi, i miei genitori mi stanno aspettando » farfugliasti, tentando di non posare il tuo sguardo su quegli ipnotici occhi azzurri, senza risultato. 
« Come posso lasciare che una dama delicata come voi vaghi da sola per i boschi? Indicatemi il luogo in cui i vostri parenti vi attendono, e sarò lieto di accompagnarvi » ti disse, quello che ancora era uno sconosciuto, galante. Se l’avessero visto arrivare in tua compagnia, tuo padre ed i tuoi fratelli sarebbero andati su tutte le furie, urlando al disonore. Non potevi permetterlo.
« Perdonatemi, signore… farò da sola, vi ringrazio » balbettasti, allontanandoti velocemente da quel giovane uomo dai capelli d’oro. I suoi occhi furono attraversati da un lampo improvviso, lo avresti identificato con paura, nel tempo. 
« Vi prego, milady, non sarei tranquillo sapendovi sola… » tentò di convincerti, avvicinandosi sempre di più e sfiorandoti il braccio con la sua forte mano. 
« No… io… non dovete preoccuparvi, vi ringrazio per la vostra premura, addio » ti liberasti velocemente da quella presa delicata ed arretrasti velocemente, rischiando quasi di inciampare nel pesante vestito rosso che ti avevano fatto indossare quella mattina. Lui ti guardò, con un’espressione triste alla quale neppure in futuro saresti riuscita a resistere. 
« Ditemi almeno il vostro nome » mormorò, sconsolato, allungando una mano nella tua direzione. Fosti sul punto di parlargli e rivelargli il tuo nome, ma il pensiero di ciò che gravava sulle tue spalle, era troppo pesante per essere dimenticato. 
« Mi dispiace » fu tutto ciò che potesti dire, fuggendo. 
  
Lacrime versate inutilmente, davanti a quella mappa del tuo, del vostro regno. 
  
« Re Alion e la Regina Alathariel, sovrani di Galma » chiamò la voce del fauno, e tu ti sentisti morire. I tuoi genitori, con i loro enormi ed orgogliosi sorrisi, fecero il loro ingresso nella grande sala, mentre tu attendevi, fra i tuoi due fratelli. Erano orgogliosi, i tuoi parenti, che il vostro imperatore, Peter il Magnifico, avesse chiesto la vostra presenza a Cair Paravel, sicuramente per prenderti in considerazione come sposa. Tu non sapevi se esserne onorata o disgustata. Non conoscevi quell’uomo, non sapevi nulla di lui. E se non ti avesse capita? Se non ti fossi innamorata di lui? L’avresti dovuto sposare comunque. E, per concludere bene la tua disgraziata sorte, il giovane della foresta era ancora nei tuoi pensieri, più vivido che mai. Chi era egli, che entrava di prepotenza nel tuo pensiero, distogliendoti dai tuoi regali compiti? 
« Il principe ereditario Araton, il principe Admir e la principessa Aria » chiamò nuovamente il fauno, e ti sembrò di vedere tante stelline intorno al capo, che sentivi pesante dal terrore. 
« Vieni, piccola El, non possiamo farci aspettare » il tuo caro fratello, Araton, che ti ha sempre protetta, ti sospinse inconsapevolmente verso la fonte di ogni tua paura. Piccola stella, ti chiamava, perché, secondo lui, avevi illuminato la cupa notte che era la vita al castello come una stella nell’oscurità. Vorresti raccontargli tutto, supplicarlo di non condannarti, pur sapendo che non avrebbe potuto risolvere nulla. Ti sentisti persa, mentre attraversavi il grande ed intarsiato portone, entrando nella luminosa sala. Admir, nella sua scintillante armatura dalle rifiniture rosse, sembrava irradiare sicurezza, Araton, con la sua dalle rifiniture bianche e la corona d’argento, sembrava un dio in terra, altero e fiero. Tu, con il tuo delicato abito blu e celeste, così in sintonia con i tuoi occhi dalle varie sfumature, sfiguravi quasi, ammaccando quell’aura di magnificenza. 
« Vostra Maestà, è un onore essere ricevuti alla vostra corte » sentisti Araton affermare, chinando rispettosamente il capo, insieme ad Admir. Tu non lo avevi mai alzato, troppo spaventata al solo pensiero di mostrare al tuo signore il terrore aleggiare sul tuo viso. 
  
Ancora e ancora, non ti stanchi mai di cercare, disperata, ricorrendo a tutto quello che ti resta. 
  
« Il piacere è nostro, principe Araton, siamo lieti di ospitarvi nel nostro castello e saremmo più che felici se tutti voi partecipaste al ballo che si terrà fra una settimana, qui a Cair Paravel, dove annuncerò il nome della mia sposa » lo sentisti affermare, e non impiegasti più di pochi secondi a riconoscere quella voce, che ti aveva tanto tormentata. Possibile che il destino si fosse preso gioco di te fino a quel punto? Possibile che fosse lui, il ragazzo del bosco, il tuo signore? 
« Siamo spiacenti, altezza, ma, come credo lei sappia, i doveri di un Re vengono prima di ogni piacevole diletto. Noi ed i miei figli maschi abbiamo degli impegni irrinunciabili a Galma. Ma, mia figlia Aria sarà più che lieta di approfittare della vostra accoglienza e dell’invito » rispose con enorme rispetto tua madre, e, sempre con lo sguardo abbassato, potesti vedere il suo elegante inchino. Il tuo cuore batteva ad un ritmo forsennato, sperasti con tutta te stessa che le tue guance non avessero preso tonalità poco salutari. Qualcuno si sarebbe insospettito. 
« Certamente, e la principessa sarà ben accolta al palazzo. Mi permetta di porle i miei omaggi » lo sentisti scendere dal rialzo del trono ed avvicinarsi. Ogni suo passo in più era un battito in meno per te. Saresti morta, quel giorno stesso, ne eri certa. Quando sentisti i suoi passi sempre più vicini, ti azzardasti, finalmente, ad alzare il tuo sguardo color acqua marina ed incontrasti il suo color del cielo. Ti sentisti mancare. Tutta quell’intensità, quell’ardore… non erano certamente comuni, tu non li avevi mai visti, eppure non eri più una bambina. 
« Principessa Aria… alla fine l’ho scoperto il vostro nome » per un momento, uno solo, avesti il timore che lui avesse urlato l’ultima parte, facendosi sentire da coloro che vi circondavano, rendendoti poi conto che le avesse semplicemente sussurrate, pochi secondi prima che le sue labbra delicate incontrassero la tua mano per un regale saluto. Chi era costui, che prepotentemente sconvolgeva il tuo povero cuore? 
« Vostra Maestà, vi ringrazio dell’ospitalità » mormorasti, come si conveniva da cerimoniale, riabbassando il tuo sguardo al suolo, concentrandosi su qualunque cosa che avrebbe potuto distrarti da quegli occhi color del cielo del nord. 
« Principessa, non dovete ringraziarmi. Sono… siamo felici di avervi a Cair Paravel » per la prima volta, da quel giorno nel bosco, notasti l’imbarazzo sul suo volto sempre così fiero, il colore sulle sue guance pallide. Lo stesso colore che probabilmente aveva inondato anche le tue, di guance. Lui era Re Supremo dei Re di Narnia, doveva parlare sempre a nome di tutti. Perché aveva commesso quell’errore, parlando con te? 
  
Paura, smarrimento, disperazione… tutto riversato in quelle gocce salate che ti bagnavano le guance e nel talismano che tenevi fra le mani. 
  
« Figlia mia, ti prego di comportarti bene » ti disse tua madre, la Regina, guardandoti con leggero rimprovero. 
« Madre… devo dedurre di avervi recato qualche offesa? » domandasti, con l’aria più pura di cui eri in possesso, ostentando innocenza da ogni poro della tua pallida pelle.
« Aria, figlia mia, ti conosco molto bene e conosco il tuo amore per ciò che non dovrebbe neppure sfiorare la tua mente di fanciulla. Rinchiuditi in biblioteca, se necessario, e dimostrati una brava moglie per un Imperatore » si raccomandò, accarezzando delicatamente la tua guancia rosea. 
« Madre, io non credo di essere neppure lontanamente adatta ad una cosa simile. Mi conoscete, sono tutto fuorché adatta » esprimesti accorata i tuoi dubbi, spaventata all’idea di deludere i tuoi adorati parenti e colui che ti stava ossessionando la vita. 
« Come ho già detto, mia piccola El, ti conosco. Conosco ogni tuo minimo pregio, e sono certa che, se tu sarai te stessa, Sua Maestà ti supplicherà di diventare sua moglie. Se così non fosse… sarebbe lui a perderne, tesoro. Ci vediamo presto, mia diletta » ti salutò la donna, baciandoti la fronte e raggiungendo tuo padre ed i tuoi fratelli, pronti alla partenza. Araton ti gettò un ultimo sguardo ed Admir aveva accennato ad un sorriso, per poi partire al galoppo. Sorridesti, all’atteggiamento restio dei tuoi fratelli. Erano gelosi della loro piccola stella, ti stupisti che non avessero minacciato il Re Supremo di morte. 
« Siete una famiglia molto unita » una voce ti ridestò dal tuo torpore, facendoti trasalire. Voltandoti, vedesti la regina Lucy, con il suo dolce sorriso, mentre si avvicinava a te. 
« Scusami se ti ho spaventata, non volevo » disse, triste, avvicinandosi a te, che ti eri rispettosamente inchinata. 
« Chiedo scusa, Maestà, è colpa mia se non vi ho sentita arrivare. Ero immersa nei miei pensieri » ti affrettasti a rispondere, preoccupata di risultare una donna di poco coraggio agli occhi della Valorosa. 
« Oh, ti prego mia cara, dammi del tu e chiamami Lucy. Sono certa che diventeremo grandi amiche » trillò la giovane regina, avvicinandosi e prendendo le tue mani nelle sue, affettuosa. 
« Io… d’accordo, Lucy » mormorasti, leggermente accigliata dall’innaturale familiarità con cui ti aveva appena trattata quella giovane ragazza. 
  
Paura ed ansia si attanagliano nelle tue viscere, non puoi averli persi, tutti quanti. 
  
« Mi chiedevo quando le mie sorelle vi avrebbero lasciata libera, principessa » la sua voce arrivò limpida alle tue spalle, mentre ammiravi incantata il panorama del tramonto. 
« Vostra Maestà, chiedo scusa se non mi sono dimostrata un’ospite cortese, le regine Susan e Lucy si sono dimostrate molto interessate nel mostrarmi il vostro castello e il bosco che lo circonda » ti scusasti immediatamente, cercando di mantenere il tuo contegno. Non era facile, di fronte a quegli occhi. 
« Oh, no! Mi avete frainteso. Sono lieto che passiate del tempo con le mie sorelle, davvero. Però mi chiedevo se oggi foste disposta a fare un giro con me. C’è un posto che sarei lieto di mostrarvi » mormorò, prendendo un po’ di colore sulle guance, senza però smettere di guardarti negli occhi. 
« Ne sarei lieta, Maestà » fu tutto quello che riuscisti a dire, con il cuore che ti rimbombava nelle orecchie e le gambe tremanti. Chi era costui, che mirava al tuo autocontrollo ferreo? 
« Oh, bene! Io vado a preparare i cavalli, partiremo fra poco! Io… ehm… a dopo, principessa » ti venne quasi da sorridere, vedendolo così impacciato nella sua gioia e te ne domandasti il motivo. Non riuscisti a reprimere una risata vedendolo inciampare sui suoi stessi piedi, mentre si allontanava. Non potesti fare a meno di pensare a quanto potesse essere buffo. 
« Sono sicuro che diventerete una coppia molto particolare » disse qualcuno alle tue spalle, facendoti sobbalzare. Era Re Edmund, il secondo maschio della famiglia reale, un giovane molto intelligente e giusto, a tuo parere. E con un sesto senso quasi impeccabile. 
« Non capisco a cosa vi riferite, Sire » cincischiasti, arrossendo leggermente, nonostante avessi capito benissimo a cosa si stesse riferendo. In cuor tuo, sperasti avesse ragione. 
« Oh, lo avete capito benissimo, invece. Ma chiamatemi Edmund e datemi del tu. Infondo, notando l’andazzo che sta prendendo la situazione, a breve diventerai mia sorella » rise il giovane, lasciandoti alle tue elucubrazioni, con un grande sorriso stampato sul volto. 
Re Edmund era proprio un grand’uomo. 
  
Provi anche con gli scacchi, neanche quelli funzionano. Eppure lui li adorava. 
  
« Non mi stancherò mai di dirvelo, Peter. Questo posto è incredibile » esalasti, come da quattro giorni ormai, quando lui ti accompagnava in quella piccola spiaggia, circondata da alberi e da un’alta scogliera, poco lontana dal castello. Quel primo giorno insieme arrivaste a chiamarvi per nome, quando rischiasti di picchiare la testa contro un ramo basso, continuando comunque ad usare il voi. 
« Sono lieto che vi piaccia, Aria. Questo è stato il mio posto segreto fin dal giorno della mia incoronazione » mormorò, aiutandoti a smontare per poi condurti verso un masso poco lontano, su cui ti aiutò a sederti, per poi fare la stessa cosa. 
« Se posso chiederlo… perché mi ci avete portata, se è tanto importante per voi? » domandasti, impudente, per poi pentirtene poco dopo, nonostante la curiosità ti stesse divorando. 
« Mi chiedevo se reputaste maleducato da parte mia domandarvi di darci del tu. Ho notato che lo fate già con le mie sorelle e mio fratello » disse invece lui, senza guardarti negli occhi. 
« Non lo reputerei maleducato, potete stare tranquillo » rispondesti, arrossendo violentemente pur di contenere la tua immensa gioia. Speravi che quel momento arrivasse dal giorno in cui lo riconoscesti, al tuo arrivo. 
« Aria, possiamo darci del tu? » domandò, speranzoso, mostrandoti i suoi grandi occhi color del cielo. Tu esibisti un timido sorrisino, annuendo. Lui, in risposta, esibì il suo sorriso speciale, che ti avrebbe fatto sciogliere tante altre volte. 
« Bene, mi sento meglio adesso. Credimi » rise, spostando il suo sguardo ad incrociare il tuo. Se tua madre fosse stata al tuo posto, avrebbe gridato al maleducato. Ma tu non eri lei, ed adoravi i suoi occhi. 
« Sai, hai delle sfumature color pervinca negli occhi » ti disse, improvvisamente, piegando il capo su una spalla. 
« Non lo sapevo. Mio fratello sostiene che i miei occhi siano come il fondo del mare, che varia in base al suo umore » rispondesti, raddolcita al pensiero di Admir, più giovane di te e tremendamente buono, nonostante la sua facciata da perfetto generale. Con te si era sempre dimostrato così protettivo, era sempre stato a capo delle tue guardie personali. 
« Ottimo spirito d’osservazione, davvero. Anche se io resto fermamente convinto della mia tesi. I tuoi occhi variano dal pervinca al fiordaliso » insistette, con un piccolo sorriso in risposta al tuo. 
« Sai, sono i miei fiori preferiti » affermasti, pensando al castello di Galma. 
« A casa mia ho un’intera serra, piena di pervinche, fiordalisi e lavanda. Passo buona parte del mio tempo lì, dove posso riflettere e rilassarmi, per sfuggire alla frenetica vita di corte ed evitare incidenti » affermasti, puntando lo sguardo sull’acqua cristallina poco lontana da te, senza prestare attenzione a cosa stessi dicendo. 
« Incidenti, Aria? La tua vita è stata in pericolo al castello di Galma? » domandò, preoccupato, posando meccanicamente la mano sulla spada. Quel gesto, nel tempo, ti sarebbe risultato molto familiare. 
« Oh, no, non preoccuparti. È una storia lunga » liquidasti immediatamente, preoccupata per il tuo segreto, nonostante tua madre ti avesse pregata di rivelarlo immediatamente. Non volevi sembrare un mostro ai suoi occhi. 
  
Impieghi tutte le tue capacità e quelle di chi è come te. Nessuna risposta, nessun segno. La tua disperazione non fa che aumentare. 
  
Mancava un giorno al Gran Ballo, quando lui avrebbe comunicato il nome della sua sposa. Eri emozionata, come lo sarebbe stata qualsiasi giovane donna. La speranza era viva dentro te, come una fiammella in una notte buia. Quell’abito era uno dei tuoi preferiti, blu con rifiniture rosse e dorate, secondo tua madre mettevano in risalto la tua carnagione ed i tuoi capelli biondi, raccolti in una delicata crocchia, tenuta ferma da mollettine dorate. 
« Aria! Che ci fai qui? » ti domandò Edmund, agitato, apparendo in cortile, in cui ti eri rifugiata per leggere il tuo più bel libro, era una bella giornata, nonostante fossi costretta a tenere il tuo mantello. 
« Io stavo legg… » non ti lasciò neppure finire, ti prese per un braccio e ti trascinò verso l’ala est, che, attraverso un passaggio chiuso e decorato da ampie vetrate, disposte una accanto all’altra, per tutta la lunghezza di quel corridoio, portava alla serra del palazzo. Era lì che solitamente passavi i tuoi pomeriggi, prima che Peter, Lucy o Susan ti rapissero per coinvolgerti in una qualche attività. 
« Hai scelto il giorno per perdere la tua abitudine, eh? Peter mi ha parlato, questa mattina, ed ha intenzione di dichiarare i suoi sentimenti alla “sua amata” » ti disse il re, compiaciuto, continuando a trascinarti. Eri confusa, nonostante il tuo cuore avesse appreso completamente la notizia. E lui se ne accorse. Ti mise le mani sulle spalle e ti costrinse a guardarlo negli occhi. 
« Sei tu, Aria. È venuto a cercarti nella serra, raggiungilo e preparati a diventare parte della famiglia » ti disse, con un sorriso, dandoti le spalle e correndo via, lasciandoti davanti all’entrata. Prendesti un lungo respiro e, con un sorriso emozionato, entrasti, ma ti fermasti sulla soglia. Possibile che il tuo cuore, prima colmo di gioia, si fosse spezzato così velocemente? Chi era colei le cui labbra erano unite a quelle del tuo signore? Era lei, la sua amata! 
« Chiedo scusa, non sapevo che la serra fosse occupata » affermasti, nello stesso momento in cui lui spinse via la donna, con poca delicatezza. Il suo sguardo era quasi spaventato, ma sapevi che di lì a poco lo sarebbe stato ancora di più, a causa tua. Tua madre aveva avuto ragione quando ti aveva consigliato di rinchiuderti in biblioteca, ma tu credevi che nulla avrebbe potuto mirare il tuo autocontrollo. Ti sbagliavi. 
« Aria, non è come pensi! » affermò, convinto, facendo un passo nella tua direzione. L’ira, che già scorreva prepotentemente nelle tue vene, esplose all’improvviso. Come poteva, costui, prendersi gioco della tua intelligenza? Come osava sfidarti in questo modo? 
« Io non penso nulla, Peter il Magnifico » sibilasti, voltando le spalle al sovrano, pur consapevole che quel gesto rappresentasse una forma di sfida. Ma non eri in te, non eri tu a parlare e muoverti in quel momento. Era lo spirito a muoversi, a governarti. Senza dire nulla ti avviasti lungo il corridoio, le vetrate esplodevano al tuo passaggio, senza mai ferirti. Tuoni e fulmini si alternavano nel cupo cielo e la fine del mondo sembrava ormai prossima. 
« Aria! » lo sentisti chiamare, ma non ti voltasti, dirigendoti verso il folto del bosco, dove la natura ti avrebbe aiutata a riprendere il tuo controllo. 
  
I boschi, sempre tuoi amici, custodiscono il segreto e non riescono rivelartelo. Li odi con tutta te stessa. 
  
Ore ed ore erano passate dalla tua scomparsa. Il vestito era rovinato da rovi e fango, come il mantello, i capelli liberi sulla tua schiena. Ti avvicinavi a Cair Paravel, con la morte nel cuore e con più dignità possibile. Avevi ancora lo spirito dentro di te, ti aiutava a sentirli e vederli. 
« Possibile che non l’abbiate ancora trovata? » sbraitava il Re Supremo, camminando nervosamente per la Sala del Trono, mentre suo fratello faceva la sua comparsa. 
« Sei un idiota, sappilo. Non solo hai fatto una sciocchezza, ma hai fatto perdere il controllo ad una strega » sbottò il giovane re, impudente, rivelando quello che era stato il tuo segreto. Credevi che lui si sarebbe rallegrato della tua fuga. 
« Strega? Non sapevo che ce ne fossero ancora » commentò invece, senza perdere la sua aria corrucciata e preoccupata, mentre tu ti avvicinavi sempre di più al ponte levatoio del castello. 
« Tutte le donne della famiglia di suo padre lo sono. L’ho scoperto grazie all’aiuto di sua zia, la contessa Arthemisia, che ha mandato immediatamente il suo paggio a riferirci questa caratteristica della nipote. Siamo fortunati che si sia trasferita qui a Narnia, Peter » rispose Edmund, pratico, sedendosi meditabondo sul suo trono « ha detto che probabilmente è in mezzo al bosco, per ristabilire il suo controllo » 
« Dobbiamo andare a cercarla, subito. Potrebbe farsi del male, potrebbe… » il suo tono disperato ti fece accigliare, ma eri troppo presa dalla tempesta che imperversava dentro di te, per rendertene conto. 
« Ehi! Chi va là? » l’urlo della guardia rivelò la tua presenza ai due sovrani, che si apprestarono a raggiungere il balcone della Sala del Trono, vedendoti. Abbassasti il cappuccio del tuo mantello, rivelando la tua persona, ed aspettando che il ponte venisse calato, per permetterti il passaggio. Sapevi che avresti potuto benissimo passare sulle acque, dato il potere che aleggiava ancora dentro di te, ma preferisti non combinare ulteriori guai. 
« Milady, siete tutta bagnata, e guardate quanto fango! Venite con noi, vi aiuteremo a sistemarvi prima che andiate al cospetto delle Loro Maestà, Re Peter vuole immediatamente vedervi! » ciarlarono le donne, accorse per aiutarti, ma non ti importò di loro. 
« Dite alle Loro Maestà che li raggiungerò immediatamente nella Sala del Trono, prima devo sistemare alcune cose » affermasti, dirigendoti verso l’ala est. 
  
Guardi quelle vetrate, che tu stessa avevi sistemato, e speri di vederlo spuntare da quel corridoio, come sempre. 
  
« La principessa Aria di Galma » ti annunciò il fauno, mentre entravi nella linda sala con passo lento e trascinato. Tutti e quattro i sovrani ti guardavano apprensivi, uno più di altri. 
« Aria! Ci hai fatto preoccupare » affermò Susan, alzandosi dal trono con l’intenzione di avvicinarsi a te. Bastò una tua occhiata a fermarla. Vedevi il suo sguardo. Non eri più tu, e lei l’aveva capito. 
« Altezze, sono mortificata di avervi causato dei problemi con il mio potere. Succede che a volte io ne perda il controllo, ma ho già rimediato. Ho appena ricostruito le vetrate dell’ala est ed ho intenzione di partire domani mattina stesso per Galma. Non posso permettere di mettere in pericolo la vostra tranquillità » rispondesti, ferma e tranquilla, con un profondo inchino. 
« Non puoi andartene adesso! » ti interruppe il re dagli occhi color del cielo, alzandosi di colpo dal suo trono, con sguardo infervorato. Lo guardasti senza la minima emozione, fredda come il ghiaccio invernale. Non eri più tu, ed anche lui l’aveva capito. 
« Mi dispiace, Maestà. Ma non posso permettere di mettere in pericolo voi e la vostra futura sposa, domani. Siete il futuro di Narnia. Adesso, con il vostro permesso, io mi ritirerei per fare i bagagli. La nave di mio padre sarà al porto domani mattina » ti congedasti, senza attendere nessuna risposta, voltandoti e dirigendosi verso la tua stanza. Non sentivi il tuo battito cardiaco, ma non ti spaventasti: quando una strega era impossessata dallo spirito, il suo cuore rallentava mostruosamente, a volte fermandosi del tutto. Entrasti nell’elegante stanza e guardasti i fiori abbandonati sul tuo letto con una strana curiosità. Erano delle pervinche ed erano accompagnate da un biglietto: Le ho viste, ed ho subito pensato ai suoi occhi. Peter. 
« I miei occhi » mormorasti, sentendoti presa in giro, usata e poi gettata via. Eri forse un passatempo, nell’attesa della novella sposa? Una lacrima scivolò lungo la tua guancia, seguita da un’altra ed un’altra ancora. E nella notte, mentre il tuo cuscino assorbiva il tuo dolore, tornasti in te. 
  
Non hai mai pianto tanto in vita tua. Non sai quante lacrime il tuo organismo può ancora gettare. Non saranno mai abbastanza. 
  
« Aria, cos’è mai successo? Nostro fratello è stato sul punto di abbandonare i suoi doveri a corte per venire qui! » urlò Admir, scendendo dalla passerella della nave, per venirti incontro. Lo ammirasti sgranare gli occhi nel vederti così pallida e sofferente. 
« Oh, fratello mio! Che sventurata sorte, la mia. Sono partita, convinta di sposarmi senza amore, e sto tornando, innamorata dello sposo di un’altra! Sono persa per Sua Maestà, Admir. Credevo che lui ricambiasse il mio sentimento, anche i suoi fratello lo pensavano… ma ieri, prima che vi mandassi a chiamare, l’ho visto baciare una delle dame di Narnia e ho perso il controllo » confessasti, vergognandoti di te stessa e della tua debolezza, aspettandoti di esser rimproverata. 
« Hai perso il controllo? È successo qualcosa di grave? Ti sei ferita? » apprezzasti il tatto del tuo giovane parente, e tentasti di sorridergli, riconoscente. 
« No, non è successo nulla di grave. Ma, ti prego, se tieni un po’ a me, riportami a casa » affermasti, abbracciandolo e crogiolandoti in quel calore familiare, odiandoti per quella tristezza che sentivi nel cuore. 
« Sai quanto ti amo, Aria, ma non possiamo partire prima di domani mattina » ti comunicò, tristemente,  senza guardarti negli occhi. 
« Per quale motivo? » domandasti, sconsolata, portando una mano sul cuore, dai palpiti ancora più lenti del normale. 
« Sua Maestà, ieri notte stessa, ha fatto partire un suo paggio fidato a rendere ufficiale l’invito alla festa per te e chiunque della famiglia fosse stato designato a riportarti a casa. Sai cosa significherebbe partire: disobbedire ad un ordine diretto dell’Imperatore, la guerra » spiegò, accorato, stringendo le tue mani fra le sue. 
« Vuole concludere la mia pena, ed io non posso evitarlo. Ma non ho intenzione di mettere a rischio il mio popolo per un mio atto di viltà. Vado a prepararmi, Admir, per il Gran Ballo di questa sera. Sembrerò la più raggiante degli invitati, quando il mio amato designerà la sua sposa. Mi comporterò da ottima ospite e buona serva del mio Imperatore » commentasti, fieramente, superando il tuo povero e sconsolato fratello e dirigendoti nella tua stanza sulla nave, dove la tua balia, Kairia, ti stava aspettando con il cuore in mano. 
« Aria! Io, in quanto rappresentate uomo della famiglia, devo recarmi a palazzo a confermare l’invito. Tornerò presto, in modo da farti da cavaliere » ti comunicò il ragazzo, che sembrava sempre di più un uomo, scendendo dalla nave e montando sul suo cavallo. 
  
« Mia Signora, vi prego, smettete di piangere. Non vi fa bene » ti sussurra la tua Kairia, dolcemente, senza ottenere risposta. 
  
Quell’abito nero era stato confezionato per essere indossato il giorno della morte di tuo nonno, a cui non avevi partecipato a causa di un tuo incidente. Era elegante e raffinato, lo sapevi. Ma sapevi anche che era parecchio strano indossare qualcosa del genere, per una celebrazione tanto gaia. 
« Soffro nel vederti così, Aria » sentisti tuo fratello affermare, seduto al tuo fianco, sulla carrozza reale venuta a prendervi. Lo guardasti con un piccolo sorriso riconoscente, accarezzandogli la guancia liscia. 
« Ed io soffro nel saperti intristito, Admir. Non devi esserlo, stai per assistere al fidanzamento del tuo Imperatore » lo rassicurasti, tornando ad incrociare le mani sulle gambe e ad ammirare il panorama. 
« Ma tu lo sei, lo vedo nei tuoi occhi » il tuo caro fratellino, all’apparenza freddo come il ghiaccio ma in realtà dolce come i frutti estivi. Lo amavi davvero tanto, a lui non avresti mai mentito. 
« Io sto andando al fidanzamento del mio amato, non potrei mai gioirne » affermasti, con un sospiro tremulo, ripetendo a te stessa di non piangere. Eri forte, eri una principessa, eri una strega. 
« Rallegrati, sorella, la fortuna girerà anche dalla tua parte, ne sono certo » ti confortò, con un grande sorriso, passando un braccio forte intorno alle tue delicate spalle. Sorridesti leggermente al suo ottimismo, sperando con il cuore che avesse ragione, nonostante la mente fosse certe del contrario. 
« Lo spero anche io, Admir. Spero che il mio cuore riesca ad amare di nuovo, che non resti ancorato all’impossibile » mormorasti, commossa.  
Quando all’orizzonte apparve il grande castello, ti sentisti morire. Per poco non perdesti nuovamente il controllo di te stessa e ti lasciasti sopraffare dallo spirito. Ma c’era tuo fratello con te, a proteggerti. Sapevi che l’avrebbe fatto nel migliore dei modi. 
« Vieni, Aria » disse, aiutandoti a scendere dalla carrozza con la delicatezza che vi distingueva da vostro fratello maggiore. Eravate più aggraziati di lui, senza orma di dubbio. 
Gli scalini di Cair Paravel non ti erano mai sembrati così ripidi, vero? Eppure riuscisti a salirli tutti, restandone indenne. 
« Il principe Admir e la principessa Aria di Galma » annunciò il fauno, vestito con alta uniforme, facendo attirare l’attenzione fra voi due. Sapevate entrambi di essere due rare bellezze che, messe insieme, erano un piacere per gli occhi, ma non avevate mai apprezzato gli sguardi fissi e, spesso, invidiosi del cortigiani. Quello che più ti tormentava, però, era il suo, color del cielo del nord. Quasi si precipitò verso di voi, rischiando di inciampare, sotto lo sguardo attento delle sorelle e del fratello, per farti il suo baciamano. Come il giorno del vostro incontro in quel luogo, non alzasti mai lo sguardo e ti allontanasti da lui, non appena i convenevoli furono terminati. 
  
« Maestà, vi prego, pensate alla vostra salute » le donne ti circondano, premurose e preoccupate, ma tu non le ascolti. Non è la loro voce, quella che tanto agogni. 
  
« Aria, tesoro! » le regine di Narnia si avvicinarono premurose a te, con sguardo triste. Ti inchinasti profondamente al loro cospetto, come se l’amicizia del giorni precedenti fosse scomparsa. 
« Vostre Maestà, vi ringrazio nuovamente per l’invito alla festa » proferisti, rialzandoti ed ancorandoti al tuo salvatore, che non ti aveva lasciata un solo attimo dall’inizio della festa e che sembrava sempre più nervoso. 
« Ti prego, mia cara, non abbandonare il rapporto che c’è stato fino a ieri tra noi. Ormai sei la nostra più cara amica » ti supplicò la regina Lucy, con voce tremante, facendoti sciogliere, almeno in parte, dalla tua posa altera. 
« Ma certo, ragazze. Vorrei scusarmi per ciò che è successo ieri. Non volevo perdere il controllo » commentasti, tentando di mascherare, almeno a loro, quello che imperversava nel tuo cuore.
« Oh, io ti capisco. Avrei scatenato di peggio, e contro di lui direttamente. Ti ammiro per il tuo autocontrollo. Ma ora, non parliamo di queste cose, oggi sarà un gran giorno, per tutti noi » si rallegrò la regina Susan, prendendoti per un braccio e staccandoti da Admir. 
« Andiamo a fare una passeggiata, mia cara » aggiunse, trascinandoti via, nonostante i tuoi gentili tentativi di esser lasciata a te stessa. Temevi che non saresti riuscita a contenerti senza tuo fratello al fianco, ma lui sembrava non essersi quasi accorto del tuo rapimento. 
« Admir » lo chiamasti, come ad intimargli di fermare le due sovrane, ma ottenesti solo un suo sorriso. 
« Fidati di loro, Aria, e sii felice » ti disse solamente, iniziando poi a conversare con due castori, che avevi scoperto essere grandi amici dei quattro fratelli durante i giorni passati al castello, prima della tua terribile scoperta. 
« Sai, Aria… ho letto un bellissimo libro, poco tempo fa » disse Susan, con la sua voce argentina, saltellando nel suo vestito rosso e guardandoti con i suoi grandi occhi azzurri, simili a quelli del fratello. 
« Davvero? » ti informasti, più per cortesia che per reale interesse, mentre venivi trascinata dalle due. 
« A dir la verità è un libro che ho letto tanto tempo fa, ma non ho capito il suo significato fino a ieri. Parla di due innamorati, che per un’incomprensione non riescono a coronare il loro sogno d’amore. Se solo lui fosse arrivato pochi secondi dopo, avrebbe potuto vedere la realtà e non fidarsi di un’illusione » spiegò, guardandoti come ad indurti a capire qualcosa di molto importante. 
« Spesso il destino è avverso con gli innamorati » commentasti, punta sul vivo, cercando di mascherare, ancora, i tuoi sentimenti. 
« Non sempre, se uno dei due capisce il modo con cui aggirare il destino » si aggiunse Lucy, continuando a trascinarti. Quando ti rendesti conto del luogo in cui ti trovavi, era troppo tardi. Ti ci avevano già spinta dentro, sorridendo allegramente. E tu soffrivi, sentendo quell’opprimente odore di fiori. Eri nella serra, lo sapevi, anche se a causa del buio non potevi vedere nulla. 
Finché non lo vedesti arrivare dal nulla, come illuminato da qualcosa di non percepibile. 
  
Guardare nell’oscurità non serve, lo sai. Non lo avresti più visto arrivare come un faro nella notte. 
  
Tutto prese luce, le torce si accesero insieme, mostrandoti un panorama meraviglioso. Fiordalisi, pervinche e lavanda erano dappertutto. 
« Spero ti piaccia, le ninfe hanno lavorato molto, per creare questo piccolo angolo di paradiso » disse Peter, avvicinandosi lentamente e guardandoti dritto negli occhi, sembravano ancora più chiari i suoi, in quel momento. 
« È meraviglioso, Maestà » affermasti, rispettosa, inchinandoti, nonostante il tuo cuore avesse iniziato a battere un po’ più veloce del normale. 
« È  tuo, se lo vuoi. Come è tuo il mio cuore, tuo e di nessun altra » aggiunse, accorato, avvicinandosi finché non vi trovaste facci a faccia. A separarvi, pochi centimetri e un profondo dolore. 
« Come potete dire una cosa del genere, Maestà? E alla vostra sposa non pensate? » sbottasti, oltraggiata. No avresti mai permesso che qualcun'altra soffriste le tue stesse pene. 
« Mi hai frainteso, Aria! Non capisci… » provò a ribattere, tentando di afferrarti il braccio, ma tu ti scansasti malamente, guardandolo oltraggiata. 
« Per te è tutto un gioco, forse? Dichiarare il tuo amore a due donne diverse, sposarne una ed avere l’altra come intrattenimento, magari? Eh? Non permetterò mai una cosa del genere » alzasti la voce, cosa parecchio scorretta in presenza del tuo sovrano, ma non potesti farne a meno. 
« Aria, io non mi sono dichiarato a due donne e non ho intenzione di comportarmi nel modo sconsiderato ed incivile che hai appena illustrato. Sono innamorato di una sola donna, ed è con lei che io voglio passare il resto della mia vita » urlò lui a sua volta, guardandoti leggermente irritato e stringendo i pugni lungo i fianchi. Tu avevi l’anima in subbuglio. Chi era costui, che ti sconvolgeva a tal punto? 
« E allora, Maestà, perché avete appena detto che il vostro cuore è mio? Vi state prendendo gioco di me e dei miei sentimenti? » esalasti, ferita, indietreggiando verso la porta della serra. Fu in quel momento che lui perse il suo autocontrollo e ti afferrò velocemente per le spalle, costringendoti a far toccare le labbra con le sue, per un casto e delicato bacio. 
« Non lo vuoi proprio capire, eh? Il mio cuore è tuo, è di te che sono innamorato ed è te che voglio sposare. Quello che hai visto ieri, è stato solo un incidente » tentò di spiegare, ottenendo solamente che ti irritassi di più. 
« Un incidente? UN INCIDENTE? Certo, quanti ne capiterebbero, se io decidessi di sposarti, eh? Io non sono un trofeo da mostrare agli altri sovrani, sai? Ma come ti permetti! » la tua furia aveva raggiunto livello incredibile, senza rendertene conto, la tua mano aveva già assestato uno schiaffo sulla guancia del sovrano. 
« Per Aslan, che cosa ho fatto! » urlasti, sorpresa tu stessa del tuo comportamento, osservando sbalordita la tua mano e la guancia rossa del giovane che ti stava di fronte. Era il più grande affronto che qualcuno avesse mai potuto pensare di compiere, e tu, una semplice principessina da quattro soldi, l’avevi fatto. Come minimo ti avrebbe fatta impiccare. 
« Oh per tutti i fauni! Sono… sono così mortificata… i-io… vi p-prego, M-Maestà, non fate pagare a-al mio po-popolo questo affronto. N-Ne sconterò per-personalmentele con-conseguenze » piagnucolasti, cadendo in ginocchio, con le lacrime che ti inondavano il viso. Ti vergognavi non solo per aver oltraggiato il tuo sovrano, ma per aver fatto del male all’uomo di cui eri perdutamente innamorata, a parte integrante del tuo essere. Ti stupisti, quando invece di parole ostili e gesti violenti, ti ritrovasti abbracciata teneramente e consolata con pacate e dolci parole. 
« Hai ragione, Aria, mi sono espresso male e ho meritato quello schiaffo. Lady Reania mi è saltata addosso, ieri, poiché era venuta a conoscenza dei miei sentimenti per te. Voleva farmi cambiare idea. Quando l’ho malamente allontanata, ti ho vista. E mi sono sentito morire. I tuoi occhi color pervinca erano diventati di puro ghiaccio, e sembravano pugnalarmi il cuore » ti disse, abbracciandoti sempre più forte, mentre cercavi di comprendere quello che ti stava dicendo. 
« Non so se mi crederai, ma amore non è solo dipendenza dall’altro, è anche fiducia incondizionata. Se davvero tu mi ami, almeno una piccola parte di quanto io amo te, mi crederai senza remora » disse, spaventato all’idea che tu non gli credessi, che lo abbandonassi. 
« Ti credo, Peter, e ti amo » 
  
« Maestà, non avrebbe voluto vedervi in questo stato » il signor Castoro, così premuroso con te, cerca di farti riprendere, ma tu non puoi, non ci riesci. 
  
« Amici, come sapete, oggi annuncerò il mio fidanzamento ufficiale, che non solo unirà due anime profondamente unite, ma consoliderà una grande alleanza » il Re Supremo, il tuo signore, ottenne l’attenzione di tutti gli ospiti e, con il suo sorriso speciale, che non l’aveva abbandonato dal momento in cui avevi confessato i tuoi sentimenti, prese dalle mani del paggio un grande bouquet di pervinche e fiordalisi, dirigendosi emozionato verso di te. Come tradizione comandava, la richiesta di matrimonio era accompagnata dai fiori preferiti della dama e dal ciondolo con lo stemma della famiglia dello sposo, in quel caso, un leone. Camminava verso di te, fiero e felice, e ad ogni suo passo, tuo fratello si rilassava sempre di più. Avevi scoperto che in quella mattinata, mentre tu ti struggevi dal dolore, lui aveva parlato con il re, ed aveva accordato il suo permesso ad architettare tutto quel teatrino che vi aveva fatti riunire. Arrivò davanti a te, e si inginocchiò elegantemente, porgendoti i fiori. 
« Principessa Aria di Galma, siete disposta ad accettare la mia proposta di matrimonio, diventando Regina delle regine di Narnia, e sovrana indiscussa del mio cuore? » ti domandò, emozionato, mentre il tuo cuore sembrava fare gli straordinari. Sorridesti nel modo più gioioso di cui eri capace. 
« Solo se voi siete disposto a diventare il sovrano indiscusso del mio cuore e a sopportarmi con infinita pazienza » dicesti, accarezzandogli la guancia leggermente ispida di barba, con gli occhi che diventavano sempre più lucidi. 
« Credo sia un accordo conveniente » affermò lui, alzandosi e facendoti alzare a tua volta. Poi ti prese delicatamente il viso fra le mani e ti baciò, davanti a tutta l’aristocrazia dell’Impero di Narnia. Non potevi essere più felice. 
  
Hai smesso di piangere, finalmente, ma perché non riesci più a muoverti? Non vuoi? O il tuo corpo si sta lentamente arrendendo? 
  
Quell’abito bianco ti calzava a pennello, erano state le fate a cucirtelo, intarsiandolo con preziosi diamanti ed i più pregiati veli. Fra i capelli avevi delle pervinche, ormai simbolo del vostro amore, che componevano anche il tuo bouquet di giovane sposa. Tremavi, non dalla paura. Avevi voglia di piangere, ma non dalla tristezza. Ti sentivi persa in quel mare di emozioni e volevi affogarci dentro, con il tuo re, il tuo signore. Il tuo sposo, che ti attendeva impaziente all’altare. 
« Sei così bella, sorellina. Potrei anche essere geloso » disse Araton, apparendo alla soglia della camera, in alta uniforme, con la corona da erede al trono scintillante sul capo. 
« Sai che tu e Admir occuperete sempre un posto speciale ed inusurpabile, nel mio cuore. Non potete essere gelosi. Forse, potresti essere un po’ meno accondiscendente dal punto di vista dell’oreficeria. La mia corona sarà nettamente più bella della tua » scherzasti, per mascherare il tuo nervosismo, ma lui se ne accorse e ti abbracciò. 
« Andrà tutto bene, Aria. Adesso andiamo, il tuo amato ha quasi fatto venire una crisi di nervi al grande Aslan » affermò, trascinandoti fuori dalla stanza, dove attendeva tuo padre. 
« Aslan? Come… cosa… » domandasti, presa dal panico. Davvero il grande sovrano era lì, al tuo matrimonio? 
« Chi credi che avrebbe mai potuto celebrare il matrimonio del Re Supremo, Aria? » rise tuo padre, prendendoti il braccio e trascinandoti verso il cortile, dove si sarebbe svolta la cerimonia. I fauni cantavano e le ninfe gettavano fiori lungo il tuo passaggio. Gli invitati si voltavano a guardarti, con occhi sognanti e si inchinavano al tuo cospetto. Ma lui, di cui veramente ti importava la reazione, era troppo estasiato per avere una qualsiasi reazione. Ti sorrise come mai più avrebbe fatto e si avvicinò, prendendo la tua mano che tuo padre gli porgeva. 
« Prendetevi cura della mia piccola El, sire » si raccomandò, commosso, lasciandoti alle cure del tuo sposo. 
« Non si preoccupi, tratterò questa piccola stella come il mio sole personale » rassicurò lui, baciandoti la fronte e conducendoti al cospetto del grande leone. Ti inchinasti, di fronte a lui, e gli sorridesti felice. 
« Miei cari, siamo qui per unire queste due anime affini in matrimonio » iniziò Aslan, mentre a te tremavano le mani. Peter se ne accorse e ne prese una, piccola e delicata, nella sua, grande e forte. Ti infuse immediatamente coraggio e forza. 
« Aria, figlia del re Alion e della regina Alathariel, principessa di Galma, sei disposta a condividere con il qui presente Peter, per dono di Aslan, per elezione, prescrizione e merito di conquista Re supremo dei re di Narnia, imperatore delle Isole Solitarie e signore di Cair Paravel, cavaliere del Supremo Nobile Ordine del Leone, il fardello del governo giusto del regno, le preoccupazioni, gli impegni regali e tutto ciò che ne consegue? » domandò Aslan, solenne, guardandoti con i suoi grandi occhi ambrati, espressivi e profondi. 
« Sono disposta a farlo, fino alla fine dei miei giorni » rispondesti pronta ed emozionata, stringendo la mano del tuo sposo nella tua. 
« Peter, per dono di Aslan, per elezione, prescrizione e merito di conquista Re supremo dei re di Narnia, imperatore delle Isole Solitarie e signore di Cair Paravel, cavaliere del Supremo Nobile Ordine del Leone, sei disposto a condividere con la qui presente Aria, figlia del re Alion e della regina Alatheriel, principessa di Galma, il fardello del governo giusto del regno, le preoccupazioni, gli impegni regali e tutto ciò che ne consegue? » domandò ancora il leone, guardando il tuo re, talmente emozionato che per un momento temesti non sarebbe riuscito a parlare. 
« Eccome se sono disposto! Ehm, cioè,  sono disposto a farlo, fino alla fine dei miei giorni » si riprese immediatamente lui, arrossito di colpo per l’errore commesso, sotto le risate di molti ospiti e dello stesso celebrante. 
« Siete inoltre disposti a tentare di dare a Narnia un erede al trono? » quella domanda fece ridacchiare sia Edmund che Araton ed Admir, facendoti arrossire in modo pauroso. 
« Oh, credo che ci sapremo organizzare » ridacchiò anche Peter, ricevendo in cambio uno sguardo scandalizzato da parte tua e delle sue sorelle. 
« Aria, non sei d’accordo? » domandò Aslan, facendoti vergognare tremendamente ed aumentando il livello di ebbrezza dei tuoi fratelli, di tuo cognato e del tuo sposo. 
« Si, sono d’accordo » mormorasti, abbassando leggermente lo sguardo e rialzandolo fiera. Non c’era nulla di cui vergognarsi, infondo. Eravate sposati. 
« In questo caso, credo di potervi dichiarare uniti in matrimonio, Re Peter, il Magnifico, e Regina Aria, l’Incrollabile. Puoi baciare la sposa, Peter, è da quando abbiamo iniziato che stai smaniando » rise il leone, mentre il tuo sposo, impaziente, ti attirava a sé per baciarti appassionatamente. 
  
Incrollabile, lo sei ancora? Stesa su quel letto, sola ed impassibile al mondo. Sei crollata, senza di lui. 
  
« Peter Pevensie! Cos’è questa? » domandasti, urlando, indicando una minuscola macchia di terra sul pavimento della vostra stanza. Il tuo sposo uscì dal bagno, con solo un telo a coprire le sue grazie, per fissare il punto da te indicato. 
« Ma… amore, non è niente! Non c’è mica bisogno di fare l’isterica » affermò, tranquillo, non conscio di ciò che aveva scatenato. 
« Isterica? Mi hai dato dell’isterica? Perché non capisci mai niente, eh? Sei un bruto, io ti odio! » urlasti, scoppiando in lacrime e rintanandoti nel tuo studio, chiudendoti anche a chiave. Lo facevi spesso, nell’ultimo periodo. Tu ed il tuo sposo non facevate che litigare, ed eri ben consapevole che fosse a causa tua e dei tuoi cambi repentini d’umore. Per non parlare delle nausee che ti attanagliavano e dei capogiri. Credevi di aver preso un virus, per quel motivo avevi chiamato il dottore di corte, perché venisse a visitarti. 
« Amore, io vado con i miei fratelli a caccia. Edmund è convinto di poter prendere da solo un cervo. Non appena ti calmerai io sarò già qui, accanto a te. Ti amo, a dopo » disse Peter, da dietro la porta, allontanandosi senza attendere una risposta. Sapeva che non gliel’avresti data, ti conosceva. 
Passò poco tempo, che alla porta bussò la tua nutrice, Kairia, ad informarti dell’arrivo del dottore. Questi ti fece delle visite accurate, tastandoti più e più volte il ventre e sorridendo sempre, soddisfatto. 
« Mi dica, dottore, è qualcosa di grave? Devo chiedere al mio sposo di ripudiarmi per cercare una moglie in grado di garantire la discendenza? » domandasti, con il cuore in gola dalla paura. Era un pensiero che ti attanagliava da tanto, ed eri sempre più certa che si sarebbe avverato, ben presto. 
« Cosa? Oh, no! Maestà, davvero credete che se anche una cosa del genere fosse vera, il re vostro marito avrebbe cercato un’altra donna? È talmente perso per voi che avrebbe preferito rinunciare al trono » rise il dottore, con sguardo allegro, facendoti tranquillizzare in parte. 
« E per la storia della discendenza… non credo ci siamo problemi, visto che Sua Maestà è in dolce attesa » aggiunse, raggiante, guardandoti in attesa di una reazione. La tua gioia era tale che ti impediva di muoverti. Eri troppo emozionata, troppo felice per la sorte che sembrava ti fosse stata riservata. Non vedevi l’ora che il tuo amato tornasse, per dargli la lieta novella. 
  
Lui però non è tornato, quella sera. E neppure Edmund, Lucy e Susan. Hai aspettato, sperando in una qualche notizia e sei andata avanti per il tuo bambino. Ma ora? 
  
« Allora, nessuna notizia, Signor Tumnus? » domandasti, con il cuore in gola dall’ansia, accarezzandoti il ventre ancora poco pronunciato. 
« No, Maestà. Sembrano spariti nel nulla » ti rispose quello, angosciato quasi come te. Non era un mistero il tuo precario stato di salute, mentale e fisico, e tutto il popolo era in pena per te. Congedasti tristemente il fauno, continuando a ricamare quella che sarebbe stata la prima copertina per il tuo bambino insieme alla Signora Castoro. Avevi deciso che ci sarebbe stato un leone, su di essa, a testimonianza di colui che davvero era il sovrano di Narnia. 
Poi, all’improvviso, sentisti un rumore, un rumore familiare di zoccoli. Era il cavallo del tuo Peter, ne eri certa. Talmente certa, che non guardasti neppure alla finestra e ti precipitasti via. Forse fu un incidente, forse fu voluto dal destino infausto, ma in cima alle scale, l’orlo del tuo vestito ti fece inciampare e cadere giù. Durò tutto un attimo, un solo singolo attimo. Il dolore acuto al ventre, la preoccupazione da madre, il buio. Ti risvegliasti ore dopo, nella tua camera. Le donne piangevano ed il dottore stava cupo al tuo fianco. 
« Dottore… che cos’è successo? Dov’è Peter? » domandasti, posando meccanicamente una mano sul tuo ventre. Nonostante non fosse mai stato pieno, poiché il tuo stato di gravidanza era ancora all’inizio, lo sentisti vuoto e freddo. 
« Maestà, il Re non è tornato, ma il suo cavallo sì » ti rispose l’uomo, facendo cenno alle donne, tranne alla tua nutrice, di uscire. Lo guardasti triste, capendo all’improvviso che qualcosa non andava, qualcosa era andato storto. 
« Cos’è successo dopo la mia caduta? E vi prego di non mentirmi, dottore » supplicasti, temendo un possibile responso, mentre Kairia scoppiava in singhiozzi. 
« Il vostro bambino, Maestà. La caduta gli è stata fatale » disse semplicemente, facendoti sprofondare con poche parole nell’oblio più nero. Non ti riprendesti più da quella notizia, tentasti invano di ritrovare almeno il tuo amato, senza riuscirci. 
  
Non ce la potrai fare, lo sai. Senti lo spirito invaderti in un modo mai successo prima, le candele attorno a te accendersi all’improvviso ed un violento temporale imperversare fuori dalla tua finestra. Sai cosa sta per succedere, l’hai letto in molti libri. 
« Figlia mia, bambina mia » senti tua madre disperarsi, insieme a tutti i tuoi parenti, tranne colui di cui davvero vuoi sentire la voce. 
Succede tutto in un attimo. Le candele si spengono all’improvviso, la finestra si chiude con un violento colpo ed un forte tuono segna l’ultimo battito del tuo cuore. Il tuo ultimo pensiero va a lui, al tuo signore, al tuo sposo. 
Ti amo, Peter.

 

   
 
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