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Autore: _Pan_    22/11/2010    4 recensioni
Supponiamo che Yuka sia riuscita ad uscire dall'Accademia e che sia riuscita a portare via Mikan con l'Alice di Shiki e ora vivano pacificamente in un posto molto lontano dalla scuola. Circa dieci anni dopo la fuga, qualcuno decide di cercare la ragazza... riuscirà a trovarla e riconoscerla?
Da capitolo 1: Fa scorrere lo sguardo sulla strada davanti a sé e nota un ragazzo: un normalissimo ragazzo che fissa il cielo, proprio come lei. I capelli neri sono scompigliati dal vento e indossa degli occhiali da sole, tiene le mani in tasca ed è appoggiato alla ringhiera, ma dalla parte interna, un posto un po' pericoloso, lei una volta ha provato a camminarci sopra e ha rischiato di cadere e farsi male seriamente. Gli si avvicina, perché ha intenzione di avvisarlo.
«Ehi, scu...» si blocca, a bocca aperta, non appena lui volta la testa verso di lei.

Parole: 1205 (cap 1), 1308 (cap 2)
Fic in due capitoli. Mikan/Natsume ;)
Genere: Commedia, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mikan Sakura, Natsume Hyuuga, Yuka Azumi
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Pensieri e Parole'
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Ce l'ho finalmente fatta :P ma tra scuola (-.-"""), impegni vari, voglia che scarseggia e istinti omicidi verso qualunque essere che respira -.-", alla fine ho detto un botto di date che sono andate tutte a farsi friggere... del capitolo ho modificato quel che potevo, quando scrivo in una “certa parte del mese” sono pericolosa XD miele che sgorga da ogni parola XDXD e la mia faccia quando le rileggo è più o meno questa: O.o
Speriamo che la versione finale non susciti la stessa reazione ;)
Buona lettura, gente!

Ordinary day (Pt 2)

And as he spoke, he spoke ordinary words
Although they did not feel
For I felt what I had not felt before
And you'd swear those words could heal.
And as I looked up into those eyes
His vision borrows mine.

[Vanessa Carlton – Ordinary day]


058. Cena

Lui sorride ancora, scuotendo la testa: quasi non ci crede! Dopo due anni di ricerche è davvero riuscito a trovarla. «Non sei cambiata per niente,» commenta, quasi a volerle farle capire che è una cosa che non gli va troppo a genio, anche se sa di stare mentendo. «c'era da aspettarselo.» Mikan fa una smorfia: si sono appena rivisti dopo quasi dieci anni e la tratta così. È lui quello che non è cambiato affatto. Rimane impietrita, però, quando sente le sue braccia stringerla. Non sa come reagire, si sente pietrificata, immobile, come congelata. Non riesce a concepire quanto sta succedendo, se sia vero o meno. Si scosta dall'abbraccio, delicatamente.
Una cosa non è ancora chiara. «Come mai sei venuto a cercarmi?» domanda, confusa. Ha aspettato tanto che spuntasse da qualche parte, per dirle che avrebbe mantenuto la promessa, ma era passato tanto tempo e dopo un po' aveva quasi perso le speranze che potesse accadere. Soprattutto non ha mai creduto davvero che lui se la ricordasse. «Cioè... perché... non capisco...» non sa affatto come esprimersi. È felice di averlo davanti, certo, ma è del tutto confusa. Proprio quando si è decisa a ripensare al tempo trascorso alla Alice Academy, si ritrova davanti Natsume e non trascura il pensiero che possa essere successo qualcosa agli altri.
Lui sospira, sembra rassegnato, ma i suoi occhi sono decisi, quelli dello stesso bambino che ha conosciuto a scuola. «Non è ovvio?» domanda, inclinando la testa da un lato, con una nota di dispiacere nella voce. «Credevo che fossimo rimasti...» fa una pausa, scuotendo la testa, quasi non ci crede. Tutto quel tempo per fare ricerche, e alla fine si accorge che non sa cosa dire: è terribilmente imbarazzante parlare di una promessa tra bambini, dubita perfino che lei se la ricordi. «Ah, lascia perdere, non è importante.» alza le spalle e si rimette gli occhiali da sole, come quel gesto dovesse nascondere quel pensiero. Forse dovrebbe lasciar perdere. «Senti... forse è meglio che vada... a...»
«No!» lo fermale lei e lui si blocca, con entrambe le sopracciglia inarcate. «Non volevo dire che...» si affretta ad aggiungere, poi. «Io non ho...» alza lo sguardo su di lui, esitante. «non intendevo dire che non mi fa piacere che tu sia venuto da me.» e lei sa che lui capisce che è la verità. «Solo... beh... non mi aspettavo che succedesse così...» unisce le mani, in imbarazzo.
Lui trattiene una risatina, più rilassato. «E come sarei dovuto arrivare?» chiede, retorico. «In elicottero? Accompagnato da uno striscione e dei cioccolatini che piovono dal cielo?» lui non è assolutamente il tipo, e questo lo sanno entrambi.
Anche lei si tranquillizza, ora che l'atmosfera è tornata più o meno alla normalità. «Sarebbe stato il minimo!» scherza, a braccia incrociate, simulando un'espressione seria. «Sei venuto senza neanche un regalo!»
«Vuoi insinuare che io non sono forse un regalo più che sufficiente?» allarga le braccia, per rendere meglio l'idea. Mikan sorride, non riesce a trattenersi. Lui è lì, davvero lì. Natsume le prende una mano, con dolcezza. «Sono tornato davvero per la promessa che ho fatto....» ci pensa un po'. «beh... tempo fa.» spiega, a bassa voce. Lei annuisce, come a fargli capire che sa di che sta parlando, se non altro perché pensa che al posto suo si sentirebbe un tantino stupida. «Dovrai sopportarmi per un po'.» Mikan sorride a quelle parole: non si sarebbero salutati tanto presto! «Davvero?» sussurra, solo per avere conferma di aver sentito bene. Lui si avvicina di nuovo, ma questa volta Mikan non lo respinge.
«Ho la faccia di quello che scherza?» domanda, poi, in tono leggero. Lei si appoggia a lui, stringendolo a sé, e tirando un sospiro di sollievo: era stato molto più semplice di quanto avrebbe mai potuto immaginare. Poi sente uno stomaco brontolare, scosta la testa per guardarlo negli occhi, mentre lui storce il muso.
«Da quanto tempo non mangi?» domanda lei, un po' preoccupata.
«Da oggi a pranzo.» risponde lui, come se fosse del tutto ovvio. «Perché?»
Mikan comincia a trascinarlo verso casa propria, come se l'orario del suo ultimo pasto fosse, in effetti, del tutto irrilevante. «Stavo giusto per preparare la cena, vieni con me.»
Lui si fa, improvvisamente, guardingo. «Stavi per... preparare la cena?» la guarda come se lei stesse per dire che è tutto uno scherzo. «È la nuova strategia dello “spaventa il tuo prossimo”? Sai... non ho proprio fame, è più...»
«Che significa?» chiede lei, confusa. Che strategia? Di che parla? Lei pensa che debba essere la fame senz'altro. «Ma sei sicuro di sentirti bene? Dai, vieni.» comincia a trascinarlo in direzione di casa, del tutto dimentica della pentola che non ha comprato e ignara della faccia terrorizzata del suo accompagnatore.

Tira fuori le chiavi dalla tasca, per non farlo aspettare troppo sul pianerottolo, ma appena infila la chiave nella toppa, lui le blocca il polso. Mikan alza lo sguardo su di lui, aspettando che spieghi il suo strano comportamento, ma lui sembra in imbarazzo. «Che hai?» domanda, a quel punto in ansia.
«No...» rinuncia lui, lasciandole il braccio. «...niente.» pensa a quanto possa sembrare paranoico: è improbabile che qualcuno l'abbia seguito con tutte le precauzioni che ha preso. Forse è il caso di rilassarsi un po', pensa. Lei non è molto convinta della sua risposta, ma decide comunque di lasciar predere, perché sa che se non ha detto niente, significa che non è ancora il momento adatto per saperlo. O almeno così le ha sempre insegnato suo nonno, anche se, ora che ci pensa, non ha mai seguito quel genere di consiglio. Apre la porta, facendolo passare per poi richiuderla. La casa è ancora immersa nel buio, e con esso è calato anche l'imbarazzo. Mikan non sa bene che fare, cosa dire... insomma, si sono rivisti dopo tanti anni, e non sa ancora in che modo – o quanto – sia cambiata la persona che ha di fronte, da quella che ha conosciuto.
«Ehm...» balbetta lei, non facendo nemmeno caso al fatto che non ha ancora acceso la luce. Sta semplicemente di fronte a lui, con la bocca spalancata, come se questo le garantisse l'arrivo di una frase sensata.
«Mikan...?» la chiama lui, con calma. Le si avvicina, mentre lei ignora del tutto le sue intenzioni. Indietreggia di un passo, ma per evitare di continuare a inseguirsi fino al primo ostacolo, Natsume le prende un braccio e l'attira verso di sé, abbassandosi alla sua altezza. Mikan si chiede se stia per baciarla: non sa come comportarsi, ma non riesce a muoversi. Non sa se non ha il coraggio oppure l'intenzione di farlo. Chiude gli occhi e aspetta di avvertire le sue labbra sulle sue.
Neanche due secondi dopo, la porta si spalanca e la luce illumina la stanza. Sua madre li fissa e ha sul volto un'espressione costernata, mentre tiene ancora la mano sulla maniglia della porta.
«Che succede, qui?» domanda, con tono indagatore, assottigliando gli occhi. Mikan si allontana dal ragazzo, imbarazzata, e balbetta qualche scusa, in cui si distingue la parola cena. Yuka annuisce, ma si capisce bene che non le crede. «Prepari la cena in modi sempre più strani.» Mikan abbassa lo sguardo sulle proprie scarpe, facendo strusciare i piedi l'uno contro l'altro.
«È... è colpa mia.» dice Natsume, per sbloccare la situazione. «Ci siamo incontrati per strada e...»
«Natsume?» domanda lei, poi, ancora più stupita. Davvero non si aspettava che il figlio della sua migliore amica si trovasse in casa sua. «Come ci hai... trovate?»
«Ci è voluto un po'.» ammette lui, ma poi non sa come altro continuare. Si trova in imbarazzo dopo essere stato beccato in un momento del tutto equivocabile dalla madre di Mikan. Non è esattamente un momento idillico.
«Perché non ne... parliamo mentre mangiamo?» domanda Mikan, per distendere un po' la tensione. Yuka sospira, posando a terra la borsa, e appendendo il giaccone all'attaccapanni.
«Mi sembra una buona idea,» concorda lei, sorridendo a Natsume. «ma ti prego,» si rivolge alla figlia con tono quasi implorante. «sta' lontana dai fornelli.»

Bene, non ho recensioni a cui rispondere, dato che c'è quella funzione fighissima ora XD.
Vorrei ringraziare forzaN per aver inserito la storia tra i preferiti e MooN_LiE_ per averla inserita tra le seguite :)
Buonanotte, gente :)

  
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