~No
limits~
[Charlotte]
Sono qui seduta
accanto a Jonathan quando miss Douglas
entra.
I ragazzi
cominciano a parlare tutti insieme nel
tentativo di spiegarle quello che Vahel ha fatto.
Io resto in
silenzio, tanto so che lo spiegheranno
tanto bene quanto lo farei io.
Il mio sguardo
torna nuovamente su Jonathan.
Ringrazio il
cielo –o meglio, il sonnifero- che sia
incosciente, perché quando si sveglierà
probabilmente quelle ferite gli faranno
male.
Divido la mia
attenzione tra lui e miss Douglas –cosa
assolutamente fattibile per il mio cervello super-potenziato.
-Ragazzi, ho
capito cosa volete dire, ma non c’è
niente che possiamo fare.-
-Come sarebbe a
dire?-, reagisce Lily, furiosa. –Ha
quasi ucciso Jonathan! E voleva impedirci
di aiutarlo! Dovete fare qualcosa!-
-Lily, il
presidente degli Stati Uniti in persona ha
nominato Ivan Vahel, semplicemente perché ha paura
di voi! Teme ciò che potrete diventare un giorno e
ha
approvato ogni singolo metodo che
Vahel userà con voi!-
Lo sapevo
già, ed era piuttosto ovvio, ma Lily e gli
altri riescono a farsi cogliere di sorpresa e spalancano gli occhi, per
poi
cominciare con i “ma” e i “se”.
Del tutto
inutile.
Torno a dedicare
tutta la mia attenzione a Jonathan.
Non vorrei
essere fraintesa: non che non mi interessi
ribellarmi contro quello che Vahel ha fatto, ma so che parlarne ai
professori è
stupido. Vahel non avrebbe fatto nulla se non fosse stato assolutamente
certo
di non ricavarne conseguenze legali.
Ha calcolato
tutto.
Miss Douglas
esce e rimaniamo nuovamente soli.
-Da quanto tempo
è fuori Blake?-, chiede Lily.
-Due ore e
undici minuti-, rispondo automaticamente.
Merito del mio
computer mentale.
-Non va bene-,
sussurra lei. –Dobbiamo fare qualcosa.-
-Andiamo nel
laboratorio a vedere cosa sta
succedendo-, propone Damien.
-È
pericoloso-, commenta Vanessa.
-Non mi importa.
Blake ha salvato Jonathan, tocca a
noi salvare lui. Io vado.-
-E io vengo con
te-, propongo.
Lui mi guarda
critico, ma gli lancio un’occhiata
penetrante.
-Sapresti
manomettere il tastierino numerico
all’ingresso?-, gli chiedo.
Damien si
arrende subito, scuotendo la testa.
-Hai vinto-,
dice, alzandosi. –Ma non facciamoci
vedere.-
-Per chi mi hai
preso?-, scherzo, mentre lo seguo
fuori dall’infermeria.
Siamo appena
usciti quando vediamo Vahel che entra in
un’aula, seguito da Collins, il tecnico.
E se sono
lì, significa che non possono essere nei
sotterranei.
Damien sorride,
pensando la stessa cosa, e ci
affrettiamo a raggiungere il laboratorio.
-Ricordi quante
cifre erano?-, chiedo, osservando il
tastierino.
-Sei-, dice
Damien con certezza. –Ho sentito il
suono.-
-Sei-, ripeto
tra me. Sollevo leggermente il bordo
inferiore della mia felpa grigia oversize per rivelare un piccolo
marsupio
nascosto. Ne tiro fuori un cacciavite.
-Stai
scherzando-, mormora Damien, guardandomi le
spalle.
Sbuffo, e in
meno di cinquanta secondi la porta è
aperta.
-Andiamo-,
borbotto.
La prima cosa
che sento è un grido.
-Blake-, dice
Damien, perdendo tutto il suo senso
dell’umorismo e guardandomi con preoccupazione.
Seguiamo la
direzione del grido e lo vediamo.
Blake
è su una grande sedia metallica, polsi e
caviglie bloccati, e la sua espressione mi sconvolge. È
rosso in viso, sudato,
con i capelli biondi appiccicati al volto, i denti stretti, come a
trattenere
un altro grido.
-Blake! Cosa
succede?-, chiede Damien.
Ma io sono
già un passo avanti … come al solito.
Il mio sguardo
corre al computer acceso. Le frequenze
che rivela mi inquietano, in particolare quella relativa al battito
cardiaco,
decisamente troppo alto.
Blake non riesce
a rispondere, ma ci penso io.
-Quell’apparecchio
gli sta trasmettendo energia
elettrica allo stato puro e ad altissimo voltaggio-, dico.
-Che cosa? Non
dovrebbe essere già morto?-
-Il suo potere
consiste nel creare energia e quindi
può assorbirne di più rispetto ad un normale
essere umano, ma ha un limite, e
ci siamo troppo vicini.-
Un altro grido
si fa strada tra le mascelle serrate di
Blake.
-Non puoi
fermarlo?-, sbotta Damien.
-Potrei, ma
Vahel se ne accorgerà, quando guarderà
questi schemi.-
-Non riesci ad
evitarlo?-
-Dammi un
minuto.-
-Non ce
l’abbiamo!-, esclama Damien, lo sguardo perso
nel vuoto. Ha appena visto qualcosa. –Vahel sarà
qui tra poco. Dobbiamo
uscire.-
-Non possiamo
lasciarlo così!-
-Sta venendo per
interromperlo, Charlie. Andiamo!-
Troppo tardi.
Una serie di sei bip ci annuncia
l’imminente ingresso di Ivan Vahel.
-Qui-, dico a
Dam, spingendolo dentro ad un armadio e
seguendolo subito dopo. Mi chiudo la porta alle spalle.
Appena in tempo.
-Rieccomi qui,
Gray-, dice Vahel.
La sua voce
arriva soffocata attraverso l’anta di
metallo.
Sento premere
dei pulsanti e poi un gemito di Blake.
-Ecco fatto. Per
oggi può bastare. Spero che tu abbia
imparato la lezione.-
Silenzio.
-Avanti, Gray.
Non vuoi che ricominci tutto da capo,
vero?-
Ancora niente.
-Su, coraggio.
Cos’hai imparato oggi?-
Blake non
risponde, e Vahel riaccende l’apparecchio
per un secondo.
Abbastanza per
strappargli un grido.
-Allora?-
-Io …
non le … disobbedirò … più
… signore.-
Devo trattenere
Damien con la forza perché non salti
fuori.
-Benissimo. Hai
visto? Non era così difficile.-
Un clac annuncia
che gli anelli che tenevano fermo Blake si sono riaperti.
-Puoi andare,
Gray.-
Da lì
in poi, sento solo suoni trascinati, soffocati,
tintinnii di cose urtate e tonfi.
Due minuti e
ventisette secondi dopo, siamo soli.
Io e Damien
usciamo dall’armadio e ci precipitiamo
fuori dal laboratorio.
Blake
è crollato sul secondo scalino.
Damien gli
è subito accanto.
-Blake-, lo
chiama sottovoce. –Avanti, amico,
rispondi. Blake … -
-Sì-,
biascica lui.
-Prendimi la
mano, ecco, così … io e Charlotte ti
portiamo in infermeria.-
-No-, ringhia
Blake.
Sussulto.
-Portatemi nel
dormitorio-, insiste.
Damien non lo
contraddice. Mettiamo ognuno un braccio
attorno alle sue spalle e lo accompagniamo fino ai dormitori.
Entriamo in
quelli maschili e adagiamo Blake sul suo
letto.
-Come stai?-,
chiede Damien, preoccupato, sedendoglisi
accanto.
Lui non risponde.
-Damien, vai a
dire agli altri che è qui-, lo esorto.
–Ci penso io a lui.-
Il veggente mi
guarda, non del tutto convinto.
-Avanti, ho una
laurea in medicina. È in buone mani.-
Damien annuisce
e scompare oltre la porta.
Io prendo il
polso di Blake e controllo le pulsazioni.
Il cuore va ancora veloce, ma nella norma. Probabilmente
l’energia elettrica
gli ha fatto contrarre tutti i muscoli, perciò ora si
staranno distendendo di
nuovo. Non dev’essere piacevole.
-Blake, come
va?-, gli chiedo.
-Meglio-,
replica lui.
Comincio a
massaggiargli i muscoli del collo, con
gesti esperti. Non sono passati neanche tre minuti quando Lily entra
come una
furia.
-Cosa gli ha
fatto?-, ruggisce.
Non so
perché, ma mi sembra una buona idea
allontanarmi da Blake. Non si sa mai.
-Gli ha immesso
nel corpo dell’energia elettrica ad
alto voltaggio-, rispondo.
Lei batte le
palpebre, confusa.
-Vieni qui,
continua a massaggiare-, la istruisco.
–Non far contrarre i muscoli.-
Lily impara in
fretta.
-Quel grande
bastardo-, sibila Vanessa. –Quel figlio
di … -
Non credo di
averla mai sentita usare questi termini,
e sì che nessuno ha toccato Damien, il suo pupillo.
-Come sta
Jonathan?-, chiedo.
-Non molto
bene-, replica Lily, senza interrompere il
massaggio. –Le ferite continuano a sanguinare. Il dottore gli
rifarà presto le
fasciature.-
-Blake non ha
voluto andare in infermeria-, dice
Damien.
Blake borbotta
qualcosa riguardo a “non dargli questa
soddisfazione”.
Solite
stupidaggini da maschi.
Siamo
già fin troppi qua dentro. Mi alzo ed esco.
Mi dirigo quasi
inconsciamente verso l’infermeria.
Jonathan
è immobile, pallido.
Il mio cuore si
stringe in una morsa nel vederlo così.
Gli prendo la mano.
-Charlie?-, mi
giunge un borbottio.
Spalanco gli
occhi. Ero convinta che dormisse. Lascio
andare la sua mano, incredibilmente imbarazzata.
-Sì,
sono io-, rispondo.
Ma Jonathan non
aggiunge altro. Brontola qualcosa di
incomprensibile per poi tacere di nuovo.
Deve aver detto
il mio nome nel sonno.
La cosa, devo
ammetterlo, mi rende un po’ felice.
Ma a chi la vado
a raccontare? Mi rende molto felice.
Scosto dal viso
pallido di Jonathan un ciuffo di
capelli ribelli.
-Andrà
tutto bene-, mormoro.
Questa tenerezza
che provo dev’essere assolutamente
colpa della mia latente sindrome della crocerossina.
Non
c’è altra spiegazione logica.
Perché,
deve essercene
una?
Sospiro.
Vorrei poter
fare qualcosa.
È
proprio questo che mi terrorizza di più di Ivan
Vahel. Il suo potere assoluto su di noi. Può fare quello che
vuole delle nostre
vite, giocare a fare il dio e trattarci come giocattoli facili di
spezzare.
E tutto
ciò che noi facciamo per opporci a lui non ha
significato, perché non c’è nessuna
autorità che può fermarlo.
Nessun limite.
Come
sempre, ringrazio tutti coloro che leggono.
In
particolare grazie a Kuri per la recensione.
Nei
prossimi capitoli cercherò di infilare qualche
descrizione fisica, nel frattempo se ti va ti lascio i link delle foto
di come
mi immagino i vari personaggi:
Lily: http://i52.tinypic.com/33tl1sn.jpg
Vanessa:
http://i55.tinypic.com/ff1gdu.jpg
Damien: http://i53.tinypic.com/140llix.jpg
Blake: http://i55.tinypic.com/25zrtzk.jpg
Jonathan: http://i54.tinypic.com/x3vus.jpg
Charlotte:
http://i52.tinypic.com/er05tv.jpg
Vahel: http://i56.tinypic.com/2z8z13s.jpg
I
ragazzi non indossano una vera e propria uniforme, ma
semplicemente delle felpe/maglie/camicie ecc con il logo della scuola.
A
presto!
Adamantina