Premessa:
Buona seeeera!
Eccomi con l'aggiornamento, devo solo informarvi che ho lasciato il capitolo quasi interamente com'era nell'originale, ho aggiunto qua e là qualche accenno allo slash....
Buona Lettura!
Dal capitolo precedente:
“Kai..” mormorò Takao, con il cuore che
sembrava essere impazzito,
come se avesse mancato un battito per poi riprendere a pompare troppo
in
fretta.
Il blader girò appena il capo, incrociando così
gli occhi del suo
ex capitano, voltandosi poi per tornare a guardare fuori dalla finestra.
Cap 1:
Il presidente
Daitenji si alzò e disse:
“Ragazzi,
prima che voi facciate qualsiasi cosa, vi prego di
sedervi un attimo così che possa spiegarvi la
situazione.”
I quattro, senza dire
una sola parola, presero posto, continuando
a lanciare occhiate torve a Kai. Daitenji, dopo aver scrutato per un
istante il
blader vicino alla finestra, riprese:
“Ragazzi
miei, scusate per l’intrusione, ma dovevamo assolutamente
parlarvi.” l’uomo si interruppe, incerto su come
continuare.
Proprio quando
sembrava stesse per ricominciare a parlare, Kai si
voltò verso di loro. In quel momento, i quattro seduti
attorno al tavolo
notarono una cosa che prima gli era sfuggita: la mano sinistra di Kai
era
ricoperta di sangue, che sembrava colare dal braccio. Osservandolo
meglio, si
accorsero che Kai teneva il braccio immobile lungo il fianco, e che
aveva il
viso leggermente sudato. Takao lo fissò, chiedendosi cosa
mai gli fosse
accaduto, per quale motivo si trovava lì, come si era ferito
in quel modo.
“Non
c’è tempo: stanno arrivando” detto
questo, il ragazzo si
diresse verso la porta, mentre i due uomini vestiti di nero, che fino
ad allora
erano rimasti immobili, si affrettarono ad accostare il presidente
Daitenji.
“Ragazzi,
mi dispiace ma dovete seguire questi signori. Purtroppo
ora non abbiamo il tempo per spiegarvi tutto, vi chiedo
perciò di pazientare ed
avere fiducia in me.” disse loro.
“Ma...
Presidente...” protestò Rei.
“Se ci
tenete alla vostra vita vi consiglio di rimandare le
domande a più tardi” ribatté brusco
Kai, avvicinandosi al cinese, fissandolo
con sguardo imperscrutabile.
“Cos’è,
una minaccia?” lo canzonò Max, seppur intimorito
dallo
sguardo di ghiaccio del suo interlocutore.
“No,
ragazzi” intervenne il nonno di Takao “Kai ha
perfettamente
ragione: non è questo il tempo delle domande. Ora dobbiamo
pensare a metterci
in salvo, prima che ci raggiungano”
“Ma di chi
state parlando?” indagò il prof. K.
“A
più tardi le spiegazioni. Adesso è meglio che ce
ne andiamo al
più presto da qui.” disse il presidente.
Senza protestare
ulteriormente, i quattro seguirono i due uomini
in nero lungo il corridoio, mentre Kai, che li aveva preceduti,
controllava il
percorso. D’un tratto, il russo si fermò e fece
dietrofront.
“Merda”
imprecò sottovoce.
Ora
sono guai! pensò.
Era troppo tardi per
fuggire senza dare troppo nell’occhio, e
questo Kai l’aveva già intuito. Si
rimproverò per la sua troppa sicurezza nel
pensare che avessero più tempo a disposizione. Ryoji
l’aveva avvertito che
sarebbero arrivati, ma non avrebbe mai immaginato così
presto. Sperò solamente
che finisse tutto bene, che nessuno di loro rimanesse ferito.
Nel tornare indietro,
il colletto del cappotto si piegò
leggermente, lasciando intravedere una macchia rossa che si estendeva
lungo
tutta la spalla sinistra del giovane. Senza badare troppo agli sguardi
incuriositi e preoccupati dei suoi ex compagni, che avevano notato il
sangue
rappreso, Kai si rivolse ai due uomini che li stavano scortando:
“Dobbiamo usare l’uscita d’emergenza.
Abbiamo poco tempo.”
A quelle parole i due
uomini li guidarono verso le scale di
sicurezza. Kai era l’ultimo della fila, dietro a Takao e Rei.
I due
continuavano a lanciargli sguardi furtivi, domandandosi cosa mai stesse
succedendo.
Notarono anche che Kai respirava piuttosto affannosamente e camminava
quasi
zoppicando. Ma lui non sembrava curarsene, troppo concentrato a
guardarsi
attorno con circospezione.
“Kai…”
iniziò Takao.
Doveva sapere cosa
stava accadendo: perché Kai era lì? Chi li
stava seguendo e cosa potevano mai volere?
“Che
cosa…”
Ma non
riuscì a dire altro, il giapponese, perché
udì un boato,
seguito da un sibilo vicino all’orecchio, mentre veniva
bruscamente gettato di
lato dal russo. Voltandosi, Takao vide degli uomini con in mano delle
pistole
che tentavano di colpirli. Kai era riuscito a salvarlo appena in tempo,
buttandolo a terra: un solo istante di esitazione e Takao sarebbe stato
colpito
dal proiettile. Si ritrovavano l’uno sopra l’altro,
vicini come non erano mai
stati, e si fissarono per pochi, brevi secondi.
Kai lo
strattonò per un braccio, facendolo rialzare e spingendolo
malamente verso gli altri. Si ripararono dietro l’angolo,
tutti tranne Kai. Il
ragazzo era in mezzo al corridoio, che fronteggiava i loro aggressori.
Il russo
mormorò delle strane parole a mezza voce, e una barriera di
luce azzurrina si frappose
tra lui e i gli inseguitori.
“Muovetevi!”
esclamò Kai, rivolto ai ragazzi.
Non avrebbe resistito
ancora a lungo, era troppo stanco e sentiva le
energie venirgli a mancare.
Senza perdere tempo,
i due energumeni in nero li scortarono verso
le scale. Stranamente riuscirono a raggiungere il cortile dietro
l’hotel senza
che nessuno li inseguisse.
“Dov’è
finito Kai?” chiese il nonno di Takao, ancora con il
fiatone per la lunga corsa.
Solo allora i quattro
blader notarono l’assenza del ragazzo.
“Non
preoccupatevi per lui” fece uno dei due uomini in nero.
“Ma...”
cercò di protestare il prof. K
“Salite in
macchina, subito!” ordinò loro l’altro
uomo.
Seppur riluttanti, i
ragazzi obbedirono, salendo così nel grande
fuoristrada indicato loro. Quando furono tutti a bordo,
l’uomo alla guida del
veicolo mise in moto e l’auto partì a razzo. Erano
piuttosto scomodi dentro il
veicolo: l’auto era a sette posti, ma stavano decisamente
stretti. In pochi
minuti attraversarono il centro di Mosca, per poi dirigersi verso la
periferia.
I quattro ragazzi, che fino ad allora erano rimasti zitti, non ce la
fecero più
a trattenere le domande:
“Dove
stiamo andando?” “Cosa sta succedendo?”
“Chi erano quei
tipi? Perché ce l’avevano con noi?”
“Cos’è successo in quel
corridoio?” “Dov’è
finito Kai?”
“Vi prego,
ragazzi, calmatevi” li esortò il presidente
Daitenji.
Quando i quattro si furono tranquillizzai, l’uomo
continuò “Non so di preciso
dove stiamo andando, ma so che dovunque ci portino saremo al sicuro. In
quanto
a Kai... beh, da quel che ho visto finora sono sicuro che se la
caverà”
“Ma
cos’è successo poco fa? Quegli uomini... e poi Kai
e quella
luce...” protestò Max.
“Mi
dispiace, ma non posso darvi delle risposte perché,
francamente, nemmeno io le ho. Temo che dovremo aspettare che arrivi
Kai per...”
ma non riuscì a finire la frase perché, proprio
in quel momento, nella stradina
silenziosa che avevano intrapreso, si sentì il rombo di una
moto che si
avvicinava. Pochi secondi, e la moto li aveva affiancati. In sella alla
moto
c’era un ragazzo con il volto coperto da un casco nero. Il
cappotto che
indossava il guidatore era lo stesso che indossava Kai.
“Ci ha
raggiunto alla svelta, eh?!” ghignò
l’energumeno al volante.
“E’
Kai?” chiese il prof. K.
“Si,
è lui” confermò l’altro uomo
“Tra poco giungeremo a
destinazione”
Trascorsero altri
cinque minuti di silenzio, durante i quali Takao
e gli altri continuavano a guardare la moto che correva accanto a loro.
Takao
teneva una mano in tasca, stretta attorno ad un bey che non era il suo
Dragoon;
voleva spiegazioni, come i suoi compagni, e quell’attesa li
innervosiva.
Kai, sulla moto,
ringraziò di portare il casco, altrimenti tutti
avrebbero sicuramente notato lo stato pietoso in cui versava la sua
faccia: dal
naso colava un rivolo di sangue che gli imbrattava anche la bocca,
facendogli
sentire il sapore metallico del liquido rosso; faticava a tenere gli
occhi
aperti, ma il prurito dei graffi sullo zigomo sinistro, oltre che
essere fastidioso,
lo teneva bene allerta e con i sensi vigili.
Per poco non si erano
fatti prendere: sarebbe stato un bel guaio e
lui doveva già affrontarne abbastanza senza che ne
sorgessero altri. In più,
avrebbe anche dovuto spiegare ai suoi ex compagni di squadra cosa stava
accadendo… chissà se avrebbero capito, se
l’avrebbero perdonato o si sarebbero
infuriati a morte. Chissà come loro, come lui
l’avrebbe giudicato, una volta saputa la
verità… quel segreto che si portava
dentro da anni.
Attraversarono la
città in un baleno, per poi dirigersi verso la
campagna ad est della città, le strade stranamente deserte
al loro passaggio.
Arrivarono infine davanti ai ruderi di quella che un tempo doveva
essere stata
una bella villetta di campagna. L’auto e la moto si diressero
verso il retro
della casa, entrando in un ampio e dimesso garage, il cui portone si
chiuse
dietro di loro. Dopo alcuni istanti di assoluto silenzio ed inquietante
buio,
il terreno sotto di loro tremò e cominciò ad
abbassarsi.
“Ma
cosa..?”
Dopo alcuni minuti,
il pavimento del garage, che in realtà era una
piattaforma mobile, si fermò. L’uomo al volante
riaccese il motore dell’auto e
percorse un lungo corridoio fiocamente illuminato. Il rombo della moto
di Kai
tuttavia non si udiva, segno che non li stava più seguendo.
Il ragazzo infatti,
aveva aperto una porta laterale e vi aveva condotto la moto,
lasciandola in
un’ampia sala adiacente alla piattaforma di accesso e
dirigendosi poi verso un
altro corridoio.
Nel frattempo,
l’auto con a bordo i Bladebreakers si era fermata.
Quando anche i due uomini in nero furono scesi dal veicolo, dalla
parete dove
terminava il corridoio si aprì una porta nascosta, che i
ragazzi
attraversarono, nel silenzio più totale. Si trovarono quindi
in un’ampia sala
d’aspetto, stavolta ben illuminata. Le pareti bianche erano
del tutto spoglie,
fatta eccezione per quella di fronte a loro su cui era incisa un sigla:
Phoenix. I vari divanetti sparsi lungo la sala erano quasi tutti
occupati da
dei ragazzi. All’ingresso del presidente Daitenji, del nonno
di Takao e dei
quattro blader, diverse persone che erano prima sedute si alzarono e
parlarono
contemporaneamente:
“Max,
tesoro... oh, che sollievo: stai bene!” esclamò la
dottoressa Judi, correndo ad abbracciare il figlio, sotto gli sguardi
sollevati
degli All Stars.
“Rei!”
gridò invece Mao correndo, assieme al resto dei White
Tigers, verso il cinese.
“Ehi,
ragazzi, come va?” chiese Ralph, capitano degli European
Dream, che si alzarono in piedi all’ingresso dei
Bladebreakers, seguiti dai
Blader delle Tenebre.
Gli unici che non
fecero una piega davanti ai nuovi arrivati
furono i Demolition Boys e Vorkov, il quale ostentava
un’espressione scocciata,
forse perché neanche lui aveva idea del perché
fossero lì, ovunque si
trovassero. A dargli fastidio, poi, era il fatto che uno dei suoi
blader, Kai
era misteriosamente sparito senza dare spiegazioni. Di nuovo. In
più, gli
uomini che li avevano prelevati avevano esplicitato che era di vitale
importanza che li seguissero tutti, ma quando Vorkov aveva fatto notare
loro
che mancava un componente della sua squadra, quei tipi non avevano
fatto una
sola piega, né avevano chiesto dove si trovasse il ragazzo,
domanda a cui lui
non avrebbe comunque saputo rispondere. C’era qualcosa che
non quadrava.
“Ma che bel quadretto” disse una voce.
Angolo autrice:
Al prossimo aggiornamento (spero di postare il prox cap la prox settimana!)!
Grazie a tutti coloro che leggono! BACI!