Capitolo 1:
"Io sono Dio"
Aprí gli occhi.
Era sicuro di averli aperti
ma non vedeva nulla, non
riusciva a muoversi, ma non sentiva nulla, gli sembrava che il suo
corpo fosse diventato di pietra, immobile, ma la sua mente fosse
rimasta intatta.
Piano piano i suoi occhi
cominciarono a vedere, o almeno
cosí gli sembrava, tutto si tinse di grigio intorno a lui, anche il
suolo su cui giaceva, non riusciva a distinguerlo dal resto.
Era come se in quel luogo,
esistesse solo quel colore.
Provó a fare un movimento
semplice, provó a muovere
l'indice.
Il dito si mosse, a quanto
pare c'era ancora vita in
quel corpo.
Un formicolio si stava
espandendo dalla nuca fino alla
punta dei suoi piedi e come fiamme senza calore divampava nelle sue
carni sempre piú forte e poi, scomparve, senza lasciare traccia,.
Mosse le braccia, e
appoggió i palmi su quello strano
suolo grigio, una stranissima sensazione lo scosse, era come se non
stesse toccando nulla, non era freddo ne caldo, non era ruvido ne
liscio, non era niente.
Si alzó in piedi di scatto,
la cosa lo fece barcollare
e per un attimo gli si appanó la vista, eppure é una nozione
elementare non alzarsi di scatto.
Si guardó attorno
atterrito, nulla fin dove occhio
poteva guardare, solo un grigio soffocante da sotto i suoi piedi fino
a sopra la sua testa, le distanze perdevano valore, tutto sembrava
distante ed inarrivabile ma allo stesso tempo vicino e soffocante,
poi si voltó, e lo vide.
"Oh mio dio".
Un grande occhio, senza ciglia ne palpebre.
Nubi grige attorno lo celavano come un velo di seta.
L'iride, nera come nulla al mondo puó comparare,
profonda ed impenetrabile, il resto era di un bianco perfetto,
talmente immacolato.
Questo grandissimo occhio umano stava immobile con lo
sguardo puntato su di lui.
Impietrito di fronte a questa imponente apparizione, non
mosse nemmeno un muscolo.
Le labbra peró erano impazienti di muoversi, lui doveva
sapere, non poteva resistere, doveva chiedere.
Le parole uscirono come l'acqua di un ruscello quasi
senza fretta.
"Chi sei?"
Una sensazione mai provata lo pervase in tutto il suo
essere, immagini, parole ed emozioni volteggiavano nella sua testa
dirompenti, distruggendo ogni suo sforzo di mantenere il controllo,
lui urló con quanto fiato aveva in corpo premendosi forte le tempie,
(Basta!) tutte quelle informazioni tutte insieme in un turbinio
frenetico cominciarono a delinearsi, sembravano cantare in coro la
soluzione e tutto gli sembró piú chiaro, (Basta! Basta! Basta!) sul
finale della canzone dove tutto arriva all'apice dell'emozioni il
senso di tutto ció, la sua risposta eruppe tra la luce e le fiamme.
(BASTA!!!)
"Io sono Dio"
Crolló sulle sue ginocchia, socchiuse gli occhi.
La sofferenza era passata e lasciava il passo ad una
quiete forzata dalla stanchezza che quelle visioni erano costate.
Cos'era capitato? Dov'era? Perché Dio era davanti a
lui? Tutto ció non aveva alcun senso.
La risposta non tardó ad arrivare.
Un altro flusso, questa volta delicato, cosí
impercettibile da non infastidirlo nemmeno, era ancora in ginocchio e
le sensazioni e le immagini arrivavano lente di modo che avesse il
tempo di elaborarle.
Capí che era in quello che qualcuno avrebbe chiamato
paradiso.
Gli venne spiegato che le parole in quel luogo erano
prive di significato, come potevano le semplici parole essere il
mezzo di comunicazione per l'Assoluto?
Esse potevano essere fraintese o raggirate, esse erano
il mezzo degli esseri umani, creati da essi perché funzionassero
solo e soltanto tra di loro, Dio invece comunicava con tutto quello
che si comprende, con i sensi, con le emozioni e con percezioni di
ogni sorta.
Ogni suono, ogni immagine, ogni sensazione per quanto
piccola, antica, traumatizzante o mai provata, trovava il suo scopo
per trasmettere il suo verbo.
Comprese che era morto, questa informazione gli sembró
cosí esigua e trascurabile rispetto al resto che non ci diede molto
peso.
Il dolore crebbe, la morsa che lo attanagliava accentuó
la sua invisibile presa.
La sua morte aveva segnato una svolta che l'Occhio
definí nelle sue visioni indotte, difficilmente traducibili in
semplici parole, come "imprevista".
Poi venne invogliato a guardare in alto, lui mosse il
capo, ancora scosso per tutto quello che aveva appreso.
La sottile coltre grigia si dissipó piano piano, e
tutto si trasformó...
Il Destino, davanti a lui.
Un tappeto infinito di fili intricati in maniera
imprecisa e casuale, ogni filo aveva un colore ed uno spessore che
variava continuamente.
Questo manto milticolore copriva tutto quello che poteva
considerarsi il cielo fin dove si perdeva l'orizzonte.
Una ad una sensazioni ed immagini bussarono alla sua
mente con promesse di chiarezza e veritá; gli venne mostrato che in
alcuni punti questo tappeto si stava sfilacciando, e velocemente i
fili si liberavano della morsa e scivolavano via come serpenti in
quell'abisso grigio.
Ora era in grado di vedere il quadro completo, non
c'erano errori ne obbiezioni era tutto chiaro e limpido, la sua morte
non era prevista, lui era reo di aver compiuto un azione che il
Destino non contemplava.
Ora la terra sprofondava nel caos.
Vide che quella macchina doveva arrivare senza intoppi a
casa, quell'uomo passando avrebbe influenzato, se pur in maniera
estremamente esigua, piú di mille vite e arrivando a casa avrebbe
preso un biglietto d'aereo ed avrebbe fatto un viaggio che avrebbe
toccato un numero incalcolabile di esistenze.
Quel uomo che lo ha soccorso non doveva cercare di
medicare un ragazzo investito ad un incrocio, doveva tornare a casa e
parlare con sua figlia che era stata molestata a scuola e doveva
usare parole e gesti ed espressioni giá calcolate.
Niente era lasciato al caso, le "parole" di
Dio mostrarono ancora tantissime altre vite influenzate da un
semplice gesto da lui commesso.
Piano piano le visioni si dispersero, allentando il peso
sulla sua mente oramai fiaccata dallo sforzo di comprensione.
Era madido di sudore, le sue pupille erano dilatate ed i
suoi occhi sgranati fissavano il vuoto.
Come aveva fatto a fare un azione non contemplata?
Se era tutto cosí perfetto perché proprio lui una
persona come tante, era stato in grado di rompere le vicissitudini
del fato con tanta facilitá, in questa specie di super-programma
infinito e dettagliatissimo non c'era spazio d'errore.
Perché? Com'é stato possibile?
Nessuna risposta.
Marcus si alzó piano piano, i muscoli sembravano fatti
di burro fuso, barcollante e confuso cercó di mantenere una
posizione eretta.
l'Occhio leggeva nella sua mente ma lui voleva parlare,
forse non ci sarebbe stata risposta ma voleva solo, dirlo ad alta
voce, giá forse voleva sentila ancora, la sua voce.
- Cosa succederá adesso? Cosa ne sará della terra? -
Ancora Visioni.
Non era la prima volta che il Destino commetteva un
errore, ogni 10.000 anni circa succede qualcosa di devastante per gli
abitanti della terra, era in questo modo che il Destino reagiva
all'errore, in questo modo conteneva i danni e rielaborava tutto.
Non gli venne detto perché.
Quell'occhio fisso su di lui, Marcus temeva quella cosa
sconosciuta, quella potente entitá, si scopri ad odiarla.
Perché tutto questo?
La sua vita non faceva giá abbastanza schifo?
E se la sua vita faceva cosí schifo non era forse colpa
del Destino?
Quante domande, non avrebbe sopportato le risposte,
forse é per questo che non gli vennero date.
Rabbia.
Invece di pensare si espresse forte e vigoroso, la sua
collera era sul punto di esplodere
– Cosa vuoi da me? Se ho peccato allora SIGILLAMI
ALL'INFERNO! Non voglio avere niente a che fare con tutto questo, per
quanto mi riguarda il mondo puó bruciare insieme a tutti i suoi
abitanti! -.
Nessuna risposta, solo silenzio, un silenzio inarrivabile in un mondo terreno.
Piano piano nella sua mente fecero capolino altre
sensazioni ed immagini, voleva respingerle ma non ci riuscí.
La sua mente non arrivava ad erigere barriere in grado
di arginare il lento scorrere di un gigantesco fiume.
E ancora una volta la veritá assoluta uscí fuori da un
vortice di emozioni, l'Occhio voleva rimandarlo sulla terra.
Mentre i fili sfuggivano dalla rete e il celo mutava in
un covo di variegati serpenti intenti ad agitarsi piú possibile,
l'Occhio lasciava fluire il suo sapere comunicandogli che il Destino
aveva necessitava della sua presenza sulla terra.
Volevano farlo diventare un angelo, giá... un angelo
dell'apocalisse.
Tutto questo era imposto, non era richiesto il suo
consenso ne la sua devozione, il suo scopo era semplice.
Esistere, in quel inferno.
Vide guerra, vide funghi atomici, epidemie, esperimenti
orribili su soldati e civili, vide i governi cadere uno ad uno,
inghiottiti dalle fiamme delle guerre civili e degli eserciti nemici.
Ora il mondo era pressoché un deserto di cenere sabbia
e fango ed erano poche le oasi intatte.
Poi
tutto si infiammó, sofferenza rabbia
PAURA
vorticavano con frenesia nella sua testa, il suo urlo straziante si
espanse nell'aria mentre le sue mani tra i capelli avrebbero voluto
bucare il cranio per far fuoriuscire tutto quel dolore, buttó il
capo indietro e cadde a terra.
In
un attimo fú il buio e finalmente ebbe pace... poi i suoi occhi si
aprirono di scatto, e tornarono a vedere luce.