CAPITOLO III
Catturami
Di rivelazioni e cappuccini
distratti.
«Laura,
ma non abbiamo
avuto il tempo di scambiarci neanche due parole stamattina,
già vai?» domandò
Paolo, zoppicando nelle sue morbide pantofole, tenendo lo spazzolino da
denti
in bocca.
«Sono
in un ritardo
mostruoso, le ragazze mi uccidono se arrivo in ritardo, lo sai,
no?» fece in fretta
Laura, prendendo con sé la borsa e la giacca sbrigativamente.
«Beh,
certo! Ci vediamo
stasera?» domandò
Paolo, atterrito dalla fretta con cui Laura stava
lasciando casa.
«Sì,
sì,
amore… Vedrai recupereremo stasera: mi farò
trovare come la donna perfetta: ai fornelli, tirata quanto una Barbie e
pronta
a sorridere a qualsiasi e fare sempre cenno di sì,
come una velina, in
pratica! A stasera…» sorrise sarcastica lei,
baciandolo appena sulla guancia e
chiudendo la porta.
«Non
so perché, ma più passa il tempo, più
io non la capisco!»-sbuffò
Paolo, percorrendo il corridoio e lasciandosi cadere sulla sedia al
tavolo
della cucina, dinnanzi alla catalessi dei figli, buttati brutalmente
giù dal
letto poco prima-«Beh, fa piacere il fatto che voi non mi
diate la benché
minima consolazione…»
«Pa’,
le donne sono un universo a sé stante, spesso
incomprensibile alla ragionevole
presa di coscienza della razionalità che guida la psiche del
genere maschile a
cui- modestamente- appartengo, apportando il mio contributo…
Quindi, non c’è
consolazione che regga! Una volta scelta la
‘femmina’ con cui decidiamo di
passare la vita, siamo legati a vita alla loro essere lunatiche e
assolutamente
indecifrabili sotto ogni profilo fisiologico -
psicologico…!»
«Facendo
un riassunto, che diavolo vorrebbe dire?» lo guardò
interlocutiva Cristina.
«Che
una volta trovata la propria donna, per l’uomo, sono
cazzi!» esclamò
disinibito Emanuele, addentando entrambe le fette biscottate, appena
inzuppate
nel tazzone di latte che teneva tra le mani.
«Ema!!!»
fecero in coro Paolo, Nina e Cristina, in segno di rimprovero.
«Ad
averla una donna, però!»
si rivolse sognante al cielo Ema, facendo finta
di niente.
~
«Maya,
Maya mi passi la
foto che hai scelto: dobbiamo aggiustarci alla male peggio, dato che il
grafico
non c’è!» alzò
il tono di voce Rosa, chiamando la rossa, in tono
polemico perché Monica sentisse.
«Rosa,
tesoro mio… Non
siamo ancora sotto dittatura, puoi esprimere senza artefici retorici il
tuo
disappunto sulla mancanza della nostra grafica!» commentò
senza troppi giri di parole la direttrice, scendendo dalla scaletta del
suo
ufficietto.
«Oh,
menomale! Mi sento
sollevata: a me, Elio manca! Non sentite che manca qualcosa, oltre
l’odore
delle scarpe che solo un uomo può
sopportare?» domandò
Rosa, spontanea come suo
solito.
«La
realtà, Rosa, è che
per quanto gli uomini ci siano ostili, sentiamo la necessità
di averci a che
fare, soprattutto se non ne
possediamo uno a portata di mano!» disse Lea, in tono
maestoso e, senza dubbio,
risentito.
«E
siamo rimaste solo io e
te…» piagnucolò
Rosa, nonostante l’iniezione di autostima dei
giorni precedenti che l’avevano portata a raggiungere- almeno
per quanto
possibile- un grado di stabilità psichico-emotiva
accettabile.
«Suvvia,
Rosa non ne fare
una tragedia: tu sei stata sposata e, quindi, in compagnia
d’un uomo per tutto
il periodo delle mie peggiori beffe
sentimentali: non può
sempre andare male agli stessi!» ribattè Monica,
abbozzando una linea difensiva.
«E,
poi, non credere che
sia tutto così
facile! La vita di coppia è durissima!»
commentò secca
Laura, percorrendo il corridoio della
redazione e lanciando, alla male e peggio, la borsa sul divano bianco.
«Ecco,
appunto! Adesso, Maya
si trova nella melassa dei primi tempi e non
può essere
oggettiva, ma io e Laura possiamo dirlo:
una storia che duri, anche solo, più di tre notti e due
giorni è fin troppo
faticosa!» appoggiò
l’affermazione dell’amica Monica, appoggiandosi
alla scrivania di Rosa.
«A
me non pare che voi due
siate così oppresse dalle
vostre relazioni: Laura, tu sembri
un po’ più perplessa, ma, concorderete con me,
che, Monica, entri qua dentro
con dei sorrisoni che non si vedevano da parte tua dai tempi del primo
fidanzatino in seconda elementare!» gracchiò
Lea con una smorfia di
disappunto.
«Ma
guardala, guarda che
occhi sbrilluccicosi che ha!» civettò
Maya con un sorriso
intenerito.
«Ce
ne siamo giocate tre,
capisci, Lea?! Tre nel giro di un solo anno!» denotò
Rosa all’orecchio di una fredda Lea.
«La
più colpita, però, rimane Maya. Da quando si
è innamorata, non ne
caviamo più ‘un ragno da un buco’! Vive
sulle nuvole, senza nessi reali: come
rovinare la vita? Basta un uomo!...» constatò
amaramente la bionda.
«A
proposito, Monica…»- le
fece l’occhiolino Laura- «Non dovevi chiedermi
quella consulenza sull’articolo
delle ‘donne manager’?»
«Certo!
Che sbadata, non
me ne ricordavo quasi: saliamo?!» propose Monica con
un’occhiata furtiva alla
bionda che s’apprestava, nel frattempo, a seguire la
direttrice su per la
scaletta.
«Ma
quell’articolo non è
uscito nello scorso numero?» domandò
Rosa analitica.
«Ma
certo che è uscito lo
scorso numero e, per giunta, l’ho scritto io: quindi, sì,
è proprio come stai pensando Rosa! Le due stanno
confabulando… di cosa non si
sa, ma…» commentò
Lea, senza distogliere lo sguardo dalla rivista
che stava avidamente sfogliando.
«Allora?!
Gliel’hai
detto?» chiese impaziente Laura, sedendosi alla scrivania.
«Beh…
no…» abbassò
lo sguardo Monica.
«Ma
perché?» domandò
scocciata la bionda.
«Ma
perché ho una paura
fottuta, Laura! Quello- lo so- appena lo sa, scappa!»
«Ma
perché dovrebbe farlo,
per la centesima volta?» chiese nuovamente con cadenza stanca
e ridondante.
«Ma
perché tu te lo vedi
Michele tra ciucci e pannolini?» chiese retorica Monica.
«Se
è per questo, fino ad
un anno fa, non avremmo mai pensato che avrebbe potuto mettere in piedi
una
relazione con una donna che durasse per più di 36 ore,
invece- dimmi se erro-
credo proprio che potrai darmi prova del
contrario…» la mise alle strette Laura
che si fermò, in
quel momento, a guardare soddisfatta
l’espressione attonita di Monica, ormai disarmata sopra ogni
fronte.
«Monica, c’è Michele!» si sentì dal piano di sotto.
«Eccolo!
Guarda un po’: si
parla del diavolo e spuntano le corna e… il
forcone!» sorrise maliziosa Monica
a Laura, mentre chiudeva la porta del suo ufficio.
«Vai,
su!» la incoraggiò
Laura, invitandola a precederla.
«Amore!»
-gli sorrise
Monica, vedendolo, mentre scendeva le scale-«Come mai
qui?» disse, baciandolo
sulle labbra.
«Ti
devo parlare un
attimo, puoi?» chiese con un sorriso.
«Sì,
però usciamo a fare
due passi che mi manca l’aria…»
suggerì lei,
prendendogli la mano per poi tirarlo fuori la
porta della redazione.
«Dimmi,
che è successo?»
chiese Monica, prendendo una boccata dell’aria fresca di quel
settembre pieno.
«No…
niente di importante,
è solo che mio fratello…» accennò, sminuendo Michele.
«Non
doveva partire ieri
sera per tornare ‘sul cucuzzolo della montagna con la neve
alta così’?!»
sorrise piena d’entusiasmo lei, felice di immaginare
l’addio di un cognato
troppo ingombrante.
«Ecco:
proprio questo è il
punto… Adriano ha trovato lavoro a Roma e mi ha chiesto
se…» accennò
Michele con una smorfia, temendo ciò
a cui stava andando
incontro.
«Eh
no, Michè, no! Non me lo dire, ti prego!» sbuffò
Monica, presumendo il peggio.
«Va
bene, allora non lo
dico…!» gli fece l’occhiolino lui,
cercando di dileguarsi dall’ira furiosa
della compagna, che avvampava in viso sempre di più.
«Cretino,
è un modo di
dire!»-sbuffò
Monica-«Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo!»- si
rimproverò
nevroticamente.
«Eh
beh…d’altronde, me lo
aspettavo la tua mancata euforia ed è anche un pochetto
comprensibile, tutto
sommato…» constatò
Michele, alzando gli occhi al cielo.
«Un
pochetto
comprensibile, Michè?! Tu non hai un fratello: quello
è un extraterrestre, l’ET
de no’ altri, te lo sei forse dimenticato cosa non
è riuscito a combinare in
due giorni di permanenza nella capitale?! Ci ha fatto prendere una
lavata di
capo da don Luigi che neanche una puntata di Quark con a seguito un
‘polpettone’ polemico di ‘Porta a
Porta’ sarebbe riuscito ed eguagliare,
figurati in casa!» fece un breve resoconto Monica,
infervorandosi.
«Eh,
lo so, ma, Monica,
prima cosa: nonostante tutto, è mio fratello e non posso
lasciarlo dormire sulle
gradinate di piazza di Spagna, secondo: pensa che con una buona azione,
siamo
sempre in tempo a rimediare agli atti di ‘estrema
lussuria’ e a guadagnarci un
angolino misero misero di Paradiso, terzo: magari è un
occasione per
ritagliarci qualche momento da soli, io e te, no?» propose
ammaliatore.
«Faremo
finta di essere i
liceali alle prese con il primo amore?» domandò Monica con gli occhi che
brillavano.
«Perché no? L’età ce l’abbiamo, il fisico pure, domani andiamo anche a dare la maturità, se vuoi…» la prese in giro spudoratamente.
«Che
cretino che sei,
quanto sei cinico… Non sei cambiato di una
virgola…» ribatté lei, poggiandosi
al muretto.
«Mmm…
dillo che, in fondo,
ti piace questo spirito contestatario…» appoggiò le mani al muro Michele,
stringendo Monica.
«Forse…»
sorrise lei
maliziosa, facendosi desiderare.
«Allora,
ci stai?» domandò
Michele, guardandola negli occhi.
«Mmm…
sì,
ma solo perché non nient’altro di meglio da fare
in questo periodo…»
controbatté, scoppiando a ridere.
«Le
tue dichiarazioni di
affetto mi commuovono sempre, prima o poi mi si carieranno i denti solo
a
sentirti…» constatò
Michele.
«Già,
non corri pericolo,
tesoro: lo faccio per interesse del tuo dentista!» continuò
a polemizzare lei spudoratamente.
«Vieni
qua, va!» sussurrò
lui, avvicinandosi e incorrendo inevitabilmente in un bacio.
«Mmm…
devo andare…» disse
Michele, staccandosi.
«Già
vai?» chiese Monica,
sorridendogli.
«Mmm…
questione di vita o
di morte!»-esclamò,
ridendo Michele.
«Cioè?»
chiese lei,
divertita.
«Devo
andare da Paolo…» rispose
Michele, spostandogli un riccio dal volto.
«Mmm…
Potrei diventarne
tremendamente gelosa, lo sai sì?»
«E
non ti darei tutti i
torti!» la baciò
lui, andandosene, mentre Monica tornava dentro,
dinnanzi agli sguardi inquisitori delle amiche, schierate e sedute
tutte in
fila sul divano.
«Che
è? Sembra l’adunata
annuale degli alpini! Che fate?»
«Niente,
spettegolavamo di
te!» constatò
Lea, passando una mano nella lunga chioma di
capelli biondi.
«Oh,
che piacere! E cosa
c’è da spettegolare su di me?»
«Ma…
sai, non è che
proprio ce la conti giusta in questo periodo…»
«Chi?
Io?? Ma vi pare, io
sono una senza scheletri nell’armadio: mai li ho avuti e mai
li avrò!»
ribattè Monica spudoratamente, mentre, portando una mano
alla bocca, fuggiva
verso il bagno.
«Ecco,
l’avete visto che ho
il gps!?» esclamò
eccitata Rosa, divincolandosi sul divano.
«Ma che gps?! Poverina, starà male, chissà cos’ha!?» piagnucolò Maya, con le mani giunte.
«No, ti prego, Maya! Dimmi che stai scherzando, non puoi non aver capito!» sbuffò esasperata Rosa.
«Eccola
qua!» mise su un
sorriso furbo Lea, constatando l’arrivo di Monica, pallida in
volto.
«Lo
volete capire che io non ho niente!» strepitò
Monica.
«Certo!
Come no?» ribatté
Lea, lasciandosi sfuggire un sorriso.
«Lunedì
hai avuto un mancamento e sei quasi svenuta, martedì
avevi il capogiro, ieri i colpi di sonno hanno fatto sì
che ti addormentassi… sette, dico sette volte in tre ore,
mentre cercavamo di
finire l’articolo per il numero nuovo e, adesso, corri in
bagno, è giorni che
nascondi la nausea…» gesticolava Rosa, in tono
d’ovvietà divertita.
«E
non provarti a negarlo,
è palese!» intervenne Lea, prima che la
‘povera vittima’ potesse replicare.
«Io
continuo a non capire,
poverina… Avrà preso una brutta influenza: devi
curarti e stare al caldo…!»
sindacò Maya
ingenuamente, che aveva assistito alla scena
con la testa tra le nuvole a tratti.
«Beh,
no… Curare, adesso,
risulterebbe un po’ impossibile, al limite si poteva
prevenire, ma…» alluse
Rose all’amica, sperando vivamente che potesse capire.
«Ma
l’influenza di
stagione è terribile, si sa!» esclamò presa Maya.
«Eh!!»
fece eco Monica per
difendersi, appoggiandosi dell’ingenuità
dell’amica.
«Ma
come?! Tu, Monica, chi
vuoi prendere in giro? Se ti accontenti di sviare la svampita, ok, ma
noi siamo
ancora coi piedi ben saldi a terra! E tu, Maya, su: che influenza di
stagione e
aspirine?! Monica non ha l’influenza!» mimò un sorrisetto tirato Rosa.
«A
no?» chiese con vocina
ingenua Maya.
«No, tesoro… no, proprio no!» gesticolò Rosa.
«E
come se l’è presa
allora?» chiese sempre più sorpresa la rossa,
mentre alle altre cadevano le
braccia e Monica tentava di defilarsi.
«Beh…
Non che ci siano
parecchi modi, la modalità è universale:
è sempre quella!» spiegò,
trattenendo le risa Rosa, fissando lo sguardo perduto di Maya.
«Ma
ci vuole tanto, Maya?!
Monica è evidentemente,
irrimediabilmente…» irruppe Lea, fino ad allora
silente.
«Influenzata!»
ricalcò
la rossa.
«E
no, e basta: stiamo
diventando vagamente patetiche e tu, Maya: non vorrai mica diventare il
cliché
della donna che, una volta perso il lume della ragione, innamorandosi,
diventa
totalmente incapace di intendere!?» disse Lea, tutto
d’un fiato.
«Io?
Cos’è che dovrei
capire io?» chiese Maya ingenuamente.
«Oddio!»
mise il volto tra
le mani Rosa, ormai esasperata.
«Ma come?!» si accavallò la voce di Lea.
«Va
bene, va bene: sono
incinta!» cedette Monica, facendo calare il silenzio.
«Ecco!
Avemus papae!»
sospirò Rosa, dopo
un attimo di perplessità.
«Oh finalmente, credevo seriamente di sfiorare la veneranda età di Matusalemme, attendendo questa tua confessione!» constatò Lea, innegabilmente soddisfatta.
«Cosa
ha detto?» si accertò
la rossa, dubbiosa.
«Hai
capito bene: sono
in-cin-ta!» ripetè Monica risoluta.
«E’
incinta! E come è
successo?» civettò
Maya con sguardo confuso.
«Maya,
tu che fai di
queste domande?» scoppiò
a ridere Monica maliziosamente.
«Questa
ce l’hanno rubata
gli alieni!» si sprofondò all’indietro
sui cuscini candidi Rosa.
«Oh
che bello! Quanto sono
felice!! Monica diventa mamma, ma di chi è?»
chiese sempre più stralunata la
giovane.
«Oh, sant’Iddio! Quello là, ‘faccia da maiale’ l’ho rincoglionita ieri sera…» constatò la mora.
«Stupefacenti pesanti, probabilmente!» commentò Lea.
«Ma
Maya, io mica ho il
tuo morbo: di chi vuoi che sia incinta?! Di Michele, no?!»
«Uh….Che
bella cosa!!!
Sono commossa!!» scoppiò
a piangere Maya, dinnanzi agli occhi sbarrati
delle altre.
«Maya,
quello sarebbe il
mio golfino di Hermes, non un cleanex, per informazione!»
«Ma, ora, Monica: Michele che dice?» domandò Rosa, sorridendo.
«Ecco,
appunto, Michele
non dice…» farfugliò
Monica.
«Come?
Anche lui ha la rincoglionitaggine
alla Maya?» domandò
sarcastica Rosa.
«Non
gliel’ho detto…»
abbassò lo sguardo
Monica.
«Ma
come?» sbarrarono gli
occhi le altre.
«Ma
deve sapere, Monica,
su! Non facciamo le liceali al primo amore: tu di anni ne hai
quasi…» venne
interrotta Lea.
«Non
provare a nominare
quel numero! Io di anni ne ho trentasei, ripetilo:
tren-ta-sei!» si infervorò
Monica.
«E
mezzo!» si infilò
nuovamente Lea.
«Suvvia,
quanto sei
fiscale! E, poi, tu sei un mese più vecchia di me, quindi
non calcherei più di
tanto la mano su questo particolare!» la zittì
Monica, prendendola in
contropiede e ridendovi su di gusto, ovviamente.
«Comunque
non cambiare
discorso! Tu a Michele lo devi dire: la creatura è anche
sua, o sbaglio? Hai
fatto tutto da sola, per caso? Non credo!» la mise alle
strette l’amica.
«Beh,
no…Ma il problema è:
come glielo dico…?» ripetè
continuamente Monica, dirigendosi verso la
macchinetta del caffè.
«Ma
perché te ne vai?»
domandarono in coro le tre.
«Necessito di zucchero, ho le voglie!» tuonò Monica, in preda l’isterismo più estremo.
«Oddio! Già le voglie!?» si alzò, tentando di raggiungerla Rosa.
«Ho
un bisogno
irrefrenabile di cappuccino… con tanto, tantissimo, troppo
cacao!»
~
«Guarda
che, per quanto il
tuo sguardo fosse caliente un tempo, non credo che quel
cappuccino
rimarrà tiepido, contemplandolo…» disse
Paolo, nell’intento di dissuadere
Michele dal fissare il tazzone che aveva tra le mani.
«Che
è, fai l’ironico?! Io
sono in difficoltà: ho questo grossa zavorra sullo stomaco e
non riesco proprio
a liberarmene, sei soddisfatto?» sbottò
Michele, ammettendo,
inevitabilmente, la sua debolezza.
«Non
riesci proprio a
trovare proprio il modo di chiederglielo, eh?» arrivò
al punto l’amico, guardandolo negli occhi.
«Eh
beh… Non è una cosa
così facile da
chiedere e, per giunta, ora, sarà anche
peggio!» soggiunse Michele.
«Cioè?»
«Mio fratello si ferma a Roma…» farfugliò a mezzo sorriso Michele.
«E
sei ancora vivo!?
Monica ti ama sul serio! Ad un altro a quest’ora, mai gli
avesse rifilato in
casa il fratello strampalato, l’avrebbe già come
minimo strangolato legato alla
macchinetta del caffè della cucina!» commentò
Paolo, sorridendo sornione.
«Beh,
in effetti… Il punto è che non so come possa
reagire.» spiegò
Michele, girando il cucchiaino nel caffè
rimasto nella tazza.
«Ma
mica la obblighi ad averne uno, è una dichiarazione
d’amore, anche
perché un bambino- da quel che posso ricordare- è
tutt’altro che una
passeggiata!» soggiunse lui.
«Grazie,
mi incoraggi sin da subito, vedo!» sorrise forzatamente.
«No,
va beh… Non essere sempre così suscettibile! In
ogni caso, io ci proverei:
siete innamorati, convivete… non ci vedrei proprio nulla di
strano!» concluse
Paolo, poggiando la sua tazzina vuota.
«Forse
hai ragione: massì,
dai! Aspetto qualche giorno e, poi,… qualcosa mi
verrà pur in mente, no!?» tentò
di convincersi e
farsi coraggio.
«Non
ne dubito!»
«Tu,
invece? Che è sta faccia appesa?» notò Michele,
sarcastico.
«Ma
che faccia appesa e faccia non appesa?! Va tutto… tutto
bene!»
concluse con una smorfia
«Guarda,
le tue doti da ammaliatore mi hanno sempre lasciato
perplesso, ma la tua capacità di raccontare balle
è qualcosa che sfugge proprio dall’immaginario
collettivo!» notò
l’altro,
prendendolo in giro.
«Si
vede così tanto,
eh?»
«Embè,
abbastanza!» annuì
Michele.
«Eh
va beh, Laura è un po’ distante: i ragazzi, la
redazione, il
libro, un editore un po’ troppo mollicone
e la mia gelosia che spaccherebbe i vetri di casa, uno ad uno a mani
nude…»
ammise con rammarico Paolo.
«Minchia!
Anche tu messo bene, ma che ci combinano ‘ste
donne?» si
mise a ridere.
«Creano
dipendenza…» sbuffò
l’altro, tormentando la tazza vuota.
«Se…
come ‘a coca cola, l’amatriciana e
l’odore della coccoina! A’
Socrate de’ i tempi nostri, piantala de fa’ il
fanatico!» ironizzò,
coprendosi le
spalle con la giacca, fino allora appesa alla sedia.
«Tu,
dici?» domandò
flebilmente.
«Renditi
utile: mi accompagni a prendere mio fratello?» propose
Michele con nonchalance.
«E
andiamo a prenderlo sto’ fratello, va!»
ripetè Paolo a fatica,
alzandosi in piedi flaccidamente.
«Mi
raccomando: non troppo entusiasmo!» gli strizzò l’occhio,
già
verso la porta d’uscita del bar.
N/A
Spazio Autrice:
Buone notizie, comunque: il prossimo capitolo arriverà prestissimo, credo! *.* e sarà spassaso, lo garantisco! xD
In ogni caso: beh, lo so! Ho estremizzato al massimo i personaggi, sono caricaturali all'ennesima potenza, ma , tenendo conto dei miei bollori adolescenziali, ho proprio bisogno di eccesso e, in questo caso, ne ha fatto le spese la povera Maya! xD
*ps: per quanto riguarda lo svolgimento della storia, me la sto prendendo alla larga, moooolto alla larga, ma è debito un chiarimento: la storia non sarà incentrata esclusivamente su M&M (<3 * quanto li amo?!*), ma compariranno senza dubbio con più frequenza per un semplice fatto: siccome mi è piaciuto come si snodava la storia di Paolo e Laura nella seconda serie, ho deciso di non cambiare più di tanto il loro trascorso, aggiungerò delle cose, ma non stravolgerò le loro avventure... Però, vi anticipo che ci sarà una new entry: creazione del mio cervello malato xD
Doverosi ringraziamenti a tutte quante: quante siete?! Tantissimeeee per me! Sono veramente felice e vi riempio di baci per tutti i complimenti, grazie, grazie, grazie!!!
Nella speranza che la storia continui a piacervi,
Bacioni