Epilogo
Rimasi con la famiglia Hyuga per
almeno un mese. Ma per quanto furono trenta, lunghi giorni, la frenesia
con cui
passarono mi lasciò quasi senza fiato, al punto che quando
fu il momento di
preparare le valigie avevo i capelli al pari di una strega, tanto che
guardandomi sbottai a ridere, e con me rise la signora Hyuga.
Le raccontai per filo e per segno
tutta la mia avventura. E lei mi ascoltò attenta, annuendo e
ridendo assieme a
me nei momenti più buffi, commuovendosi in quelli
più tristi.
Alla fine, quando le dissi che avevo
deciso di andare a trovarla proprio per raccontarle la mia storia, mi
disse
sorridendo:
-Ed
eccoti qui.-
-Già.-
-Mi
sembri felice, dopo tutto quello che mi
hai raccontato.-
E io annuii: si, ero felice,
nonostante il ricordo di Kojiro mi piombasse addosso ancora
più forte tra
quelle mura.
Le chiesi di lei, dei suoi figli, e mi
raccontò che stavano bene, che Naoko stava per iniziare il
liceo e che il figlio
più grande aveva ottenuto un aumento di salario; tutte
quelle notizie mi
rasserenarono, e abbassai lo sguardo sulla tazza di the che tenevo fra
le mani.
-Signora
Hyuga, mi manca molto suo figlio.-
E lei mi sorrise con affetto.
-Lo
so, Maki. Non ne avevo dubbi. Spero, però,
che con Wakabayashi tu sia felice.-
-Si.
Assolutamente.-
Lei approvò con un cenno della testa,
e in quel momento i suoi figli tornarono a casa, accogliendomi
festanti. Quel calore
umano mi diede tanto voglia di vivere.
Telefonai ad Yayoi, informandola
dell’accaduto,
e volle raggiungermi a tutti i costi a Tokyo, per passare qualche
momento
insieme. Come me, però, aveva dei dubbi sulla mia scelta.
-Guarda
che Wakabayashi sarà un osso ancora
più duro di tuo marito!-
-Vorrà
dire che userò una buona dose di aceto
per renderlo gommoso e malleabile!-
E ci mettemmo a ridere a quella brutta
battuta.
Era incredibile: alzavo lo sguardo sul
cielo sopra di me e non sentivo più la gravità
che spingeva le lacrime giù dagl’occhi.
Ma anzi, sentivo i polmoni chiedermi aria, e io respiravo con tutta la
forza
che avevo.
Prima di andare all’aeroporto andai a
trovare la tomba di Kojiro.
-Andrà
tutto bene. Sarà difficile, ma sono
sicura che andrà bene. Per favore, dammi una mano, va bene?-
Tredici ore di aereo mi sembrarono
un’infinità
di tempo: fortunatamente avevo preso un volo notturno,
perciò trascorsi la
maggior parte delle ore dormendo; nonostante questo, quando mi svegliai
ero
ancora più nervosa di prima.
Mi si prospettava una nuova vita,
nuovi incontri e soprattutto una nuova lingua, io che già al
liceo avevo
problemi con lo studio!
Ma nonostante i miei pensieri, quando
stavamo per atterrare pensai solo ad una persona; quando scesi
dall’aereo
pensavo ancora a quella persona. Quando recuperai i miei bagagli
continuai a
pensare a quell’unica persona che non avevo visto per trenta
giorni. E quando
mi misi a cerare, fra i tanti, mille volti, quella persona, mi sentii
spaesata
e confusa.
Fortunatamente il suo berretto rosso
fu come un faro, e recuperai subito il buon umore, e soprattutto
l’ansia,
praticamente corsi con il carrello per raggiungerlo!
Lui mi accolse con le mani in tasca, sorridendomi.
-Ehi-
-Ehi!-
Oddio, non sapevo proprio cosa dirgli
o fare! Se lo abbracciavo esageravo?
Lui bloccò ogni mio pensiero,
abbracciandomi e stringendomi a se, baciandomi i capelli come solo lui
sapeva
fare.
-Mi sei mancata.-
-… e tu a me .-
E gli sorrisi, per poi tuffarmi di
nuovo fra le sue braccia, sorridendo felice.
Oh si, la vita sarà dura
all’inizio
con quell’orso; ma in quell’abbraccio
c’erano tutte le premesse di una vita
movimentata, piena di casini ma, soprattutto, assolutamente fantastica!
**
AAAAAAAH!! FINITA! Respiro e mi
rattristò un po’, perché mi sono
veramente a affezionata a questa storia, ma
non preoccupatevi, la nostra coppia tornerà nel
proseguimento della storia,
questa volta tutta Occidentale!
Ringrazio Flar, Koji-chan, eos75,
berlinene e Melanto per i loro commenti!
Alla prossima!