~the
cure~
[Jonathan]
Non appena mi
sveglio, vorrei non averlo fatto.
Il dolore
è ai limiti del sopportabile. Ogni parte del
mio corpo brucia, in particolare la schiena e il petto. Mi sembra di
andare a
fuoco.
Apro gli occhi e
vedo Charlotte seduta accanto a me.
-Charlie-,
mormoro, la gola secca.
Lei sussulta.
-Sei sveglio!
Come stai?-
La parola
“bene” mi esce di bocca automaticamente,
anche se non potrei essere meno sincero.
-Te la sei vista
brutta-, dice, alzandosi per prendere
un bicchiere d’acqua. –Ricordi qualcosa?-
Stringo gli
occhi, cercando di mettere ordine nei miei
pensieri confusi e distinguere i ricordi dai sogni.
-La rete,
naturalmente. E poi Blake … -, rivedo la sua
preoccupazione mentre cerca di liberarmi, e Vahel che lo richiama
… - E Vahel-,
dico a denti stretti, carico d’odio.
Charlotte mi
porge il bicchiere d’acqua. Mi sforzo di
mettermi seduto, ma il mio corpo protesta vigorosamente, strappandomi
un ansito
al distendersi improvviso delle ferite non ancora cicatrizzate.
-Stai fermo-, mi
impone Charlotte.
Non ho la forza
di contraddirla. Mi aiuta con
delicatezza a sollevare la testa per bere.
-Sei un angelo-,
sospiro con gratitudine.
Charlie
arrossisce e questo mi fa sorridere.
-Blake ha avuto
dei problemi?-, chiedo.
Charlotte esita,
rigirandosi il bicchiere vuoto tra le
mani.
-Vahel lo ha
chiamato nel suo laboratorio e gli ha
scaricato nel corpo dell’energia elettrica ad alto voltaggio
per più di due
ore-, dice infine, tutto d’un fiato, come se così
la notizia dovesse essere più
facile da digerire.
Spalanco gli
occhi.
-Che cosa?-,
grido.
-Sta bene-, si
affretta a specificare Charlotte.
-Come
può stare bene se veramente ha … -, non riesco
neanche a dirlo, sconvolto dal fatto che Blake abbia dovuto sopportare
una cosa
del genere per aver aiutato me.
Charlotte, con
calma, mi spiega la correlazione tra il
potere di Blake e l’elettricità, ma la ascolto con
un orecchio solo.
-Come mai i
professori non fanno nulla?-
-Il presidente
ha approvato i metodi di Vahel. Non
possono opporsi.-
Non replico,
pensandoci su. Il silenzio dura a lungo,
quindi Charlotte interviene:
-Dovresti essere
davvero molto grato a Blake. Ti ha
salvato la vita mettendo a rischio la sua.-
-Lo sono.-
La porta si apre
e ne entra il signor Hayez, il
medico.
-Oh,
è sveglio-, dice. –Come si sente?-
Il fatto che
Charlie sia ancora qui mi costringe a
rispondere:
-Bene.-
-Certo-, replica
il medico, per niente convinto.
–Signorina Miller, sarebbe così cortese da rifare
lei le fasciature? So che ha
tante credenziali quanto me.- Le fa l’occhiolino e Charlie
annuisce. –Bene. Gli
dia anche un altro antidolorifico. Io vado a visitare il signor Gray.-
-Signor Hayez-,
lo ferma Charlotte, -Si ricordi di
fare attenzione alla distensione muscolare.-
-Naturalmente, collega.-
Hayez esce
ridacchiando.
-Ok-, esordisce
Charlotte, un po’ impacciata. –Vediamo
… -
Va alla ricerca
di nuove bende mentre io chiudo gli
occhi per un secondo. Sono esausto e il dolore non fa che peggiorare ad
ogni
movimento. Non vedo l’ora di ricevere
quell’antidolorifico … ma non posso certo
dirlo a lei.
Non ho ancora
finito di pensarlo che Charlotte mi
porge un bicchiere d’acqua con una pastiglia. Le sorrido con
gratitudine prima
di ingoiarla.
-Adesso devo
disfare le fasciature-, dice. –Riesci a
sollevarti un po’? Ecco, così. Perfetto.-
Con un
po’ di imbarazzo abbassa coperte e lenzuola e
comincia a togliere le bende. Fisso il mio sguardo su un punto vuoto
nel muro,
determinato a non guardare per non deprimermi.
La mia mente si
perde ad osservare l’ombra di
Charlotte sul pavimento di piastrelle bianche. I lunghissimi capelli
formano
strane onde intorno ad essa.
La sento
prendere un respiro più profondo, ma ancora
non oso guardare.
-È
tanto brutto?-, voglio sapere.
-No, no-, si
affretta a replicare lei. –Voglio dire,
migliorerà … col tempo.-
Adesso ho
veramente paura di guardare.
Ma mi faccio
forza e abbasso gli occhi.
È
ancora peggio di quanto avessi pensato. Il mio petto
è coperto di lunghe ferite violacee, sottili ma numerose,
più o meno
dappertutto. Qualcuna sanguina ancora e tutte hanno un aspetto pessimo.
Al
pensiero che siano anche sulla schiena, sulle gambe, sulle mani, sul
viso mi
viene la nausea. Torno a guardare il muro.
-Jonathan.-
-Sì.-
-Guardami.-
Mi costringo a
portare gli occhi sul suo volto.
-Ascoltami-,
insiste Charlotte. –Miglioreranno. Tra
una sola settimana sembrerà già molto meno
drammatico.-
Annuisco, ma la
mia convinzione è pari a zero.
-Jon-, Charlie
non desiste e mi prende il viso tra le
mani. Mi piace questo contatto. –Ti prometto che
andrà tutto bene. Resteranno poche
cicatrici.-
-Se lo dici tu,
ci credo.-
Ed è
la verità.
Charlotte mi
guarda negli occhi con tanta convinzione
che mi è impossibile non crederle. Non mi ero mai accorto
dei riflessi dorati
dei suoi occhi.
Scuote la testa.
–Non
dovrebbe essere così importante, comunque.-
-Ah, no?-
-È
quello che c’è dentro che conta-, mi ricorda con
un
sorrisetto.
Sbuffo.
-Dicono tutti
così.-
Charlotte inizia
a tamponare le ferite con del
disinfettante. Restiamo in silenzio a lungo, e sono io il primo a
spezzarlo,
quando ormai lei ha finito il lavoro.
-Grazie-, le
dico.
-Per cosa?-
-Per essere qui.-
-È un
piacere.- Arrossisce appena. –Non che sia un
piacere che tu sia qui. Intendo dire che … -
-Charlie-, la
interrompo.
-Sì.-
-Sono convinto
che tu sia un genio, non farmi cambiare
idea.-
Lei ride, e io
faccio una cosa stupida.
Impulsiva e
decisamente fuori luogo.
Ma che posso
farci? È semplicemente successo.
Le prendo il
viso tra le mani e la bacio.
Così,
senza preavviso, improvvisamente.
Anche se so che
non dovrei.
Ma in questo
momento tutto ciò a cui penso è a quanto
è bella, e a quanto mi piace la sua risata, e a quanto
è stata carina con me
oggi.
Lei si
irrigidisce ma poi si lascia andare.
Non ci
allontaniamo l’uno dall’altra per un tempo che
a me sembra molto lungo.
Poi Charlotte si
ritrae, il mio cervello riprende a
funzionare e mi rendo conto di cosa ho fatto. La guardo con un certo
timore
della sua reazione.
Charlotte batte
le palpebre, fa per dire qualcosa ma
si interrompe, mi osserva, quindi si alza e mormora:
-Devo andare.-
Ed esce quasi di
corsa.
Rimasto solo, mi
do dello stupido.
Non avrei dovuto.
Due anni fa,
quando siamo arrivati qua, il vecchio
preside ci aveva messi in guardia dall’instaurare rapporti
più profondi di
un’amicizia.
L’amore
porta litigi, i
litigi portano all’odio, l’odio porta al tradimento.
Io non ero mai
stato particolarmente favorevole a
questo, ma devo ammettere che non ci avevo mai pensato sul serio.
Abbiamo sempre
rispettato questa regola. Cosa
direbbero gli altri se lo sapessero? Capirebbero? Dovrei forse
dimenticare
quello che è successo?
Certo che
sì.
Però
… Dio, Charlotte è così
bella. E simpatica, e intelligente, e stupenda.
Non voglio dover
rinunciare a lei.
Non è
giusto.
Sospiro e cerco
di mettermi comodo, ma
l’antidolorifico non ha ancora fatto effetto se non per
provocarmi una certa
sonnolenza.
Mi addormento, sulle labbra
ancora il sapore di
Charlotte.