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Autore: Bitter_sweet    06/12/2010    2 recensioni
Tornare nel luogo che una volta chiamavamo casa.
Paola torna a Città della Pieve dopo sei anni in veste di Brigadiere e con una sorpresa, Matteo.
Una seconda possibilità? O forse solo la chiusura con un passato a cui non è stata mai scritta la parola fine.
Genere: Introspettivo, Romantico, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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*Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)*
Ed eccomi qui ancora una volta, più o meno in orario.
Il resto come sempre in fondo al capitolo.


“Il fato ti dà sempre due possibilità”, aveva detto una volta George .
“Quella che dovresti scegliere, e quella che scegli”.

[SHANTARAM -  Gregory David  Roberts]

Tomorrow


*Capitolo VI. Quando il dolore muove il mondo (parte I)*

“Non lo avrei mai creduto possibile.” Ripetè ancora una volta in tono stupido Tom.
Lui e Paola erano usciti a cena approfittando che Matteo dormiva a casa di Romanò quella sera. Da quando Palermo era arrivato in caserma, Paola aveva cercato in tutti i modi di non trovarsi mai da sola con lui. Era ancora turbata per come era andata tra loro, ma non arrabbiata.
Aveva avuto parecchio tempo per pensare a quella storia che non era mai iniziata tra loro, ci aveva messo un po’ per capire che la sua era stata solo un’infatuazione e non amore verso Tom. Ci aveva messo una pietra sopra, ma sapeva che prima o poi il momento delle spiegazioni sarebbe arrivato. Ognuno di loro due doveva delle spiegazioni all’altro.
“A cosa ti riferisci?” Chiese Paola, anche se poteva immaginare a cosa lui si riferisse.
“A tuo figlio.” La risposta diretta e schietta di Tom la fece sorridere. “L’ultima volta che ti ho visto eri dell’idea di far carriera come Carabiniere e la famiglia sembrava l’ultimo dei tuoi pensieri, invece torno e ti trovo Brigadiere e con un figlio.”
Paola sorrise a quelle parole. Tom aveva perfettamente ragione, non aveva mai pensato ad una famiglia sua, o almeno, non nell’immediato futuro. Ritrovarsi a soli ventisette anni con un figlio non era tra i suoi desideri. Non che fosse pentita, a parte i primi giorni, quando aveva scoperto di essere incinta e non era certa di cosa volesse fare, non si era mai pentita della decisione presa alla fine.
Forse, se non avesse conosciuto Virginia, la sua vita sarebbe stata diversa. Ma Virginia era stata la roccia solida a cui aggrapparsi per tutto quel tempo, le aveva dato forza e fiducia, le aveva anche dato un aiuto materiale sia nel privato che nel lavoro.
Se suo figlio Matteo era lì, e la sua vita poteva essere definita felice, gran parte del merito doveva darlo proprio a lei.
“Non è stato facile.” Mormorò rigirando la forchetta nel piatto. “All’inizio non ero sicura di riuscire a conciliare tutto.”
“Ma ce l’hai fatta.” Tom le sorrise incoraggiante.
La donna che lui conosceva e ricordava era una persona forte, tenace e decisa. Ricordava nitidamente gli sforzi che Paola aveva compiuto per essere accettata come Carabiniere. Se all’inizio aveva pensato ad una pazzia, quella di avere una donna in caserma, si era dovuto ricredere.
Paola si era dimostrata più forte di lui in molte occasioni.
“Ho avuto una mano.” Mormorò di rimando lei rispondendo con un timido sorriso. “Quando è successo tutto ero sola, in un luogo che non era la mia casa ed attorniata da persone che non avevo mai visto.” Prese un attimo di pausa cercando di scacciare la sottile malinconia che le portava alla mente quel periodo. “Ero a Roma per seguire il corso e non avevo nessuno. Chiamare i miei significava solo litigare e litigare. Non ero nemmeno sicura di volerlo tenere.”
“Ma alla fine lo hai tenuto.” Le disse piano Tom come a volerle far continuare il discorso.
Per la prima volta Paola si trovò serena a raccontare quella piccola parte di vita che nessuno sapeva. Non aveva mai raccontato a nessuno, nemmeno a Gigante che le era rimasto accanto durante quegli anni trascorsi a Tarquinia, i suoi pensieri più intimi.
Ora si trovava a parlarne proprio con Palermo il quale sembrava solo curioso di capire come lei stesse e non sembrava riservarle alcun rancore.
“Matteo è stata la cosa migliore che potesse accadermi.” Lo disse col sorriso sulle labbra. “Certo, non è stato semplice affrontare la gravidanza ed il corso assieme. Ma ho conosciuto Virginia, un Capitano dell’Arma. Mi ha offerto una spalla su cui piangere, mi ha aiutato, soprattutto col lavoro.”
“Col lavoro?” Chiese ancora Tom dopo che Gemma ebbe portato via i piatti.
“Questi anni ho prestato servizio nella caserma di Tarquinia. È vicino a Roma e poi Gigante lavora lì.” Spiegò stringendosi nelle spalle.
Se non fosse stato per Virginia, non osava immaginare dove poteva essere trasferita. Quando le aveva detto la sua meta e chi avrebbe trovato lì si era sentita sollevata. Quando poi le aveva detto di aver preso una casa in affitto proprio a Tarquinia, in modo da poterla aiutare quando non fosse stata in missione, e che quella casa era anche per lei ed il bambino, si era sentita fortunata ad avere trovato un’amica come lei.
Virginia non aveva mai fatto troppe domande o pressioni. Si era sempre limitata ad ascoltarla, a ripeterle che non sarebbe mai stata sola ed aveva sempre rispettato le sue decisioni.
“Come mai allora sei qui?” Chiese disorientato ad un certo punto Tom. “Nel senso, perché il trasferimento a Città della Pieve.”
“Potrei chiederlo a te.” Lo rimbeccò sorridendo lei, tanto che Tom scosse il capo divertito.
“Mi mancava la caserma, anche se ci sono state incomprensioni prima che me ne andassi.” Parlò con calma osservando attentamente il viso di Paola, come a voler capire cosa quelle parole suscitassero in lei. “Mi dispiace Paola.” Esclamò poi.
“Non è nulla Tom. E poi era giusto che andasse così.” Sì, le cose tra loro dovevano andare come erano andate e Tom sembrava tranquillo quanto lei nell’affrontare quell’argomento.
“Già, ma era giusto che mi scusassi.” Continuò lui continuando a fissarla. “Avrei dovuto farlo anni fa ma lavorare nei ROS non lascia molto spazio.”
“Lo so.” Rispose sincera lei. Capiva perfettamente Tom, il lavoro di Virginia era molto simile al suo e sapeva quanto poco tempo a disposizione avessero. “Quindi hai bisogno di staccare dalle missioni e hai deciso di fare un salto qui.”
“Sì, una pausa. Magari un paio di mesi, poi mi ributterò nel solito tram-tram.” Risero entrambi divertiti.
Tutte le incomprensioni erano diventate solo un ricordo, come se non fossero mai accadute ma facessero parte di un sogno che entrambi avevano vissuto. Non poteva cancellare quanto accaduto in passato, ma ora potevano davvero definirlo passato e concentrarsi sul presente senza vecchi rancori.
“So che siete solo tu e Matteo.” Cominciò ad un tratto Tom mentre tornavano in caserma. “Non voglio impicciarmi della tua vita privata Paola, ma entrambi sappiamo i rischi che comporta il nostro lavoro.”
“Lui non lo sa.” Sapeva Paola dove Tom voleva arrivare. “Tom, non voglio che lo sappia e nessuno sa.”
Palermo annuì comprensivo.
Conosceva Paola e si aspettava una simile risposta. Durante quei giorni trascorsi in caserma non aveva mai sentito alcun riferimento verso il possibile padre di Matteo. A ben pensarci, da quello che lei gli aveva raccontato, il possibile papà non era nemmeno a conoscenza di avere un figlio.
Forse quello era il risultato di un’avventura, una notte di pura passione.
“Non sarò di certo io a chiederti chi sia.” Mormorò una volta arrivati nel cortile davanti al portone della caserma. “Solo, stai attenta Paola. Tuo figlio merita solo il meglio.”
Palermo l’abbracciò e Paola lo lasciò fare.
C’erano giorni in cui sentiva opprimente la mancanza della presenza rassicurante di Virginia, o l’abbraccio solido di Gabriele. Per quanto li sentisse per telefono, si sentiva sola, senza loro con cui parlare. Sospettava che conoscessero la verità, lei aveva raccontato loro del suo passato come Carabiniere semplice a Città della Pieve ed avevano visto con i loro occhi la caserma ed i Carabinieri al suo interno.
Durante le chiacchierate telefoniche con Virginia aveva colto più di una volta il tono ansioso di lei mentre le chiedeva se ci fossero novità. Quando appurava che tutto andava bene per davvero, la sentiva più rilassata.
Non le aveva più nemmeno chiesto cosa intendesse fare, se voleva chiedere il trasferimento e quando. Sembrava diventata consapevole, ma non aveva mai fatto alcuna domanda rispettando ancora una volta la sua decisione di mantenere il silenzio.
“Sto attenta Tom. Non ho nessuna intenzione di far crescere mio figlio senza madre.” Lo guardò fisso negli occhi sciogliendo definitivamente l’abbraccio. “Cresce senza il padre, è già dura così per lui.”
Rientrarono in silenzio salutando Bordi di piantone. Davanti alle scale che portavano agli alloggi si salutarono e mentre Palermo raggiungeva la sua stanza, Paola andò verso la cucina. La fredda serata di metà Novembre le era entrata nelle ossa e non avendo Matteo con lei, decise di bere qualcosa di caldo.
Nonostante l’ora non proprio tarda, fu sorpresa di trovare la luce accesa. Entrò lentamente e si stupì di trovare Andrea. Erano almeno quattro giorni che non parlavano. Dopo quella sera durante la quale avevano sfiorato argomenti spinosi, non erano più riusciti a parlare e risolvere i loro dubbi. Ma le indagini li avevano tenuti occupati.
“Ciao.” Salutò timidamente non sapendo bene come affrontare l’uomo che da canto suo non si voltò nemmeno sentendola.
Andrea rimase nella posizione in cui Paola lo aveva visto appena entrata in cucina, seduto su di una sedia coi gomiti poggiati al tavolo e la fronte posata sul palmo di una mano. Sembrava assorto in chissà quali pensieri e avvicinandosi, Paola si accorse che aveva gli occhi chiusi.
“Tutto bene?” Domandò preoccupata prendendo posto accanto a lui. Forse non stava bene, già una volta lo aveva trovato in una posizione simile, ma all’epoca si trattava solo di un po’ di tosse. “Senti Andrea.” Doveva scusarsi con lui per la brutta reazione che aveva avuto sere prima, non le piaceva essere in tensione con lui. Avevano passato troppi mesi a rimbeccarsi per una stupida incomprensione. “Mi dispiace per l’altra sera.”
Non ci fu nessun cambiamento nella posa di Andrea, tanto che sembrava quasi non avesse sentito le parole di Paola, né che si fosse accorto della sua presenza.
Paola ora credeva che Andrea stesse male, magari aveva qualche linea di febbre. Allungò una mano e facendo un po’ di pressione riuscì ad allontanare la mano su cui lui poggiava la fronte. Con la mano libera riuscì a tastargli la fronte, ma non era calda.
Andrea la lasciò fare. All’inizio, non appena aveva sentito la mano di Paola sulla sua, aveva aperto gli occhi di scatto, già pronto a divincolarsi dalla sua presa, ma non appena aveva sentito l’altro mano posarsi delicatamente sulla sua fronte, aveva desistito tornando a chiudere gli occhi.
“Sto bene.” Mormorò piano riaprendo gli occhi.
Si trovò il volto di lei davanti al suo, l’espressione concentrata e preoccupata. Rimasero in quella posizione per alcuni istanti, poi Paola allontanò la mano dalla fronte di Andrea solo per posarla sulla mano che ancora era intrecciata alla sua, costringendolo, lentamente, a distendere il braccio sul tavolo.
“Mi dispiace Andrea, per l’altra sera.” Si scusò ancora lei mantenendo il contatto visivo.
“Non mi devi alcuna spiegazione.” La risposta di Andrea fu un po’ brusca, si divincolò dalla presa di lei e si alzò velocemente dal tavolo andando poi a riporre il bicchiere usato nel lavandino.
Paola rimase a stringere l’aria con lo sguardo corrucciato. Il tono brusco usato da Andrea e la sua reazione dissociava con quanto affermava. Lo conosceva abbastanza da poter capire che nonostante tutto qualcosa non andava.
Eppure, durante quei giorni le era parso di capire che lui non se l’era presa per quell’infelice scambio di battute e che fosse ben disposto verso un futuro chiarimento.
“Andrea!” Lo chiamò cercando di riordinare le idee. “Che c’è?”
“Nulla.” Fu la risposta sbrigativa di lui, ma non bastò a Paola.
“Non cominciare ora.” Sbottò stizzita alzandosi e parandosi di fronte a lui che cercava di andarsene dalla cucina. “Credevo che fossi ben disposto verso un chiarimento.” Lo aggredì guardandolo duramente negli occhi.
“Non credo che ci sia nulla da chiarire.” Rispose Andrea dopo aver preso un respiro profondo e tentando di superarla.
“Io invece credo che si sia, anche perché stai cercando di scappare.” Lo riprese bloccando ancora una volta il suo tentativo di fuga.
“Non sto scappando. E mi sembra chiaro ormai il perché di quello scatto.” Rinunciò all’idea di lasciare la cucina e si voltò tornando verso la penisola, poggiandosi poi. “Non c’è nulla da spiegare.” Ripetè ancora, stanco, passandosi una mano tra i capelli corti.
“Si può sapere di cosa stai parlando?” Paola si avvicinò fermandosi ad un paio di passi da Andrea.
Da quanto aveva affermato Andrea, sembrava quasi che avesse capito quel gesto di stizza da parte di Paola. Ma nessuno dei due conosceva il tipo di rapporto che legava loro a Virginia e Tom, e Paola era sicura che nessuno lì, di quelli che conoscevano bene il Maresciallo Palermo, avesse parlato con Andrea.
Forse, l’unico abbastanza chiacchierone, era Prosperi. Lui a maggior ragione doveva aver almeno intuito quanto accaduto in quei mesi, quando ancora Andrea non era presente in caserma. Ma non le era mai parso che Carlo andasse a raccontare fatti altrui, anche se a volte faceva battute alquanto imbarazzanti. Leo di certo non ne avrebbe mai e poi mai parlato, non senza il consenso di Paola.
Che la storia gli fosse stata raccontata da Gioia?
No, probabilmente se davvero Gioia avesse raccontato qualcosa, Andrea si sarebbe dimostrato freddo e scostante ancora prima di quella sera, probabilmente lo stesso giorno in cui Palermo aveva messo piede in caserma. Non era di certo il suo solito comportamento quello, gentile e poi scontroso tutto ad un tratto. E poi, di certo Gioia non aveva motivo di sbandierare ai quattro venti quella storia andata male.
Non avevano mai nemmeno loro due toccato quell’argomento, e sia Paola che Gioia ne erano invischiate.
“Paola.” Provò ancora una volta Andrea a richiamarla. Non voleva proprio entrare nei particolari.
“No Andrea!” Fu categorica la risposta di lei. “Non cercare di rabbonirmi.” Gli puntò ancora una volta gli occhi sul volto ed Andrea sospirò pesantemente.
“Ti sei fatta la tua vita Paola. Lo capisco.” Non aveva idea nemmeno lui di cosa stesse dicendo, ma non voleva litigare, preferiva ignorare ed essere ignorato. In quel caso almeno nessuno lì in caserma ne avrebbe risentito.
Aveva voluto provarci Andrea, aveva aspettato, aveva creduto che forse quella poteva essere la volta buona, che forse finalmente sarebbe riuscito a dare un po’ di sollievo al suo animo tormentato dai rimorsi. Non l’aveva dimenticata e se ne era accorto solo quando l’aveva vista abbracciata a Gabriele, il giorno del suo compleanno.
Quella sera aveva preso il coraggio a due mani ed aveva scoperto che in fin dei conti lei non lo odiava, nonostante l’avesse respinto. Aveva creduto che lasciandole un po’ di tempo, senza insistere, senza opprimerla, lei si sarebbe riavvicinata creando di nuovo quel legame particolare che li legava.
“Di che stai parlando?” Paola non riusciva a capire. Stava parlando di Matteo?
“Non far finta. È inutile.” Si stava scaldando. Vederla lì, di fronte a lui, con quell’aria innocente di chi non ci stava capendo nulla, lo stava alterando.
“Ma vuoi essere chiaro per una volta?” Si ritrovò a rispondere con rabbia Paola, quasi aggredendolo.
Le frasi enigmatiche, i doppi sensi, i riferimenti a qualcosa di non chiaro. Le sembrava un deja-vù, e li avevano già vissuti, ritrovandosi a combattere una guerra fredda che si erano creati da soli e che era andata avanti per mesi.
“Vuoi che sia chiaro? Tu ed il Maresciallo Palermo.” Scoppiò Andrea avanzando di un passo, colmando quella esile distanza e facendoli così trovare solo ad una manciata di passi l’uno dall’altra.
“Cosa centra Tom adesso?” Fu la replica stupita di Paola.
“Vi ho visti, fuori.” La risposta masticata tra i denti fu una sorta di rivelazione per Paola.
Andrea doveva aver visto l’abbraccio che si erano scambiati fuori, probabilmente dalla finestra della sua stanza che si affacciava proprio sul davanti della caserma. Le parole che si erano scambiati però non doveva averle sentite.
“E con questo?” Si ritrovò a ribattere leggermente spaesata. “Andrea, che centra scusa?” Provò a posargli una mano sul braccio, ma lui fuggì al suo tocco facendo aumentare di nuovo la distanza che li separava.
“Nulla, hai ragione. Non centra nulla. Tu hai scelto la tua strada.” Aveva ripreso un po’ di lucidità Andrea, ma Paola invece sembrava infervorata.
“Non venirmi s dire ora che in questi anni tu non hai avuto altre storie.” Lo aggredì a viso aperto spintonandolo. “Non venirmi a raccontare che tu sei rimasto solo, ad aspettare che tornassi o che non hai cercato di lasciarti tutto alle spalle.”
“E che dovevo fare?” Gli uscì in un soffio quella domanda mentre ad occhi spalancati guardava Paola di fronte a lui. “Sei stata tu ad andartene, sei stata tu a decidere che la tua carriera fosse più importante di noi due.” Aveva di nuovo alzato la voce afferrandola per le spalle. “Non hai chiesto niente a me. Tu hai deciso, tu hai messo fine alla nostra storia e te ne sei andata. Poi torni dopo sei anni e con un figlio.”
Si guardarono negli occhi. Paola ora sembrava essere tornata calma, consapevole di dove tutta quella conversazione potesse andare a parare al contrario di Andrea, il quale sembrava non ragionare più.
“Lascia fuori mio figlio da questa storia.” Si divincolò dalla sua presa, con il chiaro intento di far finire lì tutta la conversazione, allontanandosi da lui.
“Centra anche lui.” Fu la risposta rapida di Andrea che in pochi passi la raggiunse afferrandole un braccio e costringendola a fermarsi in mezzo al corridoio appena fuori dalla porta. “E centra anche il tuo caro Maresciallo Palermo.”
“Matteo non centra nulla con me e Tom.” Provò a divincolarsi dalla presa di Andrea, ma ottenne solo di ritrovarsi ancora più vicina a lui, intrappolata.
“Ah no?” Fu ironico il tono di Andrea. “Non venirmi a raccontare frottole Paola. E quell’abbraccio? Magari siete andati anche a cena, magari proprio per raccontargli di suo figlio.”
Lo schiaffo che seguì quell’affermazione risuonò come se fosse uno sparo nel corridoio. Non poteva crederci Andrea, eppure la guancia destra bruciava. Se la toccò lentamente e tornò alla realtà, come se quello che aveva appena vissuto fosse stato solo un sogno, un incubo tremendo. Ma la guancia bruciava ed il volto, tra il furioso e l’incredulo di Paola, era ancora davanti a lui, come il suo braccio alzato.
“Quello che c’è stato tra me è Tom è accaduto prima del tuo arrivo.” Soffiò lentamente Paola. “Non c’è stato nessuno di importante in questi anni.”
“Che vuoi dire?” Domandò sbattendo le palpebre Andrea, ma Paola gli aveva voltato le spalle. “Paola!” Provò a chiamarla riafferrandola di nuovo per un braccio.
Tutto ad un tratto dalla sua mente era svanita l’immagine di lei e Palermo abbracciati, sostituita dallo sguardo attento e scrutatore di Virginia la sera del compleanno di Paola, quando si era avvicinato assieme a Luigi.
Non ci aveva fatto caso più di tanto quella sera, come non aveva mai badato agli strani sguardi, attenti e pensierosi, che sua sorella gli lanciava quando era assieme a Paola. Quella frase detta da Paola glieli aveva fatti tornare alla mente, come se fossero collegati tra loro ma non riusciva a trovare cosa li unisse.
“Niente Andrea, niente.” Ripetè spossata lei fermandosi di scatto, come se un enorme peso le fosse piombato improvvisamente sulle spalle.
“Paola, ti prego.” La supplicò piano Andrea avvicinandola a sé. Paola si lasciò guidare fino a trovarsi così vicina ad Andrea da poter percepire l’odore del dopobarba che usava. Chiuse gli occhi quando lo sentì appoggiare la fronte contro la sua. “Non facciamoci ancora del male.”
Paola sentì la gola secca mentre cercava di deglutire. Per un attimo, nel sentire quella supplica da parte di Andrea, aveva sentito le gambe tremare ed un brivido percorrerle la spina dorsale, come quando esisteva ancora un ‘noi’ tra loro, quando ancora erano semplicemente due innamorati a cui poco importava delle rigide regole imposte dall’Arma.
“Non posso Andrea, non posso.” Lo ripeteva come una cantilena, reprimendo a stento le parole che ora premevano per uscire.
“Guardami Paola.” Mormorò ancora Andrea e lei aprì piano gli occhi ritrovandosi a specchiarsi in quelli verdi di lui. “C’è qualcun altro?”
Combattuta Paola mormorò un flebile “No” anche se avrebbe voluto annuire in modo tale da creare di nuovo quel muro fatto di silenzi e segreti che era riuscita a mantenere eretto per tutti quegli anni fino a quel momento.
“Paola.” Mormorò di nuovo Andrea mentre alzava la mano libera per carezzarle la guancia.
A quel lieve tocco lei chiuse gli occhi assaporando la dolcezza di quel gesto. Era consapevole a cosa avrebbe portato tutta quella dolcezza, anche la sera del suo compleanno era consapevole, ma allora la sua volontà era stata più forte ed il muro era ancora solido.
Avrebbe ceduto, ma un piccolo spazio nella sua mente sperava che Andrea si fermasse da solo.
Il suo profumo la inebriava stordendole i sensi, portandola a desiderare un contatto più intimo, desiderando che lui non si fermasse. Non le importava in quel momento dove si trovasse, aveva dimenticato tutto, tutto quello che era accaduto sei anni prima, rilegandolo in un angolo sperduto della sua testa.
“Andrea.” Provò un esile resistenza trovandosi però incerta nel pronunciare il suo nome.
“Shh.” Andrea le carezzò ancora la guancia facendo una lieve pressione e costringendola a piegare un poco il volto mentre lui abbassava lentamente il viso verso il suo.
Lasciò scivolare la mano che ancora le tratteneva il braccio fino a posarla sul suo fianco, riuscendo ad accostarla completamente contro di sé. L’altra mano la posò sul suo collo, carezzandolo lentamente col pollice e sentendo sotto di esso il pulsare veloce del battito del suo cuore.
Chiuse gli occhi Andrea mentre la distanza tra i loro visi veniva resa nulla e le labbra si posavano su altre labbra in un tocco lieve ed esitante. La sentì aggrapparsi al suo maglione, come se lui fosse un’ancora in grado di non farla cadere, mentre le stuzzicava con la lingua le labbra fino a farle schiudere e riuscendo a trascinarla in un bacio profondo.


***

Angolino di Bitter:
Allora, capitolo lunghino questo e come si è visto dal titolo il prossimo sarà la seconda parte. Se avessi messo il capitolo intero allora sì che era davvero lungo da leggere, ma è stata anche una scelta quella di dividerlo in due.
Tornando al capitolo, che già dice tutto, dico solo che ci voleva il chiarimento tra Paola e Tom. Non mi era molto piaciuto come avevano lasciato in sospeso tutto il discorso, quindi è stato un chiarimento d’obbligo senza alcun ritorno di fiamma. Per la parte che riguarda i nostri due simpaticoni, evvai, le incomprensioni vanno a nozze xD ma posso dire che il peggio deve ancora arrivare, o il meglio, dipende dai punti di vista dire. In tutti i casi, nel prossimo ci saranno parecchie cosucce interessanti.

E con questo, il prossimo aggiornamento a Giovedì 9

Risposte alle recensioni:

Scoutina: felice che questa ff ti abbia appassionata e lieta di sapere che sei una fan della coppia :)
Clappy: il ritorno di Palermo è stato premeditato ancor prima di pensarlo praticamente, anche perché in qualche modo dovevano venir fuori determinati discorsi. Leo ha sempre ragione, la forza di uno psicologo, ma purtroppo sappiamo quanto testardi sono quei due. Scrivendo mi è giusta giusta tornata in mente proprio quella scena :)
   
 
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