L’Avana, Cuba, 1977
Agosto
Isabella non riusciva a prendere
sonno. Sua madre l’aveva trascinata via dalla Rosa Negra senza un motivo, e
nemmeno una volta tornate in hotel aveva avuto la decenza di fornirle una
spiegazione. Lucy non era andata via con loro, ma era comprensibile: il rapido
scambio di battute tra madre e zia le aveva fatto capire che doveva essere
successo qualcosa… o che qualcosa, piuttosto, non era successo. Isabella aveva cercato di capire, ma senza qualche
indizio sarebbe stato impossibile. Sua madre non le avrebbe mai detto nulla. E
sua zia non era lì. Ad Isabella non era rimasta altra soluzione che lasciarsi
cadere sul letto, ancora vestita, e mettersi a fissare il soffitto in cerca di
risposte a domande che nemmeno conosceva.
Quello che le bruciava di più era
che si stava divertendo, alla Rosa Negra. Ricardo le aveva da poco chiesto di
ballare, lei aveva accettato e lui le stava mostrando un passo nuovo, forse un
po’ difficile da imparare, ma sicuramente non impossibile. Si stava divertendo,
era a suo agio, e sua madre l’aveva trascinata via. Eppure era stata lei la
prima a concedersi un lungo ballo appassionato con un uomo praticamente
sconosciuto.
Un rumore improvviso attirò la sua
attenzione. Rimase in ascolto per qualche istante, finché non comprese che
qualcuno le stava lanciando dei sassolini contro la finestra. Forse era Lucy
che voleva sapere se la madre si era calmata. Si avvicinò e aprì le ante. Riconobbe
senza difficoltà la figura di Ricardo.
“Che ci fai qui?” gli domandò,
cercando di non farsi sentire dalla madre, le cui finestre si trovavano a poca
distanza.
“Volevo vedere come stai.”
“Sono arrabbiata con mia madre.”
“Vuoi fare una passeggiata? Aiuta, a
volte.”
“Non saprei…”
Ricardo sorrise. “Ti aspetto davanti
all’ingresso.”
Isabella chiuse la finestra e si
fermò a riflettere. Uscire con Ricardo a quell’ora di notte non sarebbe stata
una buona idea, secondo sua madre… ma Ricardo Suarez era un bravo ragazzo.
Aveva già avuto parecchie occasioni per approfittare di lei, e non lo aveva mai
fatto. Non sarebbe successo nemmeno questa volta. Ci sarebbe andata. Doveva solo
organizzarsi in modo da non essere scoperta.
“Finalmente! Stavo invecchiando, ad
aspettare che…” iniziò Ricardo, felice di vederla.
“Andiamo via, presto!” lo interruppe
lei, prendendolo per un braccio e spronandolo a correre. “Sono uscita senza
permesso.”
“Lo avevo capito. Tua madre non ti
avrebbe mai lasciata uscire a quest’ora di notte. Non da sola con me.”
Si fermarono soltanto quando cedettero
di essere abbastanza lontani dall’hotel. Ripresero fiato, parzialmente nascosti
da un cespuglio, quando Ricardo richiamò l’attenzione di Isabella: “Ehi, quella
non è tua zia Lucy?”
Sì, la donna bionda che stava
parlando con quell’uomo alto, che Isabella non conosceva, era proprio Lucy
Miller. “Sì, è lei. Lui non lo conosco. Tu sì?”
Ricardo annuì. “E’ Enrique Santoro,
il figlio di Luis. Fa il pescatore, ma ogni tanto aiuta suo padre. Sarà lui a
gestire la Rosa Negra, quando Luis andrà in pensione.”
“Sembra uno a posto.”
“Uno a posto?”
“Un brav’uomo. Come Javier.”
“Oh, lo è. Andavano a scuola
insieme.”
In quel momento, Enrique baciò Lucy.
Isabella non poté fare a meno di arrossire e distogliere lo sguardo. Era l’unica
ragazza della sua classe a non essere ancora stata baciata da nessuno, anche se
alle sue amiche aveva raccontato un’altra verità. Ricardo emise un debole
fischio, sicuro che la coppia non lo avrebbe udito. “Wow. Non pensavo fosse così
coraggioso. Dai, andiamo” continuò, rivolgendosi alla ragazza, “una passeggiata
sulla spiaggia è quello che ci vuole per far sbollire la rabbia.” Le porse la
mano.
Dopo un attimo di indecisione,
Isabella la strinse.