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Autore: Esteliel    09/12/2010    1 recensioni
L'illusione della giustizia può essere un'arma a doppio taglio, che anche dopo molti anni torna a perseguitare i sogni di chi, di proposito, ha deciso di voltarle le spalle. Ed è quando l'illusione viene allo scoperto che si presenta anche un atroce dubbio: la giustizia da che parte stava davvero?
Genere: Azione, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La stanza era piccola e opprimente. Le pareti scrostate tendevano ad un giallo disomogeneo e sporco. Lo spazio di manovra tra il letto a due piazze e l’angolo che si apriva accanto alla porta del bagno permetteva a malapena il passaggio di una persona. L’unica parete libera era occupata da una piccola scrivania, posizionata in modo che chiunque vi fosse seduto si ritrovasse di spalle al letto. Per Townsend fu una benedizione. Pur non potendo evitare di udire i continui borbottii di Rudge, appollaiato sull’angolo destro del letto, era almeno esentato dalla necessità di dover intavolare una conversazione con lui. Preferì concentrarsi sul modulo che aveva davanti a sé. Controllò per la quarta volta che tutte le voci fossero corrette e compilate nei campi giusti. Di tanto in tanto sollevava la penna come se avesse intenzione di aggiungere qualcosa, salvo riabbassarla qualche istante dopo. I suoi occhi correvano nervosi dal foglio alla piccola chiave appoggiata contro il suo portapenne di plastica. Le serrande erano state abbassate per schermare i raggi del sole e la luce opaca del piccolo lume sulla scrivania produceva ombre scure sotto i suoi occhi stanchi.
«Powell, porta il tuo culo fuori da quel bagno!» strepitò Rudge.
Strinse le gambe con una smorfia e si raggomitolò sul suo angolo di letto. Townsend sussultò per l’urlo improvviso, ma si limitò a piegare la schiena in avanti, senza voltarsi. Rudge fissò la sua nuca, stringendo gli occhi per l’irritazione. Poi si volse alla propria sinistra, abbassando lo sguardo su Ramsfield.
«Perché non glielo dici tu?»
Ramsfield, disteso rigidamente sul materasso duro, emise un grugnito di fastidio. Si era sfilato la giacca della prigione, che ora giaceva in un angolo, insieme a quella degli altri. Nonostante il relativo fresco che si avvertiva nella stanza, il suo petto si gonfiava ad intervalli irregolari, tirando la canottiera pulita in tutta la sua ampiezza. Gli sforzi delle ore precedenti gli avevano affaticato la respirazione. Rimase immobile per qualche istante, prendendo un respiro più profondo dei precedenti e rilasciandolo lentamente. Spostò il braccio con cui si era coperto la fronte e inclinò la testa verso destra. La nuca sprofondò nel cuscino mentre lui puntava gli occhi su Rudge.
«Lascialo in pace, deve essere concentrato per domani.»
C’era qualcosa nel suo sguardo, qualcosa di autoritario che serbava le tracce di una fermezza d’animo da tempo sopita. Rudge storse la bocca in un modo che lo fece somigliare molto a Powell. Gettò la schiena all’indietro e colpì con violenza la testata del letto. L’urto gli strappò un lamento imprevisto, che lui riuscì a sopprimere solo in parte, facendo appello ai suoi rimasugli di dignità. Ramsfield si limitò a sollevare gli occhi verso il soffitto, sobbalzando solidale con il letto. Townsend, invece, lasciò cadere la penna e si voltò di scatto verso di loro.
«E tu che cazzo guardi?»
A Rudge non sembrava vero di poter cogliere subito l’occasione per un nuovo battibecco.
«Dacci un taglio» borbottò Ramsfield, tornando a coprirsi il volto con il braccio.
«Posso respirare almeno?» rimbeccò Rudge.
«Se proprio non puoi farne a meno.»
Nel suo tono si avvertiva una strana nota, a metà tra la stanchezza e l’indulgenza. Il grosso avambraccio gli oscurava quasi del tutto la faccia, schiacciando il naso e lasciando solo la bocca libera di muoversi. La quiete durò poco.
«Devo pisciare» si lamentò ancora Rudge.
«Tienitela» fu l’unico mugugno che ottenne in risposta.
Aprì la bocca per protestare, ma lo sguardo mortificato di Townsend attirò la sua attenzione.
Non stava guardando direttamente lui. I suoi occhi chiari erano posati sulla gamba destra del loro capo, che era distesa sul letto, inerte. La differenza con l’altra, piegata quasi ad angolo retto, rendeva la loro vista molto più strana. Rudge seguì la direzione del suo sguardo, sollevando appena la schiena dalla testata del letto.
Il silenzio, rotto soltanto dal respiro pesante di Ramsfield, divenne imbarazzante. I due continuarono a scrutare la gamba immobilizzata quasi senza pensarci, come in preda ad un qualche torpore.
«Smettetela» ingiunse la voce di Ramsfield, secca.
Townsend chinò lentamente il capo, rivolgendo lo sguardo verso le proprie scarpe da tennis. I capelli biondi ricaddero a nascondere il suo volto contratto. Rudge piombò una seconda volta contro la testata, mugolando di dolore. In un ultimo tentativo di darsi un contegno, si passò più volte entrambe le mani tra i capelli neri e incolti. Ramsfield stiracchiò debolmente la gamba sinistra, spostando un po’ il bacino per trovare una posizione più comoda.
Il rumoroso passaggio di una metro di superficie fece tremare i vetri della finestra, riscuotendo Townsend, che spezzò quel momento d’imbarazzo con un colpo di tosse. Voltò la schiena ai due, riportando l’attenzione sui fogli sparsi sulla scrivania, e si prese qualche secondo prima di parlare.
«Tutti i moduli di prelievo sono pronti.»
Accanto ai moduli c’era un passaporto dalla copertina consunta e la fotocopia di un bonifico bancario, che recava in calce una firma. “H. Townsend” era tracciato con una calligrafia piccola e quasi illeggibile.
«Ho svolto legalmente tutte le operazioni di deposito» proseguì, rivolto alla piccola chiave sulla scrivania. «Nella prima parte dell’operazione non ci daranno problemi. Una volta presa la cassetta dentro la camera blindata…»
«Ci penserà Powell» lo prevenne Ramsfield.
Lasciò ricadere il braccio e tentò di sollevarsi sui gomiti, per lanciare un’occhiata a qualcosa oltre il piccolo comodino alla sua sinistra. Rudge alzò istintivamente le spalle, curvandosi in avanti per allungare un braccio verso di lui. Ramsfield gli lanciò un’occhiata in tralice, i suoi occhi verdi espressero un tacito avvertimento. Il giovane strinse le labbra e si mise a sedere, rinunciando a fornire qualsiasi aiuto. Incrociò le gambe e fissò invece le scapole del suo capo, che si spostavano di lato sul letto. Incastrato tra il comodino e la parete accanto alla porta c’era un apparecchio ortopedico, modellato per adattarsi ad una gamba. L’interno appariva consunto e, ad una prima occhiata, non sembrava per niente comodo.
«È un tutore rigido» spiegò Townsend, fissando a sua volta la protesi. «Non è della stessa qualità di quello che ti hanno permesso di tenere in prigione, però…»
Ramsfield fece scorrere lo sguardo sul tutore, in silenzio. Si adagiò sull’avambraccio sinistro e si prese qualche minuto per regolarizzare il respiro. I capelli a spina di Rudge fecero capolino alle sue spalle, seguiti subito dopo dai suoi occhi socchiusi.
«Una gamba di legno era più comoda.» Puntellò goffamente una mano sul letto e si sollevò sulle ginocchia. «Te l’immagini, capo?»
Sul volto di Ramsfield spuntò un sorriso tirato. Townsend lo fissò di sottecchi, prima di appoggiare la scapola destra alla spalliera della sedia e abbassare lo sguardo. Rudge si concesse una breve risatina in reazione alla sua stessa battuta e poi voltò il capo a fissarlo.
«Ma tu come facevi a parlare in tribunale?» gli domandò a bruciapelo, appoggiandosi all’indietro sui propri calcagni.
Gli occhi di Townsend si spalancarono dietro le lenti opache degli occhiali. Dischiuse la bocca, emettendo qualche suono incerto, prima di richiuderla e invocare l’aiuto di Ramsfield con un’occhiata nervosa. Ma lui emise un altro sbuffo tornò ad adagiarsi sul letto, come se non avesse neanche udito la domanda.
«N- non sono andato oltre i tirocini» si decise a rispondere Townsend, sollevando il mento nel tentativo di mostrarsi più spavaldo di quanto non fosse.
Rudge aggrottò la fronte, restituendogli un’occhiata vacua.
«Significa che ha fatto solo un po’ di pratica» intervenne la voce cupa di Ramsfield.
Rudge emise un verso di comprensione. Poi si esibì in un’altra smorfia e infilò una mano tra le proprie gambe, poco sopra la giuntura delle ginocchia.
«E poi hai mollato?»
Townsend mise su un cipiglio offeso, prima di rendersi conto che la reazione di Rudge non era collegata alla domanda che gli aveva appena fatto, ma ad un effettivo bisogno fisiologico.
«Poi ho saputo di Brookbanks» mormorò, volgendo le spalle ai due, in modo da rendere chiara la sua intenzione di interrompere lì la conversazione.
Ramsfield sollevò il collo per fissare la sua schiena. Distolse lo sguardo in tempo per intercettare l’occhiata di Rudge.
«È una storia che ha lasciato cicatrici profonde.» Sprofondò nel cuscino e chiuse gli occhi. «In tutti i sensi.»
Rudge si sforzò di sorridere, senza successo. Si sollevò sui calcagni e si gettò sul letto, tentando una contorsione che gli provocò un paio di crampi alla coscia. Imprecò ad alta voce, sforzandosi in tutti i modi di trovare una posizione comoda, pur insistendo a tenere la mano tra le ginocchia serrate. Il sospiro di Townsend si perse tra i rumori provocati dai suoi movimenti. Ramsfield si coprì gli occhi con l’avambraccio, rassegnandosi a sobbalzare come un corpo inerte.
La loro attenzione si appuntò subito sulla porta del bagno. Powell apparve sulla soglia, con un asciugamano appoggiato sulle spalle nude. Fili d’acqua gocciolavano ancora dalle sopracciglia e dal labbro superiore. Inarcò un sopracciglio umido e abbassò lo sguardo su Rudge, che si era quasi raggomitolato su se stesso, gli occhi serrati. Non appena udì il cigolio dei cardini, il giovane spalancò gli occhi. I pantaloni di Powell entrarono nel suo campo visivo e lui si gettò giù dal letto, atterrando violentemente su un fianco. Ramsfield e Townsend si scambiarono un’occhiata divertita. Rudge cacciò un urlo, si rimise in piedi e spintonò via Powell, che si lasciò scansare con inerzia, senza fare il minimo sforzo per spostarsi. La porta fu sbattuta con forza contro lo stipite.
Powell, per niente sconvolto da un tale trattamento, sollevò le braccia e strofinò l’asciugamano dietro la nuca, avvicinandosi a passi lenti alla scrivania. Townsend sollevò lo sguardo verso il suo petto. Rabbrividì alla vista di una serie di cicatrici biancastre e si affrettò a distogliere lo sguardo. Sentì gli occhi di Powell che gli perforavano la nuca, ma non accennò a guardarlo in faccia. Sussultò quando si ritrovò il suo braccio a pochi centimetri dal naso. Una mano dalle dita sottili prese il modulo e lo sollevò di qualche centimetro. Townsend deglutì a vuoto, ma non disse nulla. Quando Powell gli restituì il modulo e si allontanò verso il letto, si lasciò sfuggire un sospiro tremulo, come se fino a quel momento avesse trattenuto il respiro.
«Rilassatevi» borbottò Ramsfield.
«Mi dispiace» si scusò subito Townsend, passandosi una mano all’attaccatura dei capelli.
Si alzò lentamente e si avvicinò alla finestra, aprendo il vetro di uno spiraglio per far entrare un po’ d’aria. Powell prese il suo posto sulla sedia, traendola lontano dalla scrivania. Tirò via l’asciugamano dal collo e lo usò per tamponarsi il viso.
«Quando li avvertiamo?»
«Presto.» Ramsfield inclinò gli occhi verso il basso per scoccargli una rapida occhiata. «La lettera è pronta.» Sollevò due dita per indicare una busta chiusa, appoggiata sulla scrivania, a pochi centimetri dal braccio di Powell. Poi appuntò la sua attenzione sull’apparecchio posato sul comodino. «Il telefono funziona?»
Colto alla sprovvista da quella domanda, Townsend gli rivolse uno sguardo stupito.
«La linea è collegata con l’esterno» confermò, appoggiandosi al muro accanto alla porta del bagno. «Credevo che volessi usare il mio, una volta che...»
«Ci servirà dopo» lo interruppe Ramsfield. «Prima voglio chiamare da qui.»
Townsend richiuse la bocca e annuì con un certo sforzo. Quel cambiamento imprevisto lo mise sulle spine, ma lui non fiatò oltre. Powell, che fino ad allora si era apparentemente disinteressato al discorso, gettò l’asciugamano nell’angolo e fissò Ramsfield.
«Ci possono intercettare.»
«Saremo già in movimento» replicò Ramsfield.
Il suo tono lasciava trapelare un filo di irritazione, che Powell non sembrò cogliere.
«Non voglio avere fretta, quando aprirò la cassetta.»
«Non l’avrai» assicurò Ramsfield. «Ricordi la seconda parte del piano? Inizierà solo quando saremo tutti pronti.»
Le sue parole parvero soddisfare le perplessità di Powell. Townsend si limitò a scuotere impercettibilmente la testa. La piccola stanza fu riempita dal rumore dello sciacquone. Qualche istante dopo la porta del bagno si spalancò, mancando per un pelo i piedi di Townsend, che indietreggiò in tutta fretta. Rudge gli lanciò un’occhiata sospettosa e sospinse la porta con una mano, mentre usava quella libera per sollevarsi la lampo dei jeans. Degnò Powell di uno sguardo veloce. Dopo essersi assicurato che non intendesse rubargli il posto sul letto, si stiracchiò e si gettò sul materasso. Spalancò le braccia, occupando tutto lo spazio che poteva, senza invadere la parte dove giaceva Ramsfield. Questi attese pazientemente che il letto si assestasse, prima di inclinare la testa verso la propria destra.
«Te la cavi ancora a rubare macchine?»
Rudge, che aveva già chiuso gli occhi, li spalancò di colpo e si sollevò sui gomiti.
«Che cazzo di domanda è?» esclamò, sorpreso. «Certo che me la cavo ancora.»
Ramsfield rimase a fissarlo per un po’, come se stesse soppesando quella risposta. Rudge attese pochi secondi, finché non fu costretto ad appoggiare le spalle, poiché i gomiti gli tremavano per lo sforzo.
«Perché?» incalzò, a disagio sotto quell’esame critico.
«Ci servirà per l’azione finale» spiegò Ramsfield, con un sorriso sghembo. «Ti spiegherò strada facendo.»
Detto questo, si voltò con un grugnito dall’altra parte e chiuse gli occhi.
«L’azione finale?» ripeté Rudge.
Alzò lo sguardo in tempo per vedere Townsend e Powell che si scambiavano un’occhiata. Ancora incerto, sprofondò la testa sul cuscino, restando sveglio a riflettere. L’idea gli sovvenne quando gli altri occupanti della stanza stavano ricadendo nel torpore del sonno.
«Cazzo, non ci credo!» esclamò al colmo dell’entusiasmo, rizzandosi a sedere e voltandosi con una torsione per poter vedere la nuca di Ramsfield. «Vuoi che resti io, vuoi che…»
«Vedo che hai capito» commentò Ramsfield, con voce un po’ impastata. «Ora calmati e lasciami dormire.»
«Certo, sì. Sicuro, io…», le parole di Rudge si persero in un balbettio agitato.
Townsend, seduto sotto la finestra, gli rivolse un pallido sorriso di comprensione. Al contrario, il volto di Powell, che si era accovacciato contro la parete accanto alla scrivania, era inespressivo. Senza guardarla, rigirava tra le dita sottili una scatola del colore della latta opaca. Rudge intercettò il suo sguardo vitreo. Si sporse un po’ per controllare che Ramsfield avesse davvero chiuso gli occhi e sollevò bruscamente la mano destra in direzione di Powell, mostrandogli il medio. Nonostante la sua mancata reazione, Rudge parve soddisfatto. Si rigirò dall’altra parte e si preparò a dormire.
  
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