CAPITOLO IV
E’
questione di sguardi.
Sette e mezza di mattina
e… un maledetto telefono di troppo.
«Pronto…»
balbettò
Monica, afferrando con gli occhi semi chiusi il telefono, poggiato sul
comodino.
«Monica,
stavi dormendo,
suvvia che disastro?! A quest’ora ancora dormi?!»
la bacchettò
pungente la voce di Lea dall’altra parte del cavo.
«Mmm…
Lea, hai la faccia
tosta di farmi la paternale anche
alle sette e mezzo del mattino e, per
giunta, al telefono!?»
continuò
ancora addormentata Monica, tirandosi su dal cuscino.
«No,
ti dovrei dire una
cosa, se solo avessi la cortesia di non interrompermi continuamente,
certo…»
continuò austera la
voce di Lea.
«Ma
non ne possiamo
parlare tra un’oretta davanti a un bel cappuccino fumante e
mezza dozzina di
brioches?!»- borbottò
con apparente enfasi Monica, accorgendosi poco
dopo di essere ricaduta in un senso di nausea inimmaginabile-
«Oddio, ho detto
brioches!»
«No,
comunque, nonostante
le tue nausee,… ti ricordi del lavoro a Londra di cui ti
avevo parlato?» cambiò
rapidamente discorso l’altra.
«Certo,
sì,
sì, certo che mi
ricordo!» rispose, facendo mente
locale.
«Bene,
mi hanno chiamata
ieri per la conferma e… ho accettato.» concluse
secca.
«No,
ma come?!» si stupì
Monica, presa alla sprovvista.
«Lo
sai, Monica. Te l’ho
già detto la scorsa volta, sono convinta, nonostante
tutto.» ribadì
fredda.
«Sai
quanto mi dispiaccia
non averti più, ma non posso tarparti le ali,
quindi…» si arrese una Monica
comprensiva.
«Quindi?»
domandò
per invogliarla a terminare la frase.
«Quindi…
Non posso che
essere felice per te… Però
ne parliamo ancora bene in redazione!» la minacciò
scherzosamente Monica, ridendo a seguito.
«Sì,
certo! Però, vorrei
che alle ragazze lo dicessi tu… Non saprei
da come cominciare.» cercò
di risultare distaccata la bionda.
«Paura
di commuoverti,
eh?!» intervenne l’altra con cinismo.
«Ma
figurati! Non sono di
certo la tipa da sentimentalismi io!!» si mise sulla
difensiva, rivendicando la
sua freddezza.
«Mmm…
sì!
Donna senza sentimentalismi, ti lascio perché mi
è venuta una voglia
irrefrenabile di cioccolato e…
~
«Su,
entra: che aspetti!!»
lo spronò Michele, entrando in casa.
«Sì,
ma tu sei sicuro che non ti disturbo, poi tu hai
anche…» farfugliò
l’uccellaro impacciato.
«Convivo
con una donna,
mica con una femmina di tigre…!»- iniziò, cogliendo lo sguardo di
dissenso del povero Paolo, si corresse- «Se, va
beh… Insomma, il concetto era
quello!»
«Ecco!»
continuò
Paolo, fingendosi serio.
«E
poi, ho anche la vaga
impressione di non andare così
a genio a Monica…» confidò
Adriano.
«Ma
figurati! E’ normale:
Monica è così
con tutti!» rispose Michele.
«Sì…
fidati! Con lui agli inizi è stato anche peggio: ti ha
già raccontato di quando
gli ha distrutto il ristorante a mani nude? Ancora
rido…» esordì
Paolo, scoppiando a ridere.
«Ah-ah-ah,
divertentissimo
proprio, eh?!»- fece una smorfia
all’amico-«Va beh… comunque è
normale!»-
continuò poco
convinto.
«Senti,
non è che posso
chiederti una cosa?» chiese impacciato, fissando la sua
camera ancora vuota.
«Spara!»
lo esortò
Michele.
«Posso
appendere al muro i
miei poster sulla campagna per la salvaguardia dell’aquila
reale? Non riesco a
dormire senza…»
«Perché?!
Conti le piume
per prendere sonno?» si mise a ridere Paolo, pensando di fare
ironia.
«Ma
no, per i sensi di
colpa: lo sanno tutti che lo sterminio delle aquile è uno
degli eventi che
stanno lacerando il pianeta negli ultimi anni, no?» si pose
retoricamente,
scorgendo gli sguardi accigliati degli altri.
~
«Cristina,
vieni subito
qui!» ordinò un
guardingo, ma pur sempre improbabile, Emanuele.
«E
che palle, però!
Che è?! Devo mettermi ad annà come ‘na
lumaca per nun fa’ sfigurà te, ‘on lo
so!» sbuffò
Cristina, arrestando il passo.
«Tranquilla,
neanche io ci
tengo ad essere associato ripetutamente a una scaricatrice di porto che
non è
in grado di dividere il piano dialettale da quello
dell’italiano corrente, però…»
tentò di
giustificarsi,
temporeggiando.
«Però
ti ho capito a te: va bene che mi ritieni ‘na capra, ma io in
‘ste cose
ci prendo, ‘o sai!» annunciò
entusiasta.
«E
qual è la tua teoria,
su illuminami!» la sfidò
lui, diffidente.
«Ma
è ovvio, no?! Ti sei
preso ‘na randellata tra
capo e collo
pe’ quell’altra psicopatetica
della
sapientona che viene in classe nostra, no?!» disse tutto
d’un fiato, con un
sorrisone finale.
«Ma
che scemenze vai
dicendo?! Non hai alcuna argomentazione per confutare questa tesi, per
Giove!»
si infervorò lui.
«Che
è ti sei messo a esse
pure politetistico? E, poi, vuoi
mette?! Io de prove ne ho una sola, ma imbattibile proprio!» lo puntò
col dito lui.
«E
quale sarebbe?» la
interrogò lui, con
fare sbruffone.
«Ma
quella faccia da trota
lessa che te ritrovi tutte le volte che entri ‘en classe,
‘a no?» disse con
stampato in volto un sorrisetto malizioso.
«Non
è vero, non è vero,
non è vero!» strepitò
lui, battendo i piedi a terra con foga.
«Ma
perché te scaldi
tanto? Se non è vero che hai d’arrabbiatte?
Statte bono che io mica voglio esse quella che te fa venì
n’infarto a diciassett’anni!» tentò
di calmarlo Cristina.
«Ecco,
vedi: se no mi
prende un infarto! Non provare mai più a dire che mi piace
quell’essere!» sbottò, chinandosi a
prendere lo zaino che era caduto
poco prima.
«Oh
signore! Ma vi
disdegnate fra de voi strambi e, poi, pretendete d’esse
accettati dagl’altri:
siete fuori come un terrazzo
proprio!» lo lasciò impalato lei,
continuando spedita verso l’entrata.
~
«Buongiorno
a tutte!»
esclamò con poco entusiasmo dalla sua parte Monica,
entrando in redazione, trascinando i piedi.
«Oh,
buongiorno! Come
stai? Tutto bene?» domandò Rosa con una
grossa pila di scartoffie in mano.
«Mi
sembra di essere
passata sotto un tram in ritardo!» annunciò
l’altra, lasciandosi cadere sulla sedia della scrivania di
Maya, che non era
ancora arrivata.
«E
in ritardo non è solo
quello, no?» sottolineò Lea, con
sorrisetto malizioso.
«Scherza
pure, non sei mai
stata incinta te! Io sì, che la capisco!»
la difese Rosa, gettando con un tonfo la pila di carta sulla propria
scrivania.
«Ho
vomitato anche l’anima
da stamattina!» si lamentò Monica, tenendo
il viso sulle mani.
«Comunque,
ieri sera ho
controllato il telefono: in segreteria, c’era una chiamata
dalla direzione di
Milano…» osservò Lea, cambiando
discorso.
«Ossì,
ci mancava solo questa!»- sbuffò irritata Monica,
alzandosi senza voglia alcuna-«Vado
a chiamare, vediamo cos’hanno da sbatacchiarci le palle
‘sta volta!»
«Nervosa
la tipa!» esordì Maya, appena entrata in redazione
ed in preda a
posare la giacca di jeans sullo schienale della poltroncina.
«Omoni,
ormoni, ormoni a
palla… Come la capisco!» continuò
Rosa, immergendosi nuovamente tra le scartoffie.
Monica
salì nel suo ufficietto, afferrò stancamente la
cornetta e compose distrattamente
il numero.
Dopo
aver sbagliato almeno
tre volte il numero, confuso con quello di un’erboristeria,
di una vecchina
novantenne interrotta nella visione dell’ennesima replica di
Beautiful (che tra
l’altro è sempre uguale
ù__ù) e un’impresa di pompe funebri, il
destino sembrò giocare a suo favore: il numero era finalmente quello giusto!
«Buongiorno,
sì, sì,
sì: sono io Monica Liverani. Mi hanno detto le mie
colleghe che avete chiamato la redazione ieri e che avete chiesto di
parlare
con me, ci sono problemi?» disse tutto d’un fiato
con tono vagamente
infastidito.
«Signorina
Liverani! Beh…
sì, sì,
lo sa: la signora De Angelis si trasferirà a Londra a breve
e credo che sia
giusto che qualcuno la sostituisca almeno fino al suo ritorno, non
trova?»
domandò la voce maschile profonda dall’altra parte
del
ricevitore.
«Ho
forse alternative?
Credo di no… Comunque di chi si tratterebbe?»
domandò Monica,
dondolandosi sulla sedia.
«Beh…
Intendiamo
intraprendere una collaborazione con la rivista di Londra in cui
trasferirà la
sua collega… Per questo, occorre una persona competente che
ho già individuato:
arriverà in giornata! E spero vivamente che sarete capaci di
accogliere questa
new entry nel migliore dei modi…» esplicò
esaurientemente.
«Eh
beh… dipende! Non sarà
mica un uomo!?»-si alterò al solo pensiero
di quella spiacevole evenienza Monica - «Pronto,
pronto…» attaccò con foga Monica,
capendo che l’interlocutore, per
paura di una sua crisi di femminismo acuto, aveva riattaccato.
~
Adriano
vagava per le
strade di Roma, come al solito, portando gli occhi al cielo, persi a
scrutare
ciò che ad altri sarebbe senza dubbio sfuggito.
Non
badava minimamente ai
suoi passi… Guardare il cielo consentiva di cogliere
meraviglie più ammalianti,
senza dubbio… Forse.
Rimase
per dieci minuti
buoni totalmente assorto nella voragine di pensieri che scandiva il
ritmo del
suo passare distratto. Attraversò
un paio di viottoli, non sapendo dove si stava dirigendo precisamente,
ma non
gli importava neanche quello. D’altronde, non era abituato
per una città tanto
bramosa come Roma, non lo sarebbe mai stato.
Giusto
un istante, il
tempo necessario per voltare il capo e i suoi passi per svoltare e
inondarsi in
un altro vicolo che si svicolava sinuosamente davanti ai suoi occhi
distratti
e…
Boom!
Scontrò
contro qualcosa, qualcuno… non capì esattamente
cosa fosse, ma lo travolse con la
forza di cui solo un uragano sarebbe stato capace.
«Scusami…»
Sentì
pronunciare appena da una cadenza particolare, poi
una mano fine gli porse gli occhiali.
Neanche
il tempo di
inforcarli nuovamente che il possessore di quella voce sembrò
essersi dissolto in qualche mondo fantastico,
altrove sicuramente.
Si
rialzò, rimanendo sorpreso e un po’ attonito.
Ricordava
solo una lunga
chioma di capelli biondo cenere…
Tutto
troppo confuso, come
lui del resto…
Si
guardò intorno per un po’, non scorgendo nulla che
potesse riportare la sua memoria a quell’attimo così
intenso…
Scosse
le spalle e continuò il suo cammino disordinato, lasciando
stare il
cielo.
~
«Certo
che anche tu però…! Perché non ci hai
detto che andavi via nel giro
di così poco tempo?» domandò Rosa,
guardando sommessa l’amica in piedi,
appoggiata alla scaletta di legno.
«Ma,
in realtà,… non lo
sapevo per certo neanche io fino a ieri… Solo che non sapevo
come dirvelo ed è
per questo che ho chiesto a Monica di…»
lasciò in sospeso Lea.
«Sì,
che poi adesso chissà chi arriverà al tuo
posto!»
sbuffò Maya, seduta cavalcioni alla scrivania di Rosa.
«Una
ex professoressa di
inglese, a quanto mi dice questa mail…» si
infilò Monica, scendendo dal suo
ufficio con un foglio di carta stampato in mano.
«Ma
non c’è scritto
nient’altro?» domandò curiosa e
sorpresa nel contempo Rosa.
«Dev’essere
davvero
terribile, se non scrivono nulla…» suppose Maya
con una smorfia.
«Solo
un numero di
telefono…» continuò Monica, scorrendo
la mail.
«Bah…
Io sono sempre stata ostile alle
prof di
inglese. Non so perché, ma me le sono sempre immaginate
vecchie, brutte e inevitabilmente…»
venne interrotta Rosa.
«Acide!»
aggiunse Laura,
fino ad allora silente nella sua postazione.
«Quindi… zitelle!!»
si infilò Rosa.
«E
magari
bigotte!» concluse
l’accusa Maya, alzandosi in piedi di scatto.
«Della
serie non tutti i
mali vengono per nuocere! Brave, ottimismo a palla, vedo!»
commentò Monica, inarcando il sopracciglio destro e facendo
comparire sul suo volto chiaro un sorriso furbo.
«Vabbè,
in quanto
direttrice, mi tolgo questo sfizio: invitiamo questa mummia a venire
allo
scoperto!!»- annunciò trionfalmente,
afferrando il cellulare e componendo il numero segnalato dalla mail il
più
rapidamente possibile.
~
Nel
frattempo, una ragazza
con un’indomata chioma di ricci rossi aspettava
chissà cosa, seduta sotto un
vecchio platano.
Si
alzò di scatto, appena intravisto l’arrivo di
Paolo a
piedi.
«Oh,
Giorgi: finalmente!»
gli venne incontro lei, aggressiva.
«Sempre
polemica vedo…»
denotò Paolo, con fare serioso e
vagamente indispettito.
«Sì
beh ma fai pure… Io aspetto la pratica da giorni e
tu non rispondi!» lo aggredì lei.
«Ho
avuto problemi a
casa!» motivò lui scocciato.
«Ah
beh, chi non ne ha?»
lo sfidò lei, sfrontatamente.
«La
pratica è già avviata,
direi che ho fatto il mio lavoro… no?»
controbatté lui.
«Ah…
scusa, pensavo che te
ne fossi stato con le mani in mano, invece…»
rispose con voce pacata, mostrando
il suo profondo disagio.
«Invece
no, come uno
stupido mi sono mobilitato per te e questo è il
risultato!» rispose
amareggiato.
«Scusami,
io sono fatta
così… Stento a fidarmi degli altri.»
si giustificò lei, abbassando gli
occhi.
«Non
me ne ero accorto,
forse è per questo che vai d’accordo con la
natura, no? Quella non parla!»
continuò impassibile lui.
«Per
me questo posto è
tutto, lo vedi?» chiese, alzando gli occhi blu elettrici al
cielo.
«In
effetti, è molto
bello!» confermò lui, guardandosi
intorno.
«Già,
mi ci dedico
totalmente: tutto il mio tempo, tutte le mie energie… tutta
me stessa.» lo
guardò, sorridendo.
«Ci
lavori sola?» domandò.
«Beh…
per adesso, sì! Ma, sinceramente, spero di trovare presto un
socio… Le cifre per mantenere un vivaio del genere sono
insormontabili per me
sola…» spiegò rassegnata.
«Immagino…»-cambiò
discorso lui- «Ora, devo andare! Ti telefonerò non
appena la pratica sarà conclusa per la firma
del contratto, me ne occupo io…»
«Grazie
Giorgi…» abbozzò un sorriso.
«E’
il mio lavoro…» concluse,
andandosene di schiena, lasciandola inerte, intenta a scrutare la
cadenza dei
suoi passi decisi che lo riportavano sulla strada.
~
«Mmm… ma che ora ti ha detto per telefono? Io sto diventando curiosa!» sbuffò Maya, annoiata, rimanendo con le gambe accavallate che mettevano in mostra le calze a rete rosse sotto i pantaloncini bianchi.
«Eh… si fa desiderare: dovrebbe essere qui da almeno un quarto d’ora!» constatò Monica, guardando di sfuggita l’orologio sul suo polso.
«Sì, va beh… Ora, non siamo fiscali! Se fosse state così prevenute anche nei miei riguardi, cosa avrei dovuto fare?! Poverina… in fondo, mica la conosciamo e, poi- se non bastasse- un libro non si giudica mai dalla copertina!» intervenì in difesa Laura.
«Ma
tu sei una di noi, che
c’entra?!» concluse con tono
d’ovvietà Maya, con un sorrisetto furbo.
Il
campanello.
«Avanti…»
disse, non
scomponendosi affatto, Monica.
Allora,
come in niente,
sul parquet della redazione, scricchiolava una lieve camminata, di cui
si
facevano portavoce due paperine scarlatte, a terra.
Da
quelle due caviglie
sottili, cinte dalle scarpette rosse, sembravano disegnarsi due gambe
sinuose,
lunghe- nonostante l’assenza dei tacchi- fasciate da un paio
di leggings neri
lucidi, sotto una maglia rosa stile anni ‘80 che arrivava a
coprire, a stento,
metà coscia.
Sulle
spalle, cadevano
lunghi capelli biondi, tirati.
Il
viso a cuore, vagamente
abbronzato, si affinava con una passata di blush e una goccia di
mascara per
allungare gli occhi verso le sopracciglia chiare dipinte
all’insù.
Quando
si affacciò
alla scala, sfoderando un sorriso radioso, esclamò
un sonoro: «Buongiorno!»
Monica,
Rosa, Maya e Laura
rimasero pressoché immobili.
«Buongiorno,
desidera?»
domandò, stringendo
la mano verso quella della donna che
sembrava aver portato con sé, nel solo tempo della sua
entrata in punta di
piedi, un uragano.
«Ma
come? Ci siamo parlate
prima al telefono, non ricorda?»- domandò
con un sorriso, porgendole
a sua volta la mano.
«No!...
Non può
essere, lei è la ex professoressa
d’inglese?» scosse la testa Monica per
convincersi che quello che stava intuendo non poteva essere…
No!
Non poteva affatto
essere!...
«Yes,
I’am. Nice to meet
you.»- rispose radiosa lei, porgendo la mano alle altre,
ancora allibite-«A
parte gli scherzi, piacere: Antonella.»