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Autore: diariers91    13/12/2010    0 recensioni
La mia amica ed io eravamo in astinenza da TVD e non sapendo come ammazzare il tempo nell'attesa abbiamo pensato di scrivere questa fanfic. L'introduzione è pessima(ne siamo consapevoli)e non possiamo assicurare che i capitoli siano migliori, ma chiunque voglia saperne di più, clikki sul titolo e via con la lettura.
NdAmministrazione: secondo il regolamento, l'introduzione deve contenere un accenno alla trama o una citazione significativa ripresa dalla storia. L'autore deve perciò provvedere a modificare questa introduzione (può contemporaneamente cancellare in autonomia questo messaggio)
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Uuuuuuuuh grazie Saruxaa. Sei sempre fedele. Ti veneriamo e ti ringraziamo per aver recensito anche se sono passati due mesi!!! Siamo arrivati al punto cruciale della storia ... dal capitolo si dovrebbe capire tutto. Come al solito speriamo che il capitolo piaccia e che sia tutto chiaro. Ovviamente qualche recensione in più non ci dispiacerebbe.
CAPITOLO 6
<< Si, sono arrivata adesso. Ti chiamo dopo >>. 
Maria spinse contro il tasto rosso per chiudere la telefonata con Lisa. I due giorni successivi al party a stento erano riuscite a incontrarsi a colazione nella stessa casa e non avevano avuto occasione di confidarsi i resoconti delle rispettive serate con i fratelli Salvatore. Così l'aveva chiamata per raccontarle cosa le era successo lungo la via per dirigersi verso quello che una volta era un vecchio pensionato, come le aveva detto Damon prima che sparisse dopo che le era andato a prenderle da bere. Era incavolata nera e sperava davvero di non incontrarlo in casa perché non sapeva come avrebbe reagito. 
Bussò alla porta, ma stranamente al suo tocco si spalancò da sola. Era aperta. Allungò un passo verso l'interno per poi socchiudere la porta alle spalle. 
Avanzò a passi incerti guardandosi attorno alla ricerca di qualcosa di appuntito o di tagliente, qualsiasi cosa che poteva sembrare pericoloso agli occhi di chiunque fosse entrato in casa. Probabilmente era solo uno dei due fratelli che aveva dimenticato di chiudere la porta, ma la prudenza non era mai troppo. Purtroppo non c'era niente nelle vicinanze che le sembrasse abbastanza adatto alle sue richieste.  
Poi sentì uno strano rumore. Quasi un sussurro, un richiamo come quello del suo primo sogno, quello in cui la madre la chiamava con voce flebile. La perfezione con cui ricordava quel sogno la spaventava. Nei giorni successivi aveva fatto di tutto pur di dimenticarlo eppure non ci era riuscita. Aveva persino gettato nell'immondizia il pigiama e la biancheria sporca di sangue, nonostante dopo il lavaggio fosse ritornati come prima. Più cercava di dimenticarlo, più tutto intorno a lei glielo ricordava. 
Prese un bel respiro e continuò, dicendosi che si era sbagliata, che non aveva sentito niente che non fosse stato partorito dalla sua mente a causa della situazione in cui si trovava. Il suono del medesimo richiamo le arrivo forte e chiaro alle orecchie: quella volta era sicura di averlo sentito perfettamente e aveva captato una sorta di richiesta di aiuto al suo interno. Proveniva dal corridoio alla sua sinistra. Nella parete, abbinata allo stile antico dei mobili, c'era una porta, anch'essa aperta, che affacciava su delle scale, l'unica cosa che riusciva a vedere. Tutto era buio e l'unica fonte di luce era quella flebile che proveniva dalle finestre del salone. 
Arrivati a quel punto le cose da fare erano due: scendere fino in fondo e scoprire chi la stava chiamando oppure andarsene dritta a casa senza voltarsi indietro. La solita maledetta vocina nella sua testa le suggeriva di andarsene e fregarsene di chiunque fosse lì sotto, ma con che coraggio l'avrebbe fatto? Era andata lì per studiare con Stefan, il che voleva dire che se qualcuno era entrato in casa, Stefan poteva essere colui che la stava chiamando e poteva essere ferito, intrappolato o chissà cosa. Non poteva lasciarlo lì sotto, non l'avrebbe fatto nemmeno con Damon nonostante se lo meritasse. 
Strinse forte al petto i libri che teneva in mano come una specie di protezione e scese i primi scalini. 
I richiami si facevano sempre più insistenti man mano che si inoltrava in quello che doveva essere un seminterrato così come un orrendo odore di marcio che le fece tappare il naso con due dita. Un odore peggiore di quello non l'aveva mai sentito, pensò. Sembrava il puzzo di un cadavere. 
Fece coraggio a sé stessa e al suo stomaco continuando a scendere con la speranza che la puzza diminuisse. Da dov'era grazie alla luce alle sue spalle riusciva a intravedere una porta in legno con un riquandro aperto fatto di sbarre, molto simile a una cella. L'assenza di rumori, nei momenti in cui il suo nome non riecheggiava all'interno del seminterrato, le permetteva di sentire i battiti del suo stesso cuore accelerare. 
Quando arrivò all'ultimo scalino quasi inciampò, ma riuscì a non cadere aggrappandosi alle sbarre. Fu in quel momento che vide Damon steso a terra. Era poggiato a una parete in pietra con la testa reclinata verso il basso. Il colorito la spaventò: era pallido, anche più del solido, e intorno agli occhi aveva dei cerchi scuri come se non dormisse da settimane e inoltre sembrava che fosse privo di forze, che non riuscisse nemmeno ad alzare lievemente la testa. 
Aprì la porta della cella senza pensarci due volte. L'unica cosa che riuscì a vedere dopo fu solo un ombra scura passarle davanti facendola cadere all'indietro sull'ultimo scalino mentre una folata di vento gelido le sferzava il viso, costringendola a chiudere gli occhi. Quando li aprì, sperò con tutte le cellule del suo corpo di non averli mai aperti, di non essere mai entrata in quella casa. 
Damon era chinato su un uomo, probabilmente morto, a bere avidamente il suo sangue. 
Rimase momentaneamente ferma a guardare, spaventata dalla crudeltà di ... non riusciva a pensarlo. Poi la parte ragionante prese il controllo della situazione e inconsciamente si ritrovò in piedi mentre assisteva a quella scena raccapricciante. Si voltò alla velocità della luce e gettando i libri dietro di se salì più velocemente che poteva. Una volta in cima sbatté la porta alle sue spalle senza curarsi di chiuderla per bene. Arrivò alla porta, fece per spalancarla, ma qualcuno la costrinse a chiuderla, con un rumoroso tonfo che riecheggiò all'interno dell'enorme casa, premendo il proprio corpo contro il suo. Non aveva bisogno di voltarsi per capire chi era. 
Lacrime calde le rigarono il viso su entrambe le guance mentre faceva scivolare le braccia inermi lungo i fianchi. Mille domande le annebbiarono la mente e tutte sfociavano in quell'unica realtà in cui Damon era un vampiro. Neanche riusciva a pesarci senza temere di essere finita in un di quei sogni orribili che la stavano torturando. Si, perché quello era tutto un sogno, doveva essere un sogno dal quale si sarebbe svegliata non appena Lisa le avesse urlato di essere in ritardo. Pregò silenziosamente di sentire la voce di Lisa o quella del padre, qualunque ma non quella che effettivamente sentiva. 
<< Così hai scoperto il mio piccolo segreto >>. La voce accattivante di Damon le carezzò l'orecchio delicatamente, sortendo soltanto un aumento della paura. Aveva scoperto il suo segreto e ora sarebbe morta come quel pover'uomo finito lì sotto. 
Con la forza di una mano Damon la fece voltare con il viso rivolto a lui. Era pericolosamente vicino, mentre lei faceva di tutto per arretrare, aderendo sempre di più alla porta. Era in trappola con un vampiro a meno di dieci centimetri dal suo naso e poco più di venti dal suo collo. Scosse la testa al solo pensiero che nemmeno due giorni prima sarebbe stata al settimo cielo per quel tipo di contatto, in quel momento voleva soltanto scappare via e dimenticare tutto.  
Il vampiro avvicinò la bocca al collo. Maria poteva sentire come inspirava rumorosamente col solo scopo di farla impaurire ancora di più, oppure di "assaporare" la merce prima dall'odore, mentre nuove lacrime minacciavano di uscire. Stava per giungere il momento della sua fine, ma in un certo senso se lo augurava. Morendo sarebbe uscita da quella situazione e soprattutto avrebbe rivisto la madre, e non in un sogno squallido. 
Sentì la bocca del vampiro sfiorarle il collo proprio sopra la giugulare quando risalì al suo orecchio ancora una volta. << Fortuna che mi servi >>. A quelle parole Damon si staccò da lei e le rivolse un'occhiata che non riuscì a interpretare e nemmeno volle tentare di capirla. Quando, finalmente, il vampiro si staccò dal suo corpo per correre o camminare (non lo sapeva data la velocità con cui lo fece) chiuse gli occhi e scivolò lungo la porta sul pavimento. 
Non impiegò molto tempo per capire che tentare di fuggire era una battaglia persa in partenza. Ma Damon l'aveva risparmiata. Non sapeva se essere sollevata o meno. In quel momento poteva essere tutto finito e invece era confinata in un angolo con le gambe premute contro il petto e le braccia strette intorno ad esse mentre un vampiro nella stanza accanto era impegnato a versarsi del sangue da una sacca in un bicchiere. Non certo la visione che aveva di un vampiro, ma ciò non toglieva che quella era la sua natura. Uccidere esseri umani innocenti per vivere. Solo in quel momento le balenò in mente che forse era di lui che stava parlando suo padre con lo sceriffo e il sindaco quella mattina in cui li aveva beccati a parlottare. Era lui la causa di tutte le morti in città e non attacchi animali come avevano voluto far credere ai cittadini. Improvvisamente tutto le sembrò chiaro, come se i pezzi di un puzzle si stessero unendo indipendentemente dalla sua volontà. La battutina strana di Damon sul mordere la prima volta che era salita nella sua auto, le cartelle cliniche trovate in camera del padre erano tutte riferite a "attacchi animali" in città, i silenzi del padre riguardo il suo lavoro all'ospedale, la medicazione sul collo di Caroline. 
A quel pensiero un moto di rabbia cieca che le avrebbe permesso di spaccare il mondo con una mano sola la invase donandole l'inaspettato coraggio di avvicinarsi al vampiro seduto sul divano in pelle sul quale era già stata con Stefan. Nella breve distanza dalla porta al divano si chiese se Stefan sapesse del fratello o peggio fosse come lui. Scacciò immediatamente quel pensiero quando fu arrivata davanti al vampiro, che la guardava stranito, probabilmente confuso dal suo gesto. 
<< Hai ucciso tu tutte quelle persone nel bosco >>. Pronunciare quelle parole ad alta voce la fece quasi pentire si essersi alzata. Un'ondata di paura allo stato puro si fece largo dentro di sé, riducendo in brandelli il coraggio che l'aveva spinta a fare ciò. << Sei tu l'animale di cui parlano alla tv >>. Cacciò la poca audacia rimasta a piccole dosi. Il tono disgustato non ebbe nessun effetto sul vampiro seduto davanti a lei. << E' colpa tua se Caroline è in ospedale >>. Nuove lacrime andarono ad aggiungersi a quelle che già avevano bagnato le sue guance sbiancate per lo spavento. Immagini di Damon chino sull'amica come pochi minuti prima la fecero rabbrividire. In preda a spasmi riuscì a usare l'ultimo minuscolo pezzetto di coraggio, levando una mano all'aria e avvicinandola velocemente alla guancia del vampiro per prenderlo a schiaffi. L'intenzione c'era, peccato che i riflessi del vampiro fossero di gran lunga superiori ai suoi: le afferrò la mano racchiudendola in una morsa ferrea dopo essere scattato in piedi mentre Maria arretrava e gemeva per il dolore. Le parve di sentire le piccola ossa della mano incrinarsi al suono di un sommesso scricchiolare. 
<< Non provarci mai più >> la intimidì in un sibilo minaccioso. Solo all'ora lasciò andare la mano. 
Maria non ebbe il coraggio di provare a muoverla per timore di provare anche solo un quarto dello stesso dolore. Accostò delicatamente la mano al petto poggiandovi sopra l'altra mano a mo' di scudo per quella "ferita". Alzò lo sguardo per incontrare quelli sinistri del vampiro, ma lo abbassò di colpo arretrando ancora di qualche passo per mettersi a distanza di sicurezza, nonostante fosse tutto inutile per la velocità con cui riusciva a muoversi. 
<< La tua amichetta è finita lì dentro senza il mio aiuto >> le disse mentre si allontanava per poi sparire da qualche parte nella casa. 
Il dolore alla mano si faceva sempre più forte e impossibile da sopportare. Provò a distogliere i pensieri dal dolore e concentrarsi su quello che aveva detto Damon qualche secondo prima. Come poteva credergli dopo tutto quello che aveva scoperto e che ancora doveva scoprire? Era totalmente fuori questione che gli credesse anche solo per attimo e anche se fosse stato davvero innocente, non toglieva che aveva ucciso più di cinque persone in meno di una due settimane. 
Poco dopo Damon rifece il suo ingresso nella stanza stranamente a velocità umana con una sacca in una mano. Le fece ribrezzo pensare che avrebbe dovuto assistere ancora una volta alla scena di vederlo bere del sangue, così fece per voltarsi a dargli le spalle. 
<< Mettilo sulla mano >>. Fu sorpresa di vedere che quello nella busta non era sangue, ma dell'innocuo ghiaccio impacchettato. Era andato a prenderle del ghiaccio per metterlo sulla mano che lui stesso le aveva fratturato o chissà cosa stritolandogliela. Non avrebbe mai voluto accettare qualcosa dalle mani di quell'assassino, ma il dolore aumentava man mano che il tempo passava e, in assenza di un ospedale, quella busta poteva essere una mano santa per alleviarle la tortura o almeno sgonfiarle la mano. 
Con riluttanza afferrò il pacchetto con il ghiaccio e lo poggiò sulla mano dolorante, provocandole fastidio e brividi freddi lungo il braccio. 
<< Perché non sono finita all'obitorio come quei ragazzi? Hai avuto mille occasioni per farlo >>. Le interessava davvero il motivo della sua del tutto inaspettata "benevolenza" nel non ucciderla? La risposta era si, ma il motivo del suo interessamento la spaventava. In quelle settimane Damon non aveva fatto altro che comportarsi in maniera carina con lei e le aveva persino chiesto di uscire, forse, però, era soltanto per un suo tornaconto. In fondo le aveva detto nemmeno pochi minuti prima che era stata fortunata a servigli per qualcosa. 
<< Mi servi viva >>. Sottolineò per bene l'ultima parola, come se la situazione non fosse già abbastanza macabra, mentre si aggirava noncurante per la casa con un bicchiere di liquore. Aveva risposto alla sua domanda e aveva confermato la sua teoria, ma saperlo non le aveva cambiato niente. Solo che l'aveva usata senza scrupoli. << Per la precisione, mi serve il medaglione che hai trovato tra le cose di tua madre >>. Non le risultò difficile capire da chi aveva avuto quelle notizie. Lisa doveva averlo raccontato senza dubbio a Stefan e quest'ultimo al fratello come una catena senza il minimo segno di rispetto nei confronti di Maria. << E la tua amica strega >> continuò Damon come quello che aveva appena detto fosse nulla. Ma cosa stava dicendo? Un'amica strega? Stranamente gli credeva. Esistono i vampiri, si disse, perché non dovrebbero esistere anche le streghe. Le sembrava si essere stata catapultata in un libro sul paranormale. E di chi stava parlando poi? Lisa non poteva essere. Caroline? No, gliel'avrebbe detto se avesse avuto quella particolare dote. L'unica rimasta era Bonnie. Scosse la testa. 
La situazione stava prendendo una piega troppo strana e contorta, le notizie da digerire erano troppe e troppo misero il tempo per farlo. 
Aveva senso chiedergli chi fosse l'amica strega, ma in quel momento le interessava di più il motivo di quelle richieste. << Perché ne hai bisogno?>>.
<< Non sono affari tuoi >>. 
Maria non osò ribattere, non era nella posizione adatta per farlo. 
<< Ora seguimi >> le disse il vampiro indicandole con una mano la porta. Fece come disse. 
L'aria fredda della sera le fece bene per farle capire che tutto quello che stava succedendo era realtà.
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Maria si rese conto di essere davanti a casa sua solo quando Damon fermò di botto l'auto nel vialetto davanti al garage. Tutto il tempo era stata impegnata a pensare alle recenti notizie " bomba " e stava scendendo a patti con la sua lucidità per capirci qualcosa. Fino a meno di un'ora fa non esistevano vampiri con borse di sangue e streghe. In meno di un'ora la sua vita era cambiata radicalmente senza che lei potesse fare qualsiasi cosa per impedirlo. 
Scese dall'auto e camminò lungo il viale tenendosi ben distante da Damon sempre con la mano congelata per il ghiaccio, che ormai stava per sciogliersi del tutto. Tirò fuori le chiavi dalla tasca con lieve difficoltà e quando stava per infilarla nella serratura, Damon prese il suo polso tra le mani. 
<< Appena entri dentro, invitami ad entrare >>. 
Un'espressione confusa si dipinse sul volto della ragazza, ma Damon non si curò di spiegarle il motivo della sua ennesima richiesta. Maria annuì senza capire ed entrò. 
Vide sul divano Lisa e Stefan voltarsi contemporaneamente nella sua direzione. Li lasciò perdere e invitò Damon ad entrare in casa. 
Alla sua vista, Maria notò l'espressione allegra di Stefan incupirsi all'istante. La lotta di sguardi tra i due fratelli sembrava non essere mai finita, anche se quella volta gli sguardi non erano truci, ma divertiti perfidamente da una parte e lugubre dall'altra. Anche Lisa si era accorta della tensione creatasi nella camera. 
<< Cosa hai fatto alla mano? >> disse Stefan con evidente preoccupazione avvicinandosi lentamente alla ragazza, senza però guardarla veramente. Era più impegnato a scrutare il fratello con aria ... Era spavento quello strano sguardo?
<< Non avvicinarti. Resta fermo dove sei >> gli intimò Maria. Damon non aveva accennato a nulla riguardo la natura del fratello diversa o meno dalla sua, ma era meglio tenerlo alla larga per il suo bene. Era convinta che lo fosse anche lui e l'ultima volta che si era avvicinata a un vampiro era finita con una dolorante mano fratturata. 
Stefan rimase dov'era. Damon allungò una mano verso di lui. << Dammelo >> ordinò perentorio. Stefan indugiò per una manciata di secondi, nei quali Maria percepì la rabbia di Damon crescere, prima di tendergli un anello che aveva in tasca. Era lo stesso che aveva lui al dito. 
<< Ora tocca a te >> disse rivolto a Maria mentre si infilava l'anello al dito. << Dov'è il medaglione? >>. 
Maria gli indicò prima la sua camera e poi lo scaffale sul quale l'aveva riposto. Non aveva la minima intenzione di seguirlo e di passare dell'altro tempo con lui. 
Il suo sguardo cadde su Lisa. Era rimasta in silenzio tutto il tempo con la fronte aggrottata a guardare loro te senza capire nulla di cosa stava succedendo. Cosa le avrebbe detto? Tenerla all'oscuro era impossibile, la scena di poco prima aveva attirato troppo la sua attenzione per rispondere alle sue domande con una "niente di che" e non era tanto scema da crederle semmai ci avesse provato. E poi aveva il diritto di sapere la verità, aveva il diritto di sapere che il suo ragazzo era un vampiro succhiasangue. Ma come dirle tutto senza spaventarla? Era impossibile che ci riuscisse. 
<< Stefan è ... è un vampiro >>
AUTHORS' CORNER: Alloraaaaaaa? Cosa ne pensate? Vi sembra una schifezza? Vi piace? Fatecelo sapere con una bella recensione, tanto battere qualche tasto non vi farà male. Thanks.
  
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