Anime & Manga > TSUBASA RESERVoir CHRoNiCLE / xxxHOLiC
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Autore: harinezumi    15/12/2010    4 recensioni
La stanzetta era semibuia, soltanto un debole raggio di luce autunnale riusciva a passare attraverso le persiane abbassate. Era davvero disordinata, c’erano vestiti ovunque sul pavimento, e l’armadio era aperto, come se il suo proprietario fosse sempre di fretta, e non avesse il tempo nemmeno di chiudere l’anta. L’unica cosa in ordine religioso erano le file di manga sugli scaffali di un’ampia libreria. Su un comodino, quello accanto alla figura dormiente tra le coperte di un letto a due piazze, stava una foto incorniciata.
Raffigurava due ragazzi al lunapark: uno, che doveva aver scattato tenendo la macchina fotografica, dai capelli biondi leggermente lunghi e magrolino, con enormi ed allegri occhi azzurri e un sorriso stampato sul volto; l’altro, con un’espressione cupa negli occhi cremisi e una smorfia sul volto, più alto e con i capelli neri e corti, eccetto per dei ciuffetti ribelli sulla fronte.
{il seguito di "Do you want to know a secret" :D non tiratemelo dietro ^^'}
Genere: Drammatico, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Fay D. Flourite, Kurogane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Cap 2

Fixing a Hole

[Track 5 – Sgt. Pepper Lonely Hearts Club Band]

 

I’m taking my time for a number of things
That weren’t important yesterday

«Kuro-puu, finalmente sei a casa!» esclamò Fay, quando lo vide entrare dalla porta del soggiorno. Ma non si alzò, o avrebbe distrutto la catasta di carte e libri che aveva addosso e sparso sul divano dove stava seduto a studiare. Inoltre, aveva un’aria decisamente troppo stanca per correre ad abbracciarlo con tutto il suo entusiasmo.

«Mh, sono già le cinque…» mormorò Kurogane. Uno dei suoi tentativi di scusarsi, un rituale che solo Fay avrebbe potuto capire.

Il biondo sorrise, con una risatina. «Non fa niente, Kuro-tan. Ero così preso a studiare che non ho nemmeno notato l’ora!» mentì, allegramente, come se nelle due ore precedenti non avesse passato il tempo a lanciare occhiate speranzose e preoccupate all’orologio.

«Sei sicuro di voler continuare?» chiese dubbioso il moro, andando a gettare in un angolo della stanza la propria sacca, prima di appoggiarsi alla parete accanto al divano, solo per scrutare perplesso i simboli diabolici della chimica che Fay studiava.

«Certo che continuo! Mi piace la scienza, è emozionante!»

«Se lo dici tu» grugnì Kurogane, che ogni tanto era stato costretto a seguire corsi di chimica ed era inorridito al solo pensiero di studiarla. «Tuo padre non ti aveva offerto dei soldi per i tuoi studi? Non mi sta molto simpatico, ma forse ti conviene cercare di contattarlo».

«Non mi risponde più, ricordi?» chiese Fay, con una risatina che celava la disperazione che per un attimo gli aveva attraversato gli occhi, al ricordo di Ashura, malato e chiuso in una clinica negli Stati Uniti. «Kuyo, la sua assistente, mi ha mandato una mail nove mesi fa. Ma lui non accenna a chiamarmi». Sbuffò, cercando di non dare a vedere quanto quel pensiero riuscisse ancora a turbarlo. Ma voltandosi verso Kurogane, vide che anche lui aveva un’espressione pensierosa. «Che c’è?»

«Niente. Pensavo» mormorò Kurogane, sorprendentemente incerto e insicuro per i suoi standard, «che tuo padre non è il tuo vero padre. È la persona che ti ha cresciuto, e sicuramente tu non lo amerai di meno perché non sei suo figlio. Ma non è tuo padre, e questo è molto… triste».

Fay si sorprese a quelle parole, rimanendo per qualche attimo a guardarlo meravigliato, senza sapere che cosa dire. Ma quando Kurogane scorse nei suoi occhi il velo di tristezza dato proprio dal discorso che aveva cominciato lui stesso, deglutì, affrettandosi immediatamente ad assumere un’espressione colpevole.

«Non intendevo…» cercò di articolare, quando ormai Fay sembrava un cucciolo di gatto in procinto di annegare. «N-non piangere, dannazione! Accidenti, quanto sono stupido!» gridò quasi, dando rabbiosamente un calcio all’aria.

Il biondo rise, beccandosi un’occhiata furiosa; perché Kurogane aveva ragione, aveva anche gli occhi umidi. E Kurogane odiava quando Fay piangeva. «Non importa, io… conoscevo solo Ashura e Yui, in fondo. È l’unica famiglia di cui ho mai avuto bisogno, a parte te ovviamente, Kuro-pon!» aggiunse in tono affettuoso, alzandosi finalmente dal divano e andando ad abbracciarlo con il suo solito trasporto. Le carte su cui studiava svolazzarono in giro indisturbate.

«Scusa, non aprirò più bocca sull’argomento» sbuffò Kurogane, ancora seccato per la propria incapacità di starsene zitto. Ma, come sempre, si dimostrava anche piuttosto scocciato dalle fusa che Fay aveva preso a fargli sul petto, infatti non resistette a lungo. «Adesso però levati, devo andare a studiare».

«No-ooo!» fu tutta la risposta, mentre il biondo gli stringeva la vita ancora più forte. Kurogane non sembrò neanche ascoltarlo, perché prese a dirigersi lo stesso verso lo studio a grandi passi, mentre l’altro cercava di stargli avvinghiato. «I malvagi libri di Kuro-chu mi portano via il mio fidanzatooo!»

«Che idiozie vai dicendo!» sbottò il moro, una volta arrivato sulla soglia dello studio e cercando finalmente di spingersi via il biondo di dosso, puntellando le mani sul suo petto. Tuttavia ci metteva pochissima energia; in parte perché mirava ad insegnare a Fay (come fosse un cane) a levarsi di torno da solo, in parte perché non aveva davvero il cuore di sollevarlo di peso e sbatterlo fuori dalla stanza per l’ennesima volta.

«Kuro-chan, non ho niente da fare!! Abbi un po’ di pietà e fammi compagnia, dai!» continuava Fay, avvinghiato a lui nonostante tutto con una forza sovraumana.

«Certo che hai da fare, devi preparare la cena» rispose Kurogane con la sua solita finezza, afferrandolo per i fianchi, deciso, e staccandolo finalmente da sé.

Per la seconda volta in pochi minuti, però, doveva aver usato le parole sbagliate, perché l’espressione di Fay era furiosa all’inverosimile quando poté riguardarlo in viso. Il biondo fremeva di rabbia, e presto prese ad urlare, preda di uno dei suoi attacchi isterici. «IO non sono la TUA schiava!» gridò, puntandogli l’indice al petto.

Poi, senza nessuna esitazione, lo spinse dentro la stanza, afferrando la maniglia della porta dello studio e sbattendogliela in faccia. 

«D’ora in poi divertiti a pomiciare con i tuoi libri, perché da me non avrai più un bel niente!»

Kurogane sentì un calcio alla porta e i passi furiosi di Fay che si dirigevano in cucina, mentre rimaneva immobile e allibito a fissare il legno davanti a sé. Ma probabilmente non era una buona idea seguire il biondo in quel momento; perciò seguì il suo consiglio, sospirando e aprendo il libro di anatomia.

Prima o poi, pensò rassegnato, si sarebbe abituato agli improvvisi cambiamenti d’umore di Fay. Forse.

 

***

«Ehi».

Nessuna risposta. Fay sembrava sprofondato con tutto il viso su uno dei cuscini del divano, steso a pancia in giù. Non si muoveva, specialmente da quando Kurogane, verso le nove, era passato dalla cucina a prendersi da bere ed era andato a controllarlo.

Dato che il biondo non aveva spiccicato parola, era tornato in cucina, per preparare lui qualcosa di decente per cena. Fay era decisamente più bravo in quel campo, peccato che se la prendesse da morire quando Kurogane osava accennare al fatto che facesse con successo quasi tutti i lavori vagamente femminili in quella casa. Una volta il biondo aveva anche cercato di spiegare perché, ma il tutto era finito in mezze frasi blaterate: a quanto pareva, non voleva essere considerato un la donna della coppia, una presenza scontata, né una preoccupazione.

«Ehi» mormorò di nuovo Kurogane, dalla soglia del soggiorno. Nove e mezza, e quella che poteva sembrare una cena era pronta in tavola. Fay non si mosse, stoico. «Mi arrabbierò da morire se non mi rispondi» lo avvertì allora il moro, con una smorfia di sopportazione. «La cena è pronta».

Fay alzò piano la testa, puntando due occhi celesti decisamente seccati su di lui. «Non ti ho chiesto di farla. Io».

«Lo so bene» rispose Kurogane, attendendolo ancora senza smuoversi di un millimetro.

Il biondo si alzò con un sospiro, dirigendosi finalmente alla porta del salotto, scavalcando tutte le proprie carte ora sul tappeto. Quando giunse accanto a Kurogane e fece per sorpassarlo, sentì la sua stretta stringergli un polso, poi il moro lo attirò a sé con dolcezza, per tenerlo abbracciato da dietro. Fay abbandonò la testa all’indietro, sulla sua spalla, chiudendo leggermente gli occhi.

«Tu non sei la mia schiava» precisò Kurogane allora, arrivando a baciargli una guancia.

«E vedi di non dimenticarlo».

***

«Suwa, sarei contenta se dopo la sua laurea rimanesse qui ad insegnare» esordì la preside, subito dopo averlo convocato nel suo ufficio. Kurogane, osservò anche lei con un ghigno, non riusciva neppure a tenere gli occhi aperti dal sonno; già altre volte Yuko Ichihara si era chiesta che razza di weekend passasse. Sospettava avessero a che fare con il ragazzo biondo che ogni tanto compariva davanti al cancello della scuola e si aggrappava al moro. «Mh, si vuole sedere?»

La preside di quella scuola era una donna veramente bella e giovane (anche se avrebbe in effetti potuto avere qualunque età compresa tra i venti e i trentacinque anni), dai lunghi capelli neri sempre raccolti in maniere fantasiose con matite, fermagli a farfalla e nastrini; i suoi vestiti erano costantemente poco consoni all’ambiente scolastico, e non lasciavano davvero nulla all’immaginazione. In quel momento, portava appena una canottiera che permetteva ad un qualsiasi osservatore di avere una visuale più che ampia del suo seno.

«Eh? Mh, sì» farfugliò Kurogane, riscuotendosi dal mondo dei sogni (a lui l’aspetto fisico della preside non toccava nessuna corda, era interessato piuttosto ad un altro tipo di fisico; quello con cui aveva giocato tutta la notte precedente) e individuando la sedia fortunatamente a mezzo metro da sé, riuscendo per miracolo a centrarla quando si sedette. «È una buona offerta, ma perché me la sta facendo?»

«Abbiamo bisogno di un allenatore di basket. Quello precedente ha avuto un esaurimento nervoso e si prende una pausa di qualche anno» continuò la preside, con aria seccata, come se nessun professore dovesse avere il diritto di impazzire.

Kurogane invece non stentava a credere che in quella scuola cose del genere potessero accadere, specialmente perché a capo c’era lei, un genio del male. «Perché ha parlato di insegnare, allora?»

«Beh, di un supplente c’è sempre bisogno, e i ragazzi la trovano simpatico» minimizzò Yuko, come se quello fosse un motivo valido per assumere qualcuno a tempo pieno. «Sono sicura che tra qualche anno quel vecchio bacucco del professor Reed se ne andrà in pensione, e allora passerà lei di ruolo».

«La ringrazio» mormorò Kurogane, ancora piuttosto sorpreso. Quella era un’arpia, ed era raro che facesse favori gratuiti.

«Di nulla! Ora, per festeggiare, vada a sistemare tutti i registri del vecchio in archivio, su» rispose la preside, dolcemente, invitandolo con un cenno della mano a sloggiare.

Kurogane evitò di sradicare la scrivania di Yuko per dargliela in testa, e con un grugnito di sopportazione e un’occhiata di puro odio alla donna sorridente, uscì dall’ufficio, dirigendosi verso gli archivi. Fei Wong non ordinava mai i suoi registri. Probabilmente alcuni risalivano agli anni ottanta, e questo Yuko doveva saperlo benissimo.

Mentre cercava di decifrare la scrittura di quel tipo odioso, che somigliava di più a quella di un orango rispetto a quella di un comune mortale, il cellulare gli squillò nella tasca nei pantaloni della tuta, facendolo sobbalzare. Fortunatamente non lo avevano chiamato mentre era dalla preside, perché si era dimenticato la suoneria accesa e sfortunatamente Fay l’aveva manomessa: ora suonava “Under the sea” del cartone de “La Sirenetta”.

Con un ringhio, Kurogane realizzò che era proprio il rompiscatole a chiamarlo.

«Che vuoi?» gli domandò, in maniera poco gentile. «Io sto lavorando, dovresti piantarla di…». Ma un singhiozzo dall’altro capo del telefono lo bloccò immediatamente, qualunque cosa stesse per dire.

«Ashura…» riuscì a balbettare Fay.

«Cos’è successo?» chiese Kurogane, cercando di ostentare una calma che non aveva in quel momento; si alzò, uscendo in fretta dalla stanza in cui erano archiviati tutti i registri e lasciando ogni cosa lì dove stava. Si diresse in palestra, per prendere tutte le sue cose.

«Ashura… Kuyo ha detto che i-ieri…» continuava a farfugliare Fay, tra i singhiozzi che probabilmente non si rendeva nemmeno conto di emettere, e sempre più forti. «Ashura… è morto…».

«Ascolta» gli rispose Kurogane, in tono sbrigativo. «Ora io vengo a casa, chiudi il negozio e fai lo stesso. Al resto penserò io, ma tu puoi farmi questo favore?» chiese, come se stesse parlando ad un bambino. Si mise la propria sacca recuperata in spalla, uscendo da una delle porte laterali della palestra. Non stava nemmeno avvertendo che si prendeva la giornata libera.

«N-non… com’è possibile…» mormorò soltanto Fay, senza dare segno di aver capito di che cosa stesse parlando.

«D’accordo, aspettami lì». Kurogane imprecò tra i denti, perché probabilmente il biondo in quel momento era capace di fare qualunque cosa. Era strano, anzi, che fosse riuscito a chiamarlo. «Non ti muovere, mi hai capito?» La sua preoccupazione crebbe quando non sentì nessuna risposta, ma solo un forte singhiozzo, così riattaccò e corse verso il negozio di fumetti.

Non perse nemmeno tempo a prendere la moto parcheggiata nell’area degli insegnanti, arrivò direttamente a piedi davanti al “No gravity”, senza fermarsi a prendere fiato neanche un attimo. Aprì la porta, constatando che grazie a dio non c’era nessun cliente, solo per dirigersi dietro il bancone.

Fay era seduto accanto al computer della cassa, a fissare con sguardo vitreo il pavimento davanti a sé. Non piangeva più, ma il suo viso era umido di lacrime e non dava segno di aver notato la presenza di Kurogane.

«Dove sono le chiavi?» domandò allora questi, con un sospiro, senza perdere tempo a cercare di arginare il fiume di depressione in piena che di certo scorreva liberamente dentro il petto di Fay. In quei momenti, era perfettamente inutile provare a confortarlo in qualche maniera.

«Eh?» domandò semplicemente il biondo, alzando due occhi sgranati su di lui. Probabilmente non aveva capito chi fosse; per fortuna, non era un cliente.

Kurogane sospirò di nuovo, cominciando da solo a cercarsi le chiavi, appese dietro al bancone in un armadietto. Andò a serrare la porta del negozio e a chiudere le saracinesche, sotto lo sguardo inebetito di Fay, che però non disse una parola.

Solo quando il moro si avvicinò nuovamente a lui, osò spiccicare qualche mezza frase. «Kuro-rin, non è necessario… sono in grado di lavorare, adesso» mormorò, con una vocetta flebile che ricordava tanto un uccellino caduto dal nido. «Tu… non dovresti essere a scuola?»

Kurogane intanto aveva preso le cose di Fay, infilandole dentro la borsa a tracolla del biondo e mettendosela al collo, prima di afferrare anche la propria sacca. Solo allora accennò a prestare attenzioni all’altro, allungandogli una mano. «Andiamo a casa».

«Ma dovremmo essere entrambi al lavoro, Kuro-tan…» cercò di sillabare Fay, venendo subito interrotto dall’altro.

«Qual è la cosa che ti ho ripetuto un milione di volte?» sbottò Kurogane, seccato. L’unico modo di avere a che fare con Fay in quei momenti era riscuoterlo con una certa decisione da quel torpore insano che lo prendeva altrimenti.

«Che non devo entrare nella doccia insieme a te?» chiese il biondo, in un filo di voce.

Kurogane divenne color peperoncino, ma per quanto imbarazzato da quell’uscita così ambigua e pronunciata con aria così dannatamente ingenua, riuscì ad articolare qualche parola. «No, maledizione! L’altra cosa!»

«Oh, che Kuro-sama non starà mai e poi mai sotto» rispose Fay con una debole risatina, in un tentativo puerile di prenderlo in giro, ora che si stava riprendendo. Ma all’occhiata di Kurogane abbassò mestamente lo sguardo, mordicchiandosi il labbro. «Che le idiozie che dico ti entrano da un orecchio e ti escono dall’altro…».

«Esatto».

Fay si alzò, prendendogli la mano. Kurogane utilizzò quella presa per avvicinarlo al proprio petto, lasciandogliela e passandogli il braccio che non reggeva la sacca sulle spalle. Lo strinse per qualche momento a sé, prima di accompagnarlo alla porta sul retro, da uscirono in strada.

«Ma non sono idiozie. Tu devi andare al lavoro, non puoi perdere tempo ad occuparti di me! Kuro-sun, in fondo non è mica morto nessun…». Fay s’interruppe, trattenendo di nuovo a stento le lacrime. Era così occupato a mentire bene a Kurogane che si era scordato di fare attenzione alle parole da usare.

«E dopo questa hai il coraggio di dire che non sono idiozie? Idiota» ribatté Kurogane, senza lasciarlo, fermandosi soltanto per chiudere anche la seconda porta del negozio.

«Ma guarda che mi sarebbe bastato pensare a te che torni a casa la sera» sussurrò Fay, una volta che il moro l’ebbe lasciato, quando furono davanti alla soglia di casa. Kurogane era intento ad aprire la porta, ma a quelle parole lo guardò, perplesso. «Mi sarebbe bastato vedere il mio Kuro-chu a cena, e sarei stato subito benissimo».

«Beh, non si è mai troppo sicuri».

«L’importante è che non mi lasci tu, Kuro-bau. Il resto… è stato triste. Ma non può accadere due volte, e intanto ho te».




 

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vi chiedo di pazientare un pochino perché la storia cominci ad essere sensata =-= all’inizio la trama non esisteva, quindi questi primi tre capitoli sono perfettamente inutili (e lo ammette pure!). inoltre, fortemente (a mio parere) OOC.. ma siccome così non vi verrà mai voglia di continuare la storia, assicuro che poi diventa interessante xD

ringrazio i miei lettori <3 devono sapere che li amo tutti e che spero di trovare sempre tempo per aggiornare in fretta. intanto, mi sono giunte anche sei recensioni *W* il mio cuoricino è happyyy!

 
to Emily00: ma salve :D che bello risentirti, e che bello sapere che ancora vuoi seguirmi!! la storia è una specie di pre-Horitsuba, è vero ^^ però ho cambiato quasi tutto a mio piacimento, lo ammetto xD in compenso, credo di aver inserito parecchi personaggi clampici! per quanto abbiano cameo brevi :) e poii.. la KuroFay è angst xD ci piace per questo <3 ti ringrazio un sacco, non abbandonarmi anche se pubblico capitoli schifosi, ok? ç-ç

to Yuri_e_Momoka: collega *___* oddio, ora che mi hai fatto tutti questi complimenti, rileggendo la storia mi rendo conto che non me li merito xD specialmente per stò capitolo del cacchio. spero tantissimissimo che i miei personaggi ti piacciano, perché mi sono resa conto che li ho tolti completamente dal loro ambiente naturale, vivranno situazioni particolari per quanto sempre deprimenti >-< intanto grazie :° *le manda amore*

to Francesca Akira89: ti ringrazio un sacco :D Kurogane è un po’ allucinato da Kohaku mi sa xD mi è parso di capire che non hai letto la storia precedente a questa *-* ottimo, così mi dirai se si capisce qualcosa (l’autrice sospetta di no =-=)! sempre se vorrai, ovviamente :) grazie ancora per questa recensione!!

to Julia_Urahara: kyaaa Fran *-* ammetto che ho smesso di scriverti porno-sms perché avevo finito il bonus del giorno. sono sveglissima xD dopo questa confessione, devo dire che sei impagabile, davvero! anche se hai già letto ogni cosa sei qui a darmi tanta soddisfazione con la tua recensione ç-ç spero che i miei Kurogane e Fay ti piacciano anche la seconda volta <3

to __Di: wow mi sento importante a venire recensita da te °-° ovviamente, mi ha fatto un sacco piacere sapere che hai letto l’altra fic, e non è necessario che la commenti ^^ intanto l’hai letta!! ti ringrazio molto per le tue osservazioni, specialmente perché mi sono impegnata a clampizzare di più questo racconto rispetto al precedente, ci saranno molti personaggi! ora però mi sento un po’ in colpa perché qui Fay appare nevrotico/checchettaisterica ^^’ ma prometto che non lo faccio più ç-ç

to angel92YH: in realtà spero di riuscire a risultare ancora divertente, nonostante è indubbio che la storia non sarà allegra xD m’impegno a farti sorridere almeno una volta a capitolo, ok? ^^ ti ringrazio tantissimo per la recensione, per gli scrittori è sempre bellissimo riceverne di così carine! <3

notte a tutti *____*

harinezumi

prossimo capitolo: “Yesterday”

  
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