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Autore: GrumpyTrolla    21/12/2010    2 recensioni
Qualche mese è passato dal caso del finto Jack lo Squartatore, e le vite di tutti sono proseguite - più o meno - come al solito. Ora però, per l’investigatore è in arrivo un nuovo, inquietante caso. Questa storia è il seguito di “Red Flags and long Nights“.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Due Facce aka Harvey Dent, Enigmista aka Edward Nygma, Joker aka Jack Napier, Spaventapasseri aka Jonathan Crane
Note: Movieverse | Avvertimenti: Incompiuta
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BEAUTY KILLER:


Dal diario di Edward: c‘è una linea sottile, tra follia e realtà.
Ma perdio, pensavo proprio di averla già superata.

Rhinestone my eyes closed, and please fix my hair
(Cristalli i miei occhi chiusi, e per favore aggiustami i capelli)

Capitolo 9: Eyes closed.

Un urlo riecheggiò nella stanza e Nigma si alzò di scatto, spaventato a morte; sulle labbra già s’era formato un Perdio, Joker!, ma all’ultimo momento riuscì a trattenerlo: quello non era il suo letto, né la sua stanza quindi ovviamente, neppure casa sua ma soprattutto, i suoi vestiti erano scomparsi; si voltò, e notando un’altrettanto nuda vedova Steiner al suo fianco, ricordò della sera precedente.
“Oh mio Dio.” Si lamentò la donna, il viso coperto dalle mani. “E’ stato un incubo.”
Nigma, ancora confuso e pieno di sonno, alzò un sopracciglio.
“Beh oddio, non sarò Rocco Siffredi ma…”
Non tu!” Gridò ancora, colpendolo istintivamente con un doloroso mancino. “Un brutto sogno… non potevo muovermi, né gridare o chiudere gli occhi.” continuò, sull'orlo delle lacrime. “Dovevo guardare! E gli aghi, Dio, quegli aghi!”
Ormai singhiozzante si gettò addosso ad Edward che, ancora troppo intontito per capirci qualcosa, sollevò un braccio e per rassicurarla le cinse le spalle, blaterando tutte le banalità che gli venissero in mente; tutto pur di farla smettere, non riusciva proprio a sopportare certe dimostrazioni violente di sentimento.
Tempo qualche minuto e l’investigatore era già in piedi, vestito e sulla porta; prima che uscisse dalla stanza la vedova Steiner lo fermò, inserendogli una mano nell’incavo del gomito ed incoraggiandolo a voltarsi.
“Fai attenzione, ti prego.”
Completamente spiazzato e di pessimo umore tornò a casa, quasi non vedeva l’ora di rivedere il suo circense coinquilino, ma ad aspettarlo c’era qualcun altro: il commissario Gordon.
Ma che ha quel portone? pensò, irritato da quella totale mancanza di privacy a causa di una serratura ancora difettosa, nonostante tutte le riparazioni e sostituzioni effettuate.
“Commissario.” Sorrise, malizioso. “Non viene spesso a trovarmi, che succede?” Chiese mentre entrava in cucina, subito seguito dal suo ospite.
“Ti ho portato il giornale di oggi. In questi giorni a Gotham c’è stata un’epidemia di suicidi pare, e tutti i testimoni giurano che prima di morire, quelle persone si sono… beh, trasformate.”
Edward si voltò a guardarlo, un sopracciglio alzato ed una tazza di caffè in mano. Il tono di Gordon, a metà tra il preoccupato e l’incredulo, rispecchiava perfettamente i suoi sentimenti; non disse nulla, tese di più il braccio finché l’ospite non gli prese la bevanda dalla mano, poi si voltò a prepararne un’altra.
“Ho controllato.” Aggiunse allora il commissario. “Tutti ex pazienti della clinica.”
“C’è altro?” Domandò Nigma, rifiutandosi di commentare quelle fantasie allucinatorie.
“Sì, oggi sono arrivati i referti del medico legale. Ha trovato degli oggetti estranei conficcati nel cranio dei cadaveri, attraversavano il cervello in più punti, sempre gli stessi.”
“Che oggetti, che punti?” Chiese l’investigatore, sorseggiando il suo caffè.
Gordon frugò brevemente nella tasca della giacca, ne estrasse una bustina trasparente, un foglio di carta piegato in due e glieli porse. Nella busta, vi erano una serie di aghi sottilissimi, sul foglio erano annotati i sette punti in cui questi erano stati ritrovati.
Nigma li osservò per qualche attimo, poi alzò lo sguardo sul commissario.
“Posso tenerli?”
Il sorriso che Gordon gli propose sembrava triste, di certo era stanco. “E che li ho portati a fare, secondo te?” Lo salutò, ringraziandolo per il caffè e se ne andò al lavoro.
Rimasto solo Edward sospirò e, portandosi a spasso il caffè per tutta la casa, rifletté sugli oggetti appena ricevuti: nella sua mente c’era solo una cosa da fare, chiamare Spaventapasseri; se c’era qualcuno in grado di capire cosa significasse tutto ciò - e magari chissà, rivelarglielo anche -, era lui. Doveva chiamarlo.
Tirò fuori il cellulare dalla tasca e lo accese, immediatamente ricevendo un sms da Jonathan, datato la sera prima.
C’è movimento, fatti sentire appena puoi.
Avrebbe fatto di meglio: gettato il caffè raffreddato nel lavandino andò nell’ingresso, prese al volo la giacca dall’attaccapanni e le chiavi dalla classica ciotola sulla mensola, ma appena toccò la maniglia della porta gli tornò in mente, come un flash: Dovevo guardare! E gli aghi, Dio quegli aghi!
Non gli piaceva. Ogni minuto che passava, sempre più, non gli piaceva.


  
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