CAPITOLO
DICIOTTO
Whenever
things go wrong, I'll be with you.
Whenever
clouds are there, we'll fight that through.
You
never walk alone. I'll be with you.
(Mathou,
You Never Walk Alone)
Charlie tentava
di nascondere il tremolio di fronte al suo miglior amico quando aprì la porta. Quella
maledetta febbre!
«Charlie?»
giunse dal soggiorno la voce di Alan. «Sei
tu?»
«Sì!» rispose
Charlie – e avrebbe preferito che sua voce fosse sembrata più forte.
«Cosa c’è?» Si
era precipitato da loro Alan «Che è successo?
Credevo che saresti tornato più tardi. Non stai bene?»
Charlie non
sapeva se essere grato o snervato mentre suo padre l’osservava con
preoccupazione e tensione. «Non agitarti, papà. Sto bene».
«Non è vero» lo
interruppe Larry ad un tratto. «Charles è svenuto durante la lezione».
«No che non
sono svenuto!» intervenne Charlie, ma Alan non lo ascoltava e Larry non si
faceva confondere.
«Ha la febbre».
«Solo un po’!»
«Dovrebbe
andare dal dottore».
«Ci sono già stato!»
«E forse…»
«Non sono
matto!»
Quello era
troppo. Ancora una volta le stelle danzarono davanti agli occhi di Charlie che
si appoggiò contro il muro.
«Charlie! Stai
bene? Charlie!»
Da qualche
parte venne un braccio e una mano che lo sostennero attorno alle spalle.
«Sto bene»
balbettò Charlie. «Solo… solo devo sdraiarmi… sarà finito fra poco…»
Probabilmente
nel suo subconscio Charlie si accorse che veniva guidato nel soggiorno mentre
le stelle continuavano a danzargli davanti agli occhi.
«Dai, siediti
figliolo, sdraiati. Prenda la coperta. Ti farò un tè».
Alan sparì
nella cucina. Rimase solo un Larry scioccato.
Gradualmente i
dintorni del campo visivo di Charlie divennero di nuovo più chiari; i contorni
tornavano; la stanza smise di girare. Stava di nuovo bene, almeno per il
momento.
«Charles?»
La voce di
Larry suonò sottile. Charlie voltò la testa e tentò di alzarsi un po’. Aveva
dimenticato che Larry non era abituato a tutto quello.
«Mi spiace,
Larry. Non volevo che lo vedessi…».
Larry scosse il
capo. «Non lo capisco… non lo capisco…»
«Larry…»
«No, no, no,
no, no, non dire niente, non voglio sentire niente».
«Larry, per
favore…»
«Sta zitto!»
Non aveva un
buon aspetto. Niente affatto. Per essere esatti, Larry aveva un aspetto
miserevole. Charlie non sapeva cosa fare. Larry era il suo miglior amico e la
cosa era reciproca. Come Charlie avrebbe potuto aiutarlo a venire a capo della
possibilità che forse sarebbe morto di lì a poco?
«Ecco, il tè è
pronto!»
Con un vassoio
tra mani Alan entrò nel soggiorno, interrompendo l’atmosfera tesa. Mise il
vassoio sul tavolo e guardò suo figlio in modo preoccupato.
«Charlie…?»
chiese cautamente.
«Sto bene»
rispose meccanicamente. L’aveva detto talmente spesso negli ultimi giorni che
le parole vennero da sé dalla sua bocca.
«Non tentare di
illudermi!» insorse Alan prima di diventare di nuovo basso e dolce. Mise le
mani sulle spalle di suo figlio sdraiato sul divano. «Puoi metterti a sederti?»
chiese invano perché tentava già a sollevarlo. Però non si era aspettato la
resistenza di Charlie.
«Sì… no… non trattarmi
come un uomo morente!» li lamentò Charlie, irritato, e anche la tensione di
Alan diventò evidente.
«Ma lo sei!»
Per qualche
attimo nessuno disse niente; nessuno anzi respirava.
«Grazie» disse
Charlie alla fine e nessuno dei tre sapeva di che cosa esattamente parlasse.
Di nuovo c’era
un silenzio teso, prima che Alan si schiarisse la gola e provasse a cominciare
una chiacchierata, sembrando grottescamente disinvolto considerata la
situazione.
«Va bene, voi
due – com’è stata la vostra giornata?»
«Buona» rispose
Charlie, conformemente alla verità. «Ho portato a termine le due lezioni in
modo normale. Ho raccontato agli studenti della mia malattia e poi mi sono
licenziato. E’ solo che non sono ancora riuscito a svuotare il mio ufficio. Larry
mi ha portato qui».
«E’ stato
gentile da parte tua, Larry».
«Si… si fa ciò
che si può».
Se Lawrence
Fleinhardt di solito non apparteneva al mondo normale e reagiva in modo
confuso, adesso era estremamente difficile trovare un’espressione adatta per il
suo stato d’animo. Il fatto che il suo miglior amico e il padre di questo
stessero parlando della malattia di uno dei due con tanta scioltezza… – no, non
poteva credere a ciò che stava succedendo, tanto meno analizzarlo. Spostava lo
sguardo, sempre in confusione e perplessità, dall’uno all’altro Eppes e non
percepiva più le loro parole.
«Allora è
vero?» si assicurò, sempre incredulo, interrompendo così la loro conversazione.
Lo guardarono, e adesso Alan sembrava confuso quanto Larry.
«Cos’è vero?»
«Che…» Era sempre
tanto difficile manifestare quest’ipotesi. «Che Charles ha la leucemia».
Con stupore e
rimprovero Alan guardò suo figlio. «Non
gliel’hai detto?»
«Ma sì,
naturalmente! Però non mi ha creduto».
«Era
semplicemente così improbabile» balbettò Larry, ricordandosi della
conversazione nella sua macchina.
«Le coincidenze
sono una realtà matematica, Larry. Eventi statisticamente improbabili accadono
continuamente. Lo sai bene anche tu che se non fosse così la terra non si sarebbe
mai formata».
«Come… come
puoi farlo? Come puoi parlarne in
questo modo?»
«Ho avuto il
tempo di rassegnarmi alla faccenda, Larry. Credimi, fra poco guarderai queste
cose in modo meno serio».
Larry non
credette a nessuna di quelle parole.
«Ma… ma non…
non puoi semplicemente lasciarmi solo!»
L’ex-mentore di
Charlie si sentiva completamente perso, come se nuotasse in un lago immenso e
scuro che solo sporadicamente veniva illuminato da lucciole e come se avesse
appena perso il suo salvagente. O come se la persona che era stata accanto a
lui per tutto questo tempo, ora fosse affondata…
«Larry,
ascoltami!»
Larry levò lo
sguardo e lo puntò direttamente negli occhi intensi di Charlie.
«Non devi
abbandonare la speranza! Ti prego! Non so ancora con sicurezza come si
svilupperà la malattia! Le prospettive che diventi di nuovo completamente sano
sono molte! Dovrò solamente concedermi qualche settimana di riposo, ecco
tutto!»
Ognuno dei tre
uomini presenti sapeva che Charlie stava sminuendo il tutto. Eppure le sue
parole attizzarono la speranza di tutti.
«Va bene» disse
Larry infine e addirittura ce la fece a sorridere. «Va bene. Credo in te. Ehi, voglio dire – fino a questo punto hai
fatto così tante cose che chiunque avrebbe creduto impossibili! Solo per dirne
una: laureato a Princeton a 16 anni!»
«Questo è
vero!» intervenne Alan prima che Larry cominciasse sul serio l’elenco «Charles,
non importa che cosa succederà, io voglio che tu sappia una cosa: in qualsiasi
momento avrai bisogno di me, io sarò qui per te».
Charlie annuì
solamente. Non sapeva che dire. Lo
sostenevano tutti. Era talmente grato del fatto che potesse confidare in loro,
che non trovava parole per esprimerlo.
Che cosa avrebbe potuto desiderare di meglio?
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Ah sì.... sembra che stiamo per finire la storia. Ci mancano ancora due capitoli. Spero che la fine vi piacerà. In ogni caso mille grazie per le vostre recensioni fino a questo punto!