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Autore: Isyde    05/01/2011    1 recensioni
E se i Babbani avessero combattuto nella seconda Guerra Magica, anzi una Babbana in particolare?
E se costei, portasse lo stesso cognome di una strega conosciuta.
Ma se questa Babbana, all'inizio, non volesse far altro che distruggere quel mondo così irrazionale?
Cosa le farà cambiare idea?
Buona Lettura, Isy.
Genere: Azione, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Fred Weasley, George e Fred Weasley, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da VII libro alternativo, Da Epilogo alternativo
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Prologo - Foto di famiglia.
 
 


Nonostante fosse una calda mattina di fine giugno, la signora Granger indossava un maglioncino grigio e un cappello scuro.
Stava portando a spasso Nelly, il suo adorato cane, che sua figlia Hermione e suo marito le avevano regalato qualche anno fa.
Il piccolo Beagle era cresciuto decisamente, tant'è che rischiava l'obesità visto la voracità con cui mangiava i suoi pasti.
Quel cane aveva l'unica caratteristica che nessun Granger possedeva: la pigrizia.
Se lei e suo marito Wilfred erano costantemente a lavoro, sua figlia Hermione riempiva i pochi giorni passati a Oxford leggendo e in giro per musei oppure dedicandosi a qualche studio in particolare.
Probabilmente l'unica che potesse avere una tendenza di quel genere era Cleta.
Fin da piccola nessuno riusciva a schiodarla dal divano o dalla telivisione.
Era fin da sempre innamorata di quella scatola e a lungo, lei e suo marito, avevano parlato di quel problemi. L'avevano iscritta a un corso di teatro, nella speranza di vederla entusiasta per qualcosa di intellettuale.
Oxford offriva centinaia di piccole rappresentazione e doveva ammettere che più di una volta, sognò per sua figlia una carriera come star hollywoodiana. Ma persino quella frivolezza venne distrutto dalla realtà.
Gli unici interessi di Cleta erano i videogiochi violenti che suo cugino John gli passava, correre lungo la campagna inscenando inseguimenti spericolati e leggere le biografia dei grandi militari della storia.
La sua pigrizia scolastica le costò qualche castigo, la sua indisciplina qualche sospensione e convocazione dal preside, ma in cuor suo sapeva benissimo a cosa era destinata sua figlia.
E conosceva anche il colpevole di tale scempio.
Suo suocero, Patrick Granger, era solito raccontare alle sue bambine gli anni della Seconda Guerra Mondiale.
Narrava delle incredibili avventure del suo aereo, un vecchio caccia, appena diciottenne. Dei compagni che aveva visto morire, della sua città natale completamente rasa al suolo, dell'incredibile sensazione che provava quando era in combattimento.
Se Hermione lo interrompeva facendogli domande, Cleta ascoltava tutto in silenzio, completamente affascinata da quelle parole e da quell'epoca.
Così esattamente qualche ora dopo aver compiuto diciotto anni ed aver preso un diploma di scuola superiore, Cleta Anne Granger si era infilata una giacca, aveva riempito il borsone scuro di vestiti ed era andata via.
Era uscita dalla porta di casa, come se stesse andando a passare una divertente serata a casa di un'amica.
Senza dire nulla, se non un ciao appena sussurrato.
Non scrisse nemmeno a sua sorella che si trovava lontano, chiusa in quella bizzarra scuola, che sempre di più stava diventando pericolosa. Ricevette qualche giorno dopo una lettera, che cercava di rassicurarla e diceva solamente che stava bene.
Per ben quarantaquattro settimane non seppero nulla.
Lei e suo marito erano volato fino in Scozia con la speranza di ritrovarla nella vecchia casa di suo suocero.
Effettivamente c'erano segni del suo passaggio e lei scoprì nuovi lati di sua figlia.
Avevano trovato qualche suo vestito, dei libri, biografie di Napoleone o di spie della Grande Guerra, quaderni che usava per disegnare e un pacchetto di sigarette accortocciato sul comodino del letto sfatto in cui aveva dormito.
Nella spazzatura videro una decina di bottiglie vuote, da semplici lattine di coca-cola ad alcoolici.
Qualcosa si era  spezzato nel suo cuore. Era nata la consapevolezza che sua avrebbe rischiato la vita in ogni momento. Quello che negli anni sembrava un capriccio femminista, tipico di quelle adolescenti fiere ed orgogliose, si era trasfromato in una specie di vocazione.

Ricordava perfettamente il modo in cui sorrideva quando, due estati fa, ricevette la comunicazione della sua imminente partenza per il fronte iracheno. Vi lesse calore e sfida.
Era seduta sulle scale che portavano al secondo piano e stringeva fra le mani la lettera, non restò un minuto di più con loro.
Lasciò sul tavolo un regalo per il quindicesimo compleanno di Hermione e schizzò via.
Sapeva che aveva posato dei fiori sulla tomba di Patrick, probabilmente gli aveva parlato con orgoglio della sua partenza, di come i giornali avessero parlato della prima donna pilota Sas. Anche se c'erano state altre ragazze prima di lei, nessuno aveva strappato dalle mani dalle mani degli uomini.
E di questo, Elisabeth e Wilfred erano fieri. Ma avrebbero preferito di gran lunga che diventasse un'austronauta. O ancora meglio, come attrice o meccanico. Insomma qualcuno che non dovesse lanciarsi dagli aerei, che non dovesse imbracciare un fucile o cose simili.
Non ora che Hermione e il suo mondo stavano per crollare.
Ogni estate passava da loro qualche giorno, giusto il tempo per parlare e fare qualche gita fuori e poi rientrava a casa di quel giovannotto dai capelli rossi. Se all'inizio credeva che fosse spinta dalla curiosità e dal bisogno di staccarsi dal mondo "normale", ora era convinta che vi fosse l'esigenza di salvare qualcuno.
Salvare loro stessi.
Non rallegrava più le loro serate con risate e racconti, sul suo viso era sempre più corrucciato, sempre più triste.
Nelly la risvegliò dai suoi pensieri e iniziò a correre verso il piccolo parco dietro casa.
Elisabeth Granger lasciò andare il cane nell'apposito spazio e si sedette su una panchina.
Osservò serena il piccolo e alquante pesante cane, gironzolare fra le piccole buche.
Cercò di distrarsi e ci riuscì solamente all'arrivo di una sua vicina di casa, la signora Blades.
 
 _
 
Esattamente qualche chilometro più in là, Cleta Anne Granger sospirò e voltò la testa per vedere la foschia inglese.
-Siamo arrivati, Tenente. Siamo a casa.- mormorò il suo copilota.
Non disse nulla, ma si tolse le cinture di sicurezza e le cuffie della radio.
Di solito era una persona socievole con i suoi compagni, ma quella mattina non aveva voglia di parlare. Dopo aver controllato ogni spia e spento i motori del pesante veivolo, uscì dall'abitacolo. S'irritò quando notò che il suo borsone era stato preso e portato in caserma da qualche cadetto ambizioso e pronto a leccarle i piedi per ottenere visibilità.
Scese dall'aereo con quei pochi che erano ancora sull'aereo e guardò a lungo la massa informe e marrone che si confondeva con quella colorata dei parenti ed amici venuti a salutarli.
Avevano passato un anno in terra irachena e molti di loro, già al primo mese avevano i primi segni di insofferenza alla guerra.
E come se non bastasse, la cosa che angosciava Cleta era l'impressionante numero di morti militari e civili.
Dei quasi 322 militari Sas partiti, quel giorno erano tornati con lei, vivi e vegeti, solo 285.
Gli altri o giacevano sotto tre metri di terra o in un letto d'ospedale.
Una pacca sulle spalle la riscosse dai suoi pensieri e si voltò verso l'unico vero amico che avesse a lavoro, Clarence Hallowes.
-Non potevamo tornare tutti a casa, Cleta.-
La donna annuì e si avviò verso il Generale Keran che aspettava un lungo rapporto su alcuni fatti bizzarri accaduti nel bel mezzo di alcune operazioni complesse.
Si fermò a qualche passo dalle porta dell'ufficio del sovrintendente disciplinare.
-Tenente Granger, che ha?- gli domandò il Generale Keran.
-Io so come andrà a finire il colloquio con il Ministero. Mi chiedo solamente se sappiano cosa abbiamo vissuto negli ultimi due anni.-
Il Generale le rivolse uno strano sguardo. -Non credo che sappiano quanto sia difficile fare una guerra.-
-Non è una scusa per mandarci al massacro senza un minimo di organizzazione.- sputò Cleta, sistemando il colletto della divisa. -Il mio reparto è sempre rimasto indietro. Mandavano avanti quelli del Genio, ragazzini che fino a l'anno scorso non avevano mai visto le loro mani sporche di sangue...E noi, sempre indietro a pulire i loro casini.-
Keran si tolse il cappello e posò una mano sulla sua spalla. -Mi dispiace per la morte del Caporale Telson.-
La mascella di Cleta s'irrigidì così come il resto del corpo. Ignorò le parole dell'uomo ed avanzò entrando senza bussare.
Dietro all'imponente scrivania c'erano un funzionario del governo, impeccabile nel suo completo scuro, e un militare dipendente del Ministero della Difesa.
-Tenente Granger, era da tanto che volevamo parlarle.- disse il funzionario sorridendo.
 
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L'interrogatorio, perchè altro non era, durò qualche ora.
Cleta parò di terribili coincidenze e sfortune che si erano susseguite e che avevano causato la morte di due paracadutisti.
Ignorò le domande sulle "frecce luminose che uccidevano" di cui alcuni feriti avevano parlato e rimase a lungo in silenzio, sorridendo ironicamente a quelle facce rosse e accaldate.
-Lei sta dicendo che tutte quelle segnalazioni sono false?Quelle cose che uccidevano non esistono?- gridò quasi il funzionario.
Cleta scrollò le spalle. -Non ho mai negato la loro esistenza, è solo che personalmente, non le ho mai viste.-
-Lei no, ma quasi dodici militari sì.-
-Sì, di cui due morti e dieci feriti in modo grave. Signore, non ho idea di cosa abbiano visto, so solo che la guerra riesce a far impazzire chiunque.-
-Quindi sarebbero tutti ...- non finì la frase perchè l'altra persona,il militare spedito dai piani alti gli fece cenno di smettere.
Ottenuto il silenzio, si volse verso il Tenente Granger e la scrutò attentamente.
Prima di precipitarsi nella base londinese dei SAS, aveva letto con attenzione la cartella del Tenente, cercando qualche anomalia, come qualche noto disciplinari o segni di malattia mentale.
Eppure nonostante i quasi tre anni passati initterottamente in fronte, non aveva mai dato segni di squilibrio. Con lucidità e freddezza aveva portato a termine le sue missioni e aveva coordinato il gruppo esploratori fra le impervie montagne dell'Asia.

Bella e brava, gli venne da pensare mentre raccoglieva le mani in due ferrei pugni posati sul tavolo. Fin troppo bella, per i canoni dei reparti speciali. Teneva i capelli leggermente ondulati, legati in un'apparente e complesso chignon. Le labbra era strette in una smorfia e gli occhi chiari lo fissavano scettica. Fin troppo brava per cadere nella trappola della burocrazia militare, troppo furba per i pesciolini di cui si nutrivono.

-Non ha mai sospettato che queste luci, questi fasci illuminati, fossero una qualche arma chimica o comunque segreta in mano ai guerriglieri iracheni?- domandò.

Cleta spalancò gli occhi.

Sapeva benissimo cosa fossero quelle "cose".

Incantesimi, così li chiamava sua sorella.

Ma per lei rimanevano solamente delle diavolerie dell'altro mondo. Nonostante i suoi genitori avessero imparato a vivere a contatto con quel mondo, adirittura andandoci spesso per compere e parlare con il gentile propietario della più grande libreria, che li aveva introdotti anni fa, aiutandoli a capire cosa fosse la magia, Cleta si era sempre rifiutata. Per lei i maghi, altro non erano che alieni, da dimenticare. Il mondo era dei normali e nessuno doveva rovesciare gli equilibri. Eppure durante quegli anni in Iraq, loro, spuntavano dappertutto, bruciando ed uccidendo. Non ricordava più quante volte aveva cercato di proteggersi da quei fasci di luce, e quando riuscì ad ucciderne uno, un ragazzo appena ventenne, non esitò a prendergli la bacchetta. Nascose il corpo e di notte, prese dell'attrezzatura e trascinò per qualche chilometro il cadavere. Oltre le linee nemiche, protetta solamente da un vecchio casco.

Sparse sul corpo del carburante e con la bacchetta, tracciò una scritta a terra e lasciò un paio di ordigni intorno ad essa. Accese una sigaretta che fumò appena e prima di voltarsi la lanciò nella pozza di carburante che s'incendiò pochi secondi dopo. Sentì dietro di lei dei rumori e vide due maghi uscire fuori, con le bacchette tese. Tirò fuori la pistola e si mise a correre, per evitare l'onda d'urto degli ordigni che esplodevano uno dopo l'altro. I maghi caddero oltre il piccolo crepaccio e questo permise a Cleta di scappare e ritornare al campo. Riprese posto nella sua piccola torre di guardia, dove nessuno si accorse della sua scomparsa.

Si morse la lingua, rivivendo quei ricordi, ed incrociò le braccia al petto.

-Potrebbe anche essere, signore. Le possibilità ci sono, è per questo che abbiamo bombardato la città di Ikhlas.-

-E perché?-

-Perchè sospettavamo che ci fossero dei bunker o dei laboratori. Per sicurezza il SaS e l'aerenautica americana abbiamo raso al suolo la zona. Abbiamo solo fatto uscire i bambini.-

Il militare aggrottò la fronte. -E le donne?-

-Non ci vuole la forza bruta per preparare un composto chimico.-

I due uomini si guardarono e scrissero nei rispettivi fascicoli il loro breve resoconto.

-Bene, può andare Tenente.- la congedarono indicandole la porta. -

-Grazie e buon lavoro.- rispose meccanicamente, stava per aprire la porta quando il funzionario la richiamò.

-Avevamo scordato di dirle che, a seguito di quello che è successo negli ultimi mesi, è obbligata a stare in licenza per tre settimane.-

Cleta aggrottò la fronte. -Ho del lavoro da fare e uomini da addestrare...-

-E' in corso un'indagine approfondita su tutti i militari SaS. La consideri una vacanza.-

Annuì e chiuse la porta violentemente.

Strinse la mani fino a farle male e camminò fino all'uscita.  Aveva un bisogno urgente di tornare a casa, o meglio nella casa di suo nonno, dormire qualche giorno e poi ripartire per salutare sua sorella e chiederle spiegazioni. Non le importava delle sue lunghe delucidazioni logiche, doveva trovare un modo per infilarsi in quella realtà parallela e scoprire come si potesse distruggere una comunità magica.  Sapeva che tutto era racchiuso in quel pezzo di legno che aveva sotratto al ragazzo, ma non conosceva il suo funzionamento.

Non avendo visto altre armi, collegò l'uso di quella bacchetta come fucile. Tirò fuori il pacchetto di sigarette e ne sfilò una, incastrandola fra i denti un po' grandi e irregolari. Ad accenderla fu l'accendino di metallo di Clarence.

-Ho sentito le news da quel pettegolo di Jackson.- disse solamente.

-Jackson doveva nascere donna.- ironizzò Cleta.

-E tu uomo.- ridacchiò.

-Cos'è questo, uno squallido invito a cena?- chiese lei sorridendo, per la prima volta dopo mesi.

Clarence la cinse con un braccio a sè. -E' per queste stronzate, che senza di te sarei perso. Che cosa farai in questi giorni?-

-Tornerò a casa. Devo...Sistemare una faccenda con mia sorella.-

Clarence annuì lentamente, sapeva dei difficili rapporti fra Cleta e la sua famiglia d'origine. Non che ne parlasse, ma se lui tornava a casa, appena poteva, anche solo per cenare o guardare una partita. Lei se ne stava in quella casa isolata nel bel mezzo della campagna scozzese, con la sola compagnia di un buon whisky e di un film. Poi, c'era quel rapporto complesso con la sorella, che da quel che sapeva era una specie di genio, venerata dai suoi, e fin da piccole in continua competizione. Il che logorò ogni barlume di amicizia e complicità.

Quattro estranei.

Ecco cosa ai suoi occhi sembravano i Granger.

Quattro perfetti sconosciuti.

Una foto di famiglia sbiadita dal tempo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

____

 

L'angolo di I.

 

Allur, non so da dove sia uscita sta' roba.

Sto ancora cercando di capire.

Faccio alcune precisazioni.

Sebbene la storia di HP sia ambientata negli anni 90' del secolo scorso, ho preferito girare le lancette ed ambientarla fra il 2003/2004.

Il SAS è la sigla Brittanica per Special air Force, un reparto speciale dell'esercito inglese, selezionatissimo e specializzato nell'esplorazione di territori geologicamente e meteorologicamente (esiste questa parola?) difficili.

Possono essere piloti, paracadutisti, espoloratori, cecchini, "tecnici", esperti in lingue, artificieri, medici/infermieri.

Subiscono un addestramento lungo di 18 settimane. 

Eccovi un link, quello di wikipedia in cui potete leggere, se volete, i diversi tipi di addestramento

-http://it.wikipedia.org/wiki/Special_Air_Service

In Inglese per chi è poliglotta  -http://en.wikipedia.org/wiki/Special_Air_Service

 

Tutte le info militari sono strappate dai parenti, internet o quotidiani.

Quindi potrebbero esserci imprecisioni o notizie errate.

 

Per farvi un'idea baasta un nome.
Bear Grylls.

 

Tutte le info militari sono strappate dai parenti, internet o quotidiani.

Quindi potrebbero esserci imprecisioni o notizie errate


Spero seguirete questa storia.

Saluti,

Isyde.
 
 




   
 
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