Ci sono un mucchio di porte.
Di alcune porte, poi, non esisteva nemmeno la chiave. Se ne stavano lì, aspettando semplicemente che qualcuno tentasse di aprirle. E fallisse.
Il ricordo di certe porte mi tormenta ancora, altre invece le ho dimenticate subito. Ma un giorno, in fondo ad un corridoio, ne ho trovata una diversa. Sembrava che ridesse, anche se non saprei dire come di preciso. C’era tutto silenzio intorno, e la sentivo ridacchiare, e non so cosa c’entri questo, davvero, ma per qualche strana ragione sembrava importante, perché mi faceva sentire stanco e un po’ triste, come se la mia risata non fosse mai stata null’altro che un eco.
A un tratto è venuto molto vento e la porta ha cominciato a sbattere piano piano, e allora ho capito che non era mai stata chiusa. Alla fine ci sono entrato. È così, sai, che ho incontrato Leslie. Lei e tutto il suo mondo, racchiuso oltre una piccola porta. Era diversa dalle altre. Era una di quelle porte che basta uno sguardo per capire che non sono lì per te, ma che sei tu che le hai cercate tutto il tempo e sei arrivato lì per loro.
Non ho più aperto quella porta. Perché dopo aver trovato me stesso, mi sono detto che non ne avevo più bisogno, dovevo andare avanti, prima di cambiare idea.
Alle volte vorrei non avere dimenticato la strada, vorrei poter tornare indietro ed entrare di nuovo, ma non posso più perché è chiusa. Ho aspettato che ci fosse il vento per dirlo, come la prima volta, e avevo ragione, perché non ha più sbattuto, neanche piano piano.
Dentro c’è un grande letto, dove Leslie dorme, senza respirare. È per questo, sai che la porta è chiusa, credo.
Perché nessuno possa svegliarla.
Fa male.
Ancora.
Ma lo sai?
Ci sono ancora un mucchio di porte.
Da aprire.