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capitolo
Dario
Quando entrai in
casa mi voltai verso
Marta, e la guardai.
Sorrideva, era da un casino di tempo
che non sorrideva. E fui felice di vederla così.
“a che pensi?” le chiesi gentilmente.
“ad Agnese, sono così contenta di aver
trovato una nuova amica! E per di più abita così
vicina a noi!” rispose
entusiasta.
“già anche io ne sono felice.” Le
risposi, contraccambiando il sorriso.
“dai, posate le cartelle e venite a
mangiare!” ci disse nostra madre, presentandosi
nell’atrio.
Facemmo come diceva e ci riunimmo a
mangiare, nostro padre era fuori a lavoro.
“con chi stavate parlando poco prima?”
domandò la mamma curiosa.
“è una nuova vicina di casa, si chiama
Agnese, sembra molto simpatica, sai mamma?” rispose Agnese.
“magari oggi vai a trovarla a casa...
magari sarà felice di approfondire la vostra
conoscenza!” propose nostra madre.
“sì, perché no?... ma staranno finendo
il trasloco... non vorrei disturbare!” disse, piano.
“tu prova, se poi sono impegnati
ritorni qua.” Insistette.
Quando finimmo di mangiare io andai di
sopra, in camera mia, mentre mia sorella si rinchiudeva, come di
consuetudine,
in bagno per rigettare quel poco che aveva ingoiato a pranzo.
Quando finì andò a casa di Agnese, come
promesso. Io invece rimasi lì a fare qualche compito, poi
uscii di casa pure
io, avevo bisogno di una corsa fino al mio albero.
Quando arrivai al luogo tanto
desiderato misi le cuffiette dell’mp-3 nelle orecchie e feci
partire la
riproduzione casuale. Mi persi tra le mie melodie e la vista delle
vallate,
tanto famigliari, che mi circondavano.
Per non rischiare di riaddormentarmi mi
tirai in piedi e tornai a casa. Quando imboccai la mia via il sole non
era
ancora sceso.
Stavo per entrare in casa, ma sentii
delle risate provenire da lì vicino, guardai la casa di
Agnese e vidi lei e mia
sorella ridere divertite, salutandosi.
Io le stavo guardando, allibito, mia
sorella non sorrideva così da tantissimo, tolsi la mia
faccia imbambolata
quando il soggetto dei miei pensieri si girò a guardarmi.
Mi salutò con la mano, e io le sorrisi,
alzando la mia per salutare Agnese e anche per ringraziarla tacitamente
con lo
sguardo.
Loro si salutarono per l’ennesima volta
e Marta tornò a casa sorridente come non mai, una strana
scintilla sul fondo
degli occhi.
“com’è andata?” le chiesi,
morivo dalla
curiosità di saperlo.
“benissimo, direi! Agnese è anche più
simpatica di quel che credevo... le ho dato una mano a sistemare la sua
camera,
le abbiamo ridato il bianco e abbiamo dato un bel colore caldo sulle
pareti...
ora ha una stanza meravigliosa, semplicemente meravigliosa! Anche a lei
piacciono gli artisti che tu adori, ha tantissimi CD, più di
te, perfino... le
ho chiesto se le andasse di venire qua domani pomeriggio a studiare, a
te va
bene vero?” chiese Marta tutta animata e sorridente.
“certo che mi va bene! Ma avete d’avvero
finito di sistemare le sue cose?” le domandai.
“sinceramente no, non siamo riuscite a
montare un armadio, quindi a sistemarci le cose dentro. Abbiamo solo
sistemato
le pareti, alla fine. Lo so, non è molto, ma non sono stata
tanto da lei.”
rispose, abbassò lo sguardo, si imponeva sempre troppo.
“non ti sto accusando di niente. Se vuoi
domani la invitiamo qui da noi e studiamo assieme, poi le diamo una
mano a
sistemare la sua stanza...” proposi.
“dici d’avvero?! Ho che bello... Ti
adoro!!”
esclamò, abbracciandomi.
Aveva poteri magici quella ragazza? Da quando
eravamo bambini che non mi abbracciava con quello slancio.
La serata passò monotona. Non ero
neanche scappato quella sera, meglio. Mi ero rinchiuso in camera mia e
mi ero
tolto i vestiti per mettermi nel letto. Ad ascoltare la mia solita
musica.
All’improvviso Marta entrò in camera
mia e si sdraiò vicino a me.
“basta studiare. Fammi ascoltare un po’
di musica, avrei voglia di Farewell
“
mi guardò intensamente, mi girai e tirai fuori dal cassetto
uno doppiatore con
un altro paio di cuffie per lei. gliele porsi, sorridendo.
Rimanemmo ad ascoltare musica non so
per quanto. Ore, parvero a me. Io e Marta facevamo spesso queste
attività,
prima che quello lì la rovinasse completamente.
Eravamo in prima superiore entrambi. Marta
era sana ed il suo peso era giusto.
Un giorno lei venne a casa con un
ragazzo, di qualche anno più grande di noi.
Era bello e allegro. Lei se ne innamorò
fin da subito, ma lui iniziò ad offenderla sul suo aspetto:
la riteneva troppo
grassa. Questo giudizio si impresse in lei soprattutto quando lui lo
disse
davanti a mezza scuola, umigliandola terribilmente. Da allora
mangiò solo lo
stretto necessario fino a diventare quasi uno scheletro vivente. Lei
non era
grassa, per niente.
Stava bene.
In più lui se n’era andato e non le
dimostrò alcun cenno d’amore; diciamo che solo a
lei piaceva. Ma teneva
tantissimo al suo giudizio e cercò di migliorare un poco
all’inizio, fino a
diventare una malattia vera e propria.
Non avevamo bisogno di parlarci per
farci compagnia, preferivamo stare in silenzio, come quella sera. Il
solo fatto
di ascoltare la stessa canzone metteva in comunicazione le nostre anime
e i
nostri cuori battevano all’unisono seguendo lo stesso ritmo.
Erano momenti unici, soltanto nostri.
Presto Marta si addormentò. Doveva essere
stanca. Le tolsi le cuffiette dalle orecchie e dopo averle tolto le
ciabatte la
coprii con la coperta.
Per fortuna che
aveva già il pigiama, di svegliarla non mi andava proprio.
Mi infilai nel letto anche io e presto
entrai nel mondo dei sogni.
Un poco aveva ragione.
Quella mattina venne con noi.
Alla fine ci ritrovammo in quattro a
fare la strada per scuola.
Al ritorno proponemmo ad Agnese il
programma che avevo proposto a mia volta a Marta il giorno prima.
Accettò, dicendo che il programma le
piaceva sul serio.
Ne fui felice. Anche Marta lo era
assieme a me, e mi piaceva tantissimo poterla vedere felice,
finalmente!
Il suo sorriso era rimasto assopito
troppo a lungo.