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Autore: Herit    09/01/2011    1 recensioni
In una Midgar troppo sporca e macchiata dalla piaga della droga vive Cloud. Poliziotto che non fa altro che sopravvivere senza combattere o affrontare quelli che sono i fantasmi del suo passato. Nella stessa Midgar c'è una ragazza, Tifa, che l'aspetta paziente da troppo, troppo tempo, ma che non ha il coraggio di lasciarlo andare. Due persone tanto vicine da risultare tremendamente distante. E quando Tifa viene rapita, lui è costretto a fare i conti con il passato, con il presente, ed anche con il suo futuro.
Dal racconto:Vive da solo. Un fantasma di se stesso e di quello che era stato. La vita frantumata a soli ventitré anni. O per lo meno così si sente. Preda di sensi di colpa non suoi. Per cose che lui non ha fatto. Ed è forse per questo che si ritiene ancora più responsabile. [...] Con il braccio che non sorregge Denzel va ad avvolgere il collo del biondino, costringendolo a posare il capo chino sulla sua spalla. Lo stesso capo contro il quale lei appoggia il proprio. -Profumi di gigli. Sei stato alla chiesa.- Non è una domanda, quella della ragazza, ma una semplice constatazione. Lui la lascia fare. Gli piace quel contatto.
Genere: Azione, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Cloud Strife, Denzel, Marlene Wallace, Sephiroth, Tifa Lockheart
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Track 4. Through The Barricades...

Just a New Day


Non si era visto ancora un cliente, quel giorno, al 7th Heavens. Tifa se ne sta lì a ripulire le ultime tazze da caffè prima di riporle al loro posto. Addosso quell'espressione tranquilla di chi lascia che il mondo scorra per conto suo, purché non si immischi con la sua vita. Di chi cerca una sorta di distacco, sempre disposto ad ascoltare e risolvere i problemi degli altri, perché negli anni le spalle sono diventate forti ed in grado di sostenere qualunque peso, a patto che nessuno cercasse di carpire i suoi, di problemi. Di risolverli poi non se ne parla proprio: c'è solo una persona in grado di risolvere ciò che l'affligge, e quella stessa persona da più di due mesi non mette piede nel bar. Dall'altra parte del bancone c'è una bambina che ha si e no tre anni. Guarda Tifa con curiosità ed ingenuità. Ha gli occhi limpidi e dolci, seppure sotto sotto nasconda un carattere da vero peperino. I capelli sono castani. Di un castano chiaro e caldo, con qualche riflesso tendente al rosso. E' lì che l'osserva prendendosi cura della propria bambola di pezza. La sta cambiando d'abito con impegno da una buona dozzina di minuti. E quando davvero non ce la fa più a litigare con il suo braccio che non par proprio essere intenzionato ad entrare nel piccolo buco della manica della maglietta che sta cercando di infilarle addosso, l'allunga verso l'adulta, in una tacita preghiera perché lo faccia lei.

-Sorellona, puoi?- Le domanda parlando fin troppo bene per la sua età. E Tifa si ritrova a sorridere, annuendo un paio di volte, asciugandosi le mani sullo straccio con cui sta lucidando le stoviglie, per poi afferrare la bambola che la bimba le sporge, rivestendola cautamente. A lei non è mai piaciuto giocare con le bambole. Ha sempre preferito giocare alla lotta con i maschi del suo quartiere, a Niebelheim, oppure cacciarsi in qualche pericoloso pasticcio dal quale difficilmente usciva illesa e tutt'ora preferisce allenarsi prendendo a pugni e calci un sacco appeso pigramente nel garage, come se fosse un salame messo lì ad aspettare il giusto grado di essiccazione. Rende il giocattolo alla sua legittima proprietaria dopo averlo osservato per qualche attimo, voltandosi lentamente quando si sente tirare la gonna da una manina piccola e leggera. C'è un bambino, accanto a lei. Gli occhi di un blu intenso sollevati verso il suo viso. L'osserva speranzoso, senza però parlare.

-Che succede, Denzel?- Gli domanda piegando le gambe ed abbassandosi alla sua altezza con il viso. Anche lui non ha superato i tre anni, ancora, così come la gemella. Appare intimidito davanti allo sguardo rosso della donna che ha davanti, tanto che porta gli occhi da un'altra parte, toccandosi i capelli mossi con una manina. Tifa gli sorride con dolcezza andandogli a carezzare il capo con una mano. Delicata.

-Quando torna Cloud?- Gli domanda sollevando le spalle e chiudendosi in queste. Ogni giorno. Le pone quella domanda ogni giorno. E lei gli rivolge quel sorriso un po' triste ed un po' malinconico ogni giorno. Ed ogni volta sembra sul punto di arrendersi. Di dirgli che non lo sa e che probabilmente, il Cloud che lei conosceva, non sarebbe mai tornato. Eppure non desiste. Quella speranza non vuol morire. Ed il sorriso della mora si distende, assumendo una nota più dolce.

-Presto, Denzel. Sono sicura che tornerà presto.- Promesse da marinaio. Promesse che non dovrebbe fare perché sa che lei non può mantenerle al posto del poliziotto. Non può travestirsi da lui ed entrare dalla porta del locale con quel passo felino e leggero. Silenzioso. Non può dire ai bambini che finalmente ha trovato pace e che starà con loro. Anche lei ci spera. Spera che un giorno succederà qualcosa di simile. Ovviamente più alla Cloud Stife. Con poche parole. Con pochi gesti. Quelli essenziali a rendere una speranza realtà. Il bambino allunga le braccia verso di lei e Tifa non può fare a meno di sollevare quel peso esiguo, sedendolo sopra il bancone, accento alla gemellina che non si è persa una sola parola in quello scambio di battute, lasciando perdere anche la bambola che sta rivestendo. Lasciando perdere per qualche istante la scelta della gonna tra la vasta gamma di gonnelle disposte sul bancone. Alterna lo sguardo tra Tifa ed il fratello fin quando la porta non viene aperta: il primo cliente della giornata. L'unico cliente che mai si sarebbero sognati di vedere lì.

Un tonfo leggero e la bambola di Marlene è a terra, riversa supina, mentre la bimba corre verso l'uscio davanti al quale sosta un giovane. Ha i capelli biondi. L'aria assente e fin troppo seria. Ed è vestito di nero, come se ancora portasse il lutto. Le braccia sottili della bambina gli avvolgono la vita e per un istante solo lui sembra sciogliersi mentre chiude gli occhi, incassando l'impatto dato dallo slancio della piccola.

Tifa l'osserva in silenzio. Sembra stupita, ma d'altronde è normale che lo sia. Ha appena predetto che sarebbe arrivato, ed eccolo lì, sulla soglia del suo locale. L'osserva da capo a piedi ed è una fitta al cuore quella che maschera con un sorriso leggero che le incurva appena le labbra. Lenta fa il giro del bancone per poi fermarsi accanto a Denzel che non ha mosso un muscolo per scendere da dove l'aveva messo lei, sul bancone. Anzi. Solo in quel momento si scosta andandosi a nascondere dietro alle sue spalle. Vergognoso per aver dubitato che le parole di quella che gli faceva da mamma fossero solo un'altra bella bugia. La ragazza scuote piano il capo con dissenso, voltandosi verso di lui per prenderlo in braccio. Ma nemmeno lei si sposta dal bancone. Aspetta i tempi di Cloud. Lo aspetta come ha sempre fatto. Quando il poliziotto solleva lo sguardo ad osservare la proprietaria del Bar, lei è lì e non può far altro che ricambiarne l'occhiata con quel sorriso calmo ed in qualche modo rassicurante che solitamente usa con i bambini, mentre lui avvolge le spalle di Marlene con un solo braccio, quasi temesse di romperla, facendo altrimenti.

-Cloud, stai con noi, vero?- Gli domanda l'infante con voce instabile. Insicura. Di chi esprime un desiderio ad una stella cadente e l'ha vista soltanto all'ultimo momento. Il giovane non le risponde, limitandosi ad abbassare il capo e portare lo sguardo altrove. E' la proprietaria del bar a fare un piccolo miracolo, in qualche modo, dopo esserglisi finalmente avvicinata: con il braccio che non sorregge Denzel va ad avvolgere il collo del biondino, costringendolo a posare il capo chino sulla sua spalla. Lo stesso capo contro il quale lei appoggia il proprio.

-Profumi di gigli. Sei stato alla chiesa.- Non è una domanda, quella della ragazza, ma una semplice constatazione. Lui la lascia fare. Gli piace quel contatto, non può negarlo. Non è la prima volta che l'abbraccia, ma è raro. E' raro che lei lo faccia, com'è raro che lui la lasci fare. Alla fine, nemmeno Tifa è poi tanto aperta. Riservata al punto giusto. Un'ottima ascoltatrice, senza dubbio. Ma poco usa a parlare di sé. E ama come lei riesce a capirlo senza che lui parli, seppure talvolta lo turbi. Si sente scoperto, quando succede, privo di quella protezione che gli fornisce il suo mutismo. Anche Denzel par prendere coraggio, dal gesto della donna e di getto butta le braccia al collo del biondino. E' strana quella sensazione. E' strano quel calore e Cloud par crogiolarsi in esso per qualche breve attimo, concedendoselo.

-Mh.- Un mormorio in assenso, mentre annuisce lentamente con il capo, contro la spalla della ragazza, così da non spezzare quell'istante. Si chiede cos'ha fatto lui per meritarsi quell'accoglienza. Alla fine niente. Ed è proprio perché non ha fatto niente che quei due bambini ora sono orfani. Aggrotta le sopracciglia e poco alla volta si distacca da Tifa e dai bimbi che l'abbracciano ancora, cominciando a dirigersi verso le scale che portano al piano superiore. -Sono venuto a prendere delle cose. Mi servono al lavoro.- Spiega alla fine. Conciso. Marlene e Denzel l'osservano dispiaciuti. Non si trattiene nemmeno questa volta. Il bambino fa forza sulle braccia di Tifa per essere messo nuovamente a terra e veloce corre dietro a Cloud, imitato a ruota dalla gemellina. La proprietaria del locale invece, semplicemente l'osserva. Mille cose in quello sguardo. Mille cose non dette e che il giovane Stife non sa leggere. Ha troppa paura di farlo e di vedere che lei lo reputa solamente un codardo. I loro sguardi rimangono incatenati per qualche istante ed è lui il primo a distoglierlo, lasciandosi afferrare le mani dai bambini e venendo quasi trascinato verso le scale che portano al piano di sopra. Rimane immobile per qualche istante, Tifa, osservando la schiena dell'amico d'infanzia, prima d'incamminarsi dietro al trio senza fretta. Con la pioggia che ha preso a scrosciare fuori incessante ed irritante, è possibile che nessuno passi dal bar, superandolo per dirigersi direttamente in fabbrica o in ufficio. Se fosse giunto qualcuno, avrebbe aspettato qualche istante: non sarebbe stato un problema.

-Cloud, come va la spalla?- Finalmente si decide a chiederglielo, una volta giunta davanti alla porta di quello che appare come una specie di studiolo. Quello che hanno allestito lui e Zack. Ci sono articoli di giornale appesi ad una superficie di compensato attaccata alla parete. Foto che ha attaccato il moro di loro quattro assieme. Visi sorridenti di un lontano giorno passato in spiaggia. Un telefono fisso ed una branda. Qualche anno prima, spesso il biondino dormiva lì, se il collega non tornava perché passava la notte da Aerith. Per sentire comunque il calore di una casa.

Lei è ferma all'ingresso di questo santuario di ricordi perfettamente spolverati, come se non fosse passato nemmeno un giorno dall'ultima volta che i due ragazzi si sono trovati lì a lavorare a qualche caso intricato che si erano portati a casa dal lavoro. Oppure allo stesso caso che imbrigliava le loro vite da anni, ormai. I bambini corrono su per scale, nella loro cameretta a prendere i numerosi disegni che hanno fatto per il ragazzo in quei mesi. Ne sente i passi. Ne sente il vociare allegro ed entusiasta.

Il biondino si sfiora la spalla destra con la mano opposta. Gli dà ancora problemi dall'ultimo incontro con l'unica banda di malviventi che sia mai riuscita a sfuggirgli. E l'unica in verità che lui brama di arrestare. Solleva la spalla buona in un gesto noncurante. E' davanti la scrivania, in piedi, e con noncuranza riprende a rovistare nei cassetti di questa alla ricerca di ricordi. Cose che non sa nemmeno lui. O forse sì. Eccolo, quel fascicolo.

Quello a cui stavano lavorando lui e Zack. La scritta “Niebelheim” che spicca per via dell'inchiostro nero sulla carta gialla della busta. Continua con i propri affari senza degnare Tifa di una risposta. Gli mancherebbe solo darle altre preoccupazioni. Non par proprio rendersi conto che così facendo peggiora solo le cose. Non par accorgersi nemmeno di quella luce incupita nello sguardo della ragazza. La stessa ragazza che poi si muove con risoluta decisione verso di lui.

-Fammi dare un'occhiata.- Lo invita, afferrando la busta e togliendogliela delicatamente dalle mani senza trovare grande resistenza. L'osserva per un istante. Distrattamente. Sa cosa contiene al suo interno, nonostante con gli anni il suo volume sia come minimo raddoppiato. L'ha scoperto qualche anno a dietro. Poco prima che il giovane Fair e l'ultima Cetra morissero. L'ha scoperto perché è stato lo stesso SOLDIER a dirglielo. Quello che era successo alla fabbrica. A suo padre. Il tradimento. La follia. Sospira e la posa sulla superficie di legno verniciata. Scorre quindi le dita lungo la scrivania andandosi a piazzare davanti la ragazzo, invitandolo con una leggera pressione sulla spalla sinistra ad accomodarsi sulla sedia girevole alle sue spalle.

-Fratellone, guarda!- E' la voce entusiasta di Marlene, con quella “r” un po' moscia che richiama l'attenzione dei due su sé e Denzel, alle sue spalle, mentre entrambi sventolano in aria diversi fogli. Tifa non può fare a meno di sorridere divertita a quella scena un po' dolce e un po' comica. Osserva quindi di sottecchi Claud che finalmente par avere un guizzo di vitalità nello sguardo solitamente malinconico. Un muto divertimento che in breve si spegne, però.

-Chi di voi sa dov'è la scatola del pronto soccorso?- Gli domanda poggiandosi le mani sui fianchi magri. La vita sottile che si piega appena perché lei si inclina leggermente in avanti. Entrambi si azzittiscono per qualche istante, per poi sollevare con entusiasmo le manine schiamazzando un “io!Io!”, continuando fin quando la giovane non si raddrizza andando ad incrociar le braccia al petto. -La andate a prendere, per favore?- Gli porge quindi quella richiesta sorridendo, piegando le gambe così da essere alla loro altezza, bene o male. I due aggrottano la fronte alla ricerca di un possibile tranello, ma è con entusiasmo che annuiscono, alla fine.

-Ma sorellona... ti sei fatta male?- Le chiede scettico Denzel, con quella “s” un po' sibilante. Difetti di pronuncia che probabilmente con gli anni passeranno, come il dolore e tutto quello che si stanno trascinando su quelle spalle esili. La ragazza gli sorride e dissente con il capo.

-Allora il fratellone?- Interviene preoccupata Marlene, suscitando un nuovo sorriso sul viso chiaro della mora. Questa volta pare pensarci un momento, prima di annuire pian piano con il capo, facendo spalancare gli occhi alla bambina per la preoccupazione.

-Si è tagliato con la carta. E' sbadato, vero?- Domanda andando a posare le mani sul capo di entrambi i bambini. Claud se ne sta fermo lì ad osservare la scena. Ad osservare come quella ragazza riesca a fargli da sorella ed al contempo da madre. Ne osserva i modi di fare. Ne osserva quella delicatezza acquisita poco a poco in quegli anni, perché avrebbe potuto giurare che da bambina no, non ce l'aveva. C'è qualcosa che però, ora come allora non è cambiata: Tifa è sempre stupenda; non può negarlo. Perso nei suoi pensieri, si accorge solo dopo che la bambina gli è davanti, che Marlene gli si è avvicinata afferrandogli le mani, provocandogli una smorfia, quando ad essere mosso è il braccio dolente. La bimba pare capirlo, perché il sinistro lo lasca subito perdere, continuando a sorreggere la sua mano destra.

-Quale dito fa male?- Gli chiede con quella grammatica essenziale. Normale sia ancora a quei livelli. Lui l'osserva per qualche istante e sembrerebbe quasi sul punto di sorridere, se non fosse che una morsa gli stringe il cuore e lo stomaco. Semplicemente le fa vedere l'indice. Perfetto. Intatto. Provo di qualunque taglio. Ma la bambina non par farci caso. Nell'innocenza dei suoi tre anni va a dargli un bacetto sulla punta del dito, lasciandolo interdetto, una volta che soddisfatta si allontana. -Un bacio e la bua se ne va.- Semplice la spiegazione che gli vien fornita dalla stessa Marlene prima di uscir dalla porta e scomparire giù per le scale assieme al fratello, lasciando lui e Tifa da soli in un silenzio carico di tutto e di niente.







Chiedo scusa in ginocchio se di quando in quando in questi capitoli ClOud diventa ClAud, ma il mio Pc ha deciso che Cloud proprio non gli piace e l'ha corretto puntualmente in Claud in automatico -.-"""""" Passerò nuovamente in rassegna i vari capitoli, scusatemi davvero T^T
   
 
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