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Autore: Yoshiko    18/12/2005    27 recensioni
+++++ Storia aggiornata +++++
Durante il rigido inverno dell'Hokkaido, quando la temperatura scende di almeno un paio di decine di gradi sotto lo zero, alcuni giocatori della Nazionale giovanile giapponese sono stati invitati (o piuttosto minacciati da Gabriel Gamo) ad andare in ritiro in una località tranquilla, per cercare di appianare certe incomprensioni interne che rischiano di compromettere l'affiatamento della squadra, nonché per fortificarsi con un sano ed efficace allenamento sulla neve. Ma cosa succede se a questo ritiro prendono parte anche quattro ospiti inattese?
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Genzo Wakabayashi/Benji, Hikaru Matsuyama/Philip Callaghan, Jun Misugi/Julian Ross, Kojiro Hyuga/Mark, Ryo Ishizaki/Bruce Arper, Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Taro Misaki/Tom, Tsubasa Ozora/Holly, Yayoi Aoba/Amy, Yoshiko Fujisawa/Jenny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Prologo -
Un magico momento
 

Era una spiaggia tropicale da sogno.
La sabbia bianca e sottile somigliava allo zucchero, le palme alte e affusolate si inchinavano al cospetto dell’immensità del mare. La distesa oceanica risplendeva delle tonalità del tramonto, mentre il sole si preparava a tuffarsi nell’acqua splendente di miriadi di luci scintillanti. Lo sciabordio della risacca cullava l’atmosfera perfetta. Una leggera brezza agitava i capelli della giovane coppia seduta sulla sabbia, i loro abiti estivi e le grandi foglie delle palme che sussurravano parole d’amore a quel tramonto d’incanto.
Julian sospirò di beatitudine, poi si volse a guardare Amy accoccolata al suo fianco. Anche lei osservava incantata la sfera infuocata del sole che si immergeva fra le onde dell’oceano. Il cielo di quello splendido tramonto era di un rosso intenso che a oriente sfumava già nel violetto del crepuscolo.  Fece correre la mano sul braccio nudo della giovane in una carezza seducente che le provocò un brivido di piacere su, lungo la schiena lasciata scoperta dal tessuto a fiori dell’abito estivo.
“Questo luogo è bellissimo e goderlo insieme a te è un’emozione stupenda.”
Amy arrossì, perdendosi nel suo sguardo pieno di desiderio.
“Oh Julian…” mormorò.
Lui sorrise, abbagliato dallo spettacolo dei suoi occhi scintillanti del riflesso del sole al tramonto. Avvicinò il volto a quello di Amy e sfiorò con le proprie le labbra protese verso di lui, in un bacio che si fece subito ardente come il fuoco. Le braccia di Julian circondarono quel corpo femminile così perfetto nell’adattarsi al suo, ma proprio nell’istante in cui si lasciavano cadere tra la sabbia, il trillo crudele e improvviso di un telefono annientò la magia del momento. Si guardarono costernati, poi la sorpresa di Amy mutò in collera.
“Julian rispondi!”
Il ragazzo si frugò addosso in tutta fretta, alla ricerca di un cellulare che era sicuro di non avere con sé. Si tastò nelle tasche della camicia, poi in quelle dei pantaloncini, cercando la fonte di quel trillo da incubo che continuava insistente. Fu inutile.
Amy si scostò, affondando irritata le dita nella sabbia.
“Julian? Allora?”
“Non sono io.” si guardò intorno ma non vide nulla che potesse dare una spiegazione agli squilli che gli stavano penetrando penosamente nel cervello, seguiti dall’ira della fidanzata. La spiaggia era deserta a parte loro stessi, gli alberi e l’immensità dell’oceano. E un telefono.
Amy puntò su di lui un dito minaccioso e accusatorio.
“Fallo smettere, Julian!”
“Vorrei davvero, ma non so come!”
Tornò a frugarsi disperato nelle tasche ma niente. La fonte di quel suono non veniva fuori e, Julian lo vedeva, Amy stava perdendo la pazienza. Il sorriso con cui lo aveva affascinato giusto una manciata di istanti prima era scomparso dal suo volto. Gli occhi con cui adesso lo guardava, che finora avevano sprizzato amore e passione,  erano socchiusi e carichi di collera. Come se il cambio repentino del suo umore non fosse già sufficiente a esternare la sua contrarietà, Amy si alzò.
“Quando imparerai a spegnere quel maledetto cellulare? Le tue fan ti chiamano in continuazione, in ogni momento! Pure in questo!”
“Ma Amy!” Julian si tirò su con uno scatto e le prese una mano per trattenerla “Ti assicuro che…”
Lei lo spinse indietro, lui inciampò tra i dislivelli della sabbia, perse l’equilibrio e crollò seduto.  Il cielo arrossato del tramonto scomparve, le palme scomparvero, l’oceano scomparve, la sabbia scomparve e scomparve persino Amy.
Intorno a lui il buio delle tende tirate della sua stanza e una debole luce che si insinuava ai lati del tessuto, lasciando scorgere le ombre scure della scrivania, dell’armadio, della libreria, della sedia, della porta. La spiaggia tropicale non c’era più, il suo sogno si era dissolto portandosi via Amy, i suoi baci, il suo amore e fortunatamente anche la sua collera. Soltanto una cosa era rimasta. Quel maledetto suono squillante che stava continuando a perforargli i timpani.
Per sottrarsi al micidiale trillo della sveglia, nascose esasperato la testa sotto il cuscino e tese una mano verso il comodino, urtando un pesante libro in bilico sul bordo del ripiano. L’intensità del tonfo sul pavimento gli fece capire che si trattava del manuale di chimica che aveva tentato di studiare la sera prima, senza troppo successo. Muovendo ancora le dita a casaccio, gettò a terra la matita e probabilmente, anche il cellulare. La sveglia, invece, continuava a trillare. Si tirò su di scatto e lanciò un’occhiata carica di odio all’orologio.
-Sono in vacanza, maledetto te!-
In quel momento prese atto di due cose: che erano le sette e che non era la sveglia a fare tutto quel fracasso.  
-Arrivo, arrivo!- sentì sua madre affrettarsi nel corridoio -Pronto?-
Diamine! Era il telefono di casa! E per averlo svegliato doveva aver squillato a lungo. Ringraziando cielo e terra che il trillo fosse cessato, dopo aver affibbiato un paio di insulti molto sentiti a chi disturbava a quell’ora, Julian sprofondò di nuovo tra le lenzuola pronto a riprendere il sogno così bruscamente e spietatamente interrotto, convinto che adesso le cose con Amy sarebbero andare molto meglio, fino a concludersi in bellezza. Non fece in tempo a pensarlo che sua madre bussò alla porta.
-Julian, tesoro… è per te.-
Il ragazzo si girò sulla schiena, gli occhi al soffitto spalancati di infastidita incredulità. Chi gli voleva così male da chiamarlo tanto presto? Forse l’onirica vendetta di Amy aveva travalicato il sogno? Non sentiva la fidanzata ormai da tre giorni, a parte un paio di suoi messaggi telegrafici che però secondo lui non facevano testo. Nonostante le avesse insistentemente chiesto spiegazioni sulla sua sparizione improvvisa, non era riuscito a scoprire dove fosse andata a cacciarsi e la cosa si stava facendo inquietante, nonché foriera di scomodi dubbi. Solo la fiducia immensa e incondizionata che poneva in lei riusciva a scalzare il sospetto di un doloroso tradimento. Un tradimento del quale, anche tornando indietro con i ricordi, non riusciva ad avere sentore. Quattro sere prima, quando si erano incontrati l’ultima volta e l’aveva invitata a cena per la sera successiva, lei gli aveva detto senza sbilanciarsi che aveva già un impegno e quando Julian aveva rilanciato la proposta per la sera ancora dopo, Amy aveva nicchiato con un sorrisetto di circostanza, facendogli capire al volo che rifiutava l’invito per quello e i giorni seguenti. Il dubbio di non essere al corrente di qualcosa si era insinuato in lui all’istante. Aveva persino pensato che ci fosse sotto lo zampino di sua madre, con la quale la fidanzata ultimamente andava d’accordo a giorni alterni. Ma quando aveva cercato di indagare più a fondo, Amy gli si era avvicinata con tutt’altre intenzioni e tra una cosa e l’altra si era poi dimenticato di informarsi. Forse, pensandoci ora, la sua era stata una ben riuscita manovra diversiva.
-Julian!- la voce di sua madre si fece più vicina e più insistente -Julian, vieni a rispondere. C’è Philip Callaghan al telefono. Dice che è importante.-
Philip Callaghan! Se si fosse trattato di Amy sarebbe saltato giù dal letto… ma Philip! Nulla di quello che doveva dirgli poteva essere così urgente, tanto più che tra poche ore si sarebbero visti! Non poteva aspettare e parlargli più tardi? Che fretta c’era?
-Julian!- insistette la donna, lasciando trapelare un velo di fastidio sufficiente a indurlo ad alzarsi. Sua madre era la persona più petulante del mondo.
-Arrivo…- scalciò via le coperte e balzò giù dal letto, restando impigliato con una gamba nel lenzuolo. Inciampò tra le pieghe della stoffa e cadde in ginocchio -Merda!-
-Julian!- lo rimproverò lei al di là della porta -Sai che detesto sentirti parlare così!-
-Non sto parlando!- gridò di rimando. Stava imprecando, porca miseria. Possibile che sua madre non capisse la differenza? E poi perché non era ancora uscita? In genere lei e suo padre alle sette erano già fuori casa. Agitò un piede per sganciarsi dal lenzuolo aggrovigliato al polpaccio come un’edera, calciando il cuscino dall’altra parte della stanza. Quando fu finalmente libero incespicò sulle pantofole. La fugace impressione di essersi alzato quella mattina più goffo di un elefante in un negozio di cristalli contribuì ad accrescere il suo malumore. Soffocò una nuova imprecazione per non farsi udire da sua madre e non doverla a sua volta sentire, poi raggiunse la porta. Intravide il cappotto di panno blu oltremare della signora Ross svolazzare sulle scale e la sua voce avvertire il papà che stava arrivando. Erano in ritardo come al solito. Presto, molto presto, suo padre avrebbe ripreso l’abitudine di andare in ufficio in anticipo o più tardi, evitando così di fare una parte del tragitto con lei.  
Julian agguantò il cordless appoggiato sulla libreria del corridoio e Philip rispose con voce mielosa al suo poco cordiale grugnito.
“Ciao Julian, come stai?”
-Che or’è lassù da te?-
La scortese domanda che gli rimpallò il ragazzo, lasciò l’altro interdetto. Seguì un attimo di silenzio, durante il quale Julian soffocò uno sbadiglio e Philip pensò in fretta e furia al modo migliore per rendere il compagno più affabile. Julian lo batté sul tempo.
-Insomma, cosa vuoi? Stavo dormendo!-
“Mi dispiace di averti svegliato ma è importante…” esitò “Sai dov’è Amy?”
Una sorta di allarme scattò nella mente ancora assonnata di Julian, il dubbio che aveva rifiutato di mettergli radici nella mente.
-Amy? Mi hai telefonato per parlare di Amy?-
“No, non…”  
-Cosa c’entra Amy?- l’idea, angosciante e inaccettabile, prese forma definitivamente -L’hai forse vista con qualcuno?- qualcuno che non era lui, ovviamente. Impossibile, pensò un istante dopo. Philip abitava troppo lontano. Però forse qualcuno poteva averla vista con qualcun altro e non avendo il coraggio di avvertirlo, aveva lasciato l’incombenza a Philip. Ma perché Philip?
“No, no! Che vai a pensare? Non è niente di tutto questo!” lo tranquillizzò togliendogli un bel peso “Piuttosto, rispondi alla mia domanda.”
-Cos’è un indovinello? O forse mi stai ricattando?-
“Julian, non ti scaldare così! Non ti sto mica insultando! Ti sei alzato con il piede sbagliato?”
-Mi sono alzato all’ora sbagliata!-
Philip soffocò un sospiro, iniziando sul serio a pentirsi di averlo chiamato. Forse avrebbe dovuto telefonare a Bruce, o magari direttamente a Holly.
-Ieri sono rimasto a studiare fino a tardi e grazie a te avrò dormito sì e no cinque ore.-
“A che ora hai messo la sveglia? Devi prendere un aereo… o lo hai dimenticato?”
-Magari lo avessi dimenticato! Non ho nessuna voglia di partire!-
Philip prese definitivamente atto del fatto che chiamarlo non era stata una buona idea.
“Va bene, come non detto.”
-Non provare a riagganciare! Dimmi dov’è Amy, piuttosto, visto che almeno tu lo sai. Perché tu lo sai e io no? Lo sai, vero?-
“Sì, lo so. Amy è con Jenny, Patty ed Evelyn.”
La notizia lo incuriosì. Amy, Patty ed Evelyn si conoscevano ma lei e Jenny non si erano mai incontrate. Tirò giù con un piede il pigiama che sull’altra gamba era rimasto arrotolato sotto il ginocchio, lasciando il polpaccio esposto al freddo mattutino.
-E perché? Cosa ci fanno insieme? Soprattutto dove?-
“Sono in… montagna.” Philip si tenne vago, il tono di Ross non lo invogliava a spiattellargli la verità. Lo sentiva così di malumore che probabilmente, invece di schierarsi dalla sua parte come aveva sperato, avrebbe finito per prendersela con lui. E allora addio complice!
Insomma, aveva fatto proprio male a chiamarlo.
-Insieme? In montagna dove?! Callaghan, piantala con gli indovinelli! Mi sono stancato!-
“Come vuoi. Amy è a Shintoku con le altre.”
-Shintoku. Perché mi sembra di aver già sentito questo nome?- all’improvviso capì e gli ultimi residui di sonno scomparvero d’incanto -Diavolo, Philip! Mi stai dicendo che ci saranno anche loro?-
“Proprio così.”
-Il mister lo sa? E gli altri? E Holly?-
“Sei tu il primo a saperlo.”
-Grazie tante! Bel regalo! Adesso sono finito nei guai anch’io, per complicità.- stufo di parlare in piedi e ormai ben sveglio, si trascinò scontento lungo il corridoio, entrò nello studio del padre e si lasciò cadere sulla poltrona -Come stanno le cose in realtà? Chi ha organizzato tutto?-
“Pensavo che rivedere Amy ti avrebbe fatto piacere.”
-Certo che mi fa piacere! Ma se Gamo lo viene a sapere finiamo tutti nei guai! In guai seri!- per un attimo gli balenò nella mente l’espressione dell’allenatore furiosa a prescindere e l’insopportabile eco dei suoi rimproveri. Rabbrividì -Tu vuoi sentirlo? No, vero? Bene, neppure io!-
“Se nessuno glielo dice non verrà mai a saperlo.”
-Questo lo so! Ma Holly? Secondo te anche lui sarà felice dell’invasione?-
“Credo di sì, perché no? È per questo che ti ho telefonato. Visto che lo vedi prima di me intanto puoi avvertirlo.”
Julian ammutolì e Philip, all’altro capo del telefono, trattenne il fiato. Il silenzio durò mezzo secondo, poi Ross esplose.
-No! Neanche morto! Non dirò nulla, non avvertirò nessuno! Voglio restarne fuori!-
“Ci entrerai lo stesso e sai perché? Perché Amy è a Shintoku e penseranno che sei d’accordo anche tu!”
-Non avresti dovuto fare una cosa simile!-
Philip mentì, appena un pochino.
“Cosa c’entro io? Jenny mi ha telefonato soltanto quando ormai erano tutte lì!”
-Chi le ha detto dove saremmo andati?-
“Amy non lo sapeva?”
-Philip, non farmi scemo. Non sei stato proprio tu a suggerire al mister quell’hotel?-
Seguirono alcuni istanti di silenzio.
“Me l’ha consigliato Jenny.”
-Immaginavo.-
“Cosa avresti fatto al mio posto?”-
-Lasciamo stare. Diamine! Hai fatto un casino!-
“Io non ho fatto niente.”
-Hai ragione, non ancora.-
Philip ingoiò l’accusa, aggrappandosi all’ultimo filo di speranza.
“Allora avvertirai gli altri?”
-Ti ho detto di no! Rifletti un istante, Philip. Se lo sapessero prima di partire qualcuno potrebbe decidere di restare a casa. Mark o Benji, per esempio. O peggio ancora potrebbero andare a spifferare tutto al mister. Immagini cosa succederebbe? Io sì. Lasciamo che ci pensino loro.-
“Loro chi? Le ragazze?”
-Secondo me è la cosa migliore.-
Philip valutò la controproposta. Forse Julian non aveva tutti i torti. Di fronte al fatto compiuto, o meglio di fronte alle ragazze presenti, i compagni avrebbero ingoiato.
“A che ora arrivate?”
-All’una meno un quarto.- Julian soffocò uno sbadiglio e si grattò un ginocchio -Visto che ormai sono sveglio credo che chiamerò Mark, tante volte gli venisse in mente di inventare una scusa per filarsela all’ultimo momento. Gamo questa volta non gliela perdonerebbe. E dato che siamo già nei guai fino al collo, è meglio evitare altri problemi.-
“Credo anch’io. Ci vediamo più tardi.”
   
 
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