…
Bene … non so
neanche esattamente cosa ci faccio di nuovo qui, dato che ho
già altre due fic
in sospeso, ma rileggendo Promise
mi
è venuta l’ispirazione … è
quando arriva lei, non ci si può tirare indietro!
Quindi propongo il seguito della fic a cui sono più
affezionata, la prima che
ho scritto, anche se avevo in mente di aspettare ancora qualche mese a
pubblicare –ma non ho proprio resistito.
Avverto
subito che
l’aggiornamento potrebbe andare un po’ a rilento,
perché tra questa, Queen
Victoria’s College e Backwards
non so più da dove cominciare!
Un
ringraziamento in
anticipo a tutti coloro che leggeranno, e soprattutto a chi
lascerà un
commento, una critica o una recensione di qualsivoglia genere.
Consiglio
ai nuovi
lettori di dare un’occhiata a Promise perché
questo è il suo diretto seguito,
anche se l’ambientazione è diversa.
Grazie
a tutti e un
bacio.
Adamantina
1.
PROPOSTA
< The wind will steal your 'pot of
gold',
And fill your eyes with burning sand, bitter sand!
No star will show the way
and no one will hear your
prayer...
You'll come back home some day … >
Sergio Endrigo, “Back Home,
Someday”
La
sveglia squillò
puntualissima alle sette e la sua proprietaria si costrinse con la
forza a non
scaraventarla giù dal comodino. Sospirò e si
decise ad alzarsi. Afferrò la
vestaglia e la bacchetta per poi uscire dalla camera da letto,
sbadigliando.
Raggiunse
la cucina,
riempì di latte un pentolino e accese il fuoco con un gesto
distratto della
bacchetta.
Quindi
svegliò la
bambina che dormiva pacificamente nel suo lettino con le sbarre, una
visione
angelica … finché non cominciò a
protestare sonoramente perché voleva
continuare a dormire.
Lottando
un po’ le
infilò un vestitino rosso, quindi preparò il suo
biberon di latte caldo.
Poi
si vestì, avendo
cura di abbinare le varie parti –non come la settimana
precedente, quando aveva
messo una gonna viola con una camicetta gialla per sbaglio.
Fortunatamente al
lavoro indossava un camice che copriva gli errori più
evidenti, ma aveva
comunque causato qualche risatina ai colleghi.
Pettinò
con cura i
riccioli biondi di Nicole, quindi sistemò il proprio
caschetto nero, mise la
bacchetta nella tasca del giubbotto e prese in braccio la bambina.
-Vuoi
farlo tu,
tesoro?-, le chiese, aprendo il barattolo della Polvere Volante che
stava sul
caminetto. La bambina accettò entusiasta, afferrò
una manciata di polvere e la
gettò nel camino mentre la madre pronunciava la destinazione
con voce decisa,
cercando di evitare di tossire perché un po’ della
polvere le entrata nel naso.
Si
ritrovò
nell’ingresso dell’Ospedale Grimorio per Malattie
Magiche. Lì c’era una donna
ad aspettarla, un’anziana signora con capelli quasi bianchi e
uno sguardo
gentile.
-Ecco-,
disse Luce
alla signora, affidandole Nicole. –Ha già fatto
colazione. Oggi ho il
pomeriggio libero, quindi dovrei tornare intorno alle due o alle tre,
credo.-
-Non
ti preoccupare,
mia cara. Vieni quando ti fa più comodo, e se vuoi prenderti
un pomeriggio
tutto per te, sai che a me fa piacere restare con Nicole.-
-Ci
penserò-, promise
la ragazza. –Arrivederci e grazie, signora Smithson. Ciao,
amore, ci vediamo
dopo.-
La
bambina iniziò a
piagnucolare quando vide la mamma allontanarsi, ma ben presto venne
consolata
da una provvidenziale caramella della tata.
Luce
prese
l’ascensore per dirigersi al proprio reparto, Lesioni da
Incantesimo.
Non
appena aveva
lasciato Hogwarts, dopo una breve visita ai suoi genitori, aveva
deciso, grazie
agli ottimi risultati ottenuti ai MAGO, di specializzarsi in Medimagia
a Boston.
I corsi duravano circa quattro anni(*), ma Luce si era dedicata anima e
corpo
allo studio, lavorando nelle ore libere in un pub magico, sempre con un
libro
di testo sottomano. Aveva fatto il possibile per tenere Nicole con
sé, anche se
talvolta era costretta a ricorrere alla signora Smithson, tata
meravigliosa. E
alla fine quei tre anni d’inferno, senza mai un giorno di
pausa, scanditi da
notti in bianco per i pianti della bambina, studio e lavoro
ininterrotti,
avevano dato i loro frutti. Luce aveva passato anche l’ultimo
esame con il
massimo dei voti, concludendo il percorso di studi con un anno di
anticipo, ed
era stata assunta all’Ospedale Grimorio.
Quel
lavoro era
impegnativo, ma Luce lo amava e ne era profondamente orgogliosa. Dopo
qualche
mese di gavetta, le sue capacità l’avevano portata
a diventare Guaritrice nel
reparto Lesioni da Incantesimo. La paga era mediocre, i turni faticosi
ma aveva
diverso tempo libero che poteva passare con la sua piccola Nicole.
Talvolta la
portava anche al lavoro, e i suoi colleghi erano molto comprensivi.
Si
sentiva
soddisfatta, almeno dal punto di vista professionale. E Nicole
assorbiva tutto
l’amore che le dava e la ricambiava con il doppio,
perciò non sentiva la
mancanza di una figura maschile … non troppo, almeno.
Luce
arrivò al
reparto, lasciò il cappotto nel guardaroba e prese il camice
bianco, che
abbottono con cura. Si pentiva già di aver messo i tacchi, e
decise di
sussurrare un rapido incantesimo che fece sparire il dolore e lo rese
più
comodi di un paio di pantofole. Quindi si preparò a lavorare.
Visitò
diversi
pazienti e la mattinata passò in un lampo.
Quando
il Guaritore
Responsabile del reparto venne a chiamarla, lei aveva appena concluso
la
medicazione di una giovane paziente.
-Signorina
Shay, le
dispiacerebbe venire un momento?-
-Arrivo
subito.-
Luce
si congedò dalla
paziente e raggiunse il Caporeparto in corridoio.
-Signorina,
il
Direttore dell’Ospedale vuole parlare con lei.-
Luce
sgranò gli
occhi, incredula.
-Il
Direttore? Ma …
proprio quel Direttore?-
L’uomo
trattenne un
sorrisetto.
-Proprio
quello. E
non gli piace aspettare. Lo raggiunga al quinto piano immediatamente.-
Luce
annuì e si
diresse immediatamente verso l’ascensore. Aveva lo stomaco e
la mente in
subbuglio. Ezrahel Martin era il Direttore Generale
dell’Ospedale Grimorio. Era
il capo indiscusso e potente dell’intera struttura ed era
quasi venerato come
un essere infallibile. Beh, forse questo era eccessivo –ma
l’impressione che
faceva ad una novellina come Luce
era
più o meno quella.
Cosa
poteva volere da
lei il “Grande Capo”?
Difficile
a dirsi.
Luce
si tormentò le
mani per il paio di minuti che durò il viaggio in ascensore.
Quando
arrivò a
destinazione, bussò incerta alla porta.
-Avanti-,
disse una
voce burbera.
Luce
si sistemò
automaticamente i capelli ed entrò.
-Salve,
sono Luce
Shay. Mi aveva mandata a chiamare?-
La
sua voce era
piuttosto ferma … o almeno lei sperava che lo fosse. Aveva
appena vent’anni ma
voleva cercare di non sembrare una ragazzina terrorizzata in soggezione
davanti
al capo.
-Sì,
signorina. Si accomodi
pure.-
Luce
si sedette e
mise le mani in grembo, continuando a tormentarsele angosciosamente
senza darlo
a vedere.
-So
che lei ha
trascorso un anno in Inghilterra, dico bene?-
Luce
si irrigidì
leggermente. Non le piaceva ricordare quel periodo.
-Sì,
è esatto-,
rispose comunque, tesa.
-Ho
una proposta per
lei … una proposta di lavoro in Inghilterra. Le anticipo che
la paga sarebbe
triplicata rispetto a quella che riceve qui e le sarebbero offerti
vitto e
alloggio.-
Luce
batté le
palpebre. Accidenti, il triplo! Era
davvero tanto. Per lei e Nicole sarebbe stato una manna dal cielo.
Però …
l’Inghilterra, di nuovo! Non era certa di esservi pronta.
-Di
che lavoro si
tratta? E perché lo sta proponendo proprio a me?-
Il
signor Martin
prese fiato.
-C’è
bisogno di un
Guaritore all’Ospedale San Mungo di Londra.-
-In
che reparto?-
-Il
suo. Lesioni da
Incantesimo. Lei è giovane, ma molto abile, ho saputo. E so
che ha trascorso
del tempo ad Hogwarts, quindi il luogo non le è estraneo. E
inoltre, c’è chi ha
richiesto specificatamente lei per
questo posto di lavoro.-
-Chi?-
-Questa
è
un’informazione riservata, signorina. Comunque, vorrei che mi
facesse sapere
cos’ha deciso entro domani, in modo che io possa comunicarlo
a chi di dovere. A
presto.-
Congedata,
Luce si alzò
e si allontanò senza neanche ricordarsi di salutare con
cortesia come avrebbe
dovuto fare.
In
ascensore si
accorse di star tremando. L’Inghilterra, di nuovo? Aveva
giurato a se stessa
che non ci avrebbe più nemmeno pensato. Che se era stata
abbastanza egoista –o
altruista, nei confronti di Nicole- da andarsene, doveva avere anche il
coraggio di non tornare.
Però
… la paga tripla
avrebbe significato un vita splendida per lei e per la bambina. E
magari
avrebbe rivisto Daniel … e Daisy … e …
E
basta.
No,
non poteva
rischiare. Per quanto l’idea fosse allettante …
Luce
si mise le mani
nei capelli. Come poteva scegliere?
Quella
sera Luce andò
a cena a casa dei suoi genitori.
Abitavano
a quasi
duecento chilometri di distanza, ma la Polvere Volante rendeva tutto
molto
semplice.
-Ciao,
tesoro-, la
saluto Alicia, sua madre. –Ciao, Nicole, pulcino! Come va?-
Luce
lasciò che la
bambina si facesse stritolare in un abbraccio dalla nonna mentre lei
salutava
il padre Victor.
-Ciao,
Lou. Va tutto
bene?-
-Abbastanza,
grazie.-
-Qualche
novità?-
-Sì,
in effetti … ma
ne parleremo dopo.-
Dopo
i primi
convenevoli si sedettero a tavola e Luce accenna dilemma che le era
stato messo
davanti.
-Ho
ricevuto una
proposta di lavoro-, annunciò. –La paga sarebbe il
triplo di quella che prendo
ora e i miei compiti più o meno gli stessi.-
-È
splendido,
tesoro!-, esclamò entusiasta Alicia.
-Ma
… c’è un ma,
vero?-, indagò
seriamente Victor. Era un babbano, a differenza della moglie.
Luce
prese tempo,
ripulendo con un tovagliolo il viso di Nicole, impiastricciato di sugo,
e non
guardò in faccia i genitori nel confessare:
-Dovrei
tornare in
Inghilterra.-
Seguì
un istante di
silenzio glaciale. Luce si azzardò a voltarsi.
-Non
starai pensando
di accettare?-, chiese Alicia.
-Mamma,
quei soldi mi
farebbero davvero comodo e … -
-Vuoi
rivedere suo padre, non
è così?-, chiese la donna
bruscamente, accennando a Nicole.
-Cosa?
Dio, no! Non
mi è neanche venuto in mente!-
Ok,
forse dire che
non le era nemmeno passato per la testa era eccessivo.
-Luce,
è di un
Mangiamorte che stiamo parlando.-
-Io
… non ho
intenzione di cercarlo! È solo che quel lavoro mi serve!-
-Possiamo
darti noi
dei soldi-, intervenne Victor. –Non c’è
bisogno che … -
-No-,
lo scavalcò
Luce. –Ho vent’anni e posso mantenere da sola me
stessa e mia figlia. Non mi
sono laureata per niente.-
-Luce,
in Inghilterra
rischi la vita. Se il Signore Oscuro … -
-Non
ho più niente a
che fare con lui, né con i Mangiamorte, né con
chiunque possa essere
minimamente coinvolto nel loro giro. Tutto quello che farò
sarà lavorare al San
Mungo.-
-E
Nicole? La
lascerai con una tata tutto il giorno mentre lavori?-, disse
freddamente Alicia.
Luce
sentì il sangue
salirle alla testa. Si alzò in piedi.
-Farò
come ho sempre
fatto, e cioè tutto il possibile per passare con lei tutto
il tempo che posso.
Lavoro per farle avere una vita normale.-
-Per
questo le
servirebbe un padre-, sibilò Alicia a mezza voce.
Luce
la sentì
benissimo e impallidì. Guardò la madre con odio a
malapena represso e sollevò
Nicole dal seggiolone. La bimba protestò
nell’abbandonare il piatto in cui
stava scavando con le mani, approfittando della sua distrazione.
Senza
dire nulla, raggiunse
il camino e afferrò della Polvere Volante.
-No,
aspetta, Luce,
la mamma non intendeva … -, cominciò Victor, ma
lei si rifiutò di ascoltare.
-Whiteman
Road 12,
Boston, appartamento sette-, disse decisa, e lei e Nicole scomparvero.
Il
giorno successivo,
Luce andò dal direttore dell’Ospedale per
comunicargli che accettava l’offerta.
Meno
di una settimana
dopo, era pronta per partire.
(*)
So che quattro
anni potrebbero essere considerati pochi per una laurea in Medimagia,
perdonate
la lieve forzatura ma dovevo far quadrare i tempi …