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Autore: MedusaNoir    14/01/2011    5 recensioni
Come ogni anno la voce di Celestina Warbeck usciva dalla radio sopra al caminetto, che emanava un caldo fuoco, per fare compagnia alla signora Weasley durante le preparazioni.
Ma c’era qualcosa che non andava, qualcosa che aveva trasformato la tradizionale allegria che caratterizzava quella casa ogni Natale.

Settima classificata al Merry Christmas Contest di BS.
Genere: Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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TITOLO DELLA FANFICTION:  Speranza

PERSONAGGI:  Famiglia Weasley, Harry Potter, Hermione Granger

GENERE SCELTO:  Malinconico, Triste

WARNINGS:  One-shot

FRASE SCELTA: Ogni storia ha il suo finale, ma nella vita il finale è solo un nuovo inizio.


Speranza


La Tana, 24 Dicembre 1998.

 

Molly Weasley, nella sua cucina, stava finendo di preparare il cenone per la sera della Vigilia; sua figlia Ginny, in piedi accanto a lei con i lunghi capelli rossi legati velocemente in una coda, l’aiutava a buttare le bucce degli ortaggi che stava pulendo. Come sempre, per volere della signora Weasley tutto andava fatto alla maniera Babbana, senza l’aiuto delle bacchette; inoltre quel particolare anno l’uso della magia senza scopi socialmente utili era sentito come una sorta di ricordo che lasciava del ferite al cuore. Fin dalla mattina, tra una faccenda e l’altra, Molly aveva preso l’abitudine di passarsi un panno sugli occhi, reprimendo a stento le lacrime.

Come ogni anno tutto era stato preparato fin nei minimi dettagli: l’albero era stato addobbato da Ron e i suoi amici qualche giorno prima; la tavola era già stata apparecchiata, i segnaposti appoggiati sui piatti tutti diversi; sotto ogni porta era stato attaccato del vischio, che dondolava mosso dai leggeri soffi di vento gelido che entravano dagli spifferi delle finestre.

Come ogni anno la neve cadeva soffice fuori dalla Tana, fermandosi delicatamente sugli alberi nel giardino.

Come ogni anno la voce di Celestina Warbeck usciva dalla radio sopra al caminetto, che emanava un caldo fuoco, per fare compagnia alla signora Weasley durante le preparazioni.

Ma c’era qualcosa che non andava, qualcosa che aveva trasformato la tradizionale allegria che caratterizzava quella casa ogni Natale.

Quell’anno sopra l’albero non c’era nessuno gnomo incantato.

Quell’anno il numero di posti a tavola era gli stessi, ma nei segnaposti compariva anche il nome di Percy.

Quell’anno nessuno provava momenti di imbarazzo passando sotto al vischio disseminato per la casa.

Quell’anno non c’era nessuno a riempire il salotto di neve con qualche incantesimo.

Quell’anno la radio era accesa per non essere ascoltata da nessuno.

Un rumore di stoviglie lasciate cadere nel lavandino fece capire a Ginny che sua madre si era resa conto dell’arrivo di George nella cucina; si voltò appena in tempo per vedere Molly portarsi una mano davanti alla bocca e correre via. George si guardò un po’ intorno con sguardo colpevole, poi abbassò gli occhi verso terra e si mosse per andarsene.

- Resta qui - , gli intimò la sorella con voce ferma.

Il gemello si voltò verso di lei. – Se non vado, la mamma non tornerà e noi non avremo nessuna cena stasera… - , mugugnò tornando a guardarsi i piedi.

- Ma deve farci l’idea. Vuoi che passi tutta la serata ad alzarsi dal suo posto per correre in un’altra stanza a piangere? –

- E allora che dovrei fare? –

- Girare per la cucina tutte le volte che ti capita, usando vari pretesti. Almeno si abituerà all’idea - .

George alzò di nuovo lo sguardo verso di lei. La vide ferma, risoluta, le mani strette sul panno che stava usando; il volto non tradiva alcuna emozione.

- Non te ne frega niente - , le disse con il tono più duro che aveva.

Finalmente notò la sua sicurezza vacillare: Ginny aveva lasciato cadere il panno e, senza chinarsi a prenderlo, stringeva la mandibola e gli occhi fino a farli diventare fessure.

- Come puoi dire una cosa del genere? –

- A te non cambia niente se lui c’è o non c’è –

- Non provarci nemmeno, George. Non sai quello che provo –

- Provi quello che prova la mamma. Siete egoisti, tutti quanti: prima non mi volete vedere perché vi ricordo lui e ora insisti con questa farsa del “girare per la cucina per farla abituare”... Qui quello che sta peggio sono io

- Come puoi dirlo? Mamma e papà hanno perso un figlio, tu un fratello, esattamente come me, Ron… -

- Io ho perso Fred. Ho perso tutto, Ginny! Non riesco a capire perché resto ancora qui su questo schifo di pianeta! E mamma mi fa perdere i nervi quando si comporta così: dovrei essermene andato con lui, almeno non ci sarebbe nessuno a farla piangere con questa diavolo di somiglianza! –

- Piantala, George! Non pensi come si possano sentire gli altri? Io, Ron, Charlie, Percy… -

- Non parlarmi di Percy! Non sai quanto avrei voluto che fosse lui a… -

- ORA BASTA! - .

Il signor Weasley era appena tornato a casa dal lavoro e li scrutava, furioso, dall’uscio. Era la sua rara espressione che non ammetteva repliche: non capitava spesso che si arrabbiasse e, quando lo faceva, spaventava chiunque si trovasse di fronte. George sfidò il suo sguardo per qualche momento, poi corse in camera sua.

Ginny invece restò immobile, scrutando il padre, che alla fine le ordinò di richiamare sua madre in cucina.

 

Al piano superiore Hermione aveva deliberatamente ignorato le urla che dalla cucina erano rimbombate in tutta casa; stava per scendere ad aiutare Ginny e la signora Weasley con i preparativi, quando aveva sentito George uscire dalla sua camera e andare da loro. Aveva deciso di far finta di niente, come Harry, che erano entrambi nella stanza di Ron: si misero a parlare di Quidditch, delle lezioni che si ritrovavano a dover seguire ad Hogwarts per recuperare l’anno precedente, del nuovo libro incomprensibile, anche per Hermione, di Trasfigurazione… Facevano di tutto per evitare di far notare a Ron che avevano visto che le sue orecchie erano diventate rosso fuoco e il suo sguardo immensamente triste.

Poco dopo sentirono i passi di George risalire velocemente le scale e poi il rumore di una porta sbattuta ferocemente; Hermione rabbrividì chiudendo istintivamente gli occhi e stringendosi nelle spalle come se il colpo fosse destinato a lei.

- Dovrei dare una mano a mia madre – . A interrompe l’imbarazzante silenzio fu, inaspettatamente, Ron.

- Ottima idea! - , ne approfittò immediatamente Harry. – Hermione, vieni anche tu? –

- Eh? Cosa? Ah, sì… sì, vengo anch’io - . Come risvegliandosi da un torpore la ragazza sorrise incoraggiante e seguì i suoi amici sulle scale. – Molly avrà bisogno di noi, c’è molto da preparare... Chi c’è stasera, a proposito? –

- I soliti - . Harry non fece in tempo a risponderle che si tappò la bocca, rendendosi conto che le orecchie di Ron erano avvampate di nuovo. Il ragazzo tirò su con il naso, cercando di reprimere le lacrime che stavano per uscire.

- Ron, hai visto mamma? - .

A salvare inconsciamente il fratello arrivò Ginny.

- No, siamo stati fino a adesso in camera - , rispose Hermione per lui.

- Va bene… Harry, ti dispiacerebbe darmi una mano a cercarla? - . Ginny prese la mano del ragazzo e lo costrinse a seguirla al piano superiore.

Hermione alzò un braccio verso di loro, poi si trattenne: non voleva restare da sola con Ron. Da quando si erano baciati nella Stanza delle Necessità non avevano più toccato l’argomento; la morte di Fred aveva occupato totalmente la mente del fratello minore e il discorso, che aveva atteso tanti anni, sulla vera unione che legava i due amici non era stato più fatto. Hermione non sapeva cosa fare: da una parte rispettava il lutto di Ron, che in realtà coinvolgeva anche lei, dall’altra era conscia dell’importanza di quello che avrebbero dovuto dirsi. Lo amava, lo sapeva ormai da tanto tempo, ne era certa anche quando lui aveva abbandonato lei e Harry un anno prima; e ora si ritrovava a non poter restare sola con Ron per paura di affrontare il discorso.

- Hermione - .

La voce di Ron la risvegliò dai suoi pensieri.

- Sì –

- Non sono andati a cercare mamma, vero? L’ho vista passare ora –

- Ah, davvero? Allora dovremmo… - .

Si voltò a guardarlo e rimase senza parole. Nonostante la voce ferma e lo sguardo impassibile, gli occhi di Ron grondavano di lacrime. Non sapeva cosa dire: dal giorno della disgrazia lui non aveva più voluto farsi vedere piangere e così, ogni volta che si sentiva il cuore stringere nel petto, si rifugiava nella sua stanza accompagnato solo dalla propria tristezza; e ora era lì, sulle scale, la schiena al muro e il volto bagnato rivolto alla scena in cucina, dove Molly, tremante, si lasciava abbracciare dal marito. Non gli importava di essere uscito allo scoperto, non gli dava fastidio la possibilità che i suoi genitori avrebbero potuto notare la sua sofferenza.

Hermione gli prese la mano, sicura che fosse la cosa giusta da fare in quel momento.

- Non saremo i soliti stasera - , disse finalmente Ron, senza nemmeno asciugarsi le lacrime: le lasciò scorrere come il proprio dolore. – Non ci sarà F-Fred a f-farci gli scherzi… n-non ci sarà Tonks a farci ridere con le sue facce, e nemmeno Lupin a parlare con papà in un angolo… mamma non aspetterà Percy piena di speranze… stavolta suo figlio n-non… non può... t-torn... - .

Ron non riuscì a trattenersi oltre: scoppiò in singhiozzi tra le braccia di Hermione.

- Oh, Ron, Ron… - .

La ragazza gli accarezzò dolcemente la testa, come se fosse un bambino; si sedette sulle scale e gli fece appoggiare la testa sul grembo fino a che non buttò fuori tutto il suo dolore.

 

Ginny chiuse la porta della sua camera non appena Harry fu entrato.

- Non stiamo cercando tua madre, vero? – , le chiese il ragazzo.

- No. Volevo stare un po’ con te –

- Hai tempo per farlo. Ora c’è da pensare a Ron, a George, a… -

- E chi ci pensa a me, Harry? E a te? A noi? - .

Harry le si avvicinò guardandola fissa negli occhi. Lei sorrise forzatamente quando le spostò una ciocca rossa dal volto; si lasciò baciare e Harry sentì il contatto con le sue labbra fredde e tremanti. Non voleva lasciarla andare, avrebbe voluto stare così per ore.

- Che c’è, Ginny? – , le chiese infine, facendo scorrere i suoi capelli via dalle dita.

- A volte mi chiedo se abbiamo fatto la scelta giusta: stare insieme, andare avanti come se niente fosse... –

- Capita anche a me –

- Non dovrebbe. Voglio dire... perché? Perché non dovremmo andare avanti? –

- Perché… perché non è giusto –

- E perché non lo sarebbe? –

- Basta, con tutti questi perché, Ginny. Non è giusto –

- E allora perché stai ancora con me? - .

Calò il silenzio.

- Ti amo - , dichiarò Harry dopo qualche momento. – E anche se non dovesse essere la cosa giusta da fare stavolta non voglio perderti - .

 

Come ogni volta che rientrava nella camera che era appartenuta ai gemelli, George aveva avuto un tuffo al cuore: non aveva osato togliere gli oggetti personali del fratello, ma aveva lasciato tutto com’era, come per fare in modo di fermare il tempo, un tempo destinato solo a loro due.

Ma quella vista gli faceva più male che mai il giorno di Natale, il primo che passava senza di lui.

- Ehi, George, guarda che ho catturato! –

- Che vuoi farci con quello gnomo? –

- Attaccarlo in cima all’albero di Natale: ti immagini la faccia della mamma quando lo vedrà vestito da angelo? –

- Non credo se ne accorgerebbe nemmeno, Fred! - .

Scosse la testa.

- Fred! FRED! –

- Che succede, fratello? –

- Sono riuscito a perfezionare le Merendine Marinare: che ne dici di farle provare a Ron stasera? –

- Proposta accettata! - .

Si strinse il volto tra le mani.

- Ti piace ancora Angelina, George? –

- Naaa, troppo seria: se si comportasse con me come durante gli allenamenti… -

- Troppo tardi: è tutta tua –

- Ma che dici, Fred? E’ la tua ragazza –

- Non più. Non posso sopportare di togliere qualcosa al mio adorato fratellino - .

Uscì dalla stanza, incapace di sopportare oltre. Stava scendendo le scale per uscire in giardino, lontano da quei ricordi che facevano male, quando sentì la voce di Hermione; si accorse che era seduta di spalle a lui, con la testa di Ron sul grembo. Voleva superarli, ma quello che stava dicendo la ragazza attirò la sua attenzione, costringendolo a nascondersi per ascoltarli.

 - Non tornerà, lo so, non tornerà nessuno dei nostri cari. Lupin, Tonks, Silente, Sirius, Dobby… Fred… se ne sono andati. Però non vedi qualcosa di nuovo in questa casa? - .

George non sapeva dove avesse voluto arrivare, poi seguì il braccio con cui Hermione indicava a Ron l’orologio della cucina.

- Nessuna lancetta è più su “Pericolo mortale”. Siamo salvi - .

George sentì un altro rumore dietro di sé: Harry e Ginny, mano nella mano, con l’aspetto di rei confessi, erano usciti sulle scale; fece loro segno di stare in silenzio e di nascondersi accanto a lui.

- Siamo salvi, Ron, capisci cosa intendo? Per la prima volta da anni in questa casa è tornata la serenità: Voldemort è stato sconfitto per sempre. Abbiamo vinto –

- Ma abbiamo perso  - , mugugnò finalmente Ron.

- Anche. Ma non è questo l’importante –

- Ti prego, Hermione, non dirmi che Fred ci avrebbe voluti vedere felici –

- No, certo: vi avrebbe voluti vedere infuriati per qualche suo scherzo! - .

Ron non rispose; continuò a fissare il vuoto, lasciandosi accarezzare così stranamente i capelli, aspettando che Hermione parlasse di nuovo.

- Fred era la felicità in persona, come Tonks: hanno lottato perché anche noi potessimo conoscerla. Ron… in ogni epoca qualcuno si batte per un mondo che ritiene migliore: se dovessimo abbatterci ogni volta non avrebbe senso combattere. La gente si arrende durante la battaglia, non dopo –

- Quindi? –

- Quindi chiedimi di stare con te - .

Ron si alzò improvvisamente, costringendo Harry, Ginny e George ad arretrare nel loro nascondiglio. Fissava Hermione con aria incredula.

- E questo che c’entra? Perché… perché… voglio dire, non è che non voglia… ma che… ecco… a che servirebbe? – .

- E’ un inizio - .

Il leggero sorriso sulle labbra di Hermione arrivò anche dietro di lei: i suoi amici non potevano vederlo, ma lo sentivano forte come non mai.

La speranza.

Ron deglutì, arrossendo, ma stavolta non era per il dolore: si ricordò di quello che aveva fatto mesi prima, in una stanza di Hogwarts, una cosa che gli capitava di ripensare la sera a caldo nel letto, come se si fosse trattato solo di un bellissimo sogno. Lei sorrideva e non era mai stata così bella: ripensando alle sue parole si ricordò perché l’amava. Chiuse gli occhi, avvicinando il volto al suo, una mano stretta dietro i suoi capelli cespugliosi…

- Largo, piccioncini! - .

George interruppe il loro momento magico: saltò sopra le loro teste, rischiando di calciarle, e atterrò sul pavimento della cucina. Ron e Hermione lo fissarono, sbalorditi.

- Ma che… -

- Su, cercate un luogo appartato per “darvi da fare”! Non vorrete costringerci a vedere i vostri sbaciucchiamenti –

- Costringere chi? –

- Oh, sì, Ronnie, ci sono anche loro - . George indicò Harry e Ginny che stavano uscendo il quel momento dal loro nascondiglio, stupiti e allo stesso tempo divertiti.

- Scusa, Ron, ma non potete mettervi in mezzo alle scale, potreste anche dare fastidio - , scherzò Harry trascinando per una mano Ginny in mezzo ai due amici, immobili.

- Non vedo l’ora di mangiare i piatti di mamma: chissà se avrà fatto anche quel dolce… - .

Ron e Hermione continuarono a spostare lo sguardo da George a Harry e Ginny, senza sapere cosa dire.

- Perché George… che cosa… -

- La magia del Natale - , si limitò a rispondere Ginny, seguendo il fratello in cucina.

 

Quando Andromeda Tonks bussò alla porta della Tana non si aspettava di trovare un tale spettacolo.

Molly Weasley le venne ad aprire con le guance accalorate e un’espressione gioiosa sul viso.

Arthur era stato coinvolto da Percy e Bill, arrivato poco prima con la moglie, in una conversazione sulle nuove leggi del Ministero.

Ginny scartava il regalo di Fleur ringraziandola per il pensiero, mentre Hermione porgeva a Charlie la torta della signora Weasley che aveva appena tagliato.

Harry e Ron si erano fatti spazio sul tavolo per giocare agli scacchi dei maghi, infastiditi da George che faceva cadere foglie di vari tipi di albero sulla scacchiera.

Si respirava un’atmosfera natalizia che Andromeda non avrebbe mai immaginato. Aveva perso, in un solo anno, il marito, la figlia e il genero, ma sapeva che anche i Weasley stavano soffrendo per la scomparsa di un figlio. Tuttavia non fu invasa da un moto di accusa nei loro confronti: vedendoli giocare, divertirsi, sorridere, vivere completamente il Natale sentì una gioia improvvisa crescere nel suo cuore.

- Andromeda, che sorpresa! - , la salutò la signora Weasley con un abbraccio. – Che ci fai qui? –

- Ciao, Molly, scusa il disturbo. Pensavo di portare il piccolo Teddy da Harry: in fondo è il suo padrino... –

- Teddy! - , urlò Harry alzandosi di colpo dalla sedia per andare incontro ai nuovi arrivati.

Andromeda salutò il ragazzo e lasciò scivolare il bambino tra le sue braccia.

- Ora devo andare, Molly, torno a prenderlo più tardi… -

- Stai scherzando? Resta pure con noi, basterà aggiungere un posto. George, va’ nel retro: prendi una sedia e… sì, dovrebbero esserci anche dei seggioloni - .

George annuì eseguendo gli ordini: prese la sedia, poi si mise a cercare un seggiolone. E lo trovo: lì, in fondo, ce n’erano ben due; erano stati da sempre utilizzati per tutti i bambini della famiglia, ma alla nascita di Ron i due gemellini avevano inciso le loro iniziali, copiandole dai maglioni che portavano, sul legno dei seggioloni. Sorrise teneramente ripensando a quell’episodio; prese il seggiolone con la “F” e lo portò al tavolo.

- Su, Teddy, questo è per te - , disse al bambino prendendolo in braccio. – Vedi di essere un degno erede - .

Ogni storia ha il suo finale, ma nella vita il finale è solo un nuovo inizio.

   
 
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