“Così
conoscerete la verità
e
la verità vi farà liberi”
(Giovanni
8,32)
Due settimane nell’accampamento della grande sorella e del piccolo fratello
parte
seconda
Scusate
se vi ho fatto attendere parecchio per questa seconda parte.
Purtroppo
negli ultimi tempi sono stata un po’ a corto d’ispirazione, ma ora sono
pronta a ricominciare.
Sono
infatti appena tornata da un viaggio in Sicilia, nel paese di origine delle due
sorelle Bocconi (come vengono chiamate da quelle parti).
Proprio
durante questo viaggio ho potuto constatare quanto siano amate e ben viste da quelle parti.
Vi
faccio un piccolo esempio.
Il
giorno di Pasquetta a pranzo con alcuni amici e conoscenti, le due signore sono
presto diventate uno degli argomenti di conversazione.
A certo
punto Diana che non le vedeva da 8 anni, ha chiesto: “ma di chi state
parlando, delle sorelle scadute? Quelle parenti di......? Basta guardarle in
faccia per capire che sono acide come uno yogurt andato a male!”
Se
decidessi di fondare il club “io detesto la guressa”, di
certo non mancherebbero gli iscritti.
La
maggior parte della gente che le conosce le trova antipatiche e boriose.
La
guressa in particolare ama comandare e giudicare le vite degli altri.
Ha
sempre spacciato per consigli quelli che in realtà erano ordini.
Lei
doveva sempre stabilire tutto e quando non si faceva a modo suo, veniva
giù il mondo.
Se
qualcuno di noi ritardava di 5 minuti, teneva il broncio tutta la sera ma, se
era lei a fare tardi, non le si poteva dire nulla.
Anzi tra un po' bisognava pure ringraziarla perché aveva tardato solo di
mezz'ora, quando avrebbe potuto tardare di un'ora.
Quando si usciva il sabato sera si lamentava dicendo che non avevamo iniziativa,
che facevamo sempre le stesse cose, che andavamo sempre negli stessi posti, ma
se qualcuno proponeva qualcosa di nuovo non le andava mai bene niente.
Lo scartava perché "è troppo lontano", "ci sono i truzzi",
"voglio stare all'aperto", "non mi piace" , "c’è la
gente che fa commenti" ecc.
Tutte
le volte che si litigava, qualsiasi fosse il motivo, lei riteneva di aver
ragione.
Mai una
volta durante gli anni in cui ci siamo frequentate l’ho sentita chiedere
scusa.
Quando
diceva di voler chiarire, in realtà pretendeva, metaforicamente parlando, che
ci si prostrasse ai suoi piedi e le
si domandasse perdono; cosa che peraltro accadeva regolarmente.
Infatti
si finiva sempre per andare da lei a chiederle scusa anche se non c’era nulla
di cui doversi scusare.
Dopo il
litigio si presentavano due situazioni che portavano comunque allo stesso
risultato.
Nella
prima circostanza lei ti incontrava dicendo di voler chiarire.
Iniziava
a parlare e a fare tutta una serie di ragionamenti, alla fine riusciva a
convincerti che effettivamente era tutta colpa tua.
Certo
se poi ti fermavi a rifletterci con calma qualche tempo dopo, ti rendevi conto
che il suo ragionamento era sì logico, peccato che le ipotesi da cui partiva
erano completamente campate per aria.
In
effetti la guressa, finchè eri sotto la sua influenza, era capace di
convincerti che il nero era bianco e il bianco era nero.
Probabilmente
potrebbe avere un brillante futuro nella pubblicità o in politica.
(Dopotutto
in entrambi i casi si tratta di far credere alla gente che quello che dici è
vero, cosa che alla guressa riusciva benissimo)
Nel
secondo caso le chiedevi scusa non tanto perché eri convinto di aver sbagliato
ma piuttosto per mancanza di resistenza.
Come ha
detto Renato una volta, capita che tu voglia dormire fino a tardi la mattina.
Sei
bello tranquillo a letto con la porta chiusa, quando il tuo cane inizia a
graffiare sulla porta per entrare.
All’inizio
lo ignori sperando che si stanchi.
Dopo un
po’ quando vedi che non accenna a rassegnarsi, ti alzi e gli apri perché sai
che non riuscirai a dormire comunque se lui continuerà a graffiare.
Lo
stesso succedeva con la guressa.
Le
chiedevi scusa perché eri stanco di sopportare i suoi musi lunghi, le sue
scenate e suoi discorsi sull’amicizia. (Di solito venivi accusato di essere
una persona diversa rispetto a quello che credeva, di averla pugnalata alle
spalle dopo tutto quello che lei aveva fatto per te….)
Lei si
è sempre trincerata dietro i suoi proclami sull’amicizia, sulla sincerità,
sulla lealtà e sui valori.
Peccato
che mentre pretendeva che gli altri applicassero questi principi, per lei
rimanevano solo discorsi teorici.
Come
avrebbe detto uno dei miei insegnati: “parole, belle parole ma solo parole.
Quello che conta sono i fatti”.
Ma
riprendiamo il discorso.
Al
minimarket il guru ha deliziato la folla con un’altra delle sue sceneggiate.
Tralascio
i dettagli e passo a raccontarvi le serate colme
di divertimento che si trascorrevano in campeggio.
Si
iniziava con i balli di gruppo.
Anzi la
prima cosa era la sigla del campeggio.
Un’idiozia
stile Cristina D’avena che diceva “tutti insieme stiamo tanto bene, con gli
amici siamo sempre insieme forza vieni qui con noi…….”
Il guru
sosteneva che le sigle fossero una delle cose più belle del campeggio, ma io
continuo ad avere seri dubbi sulla bellezza di una cosa simile.
I balli
di gruppo non erano così male anche se non erano proprio il massimo del
divertimento.
Non
erano molto aggiornati ma nemmeno troppo arretrati.
Una
sera hanno persino messo le sigle dei cartoni animati.
Devo
dire che hanno avuto successo .
C’erano
tutti quanti che canticchiavano mila e shiro, ufo robot, mazinga e boiate varie.
Comunque
erano certamente meglio le sigle dei cartoni rispetto alla pseudodiscoteca che
si teneva sulla spiaggia dopo i balli di gruppo.
Dico
pseudodiscoteca perché consisteva in un gazebo sotto cui suonavano.
La
musica faceva schifo in 2 settimane ho sentito solo una o due canzoni decenti.
In
compenso ho cominciato a odiare la versione dance di “like a prayer”.
Visto
che io Ivan non avevamo nessuna voglia di renderci ridicoli davanti al mondo
ballando della roba che non ci piaceva, passavamo la serata seduti su un lettino
della spiaggia.
La Beba
e polla avrebbero voluto ballare ma si vergognavano di farlo davanti a Hermes.
Non che
avessero motivo visto che lui di solito spariva per ore con il cellulare e anche
quando c’era, non era esattamente interessato a loro.
Un
pomeriggio il guru e la guressa hanno deciso che
bisognava andare a giocare a tennis
Hermes
e Ivan avevano deciso di restare “all’accampamento” mentre io, il guru, la
guressa e la Beba siamo andati a giocare.
Anna
era partita due giorni prima.
Dalla
partenza di Anna le cose era andate di male in peggio, la tensione si poteva
tagliare col coltello e di allegria e divertimento ormai non si vedeva più
neanche l’ombra.
Qualche
sera prima della partenza di Anna, Ivan aveva chiesto alla guressa se, visto che
si liberava un posto, poteva far venire lì con noi per qualche giorno una sua
amica che abitava poco distante.
Non
l’avesse mai fatto.
La
guressa è uscita dal cucinotto con aria isterica ed ha iniziato a urlare che
non doveva permettersi, che non avrebbe dovuto nemmeno pensare di chiedere una
cosa simile, che se “voleva vedere le sue troie” doveva andare lui da loro.
Neanche
l’avesse messa davanti al fatto compiuto.
Notare
poi, che se le parti fossero state invertite, nessuno avrebbe potuto dire nulla.
Se non
le andava bene far venire questa persona, poteva semplicemente dire che non era
il caso e con calma spiegare le sue ragioni.
Ma
evidentemente era chiedere troppo.
Bisogna
aggiungere che la guressa non sapeva nulla di questa ragazza e quindi non aveva
nessuna ragione per fare un’affermazione del genere (che poi una cosa simile
detta da lei è come se il bue desse del cornuto all’asino……… )
In
effetti non era la prima volta che la guressa usava un simile insulto verso
persone che nemmeno conosceva.
Di
solito si trattava di ragazze che erano più belle o meglio vestite rispetto a
lei.
Quindi
volendo, essere definite troie dalla guressa può anche essere preso come un
complimento.
Fine
parte seconda.
continua……