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Autore: Silver Pard    21/01/2011    2 recensioni
Un’ombra vuota. Un idolo vacuo.
Tu la chiami tortura, ma in cuor tuo sai che è giustizia.
Genere: Generale, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Aeris Gainsborough, Cloud Strife, Sephiroth, Un po' tutti, Zack Fair
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno | Contesto: FFVII, Advent Children
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(Mnemosine) (Inter-mezzo)





dio. Sephiroth. per un sacco di tempo, non sono riuscito a vedere la differenza.

(“Vieni ad adorare. Questo è il tuo Dio.” Avrebbero tranquillamente potuto scrivere questo sui poster di reclutamento.)



(—È possibile, secondo te, chiedeva spesso a Cloud, quando desiderava morire, lasciarsi alle spalle il dolore, ed era invece costretto a restare, —che un giorno saremo liberi?

A volte lo chiedeva seriamente.

I sogni di Cloud quando gli poneva questa domanda erano sempre costellati di montagne, di aria tagliente e fredda ma pura, e nei suoi sogni aveva quattordici anni – o magari tredici, con quelle braccia magre e le mani fragili, gli occhi normali e la pelle liscia e esente da cicatrici? – e Sephiroth era seduto al pozzo e gli chiedeva com’era avere una città natale, una famiglia, una madre vera, essere vivi, amati, essere immortali.

E ogni notte, Cloud lo guardava, scuoteva la testa e domandava, —Proprio tu me lo chiedi?

Sephiroth non capiva mai.

La notte prima della fine del mondo, quando ancora poteva andarsene da questo posto, quando ancora era Sephiroth, ruppe la tradizione e gli chiese di fargli una promessa. —Promettimelo, disse, dopo aver spiegato tutto ed essersi assicurato che lui lo avesse ascoltato, sgretolandosi mentre parlava, una coerenza solo temporanea.

Come un idiota, Cloud promise.)



io Ti amavo. noi Ti amavamo. Tu eri… perfetto. sì. perfetto. mi dispiace, mi dispiace midispiace – ma era vero.

per me, la perfezione era il Tuo viso.


(« Inginocchiati. Chiedi perdono. »)



C’è una ragione se Sephiroth sorveglia tanto gelosamente il sonno di Cloud, se noi (io) abbiamo passato anni ad aspettare i momenti in cui Cloud è completamente dimentico del mondo, quando l’unica cosa che riconosce sono le nostre voci, il nostro mondo, le nostre ombre, le nostre parole.

(A quei tempi… potevi cavartela con delle ginocchia sbucciate…)

Non che non sia possibile che ci veda da sveglio; è solo… difficile.

E va bene – lui ci blocca inconsciamente, come fate tutti voi. Contenti? Ci vede di sfuggita, ovviamente. Quando è troppo stremato per fingere, lui ci vede; ma non è mai abbastanza, capite? No, certo che no.

Una volta però ci ha visto per bene. Una volta soltanto. Una notte un incubo lo ha svegliato – non uno dei nostri, un incubo “normale”, se credete alla loro esistenza – e ci ha visto, disposti attorno a lui come chi aspetta al capezzale che la persona nel letto muoia.

« Voi non siete reali » esordì, disperatamente, e nessuno di noi riuscì a capire se fosse dispiaciuto o contento della cosa. Aeris mi disse di aver sentito sofferenza, ma Sephiroth percepì sollievo, dove io non sentii altro che disperazione.

—Cos’è reale? domandò Aeris, e dovetti reprimere l’impulso di grugnire. Solo perché sono morto non significa che sono già caduto sotto un incantesimo che mi fa parlare per indovinelli metaforici. Ma Aeris, oh, lei si è buttata a pesce su 'sta roba. Forse perché parlava così anche quando era viva e nessuno aveva le palle di dire al suo sorriso ehi, ma che erba ti fumi?

—L’ombra è reale? aggiunse Sephiroth con un sorrisetto timido, riservato, il genere di sorriso che ormai rivolge solo a Cloud, quello che dice tu capisci. È una cosa fra me e te e nessun altro, questa la sappiamo solo noi.

A questo punto ritenni fosse meglio uniformarmi alla massa. Siamo un trio di fantasmi unito e compatto, capite. E così: —La musica è reale? chiesi prima di poter pensare a qualcosa di meglio, perché poi mi persi un bel pezzo della conversazione che seguì per tentare di sciogliere il mio enigma.

Povero Cloud. Prima aveva dovuto convivere con il sospetto di star rincoglionendo, a furia di vedere costantemente Sephiroth con la coda dell’occhio o Aeris nei momenti in cui meno se lo poteva permettere (lei ama particolarmente mostrarsi quando guida la sua nuova moto. Continuo a ripeterle che un giorno lo ammazzerà, ma lei risponde, per la gioia di Sephiroth, che le persone toccate come lui dal destino, con nemici come i suoi, in sella a una moto non ci crepano e basta), adesso doveva convivere con la consapevolezza di essere rincoglionito sul serio.

« Voi… voi li vedete mai? » chiese ai rimanenti della cricca quando s’incontrarono il giorno successivo per salutarsi eccetera. Yuffie sarebbe tornata a Wutai; Vincent era passato solo per il bisogno di dimostrare che avrebbe potuto smettere di fare l’eremita quando voleva, e semplicemente non voleva; Reeve era impegnato con Edge; Barret si era preso del tempo libero per ubriacarsi col vecchio gruppo; Nanaki era già a Cosmo Canyon…

Noi stavamo nell’angolo del bar – io stavo cercando invano di versarmi da bere, Sephiroth stava coltivando il suo speciale talento che consisteva nell’incombere nella visione periferica di Cloud, e Aeris mi stava dicendo di prepararle uno screwdriver – e li guardavamo con i sorrisi storti che i sobri riservano agli sbronzi.

« Vedere chiii? » strascicò Yuffie, dopo aver finalmente vinto la resistenza di Tifa (o meglio, la resistenza di tutti, perché era talmente iperattiva e rumorosa che le passavano i bicchieri per farla stare zitta).

« … Fa niente. »

« Nah, nah, vedere chiii? Eddaaai, Spiky-spike! Diccelo, diccelo! Dillodillodillo! »

Lui le rivolse un cipiglio minaccioso, ma se conosceste qualcuno bene come noi conosciamo il signor Bel Visetto Imbronciato, avreste capito anche voi che si era messo sulla difensiva, come qualcuno che sa in anticipo che quello che sta per dire gli farà fare la figura dello stupido; il cipiglio è un attacco preventivo, una specie di “beh, è stupido, ma sai che mi frega, tanto vale dirlo”.

« Loro. Aeris… e… Sephiroth. » (Notare che mi tagliò fuori, il bastardo ingrato. Io non sono tanto criptico. … Vero?)

Gli puntarono addosso Lo Sguardo Collettivo. Avete capito quale. Quello che dice, Ma ciao, psicopatico, come abbiamo potuto non accorgerci prima della tua presenza?, al quale seguì automaticamente uno scambio di caute occhiate tra i membri del gruppo, come a chiedersi, Okay, ragazzi, come abbiamo potuto non accorgerci prima che uno dei nostri è uno svitato?

« Cloud, credo che tu abbia bevuto abbastanza » disse Tifa.

Il suo cipiglio si accentuò di qualche livello. « Io non sono ubriaco » sbraitò, con tutto il vetriolo esasperato di uno che è ubriaco fino al midollo. O di un SOLDIER che non riesce a ubriacarsi, malgrado diligenti tentativi. « Io – lasciamo stare. » concluse amaramente, scoccando un’occhiata al nostro angolo “vuoto”.

« Io a volte vedo Aeris » borbottò Yuffie nel suo gin (originariamente proprietà di Vincent, ma ritrovarti Yuffie a pochi centimetri dalla faccia che ti fissa negli occhi ovunque essi si spostino, palesemente restia a desistere prima del Giorno del Giudizio, è evidentemente un’esperienza terrificante anche per i vampiri. Vincent, tanto per la cronaca, in quel momento stava occhieggiando il soffitto con uno sguardo assorto, lo sguardo tipico di chi studia le travi in cerca di debolezze strutturali che potrebbero impedire la morte per impiccamento).

A Yuffie recapitarono Lo Sguardo Collettivo dell’Esasperazione, leggermente diverso dall’esempio precedente per il fatto che tutti sanno che il destinatario è sbronzo e dunque non responsabile delle idiozie che spara, che ciononostante restano estremamente fastidiose.

« È vero! » insistette, sbracciandosi come una vera ubriaca che cerca di avvalorare la sua tesi.

« Stazzitta, Yuffie » brontolò Barret, sbattendo un pugno massiccio sul tavolo. « Non… non devi parlare così dei morti. » (Qui Sephiroth cedette a uno dei suoi impulsi più infimi, andò dietro di lui e gli diede uno spintone; la birra ebbe improvvisamente la meglio su di lui e si accasciò sul tavolo, battendo la testa così forte che mi strozzai dal ridere. Sephiroth tornò e mi diede il cinque, quando erano secoli che cercavo di insegnarglielo e lui si era sempre rifiutato adducendo a pretesto il fatto che sembrava stupido e altamente degradante.)

« Io li vedo » mugugnò Cloud fra sé. « Li vedo e non – non è… non sono pazzo » Si sporse e uncinò tranquillamente una bottiglia di delizioso vino di Wutai con una mano. « Sono reali » persistette, sistemandoli tutti con Lo Sguardo dell’Ubriaco Fradicio.

« Coloro che sono morti non ci lasciano mai davvero » intervenne Vincent, gli occhi ancora fissi sul soffitto. « Rimangono per sempre nel nostro cuore e nella nostra mente, e chi può dire che non sia questa l’immortalità? »

Tutti, alquanto avvezzi a questi sprazzi random di filosofia, lo ignorarono completamente.

« Io li vedo » bisbigliò Cloud, e ormai i suoi occhi si muovevano sempre di più per la stanza, l’immagine indistinta di Sephiroth irraggiungibile per un soffio.

Prima eravamo tanto misericordiosi. Avevamo tanta compassione.

« Si nascondono negli angoli, non li vedi per pochissimo. » La mano gli tremava un poco. Lo ricordo molto distintamente, perché lui di solito era così immobile – i suoi Scleri™ erano preannunciati da minuscoli tremori, che diventavano una specie di tic convulso, poi prendeva grandi respiri tremanti di aria che non servivano a niente, e si piegava su se stesso prima di poter assalire e ferire qualcuno (quante attenzioni, quanto rispetto. Specialmente quando crollava).

Tifa gli strappò sollecitamente la bottiglia di vino di mano. « Non esistono cose del genere, Cloud » disse pacatamente. (Sephiroth le porse il suo saluto con un dito solo. Non che la disprezzi particolarmente; in realtà, la reputa divertente e di grande intrattenimento. Solo che odia il fatto che il suo burattino possa trovare il tempo e le riserve emotive per fregarsene veramente qualcosa di qualcuno – chiunque esso sia – che non sia lui. Ho già accennato al fatto che ha dei problemi seri, sì?)

« Invece sì! » ribatté lui con calore. « Dimmi che non li hai visti dopo Nibelheim. Tuo padre, o i tuoi amici, o- »

« Certo che li ho visti » lo interruppe freddamente, perché persino Tifa, la Regina della Compassione, Santa Tifa la Masochista, ha i suoi limiti. « Nei sogni. Non vedi nient’altro che questo, Cloud. Sogni. »

Lui la fissò a lungo, e non disse nulla; Sephiroth ostentava un sogghigno da sopra la spalla della donna.

« Nelle profondità dell’incubo e del sogno si celano le più grandi verità » commentò Vincent, lo sguardo sprofondato dal soffitto a una bottiglia di whisky.

Tutti i presenti ancora in sé gli ordinarono di chiudere il cesso.



Ti avrei servito volontariamente. non c’era bisogno di costringermi a inginocchiarmi. per quel che mi riguardava, Tu eri la voce di dio. no. non solo la voce. Tu eri il viso, la forma, l’immagine stessa di dio. Tu eri dio – Tu eri il mio dio, e se lo eri anche per altre persone, beh, era una sorpresa, ma incidentale.



Cloud dorme. Cloud dorme e nei suoi sogni ci siamo noi, come in una piccola riunione tutta nostra. In questo sogno ci troviamo nei campi infiniti di Aeris. Ai piedi di Sephiroth ci sono dei rovi, i fiori appassiscono, si accartocciano e muoiono, diventano un requiem di marrone e nero stinti, un fuoco spento. Il profumo di monarda lo avvolge, dicendo con voce amareggiata, la voce di Cloud: i tuoi capricci sono insopportabili.

(—Io non ho bisogno di te, sibila Cloud. Oggi ha otto anni, e sulle sue ginocchia le cicatrici appaiono e scompaiono ripetutamente. Sephiroth si staglia di fronte a lui, cerca di sembrare calmo e distaccato. Non ci riesce.

—Bugiardo, lo accusa, gettando la parola nel vuoto verso di lui, come se stesse lanciando una corda oltre un abisso. Manette di seta e acciaio lo cingono come un regalo troppo incartato. Si stringono e si allentano al ritmo del battito di Cloud.

—No! grida il bambino (Cloud? Questo focoso stronzetto?). —No no no! Io ti odio!

—Esattamente! Tu hai bisogno di odiarmi! dichiara Sephiroth trionfante. Per un attimo le catene si serrano così forte che espelle il respiro con un rantolo.

Aeris avanza verso di me e fa scivolare una mano nella mia. —Fermali, Zack. Mi fa male vederli così!

—Come se io potessi farci qualcosa! sbotto, ma non sono arrabbiato con lei, in realtà. Nemmeno loro sanno perché stanno litigando. Litigano e basta.)

Nel regno dei viventi, Cloud si raggomitola in una posizione fetale (cerchi di fare il riccio non solo con i capelli, eh?). « Madre » chiama, indifeso, e questo dovrebbe farvi capire con molta precisione quanto sia brutto tutto ciò, quanto in profondità stia scavando il loro battibecco – da quando c’è Sephiroth, non può neanche pensare a sua mamma come a sua “madre” senza avvertire un piccolo brivido di disagio.

(Le urla si fanno più acute. Devo ammettere che sono colpito. Non credevo neanche che conoscessero le parole che si stanno scagliando addosso a vicenda.

Tanto tempo fa, Sephiroth era il fiore all’occhiello della compagnia per la sua tranquillità. Nell’enciclopedia degli impiegati che avevo redatto personalmente – un giorno devo riuscire a trovarla – vicino al suo nome c’era scritto: “la persona meno a rischio d’infarto o di colpo apoplettico”. Può darsi che l’abbia scritto Reeve, ma comunque fidatevi di me se vi dico che era un’alta onorificenza nella ShinRa.

Non è più così. È diventato irrequieto, è sempre alla ricerca di qualcosa; è in continuo fermento, e s’infrange sui confini del Lifestream come le onde sulla spiaggia. La sua pazienza ormai non esiste. Il suo distacco è morto. Per cui non dovrei stupirmi quando si scaraventa contro Cloud e gli dà una botta così forte che la testa gli schiocca sul collo. Non dovrei stupirmi, ma è più forte di me.

—Zitto, sibila tra i denti stretti. —Stai zitto.)

Cloud fa una smorfia nel sonno. La sua mano sinistra si apre e si chiude come un fiore, come una bocca che cerca di riprendere fiato, mentre del sangue gli cola dal naso. « Stai zitto » fa eco, e anche se profondamente addormentato, la sua voce trema di rabbia.

(L’immagine di Cloud tremola – ora c’è un bambino, ora un uomo, ora un adolescente – ma i suoi occhi rimangono sempre gli stessi. —Vattene, sussurra, guardando il sangue sulle sue dita. Sembra leggermente sorpreso, e io non mi capacito del perché quando ogni sua cicatrice ha la firma della Masamune.

—Non posso, dice Sephiroth, irritabile. —Non posso “andarmene” se tu non me lo permetti. E tu non mi lascerai. Perché io ti fortifico. Perché senza di me tu non sei niente, sei solo uno stupido, sciocco bambino – senza di me tu non vali niente, e lo sai.

—Prenditi la tua maledetta forza, sbotta Cloud. —Io non la voglio. Non mi serve.

Sephiroth ride, barbaramente, istericamente. Si siede accanto a lui, pulisce via il sangue dal naso del suo nemico, e non dice nulla.

(Tu non hai nient’altro. È questo che potrebbe dire in questo momento, in un mondo non più lontano di un battito di ciglia. Ma qui non lo dice.)

—… Perché stiamo combattendo? chiede Cloud alla fine, nell’esile, stanca voce di un bambino che ha partecipato a troppi litigi finiti male, la voce di un ragazzo a cui è stato chiesto troppo spesso se sua madre non amasse un po’ troppo le previsioni del tempo visto il nome che si ritrovava. Un ragazzo che ha gridato, e ha perso sangue, e si è scottato e accartocciato talmente tanto su se stesso che è un miracolo che possa ancora parlare.

Sephiroth fa spallucce. Le spallucce sono il gesto più eloquente del linguaggio umano, secondo me, e nessuno riesce a comunicarne il pieno significato come Sephiroth. In fondo prima rappresentavano il massimo grado delle sue interazioni sociali.

—Perché non smettiamo?

Sephiroth fa di nuovo spallucce. —Non lo so, risponde in tono piatto. Scruta Cloud, adesso nel corpo di un teenager con le gambe e le braccia sgraziate troppo lunghe per il suo corpo. —Quando lo scopri dimmelo.)

Cloud si sveglia e non ricorda nulla. Fissa le stelle per un lungo periodo, scivolando inquieto in quel mondo a metà tra la veglia e il sonno, protetto dalla sconnessione.

(—Ciao, lo accoglie Aeris dolcemente, come se lui non fosse stato qui fino a mezzo secondo fa.)



(« Ho pensato… »)

Tu eri il mio dio. e io non ero abbastanza per Te.

io Ti adoravo. Tu eri tutto. tutto. io ero nulla, e lo sapevo, ma in quanto Tuo servo, Tuo adoratore, Tuo schiavo, almeno ero il Tuo nulla. avrei fatto qualunque cosa Tu mi avessi chiesto.

e Tu mi hai buttato via.


(« … a un bel regalo per te. »)



(—Tieni, comincia Cloud. —Te li regalo.

Sephiroth sbatte le palpebre osservando i fiori. —… Non capisco, replica, aggrottando la fronte.

—Delusione, dice lui. O forse non lo dice, perché i sogni hanno quella strana logica tutta loro. —Rifiuto.

Sephiroth tende un braccio verso le sue mani e si appropria dei garofani gialli. —Continuo a non capire.

Cloud porta gli occhi al cielo. —Il tuo ego ha soverchiato la tua intelligenza, lo informa sprezzante. Sephiroth si acciglia ancora di più, torcendo i fiori da tutte le parti.

—Che me ne faccio di questi cosi? chiede infine, perplesso.

—Si strappano i petali, intervengo io. —Uno per uno, e si dice: “m’ama, non m’ama…”, e quando hai finito i petali, hai la tua risposta. Faccio l’occhiolino a Cloud, che pare indeciso se picchiarmi o scoppiare a ridere.

—Non capisco! esclama furente Sephiroth. —Che senso ha?!

—Hanno davvero puntato al risparmio con la tua infanzia, dico, afferrando i fiori. —Sta’ a guardare… Strappo un petalo. —Cloud mi ama! dichiaro teatralmente, facendo cadere il petalo. Aeris sta già ridacchiando come una matta, e il rossore mortificato che si diffonde sulle guance di Cloud mi fa desiderare di avere una telecamera – sono anni che non vedo Cloud umiliato al punto da arrossire.

Beh, in realtà, ora che ci penso, credo che Aeris possa esserci riuscita una o due volte. Sfrutta al massimo quella sua aura d’innocenza per fare delle uscite che sconvolgerebbero Cid. Ebbene sì! C’è dell’impudenza nella dolcezza! Sinceramente, perché sarei uscito con lei se non fosse così? Troverei quella facciata da più-santa-di-te seriamente irritante dopo un po’ se non sapessi cosa c’è dietro.

—Non mi ama!

Sephiroth mi fissa.

—M’ama!

Quindi guarda Aeris.

—Non mi ama!

Lei s’impietosisce e gli dà una gomitata leggera. —Va tutto bene, dice con fare rassicurante. —Lo sai che a Zack… manca qualche rotella.

—Sì, concorda Sephiroth, lanciandomi uno sguardo divertito. —Ma mi sfugge ancora il senso di questo rituale. Come può lo strappare i petali a un fiore determinare un qualcosa di vago come l’amore?

—M’ama!

Lei scuote la testa. —È solo un gioco. Fossi in te, mi concentrerei di più su quello che Cloud stava cercando di dirti quando ti ha dato quei fiori.

—Non mi ama!

—Perché, significano qualcosa? Si passa una mano impaziente tra i capelli.

—Certo che sì. Pensala… come un codice.

Saggia Aeris. Ve lo dico io, la mia ragazza è un genio. (Ma non ditele che ve l’ho detto, perché se no chi la tiene più.)

—Un codice?

—Sì, Aeris annuisce. —Ogni fiore ha uno speciale messaggio, e ci sono persone che regalano fiori per dire cose che non sarebbero in grado di dire a voce. E ovviamente, un fiore può avere due significati opposti. Una petunia, illustra, entusiasmandosi al suo campo, —può significare “la tua presenza mi rasserena”, ma allo stesso tempo può indicare risentimento e collera.

—E allora quel fiore…?

—Un garofano giallo sta per disappunto e rifiuto: tu mi hai deluso. Mi spiace, ma non c’è nessun altro messaggio.

—M’ama! Faccio un largo sorriso in direzione di Cloud, che sta tentando di fracassarsi la testa per terra. —Scusa Aeris, mio amore perduto, ma il fiore ha parlato!

Sephiroth aggrotta la fronte guardando Cloud. Immagino che le parole “tu mi hai deluso” gli stiano rimbombando in testa. —Non è un regalo molto gentile, dice in tono asciutto.

Lui alza il capo e lo fissa, solo vagamente strabico. —Non voleva essere gentile. Cazzo, se non l’hai ancora capito ti odio.

—Modera il linguaggio, lo rimbrotta distrattamente Sephiroth, continuando a fissarlo. Poi, improvvisamente, sorride. —Questo significa che dovrò pensare a un bel regalo da darti in cambio, giusto? Per quando ci rivedremo, spiega allo sguardo confuso di Cloud. (Questo… non promette niente di buono.)

—Noi non ci rivedremo, replica Cloud in tono incolore, disorientato.

—Noi ci vediamo continuamente, ragazzo smemorato. Ma sì, intendevo nel mondo della veglia. Ride sotto i baffi. —Danzeremo, dice, canticchiando a bocca chiusa una melodia frivola e leggera, una di quelle che ti fa venir voglia di ballare il valzer quando non hai la più pallida idea di quali siano i passi: da da da du daaaa, du du da da… (Ho quest’improvviso flash mentale di loro due che combattono, delle loro spade che si muovono tanto in fretta da divenire macchie sfocate… e poi d’un tratto le rinfoderano, si prendono per mano e cominciano a ballare alla stessa identica velocità e con la stessa identica grazia, un due tre, gira, avanti, indietro, un due tre…

Sì. Fossi in voi anch’io mi preoccuperei.)

—Tu sei pazzo, gli faccio.

Lui non mi degna neanche di un’occhiata. —Non credo che tu abbia il diritto di mettere bocca sull’altrui pazzia, risponde freddamente.

—Seph- inizio, ma m’interrompe con un gesto.

—Non so a chi ti riferisci, dice, sollevando il naso.

Date retta a me, certi giorni non vale la pena neanche di alzarsi dal letto.)

Quando stavolta si risveglia, non si riaddormenta. Non ricorda nulla nemmeno stavolta – non si tratta del genere di sogni che uno ricorda – ma crede di aver sognato qualcosa a proposito di… un ballo? Fiori, indubbiamente. Regali? Forse. Non è uno di quei sogni di cui valga la pena preoccuparsi da sveglio, si dice.

Si veste e se ne va, e dove stia andando non lo sa, ma si chiede una cosa e la cosa è questa: per quanto tempo posso trattenere il respiro?



avevo riposto la mia fiducia in Te, e Tu l’hai tradita. Ho camminato fedelmente nella Tua ombra, e Tu mi hai messo da parte. Tu…

(« Vuoi disperazione? »)



Si tuffa.

ariabisognodiaria

—Stai cercando di affogarti?! grido, ma Sephiroth fa servizievolmente notare che anche se fosse lui lo riporterebbe allegramente in vita, perché, e qui cito testualmente, “lui è un idiota, ma è il mio idiota, e difenderò fino alla morte il diritto di ucciderlo con le mie mani.”

respirarespirarespira ma è un istinto per gli esseri umani e lui si rifiuta di dargli ascolto.

Ci lascia andare. Aspetta di esaurire l’aria immagazzinata nei polmoni.

respirarespirarespira

—Ehi, dice Sephiroth. —Svegliati.



hai smesso di essere dio. ma avresti potuto esserlo, tu.

(« Qual è la cosa che consideri più preziosa? »)

oh, se avresti potuto esserlo.



(Aeris lancia un’occhiatina di sbieco a Sephiroth. —Sephiroth, gli fa, cauta.

Sephiroth sbatte le palpebre per farle magnanimamente cenno di proseguire. È un buon segno, significa che al momento è mediamente sano. —Sephiroth. Ma a te… a te piace il modo in cui si sta comportando adesso Cloud?

Sephiroth piega la testa, incuriosito. Buon segno? Brutto segno? —Spiegati meglio.

Buon segno.

—Intendo… il fatto che si rifiuti di lasciarci andare.

—Intende le sue tendenze suicide, m’intrometto, ignorando lo sguardo piccato di Aeris.

Lui aggrotta le sopracciglia. —E la causa sarei io?

Brutto segno. Io e lei ci scambiamo degli sguardi. Rispondendo di sì lo gratificheremmo e gli faremmo venire voglia che Cloud continui. Rispondendo di no si infurierebbe e gli verrebbe sete di vendetta al pensiero che qualcun altro possieda una certa influenza sulla sua proprietà.

—Non importa, mi affretto a dire. —Quello che importa è, ti piace che si comporti così?

—… In effetti no, ammette lentamente. Scrolla le spalle. —Non è molto divertente da guardare.

Incredibile. Assolutamente incredibile. Questo è uno di quei momenti sempre più frequenti in cui mi viene voglia di trucidarlo con la Nailbat di Cloud.

—Okay, concede in fretta Aeris, rivolgendomi una rapida occhiata di avvertimento con la coda dell’occhio. —Comunque, lo sai che quando dello sporco entra in una ferita quella diventa una piaga?

Lui annuisce, e si trattiene dal portare gli occhi al cielo. Forse per rispetto, ma più probabilmente perché la sua mente è già altrove.

—Beh, i ricordi su di noi sono come lo sporco in una ferita sull’anima di Cloud. Non è molto interessante da guardare perché è ferito, capisci?

—Sì, risponde. Ma pare un po’ dubbioso. (Per il nostro meraviglioso Generale, Cloud Strife è il giocattolo infrangibile. È assolutamente convinto della sua indistruttibilità; il pensiero che possa esistere un danno capace di deteriorare il gioco invece di aumentare il divertimento è una rivelazione stupefacente).

—Quando lo rincontrerai… Incrocia le dita dietro la schiena. —… non sarebbe più bello se Cloud fosse al massimo delle sue possibilità?

I suoi occhi si stringono pericolosamente. —A me piace quando sta male, dice fermamente. Mi sento sprofondare; è la sensazione che arriva sempre quando mi rendo conto che la scarna lucidità mentale di Sephiroth ha traslocato.

Il silenzio sgradevole si protrae. Ho abbastanza paura da respirare pianissimo, da non fare nulla che possa irritarlo, in un modo o in un altro. Accanto a me Aeris si è congelata, ma ha ancora la testa alta di orgoglio, le brillano gli occhi.

—E poi, aggiunge Sephiroth alla fine, voltandoci le spalle. —Chi l’ha detto che voglio che sia così quando ci rincontreremo? Non ci sarebbe niente di divertente.

Aeris sorride e mi lancia uno sguardo significativo. —Andrà tutto bene, mi dicono le sue labbra. Sephiroth è molto bravo a far diventare Cloud più forte, a dargli una ragione per andare avanti, anche (soprattutto) quando non è sua intenzione.)



(E questo come ti fa sentire?)

… io…

(Dimmi. Come ti fa sentire, Cloud?)

non voglio parlarne.







NdT: tutte le frasi tra le caporali (« e ») e tra parentesi nelle parti al centro provengono da Advent Children, e sono dette da Sephiroth durante il suo duello con Cloud. Potete leggere l’intero scambio queer qui.
Nota di colore: la frase “Shall I give you despair?” è meglio nota nel fandom come “Shall I give you dis pear?
Ovviamente mi sono rifiutata di comprare il dvd, quindi grazie mille ad Alister per avermi fornito la loro traduzione ufficiale!
Ah, le “ginocchia sbucciate” vengono invece da uno dei pensieri che Cloud “sente” nel gioco (per intenderci: schermo nero, riga di testo bianca/grigia al centro, momento wtf) quando si risveglia nella chiesa di Aeris.
   
 
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