Premesse:
a)
I
personaggi non mi appartengono, ma sono frutto del genio di J. K. Rowling.
b)
Dis-moi è una canzone di Charles Aznavour
e in quanto tale gli appartiene.
c)
Le
strade e i luoghi di Parigi citati esistono davvero e si riferiscono alla
configurazione attuale della città.
d)
Le
traduzioni dei dialoghi in francese sono a fondo del capitolo. Se riscontrate
degli errori, vi prego di farmelo notare in quanto non ho mai studiato francese
e mi sono affidata ai traduttori online e al mio intuito.
e)
Date,
riferimenti storici e altro sono stati ricavati dall’HP Lexicon
(inglese).
Ci rileggiamo
in fondo. Enjoy! ;D
Cadence of Her Last Breath
Prologo:
Dis-moi.
Parigi, luglio 1959
Correva
l’anno 1959.
Era un’estate
come tante, non particolarmente torrida né troppo fresca per non essere
considerata la stagione più calda di quell’anno.
Il sole si
stava alzando lentamente, irradiando con i suoi raggi dorati i tetti di Parigi
e colorando il cielo delle più varie sfumature di rosso, rosa e arancione. Le
ombre degli edifici e degli alberi si allungavano pian piano su Parc du Champ
de Mars, ma era lo spettacolo della Tour Eiffel inondata dalla luce del sole mattutino a dominare la
scena.
Abraxas Malfoy osservava quasi impassibile la magnificenza di
quella costruzione ottocentesca dalla finestra della sua lussuosa camera
d’albergo, immersi nei ricordi delle vacanze della sua infanzia passate per
gran parte tra i castelli della Loira e a guardare affascinato i riflessi della
Luna e delle luci della città sulle acque del Seine. Erano passati diversi anni da quelle spensierate e calde giornate di
primavera: ora era un uomo d’affari, sposato, ma sempre pieno di impegni per
conto del Ministero della Magia. Era un impiego che gli dava mille
preoccupazioni e difficoltà; non gli permetteva di rimanere con la sua famiglia
e con Lucius, suo figlio di soli sei anni. Tuttavia, una parte di lui amava
profondamente quel lavoro poiché gli permetteva di viaggiare, cosa che il bimbo
non aveva ancora imparato ad apprezzare, e visitare quella terra di belle
memorie ed esperienze. Senza contare che svolgere certe mansioni gli
permetteva di girare il mondo senza pagare un Galleon
e ciò non era per niente un fattore trascurabile.
Quella
giornata, in particolare, si prospettava piuttosto stressante: in mattinata
avrebbe incontrato Monsieur Dubois,
un famoso e stimato commerciante di merce di fattura folletta,
al Palais de Chaillot; dopo
aver pranzato con il suddetto, avrebbe raggiunto il Consolato Generale
Britannico, in Rue d’Anjou,
per sbrigare alcune faccende; infine alla sera, avrebbe preso parte, in
compagnia del Ministro della Magia in persona, ad un ricevimento esclusivo in
una villa del Ministro francese.
Abraxas occupava una posizione di prestigio, come del resto suo padre e tutti
i suoi predecessori: se c’era una cosa di cui la famiglia Malfoy non mancava,
oltre al denaro, questa era sicuramente il posto sicuro in alta società,
qualsiasi fosse il governo, o il livello della loro reputazione. Dopotutto, la
loro casata era molto antica e aveva una lunga tradizione di uomini carismatici
e versati nella gestione del potere. Il loro nome era spesso oscurato da una
coltre di sotterfugi e loschi affari, ma ogni Malfoy sapeva giocare bene la
carta del denaro e dei contributi al Ministero perciò, in gran parte dei casi,
tutto veniva accantonato, dimenticato e nascosto dietro a occhi freddi e
distaccati accompagnati da sorrisi di circostanza.
Tuttavia,
non era stato solo il cospicuo patrimonio a dettare la fortuna e l’incolumità
di Abraxas, ma il suo istinto nell’individuare
persone che un giorno avrebbero potuto fare qualcosa di conveniente… Per lui.
Era la fine
del suo primo anno ad Hogwarts quando parlò per la prima volta con Caleb Lloyd e aveva capito subito
dagli occhiali cerchiati di corno e la postura ben eretta che non era un tipo
da prendere in giro. Stavano guardando i risultati degli esami che erano appena
comparsi sulla bacheca all’entrata del castello. Si avvicinò a lui e sbirciò i
suoi voti, scoprendo che era anche un ottimo studente.
«Sei il
migliore del nostro anno!» esclamò Abraxas, colpito.
«Voglio dare
il lustro che merita alla Casa di Slytherin»
Già da quel
momento, era chiaro che sarebbero andati d’accordo.
Ripensando a
quei giorni e ripercorrendo in breve gli anni seguenti, non poté fare a meno
che sentirsi soddisfatto di se stesso. Era la perfetta incarnazione delle
caratteristiche tipiche degli Slytherin: aveva agito nell’ombra, senza mai
mettere a rischio la propria faccia o il prestigio della sua famiglia, e ora
controllava con fili invisibili parte dell’attività del Ministro.
«Anche
Lucius sarà così» rifletté, con orgoglio, mentre ormai il cielo sfumava
lentamente verso l’azzurro «Gli insegnerò che noi siamo superiori, dei Pureblood, e che è a noi che spetta il potere».
Diede
un’occhiata all’orologio rotondo che teneva nella tasca interna dell’elegante
completo nero che indossava e vide che erano ormai le sette e un quarto. Decise
di scendere a fare colazione e di raggiungere Palais
de Chaillot a piedi, passando sul Pont
d’Iéna.
Scese le scale
e si diresse verso la sala da pranzo; prese posto ad un tavolino rotondo, un
po’ isolato dagli altri, vicino alla finestra. Appollaiato sul davanzale, lo
attendeva il suo maestoso gufo reale dal piumaggio scuro, di nome Altair. Aveva una lettera legata alla zampa e teneva nel
becco una copia del quotidiano Daily Prophet. Abraxas chiamò una
cameriera e fece portare una scodella e qualche fetta di bacon per l’animale.
Ordinò una tazza di caffé per se stesso e nell’attesa diede una veloce occhiata
al giornale, per poi dedicarsi alla lettera. L’aprì e si stupì nel riconoscere
la calligrafia di sua moglie, Laila, poiché, in genere, non era loro abitudine
scriversi durante le assenze, seppur a volte molto prolungate di Abraxas. Sul piccolo biglietto, c’erano solo poche righe:
Si sono manifestati i primi
segni di magia in Lucius. L’ho trovato che levitava a testa in giù tra gli
scaffali della biblioteca.
Abraxas immaginò il figlio galleggiare nel vuoto, i capelli biondi spettinati
e un largo sorriso che gli andava da un orecchio all’altro. Quasi si lasciò
andare ad una risata e poi rilesse la breve lettera più volte, sentendosi
infinitamente orgoglioso di suo figlio: non aveva dubbi che sarebbe diventato
un grandissimo mago.
Finita la
colazione, si incamminò verso Pont d’Iéna,
temporeggiando per un po’ a Parc du
Champ de Mars.
Abraxas adorava Parigi: il Seine, la Tour Eiffel, la cattedrale gotica di Saint-Denis,
le piccole vie acciottolate che si ramificavano man mano che ci si allontanava
dal centro, gli spazi verdi, l’Opéra National de
Paris, i ricchi mercati magici che vi si potevano trovare. Tuttavia, ciò che
amava di più di quella città erano le donne. Le francesi che aveva conosciuto
erano tutte signore raffinate, eleganti, di classe, come sua moglie; portavano i
capelli lunghi, erano sempre sorridenti e avevano occhi brillanti, dove spesso
gli era capitato di scorgervi malizia, seppur ben celata da un sorriso di
cortesia.
Arrivò a
destinazione e fu soddisfatto nel constatare che Monsieur
Dubois non era quel genere di persona che si faceva
aspettare.
***
Quando, la
sera, tornò in albergo, era semplicemente sfinito.
Si sedette
sul letto con la testa fra le mani e fece un respiro profondo, tentando di
auto-convincersi ad alzarsi e perlomeno, di dedicarsi ad un bagno rilassante.
Seguì il suo stesso consiglio e quando uscì dalla vasca si sentì come rinato.
Indossò un bel completo kashmir e poi si recò fuori dall’albergo, dove il
Ministro lo sarebbe passato a prendere entro pochi minuti.
Con suo
sommo disgusto, Lloyd si presentò a bordo di un mezzo
di trasporto Muggle, il cui nome, gli spiegò in
seguito, era ‘limousine’. Gli disse che era un’automobile che non tutti si
potevano permettere; anzi, era riservata agli uomini e alle donne più ricchi,
ma Abraxas non sembrò comunque convinto e ribadì che
avrebbe preferito ricorrere a metodi magici.
«Non ti
vanno proprio giù le diavolerie di Muggles, vero?»
«Già, non
sopporto di viaggiare su aggeggi creati da persone inferiori»
«Suvvia, Abraxas, dobbiamo rispettare le scelte di questo nuovo
Ministro francese un po’… Eccentrico»
«Una volta
non saresti stato così accomodante, Caleb»
«Ora sono un
uomo politico: devo saper accontentare tutte le fazioni per rimanere al potere
senza troppi problemi».
Abraxas sbuffò. «Muoviamoci».
Proseguirono
il viaggio discorrendo sulle misure di sicurezza che Monsieur
Bourgeois aveva adottato e
Malfoy non mancò di criticare l’atteggiamento così ‘espansivo’ nei confronti
dei manufatti Muggle da parte del neo-Ministro
francese. Comprendeva la volontà di desiderare le migliori misure di sicurezza
per tutti i prestigiosi invitati, ma non vedeva il motivo per cui fosse
necessario abbassarsi a certi mezzi di trasporto inferiori.
Arrivarono
alla villa e all’ingresso, vi trovarono un giovane mago con una veste elegante
che chiese loro l’invito e sistemò i loro mantelli nel guardaroba. Li affidò
poi ad un’altra ragazza che li accompagnò nella sala principale.
Il
posto in cui si svolgeva la festa era un’enorme stanza dal pavimento lastricato
di marmo bianco così lucido da riflettere le luci scintillanti dei lampadari di
cristallo che galleggiavano per magia sopra le loro teste. Al centro della sala
vi era una pista da ballo dove alcune coppie stavano danzando un lento, ridendo
e sussurrandosi incomprensibili frasi in francese all’orecchio. Tutt’intorno
alla pista vi erano dei tavoli rotondi con cibo e altre bevande; alcuni
camerieri ben vestiti passavano tra la gente offrendo champagne ed altri drink.
Il lato sinistro della stanza aveva enormi finestre, affiancate da enormi,
pesanti tendaggi bordeaux ricamati, che aprivano l’accesso ad una spaziosa
terrazza, da cui si godeva una vista mozzafiato del Seine
al chiaro di Luna.
Si
fecero spazio tra la gente e cercarono di individuare Bourgeois,
ma senza successo; fortunatamente fu lui a trovare loro poco più tardi.
«Bonsoir, mes amis!»
salutò allegro il Ministro francese, stringendo la mano prima a uno e poi
all’altro.
Abraxas accennò un piccolo
inchino.
«Buonasera
anche a lei» rispose Lloyd, con un sorriso di cortesia
«Prima di iniziare, facciamo le presentazioni: io sono il Ministro della Magia
inglese – ma immagino che questo lo sappia già! – e lui è il mio amico, e
fidato consigliere, Abraxas Malfoy»
«Salve,
Monsieur Malfoy»
«È
un onore conoscerla»
«Anche
per me. Ho sentito molto parlare di lei»
«Davvero?
Spero che abbia sentito buone cose»
«Oh,
sì, l’hanno sempre definita brillante»
«Mi
compiaccio del poter dire altrettanto di lei, ho ammirato il suo modo di
condurre la sua campagna elettorale»
In
quella frase c’era una mezza verità: Abraxas non
amava l’atteggiamento tollerante e aperto di Bourgeois,
ma doveva ammettere che era un uomo di talento poiché la sua fortuna e la sua
ascesa al potere se le era costruite da solo, basandosi esclusivamente sulle
sue capacità.
«La
ringrazio».
Malfoy
accennò un sorriso tirato e poi si congedò, lasciando che i Ministri parlassero
dei loro affari.
Incominciò
ad osservare l’ambiente che lo circondava e, soprattutto, le persone che
c’erano. Notò che erano tutti fasciati in abiti scintillanti e che molti si
divertivano. Ovviamente, una buona fetta degli invitati era formata da
funzionari del governo francese; il resto, erano amici del Ministro, capi di
altri Paesi e relative dame. Non erano di un’età omogenea: si andava dai venti
ai settant’anni, ma le persone non sembravano dare importanza. C’era un gran
chiacchiericcio e sembrava che tutti si conoscessero da molto tempo.
Dopo
un po’, una donna attirò l’attenzione di Abraxas. La
vide solo di sfuggita, mentre si dirigeva a passo svelto verso la terrazza,
inghiottita in un vortice di tendaggi rosso scuro.
Incuriosito,
prese un paio di drink dal vassoio del cameriere che gli era appena passato di
fianco e la seguì.
Una
volta che si trovò fuori, il cicaleccio si affievolì e l’aria fresca della
notte lo investì, dandogli sollievo dal caldo soffocante che c’era all’interno
della sala. Non riuscendo ad individuare la donna, si guardò intorno e la vide,
dall’altra parte del terrazzo.
Tutto
sommato, parera davvero una bella donna: non poteva
avere più di ventiquattro anni, aveva corti capelli biondo cenere e un corpo
flessuoso fasciato in un lungo vestito nero, molto semplice. Lei parve notare
che qualcuno la stava osservando perché si irrigidì e poi si volse,
un’espressione interrogativa dipinta sul viso. Abraxas
si avvicinò e le porse il drink.
«Bonsoir, madmoiselle»
«Bonsoir, monsieur»
Si
guardarono negli occhi per pochi istanti e poi lei tornò a dedicare la sua
attenzione al Seine.
«Come
mai è qui, tutta sola?»
«Il
mio accompagnatore è un cafone»
«Lei
parla inglese»
«Certo,
anche tedesco e italiano»
«Quindi
è poliglotta, ammirevole davvero»
«Lei
quante lingue parla?»
«Solo
l’inglese, ma mastico un po’ di francese»
«Vraiment?»*
«Oui»
«Fantastique»
«Comme vous».
Lei
rise piano.
«Lei
è un adulatore»
«Non
è la prima che lo nota» rispose Abraxas, con un
ghigno, poi aggiunse: «Posso sapere il suo nome?»
«Bien sûr que non»**
«Così mi ferisce!»
«Se vuole può indovinare»
«Mi dia un indizio»
«È il nome che aveva mia nonna»
«Ma io non conosco sua nonna»
«Allora significa che non lo saprà mai»
concluse lei con un sorriso.
Parlarono per molto tempo e ad un certo
punto rientrarono nella sala. Ballarono, bevvero e si divertirono; poi, Abraxas scoprì che quella donna era la proprietaria della
villa in cui si trovavano. Deciso di fare un giro turistico dell’abitazione.
«Vuoi dire che questo è tutto tuo?»
«Esatto, monsieur»
«Eppure sei molto giovane, non dovresti
essere uscita da Beauxbatons più di sei anni fa»
«Quattro, in realtà. Ho ventidue anni»
«E i tuoi genitori?»
«Mia madre è morta quando avevo otto
anni, mio padre due anni fa»
«Anche mia madre è deceduta
prematuramente»
«Che triste esperienza da avere in
comune»
Arrivarono
alle camere da letto, dove alcuni ospiti, quella sera, si sarebbero fermati a dormire,
Abraxas e il Ministro compresi.
«Puoi farmi vedere la mia stanza?»
«Oui».
Svoltarono
in un altro corridoio ed entrarono nella seconda stanza a sinistra. Lei aprì la
porta e Abraxas si trovò davanti ad una bella stanza
quadrata con un letto con baldacchino, un cassettone in stile antico, un
armadio simile e un grande specchio. C’era un lampadario di cristallo, come
quelli che c’erano nella sala del ricevimento, solo che più piccolo e sia le
tende che i lenzuoli del letto erano finemente ricamati ed impreziositi.
«Aimez-vous cela?»***
«Oui. C’est merveilleux. Vous?»
Lei
gli sorrise e andò alla finestra.
«Adoro
questa stanza, soprattutto quel letto»
«Vuoi
dormire qui, stanotte?»
La
domanda sembrò lasciarla spiazzata; Abraxas lo vide
da come sbatté velocemente le palpebre e dal tono con cui domandò: «Excuse moi?»
«Scherzavo»
«Sicuro,
monsieur Malfoy?»
«Certo»
«J’ai
confiance en vous»**** concluse, con un sorriso enigmatico ad
incresparle le labbra.
Abraxas la raggiunse e
l’osservò mentre guardava il tappeto di stelle che illuminava quella notte
d’estate. Poteva sentire l’eco lontana della musica, delle risate della gente,
dei saluti chiassosi, del cicaleccio instancabile che animava una festa
organizzata per bene. Sentì che nella sala risuonava una canzone che conosceva,
Dis-moi di Charles Aznavour; quelle note
portate dal vento lo penetrarono fin sotto le ossa e non se ne sarebbero mai
andate dalla sua testa.
«A
cosa stai pensando?» domandò.
La
donna lo guardò, un po’ di malizia mal celata negli occhi cerulei.
«Immagino
come dev’essere ricevere un bacio sotto questo
splendido cielo, stanotte»
«Ti
potrei aiutare»
«Perché
no?»
Abraxas affondò la mano tra
i suoi capelli e incontrò le sue labbra; non si stupì quando il bacio venne
ricambiato. Non si sorprese nemmeno quando non oppose resistenza mentre la
trascinava verso il letto, le note di Dis-moi gli
risuonavano nella testa.
Dis-moi que tu m’ aimes
Dis-moi que tu m’ aimes
Dis-moi que tu m’ aimes fort
Et qu’ aucun problème
Comme aucun dilemme
Ne peut changer notre accord
Dis-moi dans un râle
Jusqu’ aux aubes pâles
Quand mon corps brise ton corps
Dis-moi, dis-moi
Que tu m’ aimes et qu’ ivre
Sous mon poids tu vibres
Quand je te possède encore
***
Malfoy
Manor, maggio 1960
Il pianto disperato di un neonato gli
trapanava la testa da dieci minuti buoni quando decise di alzarsi e tentare di
capire da dove diavolo poteva venire quel rumore. Di bambini, in casa, non ce
n’erano e Lucius era decisamente troppo piccolo per donargli un nipotino.
Si alzò piano dal letto, attento a non
svegliare Laila che sembrava ancora immersa in un sonno profondo. Abraxas non poté fare a meno di chiedersi come fosse
possibile dormire con un tale baccano, ma si rispose che probabilmente le notti
passate a sentir urlare a squarciagola il piccolo Lucius dovevano averla
temprata per bene.
Uscì dalla stanza e si concentrò per
capire da dove provenisse il piagnisteo: gli parve che avesse origine dal piano
di sotto, forse nella vecchia stanza di suo figlio. Scese le scale e la
raggiunse, scoprendo di non essersi sbagliato.
Nella culla in ferro battuto, tra i
vecchi cuscini impolverati, stava un fagotto avvolto in una soffice e leggera
coperta argentata. Aveva smesso di singhiozzare e ora stava in silenzio;
probabilmente si era accorto che qualcuno aveva aperto la porta, inondando la
stanza di luce.
Abraxas si avvicinò e prese tra le sue braccia il bimbo. Dalle
pieghe della coperta cadde un biglietto, che recava solo un paio di frasi,
scritte con una calligrafia obliqua e tremante.
Si chiama Althea, è nata il 4 aprile del 1960.
È tua.
Qui nessuno la vuole, la mia famiglia non la vuole.
Io non la voglio.
R.
Ripiegò
il biglietto e se lo mise in tasca, scoprendo poi il viso della bambina. Due
occhi blu lo stavano osservando con curiosità e sembravano quasi riconoscerlo,
sentire che lui aveva contribuirlo a metterli al mondo.
Abraxas, suo malgrado, venne
conquistato dalla dolcezza di quello sguardo. Dopotutto era sua figlia –lui, lo
sapeva, non poteva essere altrimenti – e non riuscì a trovare la forza di
abbandonarla al suo destino. Decise di parlarne con sua moglie e di tentare di
convincerla a tenerla.
Sicuramente
lei l’avrebbe presa male, forse non si sarebbero parlati per mesi.
E
Lucius!
Lucius
che avrebbe detto?
Smise
di farsi domande a cui non poteva rispondere e si girò per andare verso la
camera matrimoniale per dare la notizia alla moglie. Tuttavia, non ebbe bisogno
di fare tanta strada perché Laila era già lì.
Piangeva
in silenzio, ma quando parlò, la sua voce risuonò fredda e decisa.
«Mi
ricordo di quella ragazzina. Sapevo che l’avresti vista ancora se fossi tornata
a Parigi. Ma ciò che è importante è l’integrità del nome dei Malfoy e della
nostra famiglia».
Fece
una pausa e respirò profondamente; Abraxas avvertì
nell’aria il suo orgoglio ferito e lo sforzo che le costava accettare la figlia
di un’altra in casa sua.
«La
terremo» disse infine «Ma non aspettarti che abbia vita facile».
Laila
uscì dalla stanza.
__________
* «Veramente?»
«Sì»
«Fantastico»
«Come
lei»
** «Certo che no»
*** «A lei piace?»
«Sì.
È meravigliosa. A lei?»
**** «Ho fiducia in lei».
È
almeno la quinta volta che riscrivo questa storia, ma spero che stavolta sia
quella buona.
Il
nome Caleb Lloyd è
assolutamente inventato poiché sono sconosciuti i Ministri della Magia che si
sono susseguiti dal 1903 al 1962 (secondo il Lexicon).
Lo stesso vale per Monsieur Bourgeois che mi sono
inventata di sana pianta ai fini della trama. Il fatto poi che la moglie di Abraxas si chiami Laila è sempre una mia scelta, anche se
ponderata e non casuale: ‘Laila’ deriva dall’ebraico e significa ‘notte stellata’, trovo che calzi a pennello alla consorte di un
Malfoy.
Altra
cosa che ho inserito di mia libera iniziativa è l’adulterio. In passato, sono
stata criticata per l’inserimento del tradimento della promessa coniugale da
parte di Abraxas e lo comprendo. Come ho scritto
nella stessa fanfiction, anche io sono dell’opinione
che ogni Malfoy sia seriamente affezionato alla propria famiglia, ma se è
successo quel che è successo, un motivo c’è.
Chiudo
qui.
Le
critiche sono più che ben accette. ;)
Eli.