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Autore: Joseph Bell    01/02/2011    1 recensioni
Una volta si riteneva che lavorare in banca fosse un mestiere tranquillo, sicuro e senza rischi. Samuel Donovan potrebbe non essere d’accordo. Tra cassette di sicurezza, bombardamenti della Luftwaffe, intrighi internazionali e nobiluomini eccentrici, un giovane impiegato di banca inglese e la sua amata moglie scoprono cosa è accaduto a Sherlock Holmes durante il cosiddetto Hiatus. Dimenticate le Reichenbach e preparatevi a viaggiare, parecchio.
Note dell’Autore: prima di qualsiasi cosa debbo ringraziare miss Bellis, senza di lei questa opera non sarebbe mai nata. Poi debbo precisare che quella che andrete a leggere è un’opera di fantasia liberamente ispirata ai personaggi di Sir Arthur Conan Doyle. Ogni altro personaggio, luogo o situazione è frutto della fantasia di chi scrive.
Tutti i personaggi realmente esistiti citati nel racconto non hanno mai preso parte a colpi di stato, distribuzione su larga scala di sostanze stupefacenti o sovvertimenti di governi legittimi. Solamente miss Bellis ed io, alle volte, ci dilettiamo a sovvertire il vassoio del tè procurando tanto rumore ed un congruo numero di cocci rotti. Per pura curiosità, chi fosse interessato agli eventi legati al crack della Banca Romana può consultare la pagina apposita di Wikipedia.
Buona lettura.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO III –  Un po’di luce, solo un po’

 

Riuscii a prendere il treno delle 9 e 50, come avevo programmato. L’avventura kafkiana con il povero militare di ronda mi procurò un viaggio piacevole, dal momento che non potei smettere di ridere pensando alla sua figura inebetita mentre mi osservava allontanarmi verso la stazione con la scatola sottobraccio.

“Una figura buffissima” pensai “si leva l’elmetto, si gratta la testa e rimane li, imbambolato, come uno stoccafisso.” Ripercorsi la scena numerose volte con la mente e sempre mi faceva ridere quell’ uomo in divisa che potevo vedere nella mia camera da pranzo, attraverso lo squarcio nella parete.

Smisi di ridere. Capii.

“Ecco perché!” e compresi l’umore di quell’ uomo, compresi il perché di quel suo stare perplesso con l’elmetto in mano.

“Anche lui si è sentito un pupazzo nella casa delle bambole e certo avrà provato terrore, come me quella sera. Anche lui”

La brusca frenata mi cancellò quel pensiero dalla testa, dal finestrino scorsi il cartello “Clapham”, ero arrivato.

Attraversai il paese, le poche persone che vidi per la strada mi salutarono ed io risposi loro. Corsi a casa con la mia eredità sottobraccio, aprii la porta e mi diressi in camera da letto. Erano le 10 e 20 di sera, mia moglie dormiva con il piccolo Charles accanto. Mi fermai a vedere quella scena tenerissima e mi domandai

“Perché, Perché mai l’uomo diviene così cattivo da adulto?”

facendo il più piano possibile mi cambiai per la notte, ma come un anno prima, non mi riuscì di chiudere occhio, optai allora per concludere qualcosa di lasciato in sospeso. Mi diressi al tavolo da pranzo, scostai una pila di giornali constatando che si trattava delle vecchie copie del “the Strand” a cui fece riferimento mia moglie prima che partissi per Luton ed aprii la scatola metallica. La mia eredità era ancora li, come un anno prima, ne estrassi il plico che avevo frettolosamente forzato all’ interno, e dopo le altre carte. Le disposi nuovamente in ordine e ripresi la mia analisi li dove l’avevo interrotta.

Delle duecentotrentasei carte stenografate, riuscii a leggere solo le date e quello che presumibilmente doveva essere l’argomento via via trattato, vi comparivano titoli come: “ 11 gennaio 1889 - Omicidio Trepoff”,  “3 febbraio 1889 – fratelli Atkinson” , “21 febbraio 1889 - Reali olandesi, non pubblicare fino alla morte di S.A.R. Guglielmina di Orange-Nassau”. Iniziai a comprendere le parole del vecchio Cullen quando mi disse che le informazioni di quelle carte potevano risultare spiacevoli a molte persone. Feci un elenco di tutti i titoli, segnando anche i numeri di pagina corrispondenti. Il lavoro di catalogazione mi portò via buona parte della nottata, ma del resto catalogare documenti, anche se di contabilità, era stato il mio lavoro sino ad un anno prima. Finii verso l’ una di notte e sebbene il sonno cominciasse a farsi sentire c’era ancora il plico da esplorare, così, messi da parte i fogli stenografati, aprii il plico estraendo le cinque pagine che conteneva, legate insieme da una larga fettuccia bianca fermata con un nodo. Sciolsi il nodo e misi da parte il nastro, poi disposi uno dopo l’altro i fogli davanti a me. Uno di essi attirò la mia attenzione in modo peculiare: si trattava di un formato speciale, diverso da un comune foglio da lettera e realizzato con una spessa carta di qualità decisamente buona. In testa al foglio era raffigurata una lampada di terracotta affiancata dalle cifre D C e sotto l’indirizzo: “142, Pall Mall, Londra”. Il testo era scritto in una grafia tonda, nitida e ben calcata, ma non era scritto in inglese. La data riportata era: “Londra, 6 maggio 1891”, la firma era una minuscola serie di letterine tonde messe in riga a formare la parola “Verner”. Sull’ altro lato del foglio, c’era quella che presumibilmente doveva essere una risposta, la cui data era: “Greve in Chianti, 15 maggio 1891”, redatta in due grafie e due lingue distinte, di cui una inglese. La parte di testo per me comprensibile riportava:

 

 

“Caro cugino,

Non è sicuro far girare troppe carte, la posta potrebbe essere intercettata, è per questo che lo zio ed io rispondiamo sul retro della lettera ed è per questo che ho intenzione di limitare al massimo ogni comunicazione. Rimarrò qui in silenzio per un po’, almeno fin quando non si saranno calmate le acque, non scrivere più, ne va della mia vita, quella gente è pericolosa, ed anche se il loro affare è sfumato vorranno di certo eliminare ogni prova che possa ricondurli alla faccenda del porto.

Ti ringrazio per quello che hai fatto, ti lascio qualche istruzione per mio fratello, fagliele leggere.

 

1)      Contatta W, ho bisogno di essere creduto morto per qualche anno, lui sa come fare.

2)      Continua a pagare l’affitto di casa mia. Accertati che tutto rimanga così come l’ho lasciato, se la signora H. dovesse far storie inventati qualcosa, qualsiasi cosa, ma tutto deve assolutamente restare come è.

3)      Fai un bonifico internazionale di 1000 sterline sul conto corrente 795/32 del Banco di Toscana, filiale n° 1,  16, piazza della Signoria, Firenze. Ho urgente bisogno di denaro che mi dovrà bastare per un periodo piuttosto lungo.

4)      Distruggi questa lettera

Grazie ancora, vi farò sapere in anticipo quando ritornerò

Vostro, S.”

 

Certo la storia si faceva molto intricata, su un vecchio atlante provai a cercare la città da cui era stata datata la risposta firmata dal signor “S”, ma non riuscii a trovarla. Tuttavia, adesso sapevo che questo misterioso signore era il cugino del signor Verner, ma quello dell’ effige in testa alla pagina rimase comunque un enigma irrisolto.

All’ improvviso ebbi la sensazione di aver avuto un deja-vu, quell’ immagine di lanterna con le cifre D C non mi era nuova, chiusi gli occhi e cercai il più possibile di ricordare. Provai la stessa sensazione che sperimentano coloro che per la prima volta si cimentano ad infilare un filo nella cruna di un ago, il filo, la cui estremità sfrangiata si sfioccava in tante fibre, era il mio ricordo di quella strana immagine e la cruna, solido pertugio d’acciaio, la mia mente. Ogni volta che provavo ad afferrare il ricordo, esso mi sfuggiva restituendomi immagini di distruzione, rumori di bombardamenti e ricordi di quell’ ultima notte a Luton. Poi d’improvviso tutto fu nitido. I sigilli di ceralacca che chiudevano il plico. Confrontai le due immagini ed ebbi la conferma che volevo, adesso bastava solo tradurre il resto della lettera oppure recarsi di persona al 142 di Pall Mall per chiedere informazioni.

La mia curiosità per quella sera non fu affatto appagata, il velo di mistero attorno al bizzarro medico che mi aveva creato suo erede ed al suo ancor più bizzarro seguito di amici, andava infittendosi, mi era scoppiato un terribile mal di testa a furia di lanciare la mia mente in tentativi di collegare tra loro i Re dei Paesi Bassi, C D, il signor Verner ed il suo parente, il signor “S”.

  Decisi, quindi, di andare a letto trascurando le altre tre pagine del plico per evitare di  acuire i dolorosi sintomi della mia emicrania.

Mi distesi piano, cercando di non svegliare il piccolo Charles che dormiva vicino a Bess, ma non ci riuscii e per un attimo confesso di aver preferito le sirene della contraerea al fragoroso pianto di mio figlio. Bess si svegliò ed in breve ridusse al silenzio il pargolo sommergendolo con tutta la dolcezza che solo lei poteva usare, la vidi sorridermi nella penombra e dirmi:

“Come è andata la caccia?”

“Bene, erano li, li ho classificati, ma non sono riuscito a leggere quasi nulla è scritto in una lingua che non conosco, forse in italiano.”

Bess mi disse qualcosa, ma io sprofondai in un sonno piacevolissimo che pose fine al mio mal di testa.


  
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