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Autore: Val    01/02/2011    3 recensioni
"Lei era una strega...
No, niente cappello a punta o naso adunco...la scopa sì, ma per pulire in terra e...beh il calderone è una cosa che stregoneria o non stregoneria, bolle comunque, a prescindere dal colore del liquido che contiene e indipendentemente da quanto inquietante e denso siano l’odore e il fumo che ne fuoriescono.
Insomma Sìle, anche se a prima vista non si vedeva, era una strega."
Niente a che vedere con la wicca o con qualcosa di Potteriano, senza nulla togliere loro, è ovvio. L'ispirazione per me è nata tutta da Brian Froud e le sue splendide illustrazioni che aiutano a capire meglio il mondo affascinantissimo delle fate e...più "bassamente", da un sacco di pensierini fatti su quel bel figliolo di Gerard Butler(fisicamente il protagonista maschile è lui ;p).
Grazie di cuore a coloro che,seguendo la mia storia, consigliandomi e incoraggiandomi, mi hanno portato a concludere per la prima volta un racconto.
Genere: Mistero, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'There's Something Magic'
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Capitolo 22 –

ok...questa è la fine praticamente. Mi prende malissimo perché mi dispiace lasciare questa storia e perché ho un panico allucinante d'averla rovinata.


Era quasi metà ottobre, di nuovo, quasi un anno era passato da quel Natale inconsueto ed era già una decina di giorni dopo il rientro da quel lungo viaggio che con Sìle avevano fatto.
Anzi per la precisione, quando Liam guardò l’orologio del cellulare, vide che erano quasi le sette di mattina del dodici del mese.
Guardò fuori e notò il lieve chiarore che preannunciava una bella e placida alba autunnale.
Però c’era qualcosa che lo aveva fatto svegliare e voltandosi si rese conto che era stata Sìle alzandosi dal letto.
Sollevandosi appoggiato ai gomiti, si accorse che anche i due gatti, ormai adulti, ma sempre molto bambini nell’animo, si erano alzati. Li sentì miagolare come due povere anime sperdute in una tempesta di sabbia, segno che lei stava dando loro da mangiare o stava per farlo.
Il problema era che, essendo loro due rientrati da pochissimo dal viaggio che si erano concessi durante l’estate, le bestiole non avevano ancora deciso di perdonarli di quell’abbandono…quindi da giorni, ogni scusa era buona per piangere e protestare il loro ingrato destino.
Sentì Sìle consolarli con dolcezza e pazienza, il suono dei croccantini che piovevano nelle ciotole e qualche miagolio di ringraziamento, dopo di che solo rumore di sgranocchiamenti.
Erano suoni normali, che si sarebbero sentiti in ogni casa abitata anche da animali, ma ciò non toglieva che in quella particolare casa, come al B&B e al cottage nel bosco, continuare ad essere consueto trovare oggetti spostati, disordine di medio-alta entità, ma a volte anche piccoli regali, come ricci di castagne o ghiande o piccoli sassi, che comunque Sìle e Dorcas apprezzavano.
Liam doveva ancora accontentarsi di oggetti impiastricciati di marmellata o scarabocchiati invece, ma in fondo veniva ripagato con sgargianti quanto sgrammaticate esternazioni di stima, cosa che alle due signore streghe invece non accadeva.
Ah e nel frattempo, Ellery “Nap”Brown, se n’era andato, aveva passato la primavera fuori e quando era tornato l’autunno, si era rimesso sotto il suo sasso, ma in un altro punto del sotterraneo, più vicino ad una stufa che a volte Sìle accendeva.
L’unica creatura che seguisse i consueti ritmi letargici.
Una mattina Liam aveva trovato il sasso rovesciato e nella terra sottostante, la traccia dell’occupante dormiente.
Aveva pensato che, ora che in quella casa ci vivevano in due, Nap in qualche modo si sentisse disturbato dall’accresciuto traffico umano, così lo aveva salutato col pensiero, aveva riappoggiato il sasso a terra, ma per un presentimento, quando Charlie gli aveva cheisto se voleva che gli mandasse qualcuno per coprire quella parte di pavimento che non aveva copertura, aveva rifiutato.
Poi loro due erano partiti, e al ritorno Nap aveva traslocato di qualche metro col suo sasso e dormiva già, ronfando più forte di prima.
Se n’erano stati per due mesi in giro tra Peloponneso e Turchia, perché alla fine lei si era convinta che Lily comunque girellava spesso fuori e dentro casa di Liam, si intrufolava quasi quotidianamente nel cottage di Dorcas e che, anche se evitava il B&B e di farsi vedere, considerava sempre quei posti come amichevoli ed accoglienti, quindi Sìle si poteva permettere di andare e venire anche come voleva, e come a quel punto Liam aveva tutto il diritto di chiederle.
Avevano avuto anche delle discussioni per quel motivo.
“Io ho paura che Lily pensi che non vedevo l’ora di liberarmene”, diceva Sìle.
“Senti Sìle, credimi non voglio sembrare disinteressato a Lily, io sono felicissimo che venga a rotolarsi sulle mie magliette bianche appena lavate con i suoi bei piedini sporchi di fango, ma possiamo provare a pensare un po’ a noi due adesso?”replicava Liam.
“Io ci penso a noi due…lo sai…”
“Sì, certo, lo so. Tu pensi a noi due e a me anche troppo. Infatti fino a che io resto qui, piantato tra casa mia, nostra e quella di Dorcas, va bene e appena mi allontano per lavoro che succede? Che a te prende l’ansia, telefoni a Ceday dicendole che hai paura d’avermi lasciato troppo solo e Ceday telefona a me chiedendomi con quante sono a letto tutte insieme in un attimo solo. Poi arriva Dorcas che mi dice che sei agitata perché mi senti distante e poi mia madre che mi minaccia quasi di disconoscimento genitoriale se faccio lo stronzo! Vogliamo andare avanti così o facciamo qualcosa per limitare i tuoi timori e i loro voli di fantasia senza che l’unica soluzione sia una cintura di castità col fiocco azzurro?”
“Ti dispiace che io abbia paura di perderti?”
“No, non mi dispiace. E’ ovvio che non mi dispiace. Vorrei solo farti capire che rimarrà un cane che si morde la coda fino a che tu non decidi di schiodare quel culetto, che io adoro come sai, da questo posto per paura di offendere Lily che non solo non è più così dipendente da te, ma non manifesta la benché minima intenzione di andarsene poi così lontana, per venire con me e stare con me, è del tutto inutile che tu ti maceri nella paura che io prima o poi possa sbattere in qualche mammifero antropomorfo di mio gusto!”
“Ma io non voglio controllarti. Non mi importa!”
“Non sto parlando di controllo Sìle, sto parlando di vicinanza. Di intimità. Quella cosa che tra me e te ha sempre funzionato alla grande, ma che se io per caso un domani me ne dovessi andare per sei mesi in Australia, andrebbe bel bella a farsi friggere…e non sarebbe necessariamente colpa di un’altra o di un altro. Sarebbe solo naturale. Non si può avere intimità stando a tre pianeti, due pizzerie e quattro fiordi di distanza…”
“Io non mi scorderei di te…”
“Sìle…non è questo il punto. E’ che io vorrei poterti avere più vicina, vorrei portarti in un milione di posti, vorrei farti vedere un’infinità di cose! Se sapessi che non ti interessa forse sarei meno testardo nel chiedertelo, ma siccome ogni volta ti brillano gli occhi a sentir parlare di viaggi…insomma vuoi prendertela una vacanza una volta tanto?”
Sìle lo sapeva benissimo quanto Liam avesse ragione e diritto di imporsi almeno per quel verso.
Lily non era un problema su nessun fronte.
La sua esistenza e la sua vita al fianco di Sìle, già dalla notte del suo arrivo tra le mura del B&B, erano state condotte con la massima normalità, certo, almeno Sìle lo credeva, ma a distanza di tempo iniziava a porsi delle domande.
Perché era stato così facile per lei ottenere in affidamento una bambina così piccola? Perché era sempre andato tutto così liscio? Certo, senza dubbio Sìle si comportava nel migliore dei modi, cercava di fare tutto seguendo con uno scrupolo quasi parossistico ogni minima regola…ma perché non le si era mai presentato un intoppo o un incontro con i vari supervisori più difficoltoso del solito?
Sìle non era abituata ad insinuarsi nella volontà altrui, benché sapesse bene che c’erano suoi simili capaci di farlo; a parte quella volta in cui aveva deliberatamente tentato di intimidire Gore, non avrebbe mai e poi mai osato agire su qualcuno che in fondo, come nel caso di chi si occupava degli affidamenti, cercava di fare al meglio un lavoro delicato e di grande responsabilità.
Alla fine quindi, anche consultandosi con Dorcas, Ceday, Morgan, Una e lo stesso Liam, erano giunti tutti insieme alla conclusione che forse, come la gente aveva conservato parte della storia di Lily legandola a Sìle e quindi perdendo cognizione di ciò che era stato e come le tracce di Lily erano scomparse, allo stesso modo Lily, o comunque l’aura del suo mondo, che includeva anche loro e tutti quelli che entravano in contatto con la bambina, agiva più o meno di forza sulla realtà delle cose e la coscienza delle persone in modo tale da proteggersi in qualche modo.
Magari rendeva tutto un ricordo vago, come la traccia di un sogno, e quindi poco affidabile? Magari, dalle solite mani ignote, ma in fondo ben conosciute almeno all’interno di quella cerchia ristretta di persone, venivano fatti sparire fogli da borse, valigette e cartelle varie?
E che ci sarebbe stato di strano? In fondo c’era una parte di loro che interagiva nella quotidianità degli uomini: le scritte di Garlicky le poteva vedere chiunque, il latte rancido sul pavimento della cucina di Liam era concreto quanto la sua puzza e…George aveva addirittura, attraverso il telefono, sentito cantare quelli che Dorcas sosteneva essere folletti.
Certo, era noto da secoli: loro invadevano il mondo degli uomini con apparente noncuranza, ma poi stavano bene attenti a nascondersi o a sparire in tutta fretta per non essere visti o presi, quindi erano ben consci di doversi difendere.
E Lily era sempre lì con loro.
Più schiva, più distante, meno disponibile, molto dispettosa in certi casi, ma molto presente.
Una mattina in cui Dorcas aveva chiesto a Liam di aiutarla a segare le zampe di un vecchio tavolo che sarebbe diventato legna da ardere, Lily si godeva lo spettacolo stando accoccolata tra le felci, poi quando si sentiva trascurata, non faceva altro che prendere pigne o piccoli sassi da terra e scagliarli contro Liam che lavorava.
A fine mattinata il giardino del B&B era pieno di pietruzze e pigne e Liam sfoggiava un bel bernoccolo sulla nuca.
“Insomma…loro erano qui da prima che tu e io nascessimo, sono in giro per tutto il mondo da millenni! Vuoi che spariscano se io e te ce ne andiamo per qualche settimana?”
E così alla fine, Sìle si era decisa.
Si era decisa così bene che una vacanza di due o tre settimane, era diventata di due mesi e quella era la decima mattina consecutiva in cui si svegliavano a casa loro.
Sì perché prima dei due mesi di vacanza, c’era stato il trasloco ufficiale di Sìle a casa di Liam.
Era diverso così.
Non erano lontani da niente di tutto quello che li aveva legati, ma erano solo loro due e potevano avere un loro mondo privato.
Sìle andava via ogni mattina per lavorare al B&B e tornava la sera, Liam invece aveva tutti i suoi impegni dietro a cui stare.
Ad esempio stava iniziando a sviluppare un certo interesse per lo scrivere.
Aveva da sempre l’abitudine di tenere dei diari e di prendere appunti durante i suoi viaggi…aveva due scatole piene di quaderni e taccuini, appoggiate accanto alla scrivania che aveva sistemato nella serra sul retro del cottage, e spesso, mentre Sìle in un altro angolo lavorava a qualcuna delle sue sculture o magari si prendeva cura delle piante, perché Dorcas aveva deciso di fargliene adottare qualcuna delle sue, lui si metteva a rileggerli e a riscorrerli.
George era passato a trovarli, nei primi giorni in cui Sìle viveva lì, e una sera in cui lui e Liam erano seduti nella serra chiacchierando tra loro mentre Sìle cucinava, l’amico gli aveva chiesto di poterli sfogliare.
“Perché non provi a riordinarli e metterli insieme?”
“Dici?”
“Sull’Africa hai abbastanza materiale per un intero libro. E tutto quello che hai scritto nelle traversate in mare…sugli animali…secondo me valgono più di qualcosa. Oltretutto hai una buona capacità descrittiva…inaspettata, questo è ovvio…”
“Senti…va’a farti fare quello che immagini va bene? Lo sai che mi imbarazzano queste cose, non mi mettere in difficoltà!”
“Quanto sei permaloso…non posso mica farti un complimento così alla leggera no?”
“Oh certo che no…”
E così aveva iniziato ad occupare il tempo che non spendeva in qualche viaggio qua e là per il mondo, a riportare cose scritte negli anni sulla più fredda e asettica pagina che gli presentava il computer e quando era stanco, qualcosa da fare lo trovava comunque.
Magari farsi un giro qua e là per trovare qualche ispirazione fotografica o semplicemente accompagnare Dorcas a fare la spesa o, al solito, mettersi a studiare quel fantastico e pazzesco turbinio di esistenze che aveva ormai preso possesso della sua vita.
Era inutile negare che esercitasse un fascino magnetico, anche se lo spaventava a volte, e ovviamente quella serie di appunti, ora si guardava bene dal tenerla insieme agli argomenti più consueti, per quanto affascinanti.
Quando poi non c'erano ospiti e lui e Sìle si ritrovavano a casa, chiunque di loro fosse quello che rientrava per secondo, c’era qualcosa di dolce, di caldo, di prezioso che si apriva dietro quella porta.
La sensazione della presenza di Liam, del suo passaggio testimoniato magari da un libro, da una particolare attrezzatura posata sul tavolo del salotto in attesa di venire ancora considerata perché intanto era sopraggiunta qualche altra ispirazione.
Il fumo di una sigaretta abbandonata che saliva da un posacenere o il giaccone lasciato sullo schienale del divano.
Tutte cose che sarebbero tornate al loro posto molto presto, ma a Sìle non dispiaceva occuparsene, perché sapere che Liam era lì che la aspettava fin dal primo sguardo dato dall’ingresso, era bello così.
Vederselo spuntare dalle scale, assorto in qualche lettura o nella scelta di quale maglietta mettere a lavare e quale usare ancora per una sera. Trovarlo appoggiato al ripiano della cucina assorto in qualche telefonata che richiedeva prendere qualche appunto o magari impegnato in una lunga conversazione filosofica con uno dei gatti.
E per Liam non era diverso.
Rientrare e trovarsi davanti Sìle senza essersi accorto che era tornata, capire dai suoni domestici che cambiavano che stava rientrando da fuori e poi sentirsi abbracciare da dietro poi baciare sulla guancia, era qualcosa che risultava nuovo perché non era nelle sue abitudini condividere così a lungo uno spazio con una donna, ma non c’era niente, neanche un momento che gli facesse rimpiangere la decisione di averle chiesto di farlo.
Era una novità venire accolto in casa propria da invitanti odorini di cucina, a volte anche sperimentale e azzardata, venire liquidato con frasi tipo “Se hai bisogno di una rinfrescata, non c’è fretta, tanto è meglio lasciarlo raffreddare un po’…” e al ritorno trovarla ancora presa dagli ultimi preparativi.
A volte ci si mettevano insieme a cucinare, chiacchierando, lui le raccontava di un nuovo progetto che gli frullava in mente e lei di quella bizzarra famiglia di olandesi o di quel tipo che si portava dietro un bulldog francese identico a lui nell’espressione e nel fisico.
Poi come in ogni coppia, capitava qualche discussione, ma erano davvero cose da poco.
Quelle più serie erano di solito dovute all’insicurezza di Sìle rispetto all’indipendenza di Liam, cosa che a volte questi percepiva come scarsa fiducia nei suoi riguardi, o alla difficoltà in cui lui si trovava quando Sìle si chiudeva a riccio rimuginando su quelle percezioni più profonde che non era in grado di avere e che lo facevano sentire un po’ inutile.
Erano comunque piccoli screzi di un momento che defluivano velocemente, magari per voglia di fare pace o magari perché succedeva qualcosa che li costringeva a collaborare per essere risolta…e una volta o due, anche se non se lo erano detto, avevano pensato entrambi che forse qualche manina pacificatrice, aveva pensato bene di intervenire.
Rubare un barattolo di chutney di ananas con cui accompagnare il maiale in casseruola, era senz’altro un ottimo modo per far smettere quei due di discutere sul perché lui dovesse andare in crisi di fronte all’idea di andare a Glasgow per il compleanno di sua madre, solo perché ci sarebbero state zia e cugine che avrebbero senza meno stilato un dettagliato rapporto di tutti i difetti della fidanzata strana di Liam che lo aveva tenuto lontano da casa per Natale.
“Perché non ho voglia di incazzarmi, ecco perché vado in crisi…non ho voglia di litigare con nessuno o di rovinare la festa a mia madre”
“Ma se non sai nemmeno se lo faranno! Stai facendo un processo alle intenzioni di tutta una famiglia solo perché…”
“Fanno sempre così?”
“Non è detto, non puoi saperlo prima…”
“Certo che lo so! Le conosco da quarant’anni!”
“E allora? Ma pensi che io abbia sempre bisogno di te per difendermi? E’ una vita che mi trovo di fronte a gente che mi indica come quella strana. Come pensi che fosse trovarmi a incrociare la madre di John per strada e pensare che in qualche modo mi riteneva responsabile della morte del figlio?”
“Oh beh scusa se mi preoccupo di non farti trovare in imbarazzo…”
“Non sarà che hai paura di trovartici tu in imbarazzo?”
“Non dire stronzate…”
“Risparmiati le volgarità, non ti fanno avere più ragione”
“Io me ne sbatto della ragione Sìle. Ci andiamo a Glasgow, stai tranquilla, nessuno ti negherebbe mai l’ebbrezza di quest’incontro campale!”
“Possibile che la tua famiglia per te debba essere quest’incubo? Mi pareva d’essere io quella con i trascorsi problematici…”
“Ah sono diritti in esclusiva?”
“Quanto sei infantile…dove vai ora?”
“Ho voglia di una sigaretta, chiedo scusa…”
“Proprio non si può parlare oggi eh? Aspetta! Liam! Dove l’hai messa l’ananas?”
“Sono infantile e mi vergogno di te, di che altro parliamo?…l’ananas? Quale ananas?”
“Devo fare il maiale al chutney di ananas, tra un’ora Charlie e Gill arrivano, il maiale è lì che cuoce e il chutney era qui, ora dov’è?”
“Non lo so…”
“Grazie della disponibilità tanto Charlie e Gill sono solo amici miei vero?”
Poi capitava che mentre uno era lì che smaltiva la stizza in giardino, si accorgeva d’essersi fermato proprio a un mezzo passo dal calciare via il barattolo con dentro l’ananas chutney.
Che era un piccolo aiuto venuto da parte di qualcuno, si capiva dal fatto che Liam non avrebbe avuto idea di come scusarsi per la sua testardaggine e quel barattolo invece, era la chiave per costringere Sìle a doverlo almeno guardare in faccia contenta di aver recuperato la sua preziosa ananas.
La sentiva da fuori protestare perché le era venuta così bene, e chissà se sarebbe riuscita a rifarla per tempo, e se non ci fosse riuscita cosa avrebbe messo insieme al maiale.
Quando Liam le aveva riportato il vasetto, era piegata in avanti a cercare sotto un mobile, si era rialzata e lui le aveva messo davanti agli occhi l’ananas.
“Charlie e Gill sono anche miei amici, andiamo a Glasgow anche con una settimana di anticipo se vuoi, hai ragione a non voler essere tenuta sotto una campana di vetro, ma perché devi fare sempre finta di non saperlo che fosse per me monterei delle gigantografie di te in giro per il mondo con su scritto questa qui sta insieme a me e se non ci fosse bisognerebbe inventarla?” le aveva detto.
“Perché sei uno zuccone pieno di complicazioni, ecco perché!”aveva risposto lei prendendo l’ananas, mettendola da parte e abbracciandolo.
“Non sono pieno di complicazioni…infatti in quelle gigantografie ti immagino sempre nuda. E’ per quello che non le faccio…”
Pace fatta e chissà se per merito di Lily o di Garlicky? E se fosse stata la palla di pelo cleptomane?
Quando Sìle tornò a letto, si accorse che Liam era sveglio e gli sorrise, ma come con debolezza: aveva l’aria stanca e poco pimpante.
- Tutto bene?-
- Non so…mi sento strana...ho mal di testa e ho dormito pochissimo - spiegò Sìle sedendosi con le gambe incrociate – c’è un’aspirina da qualche parte?-
- Non lo so…ne ho prese un paio io l’altro giorno, ho paura d’averle finite. Forse in auto ne è rimasta qualcuna, vado a vedere…-
- Posso andare io, tu dormi ancora un po’. Eri stanco ieri sera…- sussurrò lei accarezzandogli una spalla.
- No, ero già sveglio – e mentre si alzava guardò fuori dalla finestra.
Si stiracchiò, si infilò un altro paio di pantaloni e in t-shirt si avviò verso la porta.
- Copriti, non è così caldo…-
- Ma dai…-
Sìle ci provava ogni tanto a sondare quanto fosse effettiva indifferenza al freddo e quanto qualche traccia di orgogolio virile da sfoggiare, ma non era ancora arrivata a capire in quali dosi le due cose convivessero in Liam.
Sorridendo si rannicchiò nel letto e si ricoprì.
L’auto di Liam era parcheggiata dietro l’angolo di casa e dalla camera da letto si sentivano bene i rumori che lui faceva: il comando a distanza che sbloccava le portiere, lo sportello che si apriva, si richiudeva, un altro aperto e richiuso, ma stavolta dopo un intervallo più lungo.
Di lì a poco lo sentì rientrare in casa.
- Eccomi. Ne ho trovate due, ma devo andare a ricomprarle…- le disse arrivando in camera dopo una breve sosta in cucina, al piano di sotto, per riempirle un bicchiere d’acqua.
Quando arrivò in camera da letto, accese una delle lampade sopra il letto e posando il bicchiere e le aspirine sul comodino, le si mise seduto vicino, aspettando lì fino a che non fu sicuro che stesse meglio, la lasciò solo per darsi una sciacquata al viso con l’acqua gelata per svegliarsi di più.
- Hai qualche presentimento preoccupante?- domandò sdraiandosi di nuovo sul letto.
Lei negò fissando il fondo del bicchiere prima di finire l’acqua.
Quando lo ebbe posato sul comodino, tornò a sdraiarsi a sua volta per accoccolarsi contro di lui, intrecciando una gamba con una delle sue.
- Streghetta, lo sai che la mattina è un momento delicato…- mormorò Liam con il suo solito tono da micione.
Sìle sorrise, gli strofinò la punta del naso contro una guancia.
- Sei orribile, pensi sempre a quello!-
- Tu potresti reggerti le cosce da sola invece che metterle in mano a me ogni volta che ti pesano…-
- Scusa…- fece Sìle fingendo di rimanerci male e cercando di sfilargli il ginocchio di sotto la mano, ma lui la trattenne.
- Prendi tutto troppo sul serio tu, ecco perché non dormi la notte…- bisbigliò.
Mentre gli si stringeva contro, Sìle guardò fuori e sospirò.
- Quando devi partire per Berlino allora? Domani?-
Liam sbadigliò cercando di non darlo molto a vedere e disse di sì.
- Quanto starai via?-
- Tre giorni, quattro al massimo, te l’ho detto. Perché?-
- No, niente…-
- Sìle se c’è qualche problema dimmelo, non ci vado…- insisté Liam girandosi a guardarla in faccia.
Lei gli diede un bacio sulle labbra.
- Non pensarci nemmeno. Sono solo in ansia senza saperne il motivo, lo sai che poi smanio se non posso tenere tutto e tutti al sicuro quand’è così…-
- Non puoi tenere sempre tutti al sicuro da sola -
- Lo so, lo so…lascia stare…è che mi piacerebbe venire con te…-
Lo sentì sorridere e sospirare, stiracchiarsi un po’.
- Allora avevo ragione quando insistevo per partire – sentenziò con una sfumatura di trionfo nella voce – non che avessi dubbi. Se ripenso a tutte le manifestazioni di apprezzamento e gratitudine in cui ti sei profusa nei miei riguardi…era da fare invidia alle fantasie di Sherazade…-
Sìle si alzò a sedere e gli diede uno schiaffetto su una gamba.
- Ma che sfacciato! Non era gratitudine!- esclamò risentita.
- Ah no?-
- Mi fai sembrare una repressa! Invece…-
Quando lo vide ridere sotto i baffi si fermò e gli chiese cosa avesse da ridere.
- Invece sono io che sono un attentato alla pace ormonale di ogni donna? Lo sapevo che era Ceday l’altra sera… -
- Ma che stronzo!- protestò Sìle ridendo di nuovo e prendendo un cuscino per sbatterglielo sullo stomaco – guarda che è una cosa bella per me!- continuò mentre lui catturava guanciale e lei insieme, costringendola a subire una specie di brutalizzazione solleticosa.
- Anche per me è bella, ma non ti avevo mai sentita così. Alla fine mi ha meravigliato, ho dubitato perfino che fossi sveglia a momenti…– le rispose Liam allentando man mano la presa e soffermandosi sopra di lei, stando sollevato sui gomiti. Con le dita le accarezzava i capelli e la guardava con un sorriso che andava affievolendosi.
- Ero sveglia! Ma perché svilisci tutto…- dopo un’altra breve scintilla di ribellione, Sìle si fermò di nuovo - così? Così come?-
- Così…- le disse lui dopo un sorrisetto allusivo – così…dunque vediamo, come avrebbero detto quei sant’uomini di certi imparzialissimi tribunali inquisitori? Degenerata, impudica, perversa, depravata, lussuriosa, lasciva, concupiscente…e poi te ne dico altre tre o quattro quando sono abbastanza sveglio per rapportarmi con una lettura più impegnativa dei Peanuts -
Sìle si rimise a ridere e lo spinse via raggomitolandosi su un fianco per nascondersi.
- Mi prendi in giro…- protestò.
- Un po’…- sghignazzò Liam avvicinandosi e cercando di farla girare - ma hai ragione…- sussurrò scostandole i capelli dal viso e dal collo – è fantastico quando sei così, fallo ancora…-
A forza di parlarle e dirle cose carine, l’aveva fatta girare.
Era successo qualcosa quando erano in viaggio.
In primo luogo erano soli loro due, davvero soli, lontani da ogni contatto quotidiano, per Sìle era una condizione nuova, se non altro per il tipo di ambiente in cui si trovavano, per Liam invece no, non lo era affatto.
Lui si muoveva con la tranquillità di sempre tra gente e posti per lei diversi da casa in tutto e per tutto, eccetto le normali tracce di civilizzazione non c’era niente che le ricordasse casa.
Sentirlo esprimersi in lingue diverse, lasciarsi portare da lui in posti sconosciuti e affascinanti, ascoltarlo raccontare e spiegare di cose che per Sìle erano note, ma di cui non aveva mai avuto una manifestazione concreta di fronte, la affascinava moltissimo.
Lui, la affascinava, mentre le apriva una specie di libro su di sé e quello che faceva quando non era con lei.
Più del resto la colpiva il fatto che gli venisse spontaneo diventare più padrone delle cose, quasi si sentisse in dovere di farla stare tranquilla, di proteggerla in qualche modo.
Di solito era Liam che si trovava spiazzato, anche se affrontava tutto con disinvoltura e autoironia tali da sembrare il classico tipo che in un modo o nell’altro era comunque caduto in piedi; in quei giorni invece, era lei, che a cadere sempre in piedi non sarebbe mai riuscita con troppa tranquillità e rimaneva più guardinga rispetto al mondo, ad affidarsi a lui.
Poi però c’era quella parte di sé che recepiva tutto solo come quelli come lei potevano fare e che certi posti, così antichi, così carichi della magia umana, il Mediterraneo e il Mar Egeo, tenevano tanto vigile.
C’era qualcosa che le destava dentro una sensibilità davvero primordiale.
Aveva provato una serie di sensazioni sconosciute durante quel viaggio: la quasi totale assenza di umidità, il frinire incessante delle cicale che faceva fischiare le orecchie anche dopo essersene allontanati, l’acqua del mare così tiepida da non causare neppure un brivido entrandoci, nonostante l’aria fosse caldissima.
Una pietra gelida come era abituata a sentire il marmo, che invece invitava a lasciarsi percorrere con i piedi nudi per quanto il sole la scaldava.
Si era concessa quella piccola libertà ai Propilei dell’Acropoli di Atene e di quella breve passeggiata rimaneva evidente prova in alcune foto che Liam aveva scattato quel pomeriggio.
E poi c’erano i colori così diversi, il riverbero non aveva nulla a che vedere con quello che conosceva, come era nuova la sensazione di sollievo nel rientrare nell’ombra di una casa vecchia e rustica, dopo una mattinata passata sulla spiaggia.
Erano tutte cose che eccitavano ogni suo senso e la vicinanza con Liam, anche quella un po’ nuova, era come un risveglio lento, ma costante, una specie di liquefazione continua di freni e timidezza.
Le piaceva come si scuriva la pelle di Liam sotto il sole, come si accendeva di più il colore dei suoi occhi e come si imbiondiva la peluria sul suo corpo o si schiarivano appena i capelli.
A Sìle non succedeva così, aveva la pelle troppo chiara e i capelli troppo scuri, ma le stavano succedendo altre cose.
Infatti quando Liam al ritorno da fuori, per gioco, mentre lei apriva la porta di casa e nessuno li vedeva, le scostava il costume sul sedere o sul seno con la scusa di vedere se si era bruciata o le succhiava via il sale dal collo o dalle spalle, in diverse occasioni si era ritrovato a doversi prendere immediata responsabilità delle proprie provocazioni, senza neanche il tempo di chiudere la porta quasi.
Poi arrivavano quelle lunghe ore del primo pomeriggio, in cui se non si trovava riparo tra le viuzze strette delle città vecchie, mangiando insalate e ntakos, l’unica cosa da fare era rimanersene nella penombra e nel refrigerio che regalavano le mura spesse della tipica, bellissima casa cretese di Soutraki che un amico di Liam aveva segnalato loro.
Lì dentro, era sempre caldo, ma c’era anche aria, fili di vento che accarezzavano la pelle, che di notte portavano l’odore del mare misto a quello delle pesche che maturavano nel frutteto della casa vicina, che la padrona di casa non mancava mai di regalare a Sìle non appena la vedeva passare.
Nei supermercati inglesi non avevano certo quel profumo!
A volte la svegliava quel profumo, allora si affacciava sulla porta o a una finestra per sentirlo meglio, poi tornava da Liam e lo svegliava accarezzandolo e stuzzicandolo.
Insomma certe cose tra loro due erano successe con molta più frequenza in quel contesto e Sìle lo sentiva che Liam era sempre attento, che la studiava e la scrutava e la capiva, avvertiva quell’elettricità che la percorreva in quei momenti, la sviluppava a sua volta e rispondeva sempre con prontezza, a volte con più dolcezza, a volte con più determinazione.
Anche in altre situazioni e momenti se n’era accorta.
Lui pareva non guardarla, non fare molto caso a ciò che faceva, a dove curiosava, ma l’aveva tenuta spesso come soggetto più o meno centrale delle sue foto e ce n’erano tre che lui teneva nascoste nella moleskine che stava compilando in quel periodo.
Una era l’immagine che aveva scattato a Micene, mentre Sìle, attraversando il lungo corridoio in penombra, entrava da sola, complice forse l’orario di chiusura del sito in avvicinamento, nella tomba di Clitennestra.
Si vedeva lei che, piccola e vestita di chiaro, contro il buio dell’antro imponente in cui si era avventurata, si delineava quasi come un’apparizione fantasmatica.
Un’altra era una foto che le aveva fatto mentre parlavano tra loro: un primo piano di Sìle che, seduta sul muretto bianco che si allungava poco oltre la porta della casa in cui stavano passando quei giorni, sorrideva serena e allegra, guardando Liam dietro l’obiettivo.
Vedendosi, Sìle si era sembrata più bambina, ma Liam dietro la foto aveva annotato delle parole da una canzone(come altre volte aveva fatto)Lady Jane, la mia…, e allora non si era più sentita piccola, era stata bene.
L’ultima invece, sempre scattata in quella casa a Creta, era fatta in una strana penombra, come di mattina molto presto, mentre lei dormiva ancora.
Si vedeva la sua figura, in mutandine e canottiera bianca, sdraiata tra le lenzuola spiegazzate.
Liam non sapeva che Sìle le aveva viste quelle fotografie e lei non glielo aveva detto: aveva urtato per incidente l’agenda, le foto cadendo si erano sparse un po’ intorno, Sìle le aveva sbirciate per un po’, ritrovandocene insieme anche di più vecchie, ma poi le aveva rimesse a posto lasciandogli il suo piccolo segreto.
Era bello pensare che lui potesse volersela guardare un po’ in privato, quando nessuno, nemmeno lei lo vedeva.
Si alzarono un’ora dopo, anche se Liam tentò di trattenere Sìle a letto più di una volta.
- Ma non devi andare a comprare l’aspirina?-
- Ti è passato il mal di testa no?-
- Sì, ma possono servire…-
- Io sto benissimo, tu no?-
- Beh…sì, ma non significa che…dammi la maglietta. Liam! Devo alzarmi, ridammi la maglietta dai!-
- Non tirare, si rompe alla fine!-
- E tu lasciami andare no?-
- No!-
- Va bene, tienitela, tanto mi hai già vista nuda -
- Io sì, ma loro no…-
- Loro chi?-
- Non lo so. Vedi qualcuno fuori?-
- Oh!-
Sìle non prendeva ancora bene l’abitudine a certe parti della casa più esposte alla strada e in quel momento stava facendo bella mostra della parte superiore del suo addome dalla finestra sopra il letto.
Corse a nascondersi in bagno dando a Liam della carogna e si infilò nella doccia, ma lui la raggiunse poco dopo.
Si fermò sulla porta del bagno con gambe e bacino avvolti nel lenzuolo.
- Serve una mano?-
- Ne ho già due grazie…-
- Va bene…io lo dicevo per te – si arrese guardandosi allo specchio e spettinandosi un po’ i capelli che ora portava un po’ più lunghi sulla sommità del capo.
- Dorcas mi aspetta…- aggiunse lei – oggi arriva un gruppo di nove persone di cui cinque sono bambini…-
- E dove le mette?-
- Non prende altre prenotazioni, ma sarà un caos e il fango tra scarponi e biciclette…già me la sento invocare qualche aiuto improbabile e minacciare infusi diuretici o soporiferi…-
- Magari minacciasse solo quelli!- ridacchiò Liam.
Sìle sospirando chiuse l’acqua.
- Mi passeresti l’asciugamano?-
- Sì…-
- Ah! E poi ci sarebbero i risultati delle analisi di Agenore da andare a ritirare a Kendal…non è che…-
Liam la guardò un po’ di traverso, quindi si voltò indicandola con un dito.
- Ascoltami bene: io ci vado, ma se tu pensi che io mi avvicini ancora ad Agenore con un trasportino solo perché la tua amica Dorcas mi prende per gola e tu per quello da cui sei fuggita due minuti fa, ti sbagli di grosso. Vi, sbagliate di grosso. Avevo più graffi addosso di quante righe ha un abito di tweed e la mia macchina lo sai quanto ci abbiamo messo io e Charlie a renderla di nuovo respirabile? La mia BMW?-
- Sì, quella lì fuori no?-
- Esatto. Io adoro quella macchina. Passo un sacco di momenti bellissimi su quella macchina…-
- Oh anche io…-
- Ecco. E quella specie di tigre lillipuziana ci ha…-
- Tutti i gatti fanno pipì quando hanno paura -
- Ma se l’ho portato a Kendal perché è il veterinario di Keswick ad avere paura di quel gatto!-
- Esagerato!-
- Non tanto quanto credi…-
- Agenore è buonissimo!-
- L’hai mai fatto arrabbiare?-
Mentre Liam snocciolava tutta la sua sequela di protesta, Sìle gli andò incontro e lo abbracciò intorno alla vita prendendo a sbaciucchiarlo intorno al collo.
- Piantala...non mi parla ancora lo sai? E ti rendi conto che ti ho appena detto che il gatto di Dorcas non mi parla più?-
- Povero amore mio, hai ragione, ma vedrai che farete pace e…- e via dicendo.
Ecco questa era diventata la quotidianità: momenti di tensione più o meno seri, una prevalenza di serenità, un sacco di gatti.
Il paese continuava a girare intorno a loro senza ricordare Lily, questo no, ma ricordando molto bene tutto quello che riguardava Dorcas.
I suoi comportamenti strani, ma non molesti, i suoi modi un po’ sbrigativi se la si disturbava o la si indispettiva, le sue uscite notturne, tornava tutto con la routine di sempre salvo che ogni tanto, ovvero quando Jane andava a trovarli, le ombre che si aggiravano agli orari più disparati in cerca di erbe o funghi, seguite dal solito stuolo di gatti, erano due.
Jane stava scoprendo un sacco di cose interessanti e divertenti e non le importava proprio niente di venire presa per matta.
Liam dal canto suo non commentava, non rimostrava, si limitava a farsi una risata quando qualcuno gli diceva ”Ho visto tua madre ieri sera…con…sai no?” senza specificare per paura di offenderlo.
Quel giorno invece, quando uscirono di casa, trovarono Clara in compagnia di un nuovo collega, un ragazzetto di forse vent’anni, forse neanche.
- Una vera fortuna che ci abbiate trovato ancora in casa Rupert…- osservò Liam dopo che Clara gli ebbe presentato il ragazzo e quello gli ebbe consegnato la posta.
- Beh io non ero sicuro, ma Miss Clara mi ha detto di…- il ragazzo si interruppe d’improvviso vedendo Sìle che arrivava e arrossì con tanta violenza, si trovò in un imbarazzo tale, che dimenticò di abbassare il dito che indicava la finestra da cui poco prima Sìle era comparsa non proprio vestita.
Liam capì e annuì mentre lei invece, rimaneva un po’ incerta sul motivo per cui quel ragazzo fosse rimasto impalato come uno stoccafisso vedendola.
- Beh la prossima volta, di’ a Miss Clara che il campanello funziona benissimo e che guardare da quella finestra non serve a niente…-
- Sì, signore…-
- Bravo…-
Tutto come sempre insomma salvo quanto accadde il pomeriggio del suo ritorno da Berlino.


Liam aveva tardato un po’ perché aveva una sorpresa che era sicuro che sia Sìle che Dorcas avrebbero gradito, se non subito, di lì a qualche tempo almeno, e non vedeva l’ora di renderle partecipi della novità.
Quando arrivò al b&b però, non trovò l’accoglienza che si era aspettato.
Era tutto silenzio quando si avvicinò alla casa, nessuno che facesse rumore in cucina, che richiamasse gatti, e quello dal suo punto di vista poteva risultare un vantaggio in quel momento, ma temeva fosse successo qualcosa , quel posto non era mai stato così silenzioso.
Aprì la porta tenendosi il giubbotto arrotolato sul petto, nascondendo qualcosa, e attraversò il corridoio fino in cucina: niente e nessuno tranne Agenore che sonnecchiava sulla solita poltrona e che gli miagolò incontro, ma senza scomodarsi.
- Va bene, va bene, non siamo ancora amici come prima…- gli concesse Liam.
Un attimo dopo sentì la voce di Dorcas dal piano di sopra.
- Ma non hai l’influenza! Paula è andata al lavoro come sempre oggi!-
- E che significa?-
Paula Logan era la felice madre di quattro bambini stupendi, ma tutti in età da untore.
Come spirava un alito di virus influenzale o intestinale, un herpes o una congiuntivite, uno dei suoi quattro tesori lo portava a casa e Paula, da brava mamma che mai e poi mai avrebbe negato a un figlio una coccola nella malattia, non riusciva a scamparne una.
- Che non è influenza! Ha ragione Ceday! -
- Ma da qualcuno la prenderanno l’influenza quei quattro no? E tu e Ced vi siete fissate su questa storia. Va bene, sono quattro giorni che…oh…-
- Che hai?-
- Oh no…-
- Che c’è? Di nuovo? Ma non hai mangiato niente!-
Liam assistette a questo scambio di battute da metà della scala.
- Disturbo? Siete impegnate?- chiese. Dopo qualche secondo di immobilità interrotta soltanto dal suono dello sciacquone in bagno, Dorcas gli comparve davanti.
- No, per fortuna non abbiamo più clienti per due giorni, ma Sìle non si sente bene, ha la nuasea e dice di avere l’influenza…-
- Ma tu hai appena detto di no…-
- Arrivo subito! Sto molto meglio! - li informò Sìle da lontano.
Dorcas allora lo invitò a seguirla.
- Beh se lo stomaco non è mio, posso sbagliarmi. Com’è andato il viaggio? Ha tardato il volo? Dovevi essere qui due ore fa - gli chiese scendendo le scale.
Liam rimase un attimo in attesa di Sìle, ma poi pensò che forse era meglio aspettarla di sotto.
- Come? Ah no…no è che…sono passato dalla clinica veterinaria a Kendal, il dottore mi aveva chiesto un favore e…-
- Favore? Che favore? Per Agenore?- domandò Dorcas mentre entrava in cucina, gli teneva aperta la porta e notava, nel girarsi verso di lui, il fagotto del suo giubbotto – che hai lì?-
- No, Agenore camperà altri cento anni anche senza di lui e qui ho il favore…- rispose Liam – vieni a vedere…- la invitò ammiccando.
- Si muove…-
- Eh già…-
- Non potete tenerlo, avete già due gatti-
- Non serve tenerlo forse e comunque non sai nemmeno cos’è. Vieni a vederlo, secondo me ti piace -
- Non è un gatto -
- No…- confermò Liam infilando le mani tra le pieghe del suo giubbotto, giocando con qualcosa.
- Allora non possiamo tenerlo…-
- Noi?- chiese Liam intuendo che già Dorcas stava perdendo di rigidità.
La guardò e lei sbuffò irritata, agitando appena una mano in aria per dirgli di tacere.
- Beh ma che ha?- chiese comunque senza ancora decidersi a guardare cosa fosse quell’animale.
- La madre non lo allatta…e non piaceva né a me né al veterinario l’idea di farlo sopprimere come voleva il padrone. Ancora un’ora e gli avrebbero fatto una bella punturina…-
Dorcas commentò con un grugnito di disapprovazione per la prospettiva che aspettava quella cosa, ma ancora si teneva a distanza dal tavolo, mentre invece Agenore si era alzato, stiracchiato, aveva annusato un po’ l’aria e sentendo forse un odore nuovo, si era spinto in avanscoperta passando di sedia in sedia attorno al tavolo.
- Eccomi!- chiamò Sìle dal corridoio.
Liam lasciò il fagotto sul tavolo assicurandosi che non rischiasse di cadere e uscì raggiungendola.
- Ehi…come stai?- le chiese lasciandosi prendere le mani – sei pallida…- aggiunse quando la vide meglio in faccia.
Sìle annuì e si schiarì la voce portandolo verso un’altra stanza.
- Sì lo so…ho un problema…-
- Che problema?-
- Più che altro un dubbio che…beh Dorcas e Ceday sono convinte di una cosa, ma io preferisco accertarmene…- iniziò lei, ma un urlo di Dorcas li interruppe.
Non era proprio un urlo, era un’esclamazione di sorpresa molto sentita.
- Dorcas, va tutto bene?- chiese Sìle, ma non ci fu replica, così con Liam tornarono indietro dopo essersi scambiati uno sguardo di consulto.
Quando Liam aprì la porta della cucina, gli si presentò davanti una scena cui aveva già ampiamente previsto di assistere: Dorcas seduta davanti al suo giubbotto con, cullato tra le mani, un cagnolino, un batuffolino di pelo bianco e grigio, un po’ spettinato, uggiolante e sperduto, che le annusava il mento.
- Amore della nonna, quanto sei stato fortunato…- fu la prima frase chiara che le sentirono proferire nell’inconsapevolezza di essere osservata.
Sìle si voltò verso Liam con un punto interrogativo stampato in faccia e lui le sorrise con aria un po’ colpevole.
- Poteva essere morto a quest’ora…- si giustificò con tono serio e grave, infatti Sìle si preoccupò subito.
- Cosa?-
- E’ vero! Ce l’aveva il veterinario a Kendal, me l’ha fatto vedere, la madre non lo vuole e…beh guardalo poveraccio, la sua prima settimana di vita è già stata una schifezza, potevo lasciarlo lì? Ho pensato che in fondo…beh…insomma la madre è piccola, il padre è piccolo, lui non potrà uscirne un gigante…e noi…e poi è maschio…- vide che Sìle lo fissava con un’espressione un po’ sibillina che gli fece temere di non averle fatto cosa gradita – va bene…lo do a mia madre se vuoi…-
Lei fece finta di non aver sentito, entrò in cucina e ricordò a Dorcas che forse, dall’ultima cucciolata felina, non molte settimane prima, era avanzato del latte in polvere.
Dorcas le affidò il cucciolo e Liam, da come Sìle se lo portò vicino al viso per dargli un bacetto sulla testolina, capì che quella del latte era una scusa per farselo lasciare.
Dopo qualche secondo in cui sembrò riflettere, tornò vicina a lui con il cagnolino che pareva essersi addormentato o comunque molto rilassato in mano a lei.
- Possiamo tenerlo, abbiamo spazio…- disse sottovoce, quindi annuì e dopo un attimo aggiunse– sarà come avere già un bambino in qualche modo no?-
- Beh…-
Liam stava rispondendo che certo, un cane sarebbe rimasto in una perenne infanzia, cosa che i gatti non facevano, ma gli passò di mente, guardò Sìle e aggrottò le sopracciglia.
- Sappi che non mi spaventa la prospettiva di un cucciolo di uomo, anzi…-
Lei sorrise e annuì sedendosi al tavolo.
- Ma che mi stavi dicendo prima? Di un dubbio?- chiese Liam ricordandosi del momento in cui erano stati interrotti.
- Oh…è passato…- lo tranquillizzò mentre la raggiungeva e si sedeva accanto a lei.
- E lo stomaco?-
Sìle lo guardò, posò il cucciolo sul tavolo tra loro due e quello barcollando si avvicinò a Liam, forse riconoscendo un odore più noto.
Liam lo circondò con le mani e lui gli si accoccolò contro il palmo.
- Anche quello per ora...- mormorò lei, quindi aggrottando un po’ le sopracciglia, si schiarì la voce – mi accompagneresti da Clawley domani?-
Liam per rispondere aspettò che Dorcas facesse un po’ di rumore dopo essere tornata senza aver trovato il latte in polvere.
- Sì…ma devo preoccuparmi?-
- E’ tutto a posto…- bisbigliò Sìle dandogli un bacio con gli occhi puntati dritti nei suoi e quel solito riflesso luminoso, ma più morbido.
Colpì Liam quella luce, lo fece insospettire, ma non preoccupare, però per domandare altro aspettò un altro momento fortuito di solitudine che il telefono garantì loro richiamando a sé Dorcas.
Sìle gli passò il piccolo biberon in cui, supplendo alla mancanza di quello in polvere, aveva messo un po’ di latte con un tuorlo d’uovo e altre componenti vitaminiche immediatamente reperibili suggerite dal veterinario.
Liam lo avvicinò al cucciolo che dopo un primo assaggino dal dito di lui, anche se con qualche incertezza, si allungò verso il ciuccio e iniziò a succhiare con grandissima soddisfazione.
Entrambi loro risero e commentarono tutta l’energia che ci metteva e tutti i gorgoglii di consolazione che emetteva.
- Ehi Streghetta…- chiamò Liam dopo un po’, anche se non guardava Sìle.
- Sì?- mormorò lei tornando a sedersi vicina a lui, guardando anche la bestiolina tra le mani di Liam.
- Sei felice vero?- le chiese, allora sollevò lo sguardo e la studiò – più del solito intendo…-
- Sì…-
Liam diede un cenno di assenso, come avesse ricavato un indizio importante su quello che sospettava, ma, rispettando la riservatezza di Sìle, tacque e riprese a curare il cucciolotto e quando lei gli accarezzò il viso, le sfiorò il palmo della mano con le labbra.
- Lo posso chiamare Pluffie? Ha l’aria di un mangione questa palletta di pelo…- propose osservando il cagnolino.
- Non essere cattivo, poverino…-
- Non sono cattivo…-

   
 
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