Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio
non già perché con
quattr'occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto
offuscate,
erano le tue.
{Eugenio Montale}
Gli
anni passano, tendono ad annidarsi nelle rughe del viso raggrinzito, nelle mani
fragili, non più veloci come un tempo, nei capelli bianchi che ricoprono
il capo come un velo.
Gli
anni passano lenti, ormai.
Prendo
la mia solita borsetta di pelle nera, quella che mi avevi regalato per il mio
settantesimo compleanno, e me la metto a tracolla.
Pesa
un po' di più, da quando non ci sei, come se ti fossi nascosto al suo
interno.
La
realtà è che tutto è diventato più lento, più
pesante, più insopportabile, senza di te.
Sbuffo
appena, mentre mi richiudo la porta alle spalle e volgo lo sguardo a quelle
scale; ti ricordi come mi prendevi a braccetto, per aiutarmi a scenderle?
Io
sì.
Mi
sento vuota, un po' persa, aggrappandomi a quello scorrimano col terrore di
cadere.
Quando
mi aggrappavo a te, la paura svaniva, te lo ricordi?
Sospiro
un po', mentre mi incammino verso il cimitero; lenta e traballante, non ho dove
appoggiarmi.
Qualcuno
mi saluta, sorride impietosito, perchè sa che giorno è oggi.
Altri
non mi conoscono, ma sorridono ugualmente, perchè sul viso ho il marchio
della stanchezza, della solitudine, del vuoto che tu hai lasciato: lo si legge
tra le rughe.
A
te piacevano le mie rughe, ricordi? Dicevi che mi davano un'aria vissuta.
Ogni
tanto, credo che tu non le abbia mai viste davvero.
Arranco
ancora un po', finché il tuo viso non mi rivolge lo sguardo, da dietro
il vetro della foto.
Sei
felice, forse un po' spento, ma felice.
Quando
avevamo fatto quella foto, mi eri parso tanto bello, tanto libero.
Tanto
vivo.
Ora,
sembra solo una brutta copia di ciò che eri, un riflesso sporco e
appannato.
Accarezzo
la lapide fredda, mentre cerco di sorridere; a te piaceva tanto quando
sorridevo, mi ripetevi che ero bella come il sole.
Oggi,
però, ci sono le nuvole.
Oggi
sono tre anni che scendo le scale da sola, aggrappandomi allo scorrimano,
sempre più insicura.
Perchè
in due, scendere le scale, era un po' più bello; in due, se io fossi
inciampata, non sarei mai caduta a terra: tu mi avresti sorretto.
Ora,
invece, è un po' come camminare sul filo sottilissimo della vita,
sapendo che prima o poi cadrò.
E
quando cadrò non ci sarà nessuno a riacciuffarmi.
Avevo detto che avrei preso ispirazione dalle canzoni, ma ho letto
questa poesia e non ho potuto non scrivere ciò che ho appena pubblicato.
No, proprio no.
Okay, non ho molto da dire, sono tanto triste T_T
Alla prossima, care.
Un bacio!
~Ellens