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Autore: Roberta87    04/02/2011    4 recensioni
[..] Jane sussultò. Non era da suo fratello esprimersi in quei modi, ma forse le loro ferite erano ancora troppo fresche per riuscire ad essere controllati. Noah si riferiva a Thomas.
Jane aveva perso la testa per lui. Thomas Rope, uno scapestrato di prim’ordine. E Jane doveva ammettere che il fratello aveva ragione da vendere, lei aveva davvero uno stupido spirito da crocerossina. Ma con Thomas era stato diverso, lui era stato il primo a portarla a gesti tanto stupidi. [..]
Jacob Black ha 26 anni, è sposato con Jane Kent e vive alle Hawaii. Una notte si lascia andare al ricordo dell'unico momento del suo passato che non c'è bisogno che le racconti...perchè lei l'ha vissuto in prima persona.
- Capitolo estratto da una FF di gruppo alla quale ho partecipato -
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Buonasera a tutti. Qualche tempo fa ho partecipato ad una Fanfiction di gruppo su Jacob scrivendo questo capitolo. Oggi l'ho ricordato per caso e ho detto....beh, perchè non postarlo? Cercherò di farvi un'introduzione quanto più breve possibile :
In quella FF Jacob (nel momento presente) ha 26 anni, è sposato con una bella donna di nome Jane e vivono alle Hawaii dove lui lavora come intagliatore di longboard. Lei una sera gli chiede di raccontarle del suo passato e così lui incomincia. Il suo racconto parte proprio dal punto in cui (in Eclipse) riceve la partecipazione alle nozze di Bella e Edward. Anche in questa FF Jacob fugge....ma per non tornare mai più. Si ritrova un giorno alla fattoria di Kate ed Isahia Kent dove viene accolto e si stabilisce. Un giorno però il destino vuole che in fattoria, il giorno del compleanno di nonna Kate, arrivino i suoi due nipoti : Noah e la bella Jane. I due hanno un incontro piuttosto rocambolesco e lei dopo tante insistenze riesce a convincerlo ad aprirsi con lei...magari davanti ad un piatto di biscotti.
A questo punto si inserisce il mio capitolo : la parte iniziale è il Jacob al presente che guarda sua moglie dormire e si lascia andare al ricordo dell'unico momento della sua vita passata che non c'è bisogno che lui le racconti, perchè lei l'ha vissuto in prima persona.
Spero possa piacervi.




Jane Mallory Kent e il suo stupido spirito da crocerossina




Su. Lentamente

Giù. Con lo stesso ritmo.
Jacob Black non riesce a staccare gli occhi dal movimento fluido e sensuale compiuto dal ciondolo a forma di delfino sul seno di Jane. In questo momento vorrebbe soltanto posare le sue labbra su quel fortunatissimo pezzo di metallo, scostarlo leggermente, ed iniziare a percorrere con morbidi baci lo splendido corpo di sua moglie.
Ma c’è un’altra cosa che Jacob Black non riesce mai a fare : svegliare l’amore della sua vita.
In tanti anni insieme non l’ha mai fatto, e pensa seriamente che mai lo farà.
Jane mugugna appena nel sonno, abbandona la posizione supina e rotola pigramente sul fianco, avvicinandosi istintivamente al corpo bollente di Jacob.
Jake sorride compiaciuto di quel gesto tanto naturale e spontaneo, si sente grato nei confronti di quel sogno che ha portato Jane a muoversi, facendo frusciare le lenzuola blu notte e rompendo il suo stato ipnotico.
Alla fine nella camera da letto ci sono arrivati. Dopo alcune soste in cucina e sotto la doccia, ma ci sono arrivati.
Nella stanza dalle pareti totalmente rivestite in chiaro legno di bambù entra una sottile brezza marina che fa ondeggiare pigramente le tende di lino bianco, poste ad incorniciare l’enorme porta-finestra affacciata sulla veranda di casa Black.
In realtà è proprio quel leggero movimento che ricorda a Jacob che la brezza marina notturna è sempre piuttosto fresca per chiunque non abbia una temperatura corporea di 42 gradi.
Abbassa nuovamente lo sguardo su sua moglie. I lunghi capelli biondi si intrecciano in morbide onde dorate e scompigliate sulle lenzuola blu notte del cuscino. In effetti non l’ha mai confessato a Jane, ma l’unico motivo per il quale le lenzuola siano la sola cosa che lui continui ad acquistare per casa loro è proprio quello : adora fermarsi davanti ad una vetrina, vedere delle lenzuola di un nuovo colore scurissimo che non possiedono ed immaginare il forte e bellissimo contrasto che questo possa fare con i capelli e la pelle dorata di Jane.
Lentamente fa scivolare un braccio tra il materasso e la spalla di Jane, prima di attirarla a sé e stringerla, facendo attenzione a non svegliarla. Con l’altra mano tira su le lenzuola scure e la copre fino al collo.
Poi ci ripensa su un secondo e le abbassa fino al gomito per godere ancora un po’ di quello spettacolo magnifico, del resto il calore del suo corpo basterà.
Jacob sente un sorriso allargarsi sul suo volto e nel suo cuore al pensiero di quel gesto tanto infantile. Ma del resto fa tutto parte del famoso “effetto Jane”. Lei lo fa sentire come se avesse ancora e sempre sedici anni. Sedici anni umani, di un qualsiasi ragazzino spensierato che si gode la vita a pieno.
Sospira felice Jacob Black, non può farne a meno. E allo stesso tempo ringrazia il cielo di avergli donato sua moglie. Senza di lei non sa nemmeno cosa o dove sarebbe oggi. Senza di lei non potrebbe sicuramente essere tanto felice.
Ma i suoi pensieri non vanno oltre, lui non vuole nemmeno pensarci ad una vita senza Jane.
Inevitabilmente, però, i suoi pensieri ritornano indietro di molti anni, all’unico momento della sua storia passata che non c’è bisogno che lui le racconti, perché Jane lo conosce benissimo.
Non ha sonno Jake, e si lascia andare ai ricordi con la sicurezza che di lì ad un paio d’ore sua moglie si sveglierà per il loro abituale spuntino notturno.


Ridevano tanto, di gusto, e sicuramente per una battuta stupida di Jacob quando lui e Jane entrarono nella cucina della fattoria Kent. L’aria lì dentro era pregna di aroma di vaniglia e cioccolato, dava quasi alla testa.
« Ehi, non vorrai finirteli da solo! » Jane rideva ancora mentre rimproverava il fratello, scoperto con la bocca piena di biscotti e le mani allungate verso i piatti che li contenevano.
Jacob, che il giorno precedente lo aveva a stento notato, si soffermò un secondo su quel ragazzo dall’aria buffa. Sembrava abbastanza alto, nonostante fosse seduto. La cosa che lo colpì fu che non avrebbe potuto avere colori più diversi dalla sorella : capelli neri, occhi scuri. Anche i lineamenti non gli ricordavano Jane, lui aveva un’aria vagamente asiatica, con folte sopracciglia scure, labbra sottili e un naso che molti avrebbero giudicato piuttosto lungo ed affusolato, ma che secondo Jacob era perfetto per quel volto.
« Fatti gli affari tuoi mostriciattolo. Al massimo posso cederne qualcuno a te, Big Jim » fece un cenno col capo in direzione di Jake. Lui gli sorrise in risposta e gli si accomodò di fianco, afferrando subito uno dei pochi biscotti rimasti nel primo piatto in legno al centro della tavola.
« Tranquillo, tanto il secondo lo finirò da solo » lo pungolò Jacob con aria di sfida lanciando un’occhiata al secondo piatto colmo di biscotti.
« Devo ricordarvi che i biscotti li ho fatti io e quindi ne merito almeno una decina? » Jane si sedette sulla sedia dall’altro lato del tavolo, di fronte ai due ragazzi, e allungò una mano verso uno dei due piatti
« Dettagli » le rispose Noah dandole uno schiaffetto sulla mano e tirando a sé il piatto ancora pieno.
Jane gli rispose con una linguaccia e si impossessò del piatto in legno quasi vuoto.
« Prendi pure, Jim » Noah fece l’occhiolino a Jacob e i due iniziarono a mangiare dal piatto tra loro.
« Jake, Noah. Si chiama Jake, non Jim » lo rimbeccò Jane con la bocca piena, lui alzò gli occhi al cielo prima di risponderle
« Lo so, bionda! Stavo scherzando » poi si rivolse a Jacob che intanto infilava due biscotti alla vaniglia in bocca « Eppure è mia sorella! » si avvicinò all’orecchio di Jake e parlò a bassa voce ben sapendo che Jane l’avrebbe sentito comunque « Secondo me è adottata »
Jane lanciò un pezzo di biscotto al fratello che andò ad incastrarsi nei capelli e alcune briciole si sparsero sulle spalle avvolte nella maglietta blu. « Idiota, hai 30 anni e sei ancora un bambino » lo prese in giro divertita
« Ecco, lo vedi che non li meriti? » le rispose Noah scrollandosi i biscotti dai capelli « E comunque io faccio il bambino perché mi diverte. Tu invece sei bionda, tesoro. E in quanto tale è geneticamente provato che resterai sciocca a vita »
« Ma smettila! E tu Jacob non dici nulla in mia difesa? » Noah non poté fare a meno di notare l’involontaria occhiata maliziosa che la sorella aveva appena lanciato al ragazzone seduto accanto a lui. E la cosa non gli piacque. Per niente.
« A me piacciono le bionde » commentò Jacob leggermente in imbarazzo. Poi sollevò appena gli occhi in quelli di Jane, e con un mezzo sorriso furbetto ad increspargli le labbra aggiunse « Soprattutto quando sono intelligenti. » poi si voltò verso Noah e la sua espressione cambiò completamente « Una volta ne ho conosciuta una al parco »
Noah colse al volo l’occhiolino fugace che Jake gli aveva appena fatto e rispose subito « Ah si? E come si chiamava?  »
« Lola. » Jacob rispose sospirando, prima di aggiungere ridendo « Era uno splendido Golden Retriever! »
I due ragazzi risero di gusto, e anche Jane si unì a loro commentando con un semplice « Idioti ». Poi lei abbassò lo sguardo sul suo piatto in legno scoprendolo vuoto. Ma ciò che vide sul fondo la colpì molto.
« Non ricordavo che la nonna avesse questi piatti così belli » fece scorrere le dita sui solchi profondi intagliati nel fondo del piatto in legno scuro ammirando il disegno : Un corvo, una rana, un’aquila, un serpente.
« In effetti non li aveva. Quando ha scoperto che mi diverto ad intagliare il legno mi ha chiesto di personalizzare un piatto per ogni membro della famiglia. E quello è il mio » le rispose Jacob indicando il piatto con un mignolo sporco di cioccolato, prima di infilarlo tra le labbra e succhiare via i dolci rimasugli.
« Andiamo! Mi prendi in giro! » gli rispose Jane stupita, quel disegno era troppo perfetto per essere un prodotto di quelle mani tanto grandi e ruvide.
« No, davvero. Sono simboli che appartengono alla mia tribù » Jacob non sapeva nemmeno perché ci tenesse a dimostrarle che quella era opera sua. Ma inspiegabilmente sentiva di volere che lei lo considerasse qualcosa di più di un semplice deficiente tutto muscoli buono soltanto a inforcare la paglia.
« Jacob ma sei bravissimo » Jane puntò i suoi grandi occhi verdi in quelli scuri di Jacob « Hai talento » poi gli sorrise dolcemente e per un attimo cadde il silenzio in cucina. In quel breve attimo però successero tante cose.
Jane sentì le guance riempirsi di un calore insolito per il suo carattere forte e sfacciato. Jacob invece sentì aprirsi sulle labbra uno di quei sorrisi da ebete che aveva sempre deriso, ma non gliene importò nulla. Quella ragazza era talmente bella da mozzargli il fiato e se avesse continuato a guardarlo a quel modo avrebbe dovuto senz’altro fare qualcosa, qualsiasi cosa per non sembrare un pivello alle prime armi. Noah invece non staccò gli occhi un secondo dal volto della sorella, storse il naso nel vedere le sue guance rosse e poi si accigliò del tutto quando scrutò gli occhi verdi della sorella scorgendovi una luce che purtroppo aveva già visto.
Così Noah tossì brevemente, come se gli fosse andato di traverso un pezzo di biscotto e Jane parve risvegliarsi da quell’ipnosi momentanea.
« Sai, un disegno come questo spopolerebbe sulle longboard di tutto il mondo » disse ostentando una tranquillità che non possedeva affatto in quel momento ed iniziò a raccogliere i lunghi capelli in una treccia.
Prima che Jacob potesse risponderle Noah si intromise « Sai cosa starebbe proprio bene su questi biscotti, Jim? » si era rivolto a Jacob ma in realtà non aveva staccato gli occhi di dosso alla sorella nemmeno per un secondo « Il latte della mucca della nonna, quello che ci faceva bere da piccoli »
Jacob Black, che era sempre stato un tipo fin troppo sveglio, non impiegò più di qualche frazione di secondo a capire che il ragazzo intendeva soltanto mandarlo fuori di lì per qualche ragione che ancora gli sfuggiva. Ma del resto, chi era lui per intromettersi nelle questioni di due fratelli che a stento conosceva? Così decise che forse per quella volta, ma solo per quella, avrebbe vestito i panni del finto tonto.
« In magazzino abbiamo dell’ottimo latte fresco, dottor Carter » Noah non riuscì a fare a meno di ridere a quel soprannome che si era sentito affibbiare innumerevoli volte per la sua incredibile somiglianza ad un personaggio di una serie tv « E anche se la mucca non è più la stessa della vostra infanzia penso possa andare bene comunque » così Jacob si congedò, scostò la sedia dal tavolo ed uscì dalla cucina per dirigersi al magazzino adiacente.
Aprì le pesanti porte in legno ed iniziò a cercare tra i contenitori in latta quello con la data di mungitura più recente. Lui non era mai stato uno spione, anzi, preferiva sempre farsi i fatti suoi e lasciare agli altri la stessa intimità che desiderava per sé stesso. Ma la sua nuova natura non la pensava esattamente come lui, e i due ragazzi nell’edificio accanto di certo non potevano sapere che i suoi sensi sovrumani gli avrebbero permesso di ascoltare tutta la loro conversazione.
« Cosa stai facendo ? » Noah si rivolse alla sorella con un tono brusco che poche altre volte aveva usato
« Mi lego i capelli, Noah. Non si vede? » gli rispose sperando che il fratello se ne stesse buono
« Jane Mallory Kent » scandì piano Noah, ma Jane lo interruppe subito
« Lo sai che odio il mio secondo nome. E’ ridicolo! »
« Sta zitta e ascolta » Noah fu molto duro, ma abbassò ulteriormente la voce « Pensi che non abbia notato nulla? »
« Non so di cosa tu stia parlando »
« Ah no, Jane? Quindi vuoi dirmi che erano solo allucinazioni le mie? Ho visto bene come guardi quel ragazzo »
« Non lo guardo in nessun modo, Noah. Smettila »
« No, smettila tu, Jane! » aveva alzato la voce senza controllarsi, la rabbia che gli cresceva nel petto era davvero tanta, ma si costrinse ad abbassare il tono. Si allungò leggermente sui gomiti e puntò l’indice sul tavolo con decisione, guardando la sorella dritta negli occhi « Cos’hai intenzione di fare ? Vuoi farti incastrare di nuovo dal primo sconosciuto dall’aria “maledetta” che incontri? Vuoi farti fregare ancora per il tuo stupido spirito da crocerossina? » Jane si sentì pugnalare a quelle parole, e Noah lo sapeva benissimo, ma in quel momento non poteva fare altro. Così continuò « Non ho la minima intenzione di ritrovarti come qualche settimana fa. E non permetterò mai più a nessuno al mondo, e nemmeno a te stessa, di farti ciò che ti ha fatto quello stronzo. »
Jane sussultò. Non era da suo fratello esprimersi in quei modi, ma forse le loro ferite erano ancora troppo fresche per riuscire ad essere controllati. Noah si riferiva a Thomas.
Jane aveva perso la testa per lui. Thomas Rope, uno scapestrato di prim’ordine. E Jane doveva ammettere che il fratello aveva ragione da vendere, lei aveva davvero uno stupido spirito da crocerossina. Ma con Thomas era stato diverso, lui era stato il primo a portarla a gesti tanto stupidi.
L’aveva conosciuto all’ultimo anno di liceo, bello e dannato come solo un rocker poteva essere, con i suoi capelli neri sempre scompigliati e gli occhi azzurri e glaciali. Jane era stata catturata subito dal tormento che leggeva in quegli occhi tanto freddi, e i due avevano iniziato a frequentarsi. Lui non aveva avuto segreti per lei, aveva messo subito in tavola le sue carte peggiori : madre alcolizzata, padre mai conosciuto, si era rifugiato più volte nel paradiso artificiale che qualche volta la droga gli regalava, si vedeva come un fallito, un dannato, un senza speranze n’è futuro. Ma Jane non la pensava così, e Dio solo sapeva perché.
Si innamorò perdutamente di quel ragazzo tanto chiuso, ma che con lei sembrava ritrovare la luce, che le ripeteva costantemente di essere l’unica cosa bella della sua vita, l’unica che lo facesse sentire in grado di diventare un uomo maturo ed onesto. Ovviamente la famiglia di Jane, con Noah in prima linea, si oppose tenacemente alla loro relazione quando videro che per lei non si trattava soltanto di un infatuazione momentanea. Così Jane fece una cosa che avrebbe rimpianto per il resto della sua vita. Una notte d’estate, subito dopo il diploma, raccolse pochi abiti in uno zaino e andò via di casa.
Scappò con Thomas ed insieme si trasferirono vicino Los Angeles, dove vissero insieme per quasi tre anni. Jane per lui aveva rimandato ogni cosa, perfino l’iscrizione al college, pensando che pian piano avrebbe potuto rimettere insieme i cocci del suo amore tormentato e cominciare una nuova vita insieme. Di certo la sua vita durante quei tre anni non fu ciò che si era aspettata. Lavorava ogni giorno fino a notte fonda, in due ristoranti diversi, per poi tornare a casa e trovare Thomas immerso nel suo stesso sporco e disordine. A lungo non era riuscita ad arrabbiarsi con quegli occhi tanto freddi, pensando che fosse solo questione di tempo e poi il suo amore per lui avrebbe sciolto ogni dolore rendendolo la persona che desideravano entrambi che lui fosse. Ma un giorno tutto cambiò.
Un giorno di appena un mese prima Jane tornò a casa prima del solito e trovò Thomas avvolto nelle lenzuola tra due bionde e il comodino cosparso di polvere bianca. In quel momento qualcosa esplose nelle profondità dell’animo di Jane, e produsse un onda d’urto sconvolgente e devastante che per un interminabile momento le fece mancare il respiro. In un breve istante la vera Jane, quella forte, decisa ed intelligente, si risvegliò come da un lungo sonno.
Improvvisamente tutto intorno a lei le provocava un incontenibile senso di nausea. Jane odiò tutto quello schifo, odiò tutta la sua vita negli ultimi tre anni, odiò quegli occhi di ghiaccio nei quali realizzò che non sarebbe mai cambiato nulla, ma più di tutto odiò sé stessa per ciò che era stata, per ciò che aveva fatto, per essersi permessa di farsi schiacciare e mettere da parte tutto, perfino i suoi sogni e le sue ambizioni. Scappò via da quella casa senza prendere nulla con sé, non voleva nulla di quella vita, e se avesse potuto avrebbe lasciato lì perfino i vestiti che indossava in quel momento. Aveva vagato per la città per due giorni, i più terribili della sua vita, nei quali non desiderò altro che sparire. Poi inspiegabilmente pensò a Noah.
Noah era sempre stato l’altra parte di lei, molto più di un fratello, qualcosa di molto più indispensabile, al pari di un organo vitale. Jane si era fatta coraggio, aveva racimolato qualche spicciolo e l’aveva telefonato. Noah non aveva avuto bisogno di scuse o spiegazioni, le aveva semplicemente chiesto dove fosse. Qualche ora dopo Jane lo aveva visto arrivare con una macchina rossa carica di bagagli, un sorriso sul volto ed una lacrima che scendeva giù da quegli occhi tanto scuri, caldi e pieni d’amore e sofferenza.
Così, appena qualche settimana prima, si erano ritrovati dopo tre anni. Noah non le aveva detto subito cosa intendesse fare, ma qualche ora dopo entrambi avevano gettato via ogni freno. Jane gli aveva raccontato ogni cosa degli ultimi tre anni, e Noah le aveva detto che non sarebbero tornati a casa tanto presto, che quella sarebbe stata la loro estate on the road nella quale si erano promessi di ritrovare loro stessi prima di ricominciare a vivere. L’unica condizione di Noah era stata farsi giurare da Jane che si sarebbe iscritta al college al loro ritorno, che avrebbe studiato Biologia Marina come sempre aveva desiderato. E poi, dopo qualche settimana di viaggio, si erano ritrovati esattamente lì, alla fattoria dei nonni il giorno del compleanno di nonna Kate.
Ed in quel momento Jane non riusciva in alcun modo ad arrestare le lacrime e i singhiozzi che la scuotevano dal profondo, nemmeno con l’aiuto dell’abbraccio forte e sicuro di Noah
« Scusami, piccola, ti prego » le ripeteva continuamente, come un disco rotto, chissà da quanto.
Jacob non capiva cosa fosse successo per farla piangere e disperare a quel modo, ma dall’ultima frase di Noah aveva intuito che forse il dolore di Jane era quanto di più simile potesse esserci al suo.
« Scusami tu, fratellone » disse Jane tirando su col naso e facendosi forza per uscire da quei ricordi ancora troppo presenti nella sua vita « Per tutto quanto »
« Non dire sciocchezze. Lo sai che per te farei di tutto » le posò un piccolo bacio sulla fronte, come non faceva da anni e Jane sorrise. Non avrebbe permesso mai più alla sua impulsività di rovinarle ancora la vita. La sua e quella di Noah
« Ti amo, dottor Carter » gli disse quasi ridendo e abbracciandolo forte
« Ti amo anch’io, stupida bionda » le rispose Noah ridendo e scompigliandole la lunga treccia.
« Sai cosa mi manca? » gli disse poi staccandosi dal caldo abbraccio del fratello ed avviandosi verso le scale che l’avrebbero condotta alle loro camere « Quell’enorme pizza tutti gusti che fanno in quel ristorante a Miami » andò via senza aggiungere altro. E non ce ne fu bisogno.
Ne per Noah, che sapeva cosa significava tutto quello. Ne per Jacob, che riusciva benissimo a sentire il morbido fruscio prodotto dai vestiti che Jane stava infilando rapidamente nelle valigie.
Jacob afferrò la prima scatola di latta che ebbe sott’occhio, sospirò a lungo e forte, cercando di non pensare a quanto era stato un’idiota nel credere che qualcuno sarebbe rimasto nella sua vita per più di qualche manciata di giorni. Raggiunse Noah in cucina e i due si scambiarono soltanto un’occhiata che parve scavarli a fondo entrambi, prima di finire i biscotti ed il latte in silenzio.
Jacob trascorse il resto della giornata senza vedere ne l’uno ne l’altra, continuò a lavorare per tutto il pomeriggio senza nemmeno pranzare perché, ne era sicuro, quei biscotti gli sarebbero rimasti indigesti a lungo. E quando al tramonto ridipingeva la staccionata della fattoria non fu sorpreso nel vedere la macchina rossa carica di bagagli che si allontanava dalla tenuta dei Kent e dalla sua vita.
Quando rientrò per cena Kate evitò di proposito il suo sguardo affaccendandosi ai fornelli, mentre Isaiah si limitò a poggiare accanto alla sua grossa mano un biglietto stropicciato. Jacob lo prese e lo ripose in tasca senza leggerlo. Cenarono in silenzio e soltanto quando Jake fu sulla sua branda, solo e pronto a leggere un altro addio, aprì il biglietto.


“Scusami tanto, Jacob. Ma non posso.
Non posso restare, non posso rallentare, non posso fermarmi.
So che ti dovrei molte più spiegazioni di queste…..ma sento anche che capirai.
Buona sorte Jake.
Magari ci rincontreremo in una prossima vita, su una spiaggia al tramonto, e parleremo davvero come fosse soltanto oggi.

Jane ”





Ovviamente i due si sono persi di vista per molti anni....ma alla fine, in qualche modo che ancora non conosco si sono incontrati dinuovo. Si sono sposati e hanno vissuto felicemente.
   
 
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