Grazie per tutti i commenti che lasciate a
questa storia. Grazie anche a chi commenta in privato, e a chi resta nelle
retrovie e si limita a leggere.
So che molti di voi si chiedono cosa sia
successo al matrimonio di Camila e che fine abbia fatto Umberto. Queste
informazioni arriveranno al momento opportuno. Non posso anticiparvi nulla, ma
come al solito tutto avrà una spiegazione.
Buona lettura.
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Capitolo 10
Il lunedì di Davide
è simile a quelli delle settimane precedenti. Sveglia alle sette e mezza,
colazione in cucina con latte e biscotti (i suoi preferiti sono gli Abbracci
del Mulino Bianco, in particolare la metà al cioccolato), coccole a Bilbo prima
di uscire di casa, biblioteca dell’Università per studiare con i suoi amici.
Lo fa anche oggi,
nonostante svegliarsi sia più difficile del solito. Ha dormito poco e male,
Davide, e l’idea di mettere il naso fuori dalle coperte lo allieta ben poco.
Tuttavia non è
intenzionato a rimanere indietro con lo studio né, tantomeno, a farsi
condizionare da ciò che è accaduto la sera prima con Camila.
E’ una donna
sposata, più grande di lui, che gli ha chiaramente fatto capire che non è
interessata ad approfondire la sua conoscenza. Ha voluto ringraziarlo per la
gentilezza che Davide ha mostrato nei suoi confronti a Carovigno ed è per
questo che lo ha incontrato, punto.
E’ sposata.
Ha un marito.
Davide si ripete le
due frasi mentre inzuppa lentamente i biscotti nel latte caldo, mentre gioca
con Bilbo fino a farlo abbaiare per la contentezza, mentre si lava i denti e si
prepara ad uscire.
La temperatura è
bassa, ma per fortuna il sole riesce a riscaldarlo mentre sfreccia per le vie
della capitale sul suo scooter, l’unico mezzo di trasporto che utilizza durante
la settimana.
Una volta arrivato
di fronte all’edificio della biblioteca, è sorpreso di trovare (proprio nel
posto che sceglie ogni giorno per parcheggiare) Alessia ad aspettarlo.
“Ehi,” è tutto ciò che le dice, dopo aver tolto il casco ed
essere sceso dallo scooter.
“Ciao,” risponde lei. “Buon lunedì.” Gli si avvicina e gli dà un
bacio sulla guancia.
Lui pensa per un
attimo di scostarsi, ma alla fine cede e ricambia il gesto.
“Buon lunedì anche
a te,” dice Davide. “Come mai sei qui? Pensavo che studiassi a casa.”
“Che c’è, non posso
farti compagnia?” domanda la ragazza, sistemando una ciocca di capelli biondi
dietro l’orecchio.
“Certo che puoi
farmi compagnia.”
In realtà vorrebbe
evitare di cominciare la settimana in questo modo – con Alessia attaccata alla
giacca – ma non vuole dirle di andarsene. Non vuole essere brusco con lei, in
fondo Alessia non ha colpe. Ha solo pensato di fargli compagnia.
Dopo aver preso lo
zaino contenente i suoi libri dal vano sottosella, Davide si affianca ad
Alessia. Lei pensa che lui voglia prenderle la mano, per cui allunga la sua in
anticipo.
Davide, ancora una
volta, non intende essere brusco, per cui intreccia le dita ancora coperte da
un guanto a quelle della sua amica.
“Che hai fatto
ieri?” chiede lei, facendo dondolare le mani unite. “Non ti sei fatto sentire
per niente…” aggiunge, rattristata.
“Sono stato a casa,” dice lui, scrollando le spalle. “Ho dormito, ho passato
un po’ di tempo con mia sorella. Il solito.”
Non vuole inventare
bugie, ma sa che non può dirle la verità. Non può raccontarle di essersi visto
con Camila nel giardino del loro palazzo.
“Tu cos’hai fatto?”
chiede.
Alessia non
aspettava altro che lui si interessasse alla sua domenica. Gli racconta degli
appunti ricopiati e studiati, del pranzo preparato con Ida (“Abbiamo fatto la
pasta al pomodoro e poi l’abbiamo passata nel forno dopo aver aggiunto le
sottilette: era buonissima!”), del pisolino pomeridiano, e degli altri appunti
studiati e ricopiati.
“Pensavo che non
volessi sentirmi,” dice alla fine, prima di entrare in
biblioteca. “Per questo non ti ho chiamato.”
Indossa un paio di
jeans scuri e un paio di scarpe con tacco alto, che le consentono di arrivare
quasi a Davide. Indossa anche un giubbotto bianco perlato, con una cintura
stretta in vita. La zip del giubbotto è aperta a metà,
così come i bottoni della camicia rosa che spunta appena.
Ad Alessia piace
mettere in mostra il proprio seno, e a Davide piace il seno di lei.
“Perché non dovrei
volerti sentire?” chiede lui, osservando la piega dello scollo muoversi grazie
al respiro della ragazza.
“Non lo so…” dice
lei a bassa voce. Compie un passo nella sua direzione, arrivando a sfiorare il suo
naso con quello di lui. “Mi sei mancato,” dice.
Il profumo che
indossa è dolce, molto dolce. Sa di biscotto, di cioccolato, di vaniglia. Davide
ne viene attratto immediatamente, come se fosse una calamita.
E un po’ perché
Alessia sa come stuzzicarlo, un po’ perché gli sembra un bel modo per iniziare
la giornata, un po’ per evitare di pensare ancora a Camila, le cinge la vita
con un braccio e la bacia.
Con passione, senza
freno. Lo fa nonostante Alessia abbia sulle labbra uno strato di lucidalabbra
(Davide non è un fan delle labbra truccate). Alessia si scalda subito. Si
avvicina ancora di più, gli accarezza i capelli biondi. E’ appassionata come
lui, se non di più.
Molti studenti
passano loro accanto, ma a nessuno dei due importa.
Continuano a
baciarsi fino a che Davide non sente il tonfo del suo zaino caduto a terra e si
stacca dalle labbra di lei.
“Andiamo a
studiare?” le chiede, dopo averlo raccolto dal marciapiede.
“Ok,” risponde Alessia, prendendo di nuovo la sua mano.
Davide non è uno
stupido. Sa che Alessia ha una visione del loro rapporto molto diversa rispetto
a quella che ha lui.
Lei pensa di aver
trovato un fidanzato. Lui non è intenzionato ad essere il suo fidanzato.
Lei spera che dal
sesso possa nascere altro. Lui non sente per Alessia alcun sentimento profondo.
Davide è anche un
ragazzo, però. Un ragazzo che ama divertirsi, che non riesce a dire no ad un
bel corpo, a due belle gambe che sanno avvinghiarsi al momento giusto attorno
ai suoi fianchi, ad una bella bocca, ad un meraviglioso e rigoglioso decolleté.
Per questo (anche
per questo) non gli importa che Alessia si consideri la sua quasi-ragazza.
Per questo non si
oppone quando lei gli chiede di studiare insieme.
Lo fanno fino
all’ora di pranzo, quando vengono raggiunti da Ida e da alcuni amici di Davide;
decidono insieme di mangiare un panino al bar della biblioteca. Alessia siede
accanto a Ida, e Davide ne è contento: dopo tutte le ore passate con lei ha
bisogno di una pausa
Ripensa a Camila
mentre addenta il suo panino con pomodori e cotoletta.
Sta lavorando, adesso? Sta pranzando? Ha da
mangiare?
L’ultima domanda è la più stupida, si dice. Certo che ha da mangiare, non è più la ragazzina di diciassette anni
fa.
E’ adulta, adesso, e sa badare a se stessa.
E’ perfino sposata. E quindi inarrivabile. Impossibile. Off limits.
Tale consapevolezza
suscita in lui un’ondata di fastidio, di nervosismo.
A fine pasto, è Davide
ad avvicinarsi ad Alessia e a baciarla. Lei risponde subito, ovviamente, e non
dice di no quando Davide le chiede di appartarsi in una delle aule studio
vuote.
***
Davide, Alessia e i
rispettivi amici restano in biblioteca fino alle quattro del pomeriggio. Piace
a tutti divertirsi, ma quando si tratta di studiare Davide diventa un vero e
proprio secchione. Non vede l’ora di laurearsi e per questo lavora sodo sui
libri, in visione della preparazione della tesi.
Quando offre ad
Alessia un passaggio a casa, la ragazza non rifiuta. Davide ha sempre un casco
in più nel vano sottosella, e lei lo indossa immediatamente.
Si aggrappa a lui
più del necessario, sentendosi felice al pensiero di rimanere con Davide ancora
per un po’.
Il ragazzo frena
sotto casa di Alessia mezzora dopo. Il sole è ormai tramontato, e il freddo è
pungente.
“Ti va di salire?”
chiede lei, passandogli il casco. “Puoi cenare qui, se vuoi.”
“No, Ale. Meglio di
no. Devo tornare a casa, ho un impegno con i miei.”
Non ha nessun
impegno. La verità è che non vuole rischiare di ritrovarsi nella stessa casa
con Camila. Non è ancora pronto a rivederla.
“Va bene,” risponde Alessia, imbronciata. Si avvicina per dargli un
bacio sulla guancia, un bacio che lui trasforma subito in un bacio sulle
labbra. Il lucidalabbra è completamente andato via, fortunatamente per lui. “Ci
vediamo domani?”
“D’accordo,” risponde Davide. “Alla biblioteca alle 10?”
“Perfetto. A
domani, allora.”
Davide mette piede
in casa alle cinque e mezzo, stanco e infreddolito.
Bilbo gli fa le
feste e saltella fra i suoi piedi mentre cerca di attraversare il corridoio.
“Sono tornato!
Mamma? Priscilla?”
“Siamo qui!”
risponde sua sorella.
Le raggiunge in
cucina, dove le due donne sono intente a decorare una torta.
“Non toccare,” dice Priscilla. “E’ per questa sera, abbiamo ospiti.”
“Ugh,” mugugna lui, notando tutti i fornelli occupati da pentole
e padelle. “Chi sono?”
“Giancarlo ha
invitato un vecchio amico e sua moglie,” risponde
Simona, sua madre. “E me l’ha detto solo oggi a pranzo! Ho dovuto preparare
tutto in fretta e furia, e tua sorella è tornata solo poco fa dall’ospedale per
darmi una mano.”
Priscilla svolge il
tirocinio come chirurgo pediatrico presso il San Camillo, un importante
ospedale di Roma.
“Non possiamo
andare al ristorante?” chiede Davide, prendendo una manciata di scaglie di
mandorle prima che Priscilla riesca ad impedirglielo.
“No,” risponde sua madre. “Non possiamo. Qualche anno fa siamo
andati a cena da loro, e la signora Giovanna,” dice,
sottolineando il nome con sarcasmo, “ha preparato un menu degno del Re Sole.
Non voglio che pensino che non sono in grado di stare
ai fornelli.”
“Ma è vero,” ribatte il ragazzo. “Tu non sei in grado di stare ai
fornelli.”
Priscilla e Simona
si voltano verso di lui nello stesso momento. Sua sorella sussurra un ‘Smettila, idiota’, mentre Simona gli lancia un’occhiata di
fuoco.
“Non voglio
offenderti, mamma,” rimedia lui, “ma quando si tratta
di cucinare per tante persone vai sempre in crisi.” Ignora le mandorle e le va
accanto. Le dà un bacio e l’abbraccia. “Posso aiutarti in qualche modo, mammina?”
“Sparisci,” dice lei, dandogli una leggera sculacciata. “E tieni
l’orecchio teso per il campanello. Sto aspettando una persona.”
“Chi?”
“La nuova donna
delle pulizie,” dice, sollevando un coperchio per
girare il sugo di pesce.
“Mamma pensa che si
chiami Camila, con una L,” interviene Priscilla.
“Dille anche tu che sbaglia.”
“Come? Camila?” Davide saltella
con lo sguardo fra le due donne.
“Sì,” risponde Simona. “E non ho capito male,”
dice a Priscilla. “Si chiama davvero così.”
Quante donne delle pulizie esistono a Roma
con il nome Camila? si chiede Davide. Poche,
pochissime.
Può essere davvero lei? C’è solo un modo per
scoprirlo.
“Beh, se non avete
bisogno di me vado in camera mia,” dice,
indietreggiando verso la porta.
“Va bene, va bene,” risponde sua madre. “Cerca di tenere a bada Bilbo, però:
oggi è più agitato del solito.”
“Sei agitato, eh?”
chiede al cane mentre salgono le scale. “Siamo in due.”
Dal momento che
Bilbo non può entrare in camera da letto e Davide non intende farsi vedere in
casa se
Il citofono suona
poco prima delle sette, quando Davide ha perso ormai la sensibilità delle gambe
e delle natiche.
Bilbo scappa di
sotto, come al solito quando sente il citofono, e sua sorella va a rispondere. La sente dire: “Oh, sì. E’ mia madre. Salga all’ultimo piano, le apro,” e il cuore inizia a battergli in maniera strana, veloce.
Vorrebbe che si trattasse della sua Camila, della ragazza di Carovigno, ma allo stesso tempo sa che
se così fosse, sarebbe letteralmente spacciato.
Davide sente sua sorella richiamare Bilbo all’ordine e poi
presentarsi. “Ciao, io sono Priscilla.”
Tende l’orecchio e la sente. La sua voce. La voce di Camila.
Si presenta anche lei. Priscilla le chiede il solito chiarimento
sul nome, e Camila le dà la solita risposta. La stessa risposta che diede anche
a lui quando era solo un bambino che giocava a pallone in un campetto di
calcio.
Chissà se Camila ha capito. Chissà se ha
collegato il nome di mia sorella a me.
Priscilla invita
Camila a seguirla verso il salone e chiama sua madre, che sfreccia dalla cucina
per accogliere l’ospite.
Per una decina di
secondi Davide non sente alcuna voce, ma poi quella di Priscilla lo fa piombare
nella semi-disperazione. “Quello è mio fratello, Davide.”
Deve aver visto la foto che la mamma ha
scattato quel giorno, dopo la partita in cui ho segnato il mio primo gol. Ha capito.
Ha capito che sono io.
“Adesso però è
cresciuto,” dice Simona. “Vieni, Camila. Accomodati.”
Alcune sedie
vengono spostate, Bilbo continua ad abbaiare.
“Bilbo, calmati,” dice Priscilla. “Scusalo, Camila; fa sempre così quando
abbiamo ospiti.”
“Non c’è problema,” risponde Camila. “A me piacciono i cani. Posso
accarezzarlo?”
“Certo.”
Lo sta accarezzando, pensa lui. Sta accarezzando il mio cane.
“E’ molto carino,” dice Camila.
Davide non può
vederla e può a malapena sentirla, ma sa che sta sorridendo. Immagina le sue
labbra piene curvarsi verso l’alto, e all’improvviso il nervosismo che l’ha
accompagnato per tutto il giorno svanisce.
Perché sei sposata? Perché te ne sei andata
da Carovigno? Perché non posso frequentarti come vorrei?
“Bilbo è un gran
furfante,” dice Simona. “E un gran giocherellone. Proprio
per questo sarebbe il caso che ci lasciasse da sole per un attimo, in modo da
farci fare quattro chiacchiere. Davide, scendi?! Perché non vieni a prendere Bilbo?”
Oh. Cavolo.
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Il prossimo capitolo sarà molto interessante.