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Autore: Snafu    09/02/2011    6 recensioni
Autore: moi, Cath
Pairing: MarkxJason (in misura molto minore HowardxJason) {so che il pairing non è dei più quotati, ma mi è presa così... ihih}
Desclaimers: allora TUTTO, ma proprio TUTTO quello che leggete qui è frutto della mia fantasia, ok? Lamentablemente, niente di questo è successo e probabilmente mai succederà. Ad ogni modo devo scriverlo, quindi ecco qui la mia ammissione. I pensieri narrati in prima persona con il nome di Jason sono MIEI. :) Il titolo ovviamente è una canzone dei mitici Take That e non vanto nessun tipo di diritto su ciò.
Note1: come ormai sa chi mi conosce in quest'ambiente, ricordatevi che ogni capitolo potrebbe essere l'ultimo, perché se perdo l'ispirazione mollo la fiction lì e non la piglio più ahah
Note2: questa FF ha anche una locandina (non so qui come si fa ad hostarle, comunque la trovate sul mio LiveJournal, nome la_cath), e spero che avrò magari tempo per tradurla in inglese e magari anche in spagnolo. Sintesi della storia: Jason inizia a frequentare Howard, ma poi ci si metterà di mezzo una piccola testa bionda e magari ci sarà un po' d'amore ihih
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Relight my Fire'
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Se quello doveva essere un esperimento devo dire che riuscì bene.
Non credevo, che l'avrei mai detto di un uomo, anzi probabilmente mi sarei spaccato la faccia da solo con un cazzotto prima di ammetterlo ad alta voce, ma Howard, con la sua prestanza fisica e i suoi modi contrariamente all'apparenza dolcissimi, era un amante perfetto.
Fu probabilmente per questo che divenne la mia cavia da laboratorio.
Non mi piace parlare in questo modo di lui, ma non c'era niente tra noi, ne un vincolo di sentimento, ne di partner. Per quanto mi riguardava eravamo una coppia aperta. C'era un tacito accordo tra me e Howard: si trattava di rapporti per lo più occasionali, solo per svoltare la serata. Poteva capitare una volta a settimana e poi non più per un bel po'.
Ad ogni modo, devo ammettere che durante il periodo della nostra relazione sessuale, non ebbi rapporti con nessuna donna (a differenza sua). Ero così preso dalle mie scoperte che, in pratica, avevo occhi solo per lui.
Se provavamo o giravamo i videoclip capitava che mi fermavo a guardarlo con ammirazione e quando ballava, studiavo il suo corpo, i suoi movimenti.
La mia preoccupazione più grande era fare sì che la cosa non trapelasse troppo agli occhi degli altri.
Quando ci facevano vedere i replay dei pezzi ballati mi rendevo conto che sembravo uno zombie travestito da ventenne, con la faccia da pervertito.
«No, dai, fermi per cortesia» si interruppe Gary, mentre ci riprendevano per non ricordo neanche quale video, alzando le mani al cielo.
Sussultai. Era colpa mia. Era colpa mia! Mannaggia lo sapevo che non dovevo farmi coinvolgere in questa cosa! Lo sapevo, lo sapevo! Adesso l'avrebbero saputo tutti. TUTTI. Howard mi avrebbe ucciso e, nel caso fossi riuscito a sopravvivere, avrei finito i miei giorni in un ospedale di cura psichiatrica, isolato dal mondo sociale, dalla musica, dalle donne e soprattutto dagli uomini.
«Oh, mamma mia, Mark» lo rimproverò l'altro biondo con un'aria veramente arrabbiata, stanca, stufa ed io, per quanto dispiaciuto per lui, sentii un peso volare via e mi rilassai.
«Che c'è stavolta?» chiese il ragazzino soffiando sui ciuffi che aveva davanti agli occhi
«Non è un film porno ne uno spettacolo di lap dance, ok? E' il videoclip di una nostra canzone, cerca di ricordartelo» ci guardammo tutti tra di noi, un po' esterrefatti. Eravamo tutti stanchi, ma Gary stava davvero dando in escandescenze.
«Beh, e allora?» scandì bene il piccolo biondo. A Mark non piaceva litigare, era una persona generalmente tranquilla, e non gli piaceva neanche schierarsi da una parte o dall'altra. Di solito, tra l'altro, lui e Gary andavano sempre d'amore e d'accordo. L'unico particolare da sottolineare era che Mark detestava essere mortificato davanti a tutti, la cosa lo faceva sentire davvero una schifezza, e quando questo succedeva poteva avere delle terribili crisi isteriche. Ad esempio iniziava a strillare addosso alla gente, non si conteneva assolutamente ed sparava cose di ogni genere. Per fortuna non fu quello il caso.
«Smetti di toccarti in continuazione mentre balli e di ammiccare a Jason.» Che diamine c'entravo io ora? L'essere tirato in ballo mi mise di nuovo in agitazione. Non potevo avere pace, evidentemente. «Dovrebbero eccitarsi le ragazze a guardarti, non i ragazzi» Mark divenne improvvisamente rigido come un pezzo di legno, ma del colore di un peperone.
«Visto che sei tanto bravo, fammi vedere tu come si fa!» strillò irritato, pestando i piedi sul palco. Gary sbatté il palmo della mano in mezzo alle sopracciglia, facendo scendere prima due dita sugli occhi, stropicciandoli, poi sulle labbra. Infine si sfiorò il mento con una certa disperazione.
«Sentite perché non facciamo una bella pausa?» propose Howard, tirandosi indietro la testa ricciola «Devo fare pipì» ammise
«Strano...» pensai tra me e me. Avrei dovuto parlarne con lui, forse doveva fare un controllino.
Il regista acconsentì. Howard e Gary si allontanarono e rimanemmo io, Mark e Robbie. Bevemmo e poi ci sedemmo per terra.
«Jay, sei tu il ballerino tra noi, facevo davvero tanto schifo?» chiese Mark, guardandomi con aspettativa
«A dire la verità, Markie, non ti stavo guardando» risposi, per togliermi da quell'impiccio
«Guardava la telecamera» spiegò Robbie «infatti ha rischiato di inciampare una o due volte» non era vero, ma capii che l'aveva detto solo per tirare un po' su l'altro quindi tacqui «dai visto che siamo qui insegna due passi a Mark, Jay» mi invitò «così Gary si placa, finiamo e andiamo a mangiare. Sto morendo di fame» non ne avevo neanche un lontano, remoto, infinitesimale briciolo di voglia, ma Mark era già in piedi che mi guardava con due occhi adoranti (di solito indossava quell'espressione quando camminava tra le fan e questo le faceva urlare. Parecchio. Il fatto che stesse usando la stessa tecnica con me mi fece rabbrividire).
«Ok» annuii «fammi un po' vedere, mi date due secondi di musica per piacere?» chiesi alla regia, accompagnandomi con un gesto della mano che faceva molto «Hey, guarda come sono fico» e Mark improvvisò due o tre passi. Ballava con gli occhi chiusi. Non era il miglior ballerino del mondo (quello ero io muahahah), ma non faceva neanche poi così pena. Cioè in effetti, ad essere sinceri, c'era uno strano sculettamento nel movimento dei suoi fianchi, qualcosa che avrebbe potuto mandare all'altro mondo centinaia di migliaia di neuroni.
La parte più sconvolgente del suo modo di muoversi era la virilità che scaturiva da quelle movenze così femminili: le mani tra i capelli, il corpo esile, le braccia che ondeggiavano, le ginocchia che si piegavano e distendevano, le dita ossute e minute che sembravano tessere un arazzo, muovendosi a tempo di musica.
Deglutii. Credo che Robbie si accorse del mio disagio, Mark per fortuna neanche lontanamente.
Cominciai a ballare accanto a lui, fino a che non iniziò una specie di competizione tra di noi. Avanti, dietro, destra, sinistra. Al terzo giro capì il ritmo e l'ordine dei passi e lo invertì, così la nostra danza sembrò un incastro perfetto di movenze.
«Dai ragazzi ricomponetevi che arriva Gary. Niente sbaciucchiamenti, scene omosessuali, lap dance, porno. Lo sapete, è un puritano» disse Robbie, battendo le mani e Gary lo bruciò vivo con un solo sguardo (se quello fosse realmente successo sarei andato a raccogliere le sue ceneri con una scopetta e le avrei messe in un posto sicuro, dove le sue fan non avrebbero potuto profanarle o cercare di sniffarle). Howard si stava ancora agganciando i pantaloni.
«Ok, ragazzi siamo pronti?» chiesero dalla regia
«Sì» gridammo in coro. Gary mise le mani sulle spalle di Mark e gli disse:
«Adesso concentriamoci e basta con la versione censurata di Dirty Dancing, ok?» Mark sbuffò. Si liberò della sua presa e si allontanò, mettendosi dalla parte opposta, cioè a pochi passi da me, con un musetto imbronciato.
«Mark, Jason?» chiese il coreografo «ce la fate nello stacco tra il secondo e il terzo refrain a rifarmi quei passi di prima? Eravate fichissimi!»
«Davvero?» chiese Mark con gli occhi pieni di luce ed io gli tirai una gomitata «Che ho detto?» chiese offeso, massaggiandosi la parte lesa «Beh, hai sentito Gary? Evidentemente il coreografo non la pensa come te» che linguaccia da serpe che aveva. Lo riportai alla sua naturale compostezza dandogli un pizzicotto sulla guancia.
«Certo» risposi all'uomo.
M.a.m.m.a.M.i.a.
Mark non si accontentò dei nostri quattro passi messi in fila che, ad ogni modo, fecero esaltare il coreografo ancora di più. Ci mise del suo e ricominciò ad ammiccare, passandosi le mani su tutte le linee del corpo, si morse il labbro e chiuse gli occhi, gettando la testa all'indietro in un movimento di capelli che lo fece sembrare un leone.
Il ventilatore (che era lì solo per lui visto che noi altri avevano quattro peli in testa) lo faceva sembrare una modella selvaggia. Un'odalisca.
Andò avanti così per un altro abbondante quarto d'ora, infatti ballai da schifo (anche peggio della versione zombie di poco prima) solo per non voler smettere di guardarlo.
Da Howard a Mark. Complimenti Jay. Adesso che ti succede? Ti piacciono gli uomini? Fantastico. Altro giro, altra corsa? Chi sarà il prossimo? Partono le scommesse, 10 sterline su Robbie.
Quando finalmente fu ora di tornare in albergo, mi sentii stranamente sollevato, ma la cosa mi lasciò scombussolato tutto il tempo. In macchina non feci altro che pensare al motivo per cui quella maledetta sera mi ero posto la curiosità di come sarebbe stato fare sesso con un uomo.
Adesso vedevo solo uomini intorno a me. Non mi sentivo omosessuale al cento per cento, però, insomma, fino a che era Howard, era un conto, ma adesso anche Mark? Era ovvio che dopo aver fatto sesso con Howard qualcosa nella mia concezione sarebbe mutato, che si trattasse di Howard, Mark o di chiunque altro, ma non credevo che il cambiamento sarebbe stato così radicale.
«A che pensi, Jay?» chiese Mark con la sua vocina perforante
«A niente» risposi con un tono abbastanza convincente, anche se ovviamente non la bevve «sono solo un po' stanco»
«Già, anche io non vedo l'ora di andare a letto» Mark non dire così, ti prego, o queste dichiarazioni miste al tuo balletto sexy di prima potrebbero farmi urgere una visita al bagno, sperando che non lo occupi prima Howard, come di solito succede.
Fu così per tutta la settimana successiva.
Mi sembrava di vedere Mark dappertutto. Beh, in realtà c'era. Mark, in un modo o nell'altro, era sempre vicino a me. Quando cantavamo, ballavamo, mangiavamo, lui era sempre lì intorno. Non avevo mai notato così tanto la sua presenza. Eppure Mark c'era sempre stato. Del resto, lavoravamo insieme!
Ma era una mia impressione o mi parlava più spesso di quanto ricordassi? Era come se Gary fosse evaporato. Non c'era sempre quella presenza, in mezzo. Questa era un'esagerazione, ad ogni modo, se avessi voluto allargare la mia amicizia con Mark avrei potuto farlo in qualsiasi momento.
Forse il fatto di lavorare con quattro uomini iniziava ad essere un male per me.
Forse avrei dovuto cambiare mestiere, avrei dovuto fare l'attore, o lo spogliarellista.
Una sera, mentre mi facevo il bagno e Howard si faceva la barba, o meglio la foresta, mi punzecchiò:
«Immaginati se adesso ti vedesse Markie»
«Markie?» ripetei, immergendo la testa nell'acqua e ritornando subito a galla
«Sì, Markie» disse di nuovo
«Che c'entra Markie?» farfugliai, scoppiando le bolle di sapone
«Ma dai» rise «ti ronza intorno come un'ape col fiore»
«Puoi usare un altro termine di paragone per cortesia?» lo pregai, sfregandomi i piedi l'uno con l'altro
«Cioè, a tavola fa carte false per stare seduto accanto a te» non lo avevo notato «quando balliamo, nei videoclip o in giro, si scatena sempre come una ragazzina, quando cantiamo prende sempre il microfono accanto al tuo» non potevo fare finta di non essermi accorto di niente, ma allo stesso tempo non ci vedevo niente di male in quello che faceva. Mark aveva un carattere forse un po' infantile, ma abbastanza solare, estroverso, estremamente chiacchierone. Per questo non davo peso alle sue invasioni di campo. D'altro canto, visto lo scombussolamento che stavo vivendo, avevo vissuto quell'improvviso avvicinamento come una semplice conseguenza dei miei pensieri. Insomma, può capitare no, che una persona sia sempre stata intorno a te, ma che solo quando inizia a piacerti, ti rendi conto della sua presenza in modo più effettivo, forse perché la desideri. Quando inizia a piacerti? Basta bagni caldi, Jason. D'ora in avanti solo docce fredde.
«Beh, il corteggiamento è un'arte» proseguì Howard
«Ma quale corteggiamento? Per forza deve fare comunella con qualcun altro, visto come lo bistratta Gary?»
«E secondo te perché Gary lo bistratta?» mi fece l'occhiolino ed io mi chiesi, ancora una volta, perché finissi sempre a parlare di queste cose con Howard
«Secondo me la notte ti sogna» rise
«Non è divertente Howard»
«Non ho mai detto che lo sia»
«Stai esagerando come al solito, non è vero?» scossi la testa, soffiandogli addosso del sapone e lui fece spallucce. Allora aggiunsi qualcosa che sapevo l'avrebbe fatto imbestialire: «Non sarai mica geloso?» il ragazzone mi minacciò dapprima con la lametta, poi si avvicinò e mi tenne con la testa sott'acqua per una quantità indefinita di tempo e quando riemersi mi intimò di non pensarla neanche mai più una cosa del genere. Testuali parole:
«Patti chiari, amicizia lunga».

Poi qualche sera dopo successe l'irreparabile.
Eravamo da poco tornati da una serata, mi sentivo stranamente eccitato. Non so dire se fosse per Howard, Mark o le cubiste. Magari stavolta c'entravano Gary o Robbie. Ormai non mi stupivo più di niente. Certo, Mark come al solito aveva ballato in un modo indecentemente provocante: non arrivava mai a sfiorarmi o indirizzarmi direttamente i suoi sguardi, le sue movenze, ma lo sentivo sempre così maledettamente vicino che era impossibile non accorgersene.
Non fu affatto carino quello che feci quella sera, ma non c'era sentimento tra me ed Howard, quindi non c'era niente di sbagliato se pensavo a Mark che sculettava mentre avevo lui in mezzo alle gambe. A dire la verità non credo neanche che si sarebbe arrabbiato se gliel'avessi detto, e ad ogni modo non riuscii a pensare solo a Mark, perché la presenza di Howard era troppo forte in quella stanza, in quel letto, in quel momento.
Come la maggior parte delle volte, successe tutto abbastanza in fretta. Eravamo nel pieno dell'atto quando sentii la voce di Mark chiamarmi. Aprii gli occhi di scatto, avevo il batticuore, dovevo smetterla, smetterla subito con quegli intrighi di sesso o quella situazione mi avrebbe portato alla tomba. Forse avevo anche chiamato il suo nome. Me ne vergognai come un ladro.
Mark, in realtà, c'era davvero: era nel corridoio, stava correndo e visto che cercava proprio me, (per questo avevo sentito la sua voce chiamarmi) fece leva sulla porta della nostra stanza.
E quella maledettissima porta, come d'incanto, si aprì.
   
 
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