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Autore: Snafu    08/02/2011    3 recensioni
Autore: moi, Cath
Pairing: MarkxJason (in misura molto minore HowardxJason) {so che il pairing non è dei più quotati, ma mi è presa così... ihih}
Desclaimers: allora TUTTO, ma proprio TUTTO quello che leggete qui è frutto della mia fantasia, ok? Lamentablemente, niente di questo è successo e probabilmente mai succederà. Ad ogni modo devo scriverlo, quindi ecco qui la mia ammissione. I pensieri narrati in prima persona con il nome di Jason sono MIEI. :) Il titolo ovviamente è una canzone dei mitici Take That e non vanto nessun tipo di diritto su ciò.
Note1: come ormai sa chi mi conosce in quest'ambiente, ricordatevi che ogni capitolo potrebbe essere l'ultimo, perché se perdo l'ispirazione mollo la fiction lì e non la piglio più ahah
Note2: questa FF ha anche una locandina (non so qui come si fa ad hostarle, comunque la trovate sul mio LiveJournal, nome la_cath), e spero che avrò magari tempo per tradurla in inglese e magari anche in spagnolo. Sintesi della storia: Jason inizia a frequentare Howard, ma poi ci si metterà di mezzo una piccola testa bionda e magari ci sarà un po' d'amore ihih
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Relight my Fire'
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Mi ero sempre considerato uno sperimentalista, in tutto quello che facevo.
Nel canto, nella danza, nel sesso alle volte. Questo non significava che io fossi sempre stato così: ero stato costretto a diventare così estroverso, se così si può dire. Costruire una maschera per proteggermi da quello che la gente vedeva di me si era reso necessario, solo che dopo un po' la maschera era diventata il vero me. Non che la cosa mi dispiacesse. Ero felice di quello che ero, anche se si trattava di un'immagine di falsità.
Riflettere sulla mia falsità era alquanto strano: in effetti io ero solo un piccolo tassello in un mondo di falsari e falsificatori e mi sentivo un po' come una banconota venuta male. Venuta così male, che ero pieno di donne ai miei piedi... e non solo donne.
Non avevo mai pensato a come sarebbe stato stare con un uomo, non dico innamorarsi, credo che amare un uomo o una donna sia lo stesso, alla fine. L'amore è un sentimento così monotono.
Parlavo del sesso.
Howard tossì. Mi chiesi perché avrei dovuto pensare a come sarebbe stato fare sesso con un uomo proprio la sera che dormivo in camera con Howard. La cosa era quasi inquietante.
Di noi cinque, riflettendoci, Howard era il genere di uomo a cui mi sarei concesso, non il solo, intendiamoci. Andando per esclusione, c'erano solo due uomini che avrei potuto desiderare.
Gary no. Non mi stava neanche troppo simpatico e non stuzzicava il mio appetito, no, assolutamente no. Robbie era troppo simile a me, aveva troppa mania di protagonismo: avremmo litigato dopo due secondi per decidere chi doveva stare sotto e chi sopra. Poi c'era Howard, bello, forte, se avessi dovuto sperimentare, sempre a proposito di sperimentalisti, cosa si prova ad essere sottomesso, lui sarebbe stata la persona più adatta, quella a cui l'avrei chiesto. Infine Markie, il piccolo, dolce, indifeso, Markie. Anche lui non era poi così diverso da me: quell'immagine così costruita, il ventenne che ride in ogni circostanza, con i capelli sempre in perfetto ordine, non un filo di barba e gli occhi di un cucciolo... ma credevo che ci fosse davvero qualche cosa di infantile sul fondo della sua coscienza. La cosa che mi intrigava più di Mark era la sua irraggiungibilità. Gary, per la verità, non si scrostava un attimo da lui, sembrava la sua balia.
Ad ogni modo pensieri erano e pensieri restavano. Non avevo intenzione di lasciarmi coinvolgere in qualche relazione omosessuale. Non fino a due secondi prima, ovviamente. Adesso la mia curiosità da maledetto sperimentalista mi stava divorando.
Howard si alzò dal letto, senza accendere la lampada sul comodino.
«Dove stai andando?» borbottai, sporgendo la testa fuori dalle coperte
«A fare pipì» rispose senza mezzi termini con il suo vocione. Non chiuse nemmeno la porta. Se ne stava lì con il coso in mano e sentivo distintamente lo scroscio della pipì nel water.
«Sei disgustoso, Howard, puoi chiudere la porta?»
«Non sei obbligato a guardarmi» brontolò, affacciandosi semplicemente reclinando un po' il busto all'indietro
«A sentirti, piuttosto» dissi, appoggiandomi su un gomito e premendo l'interruttore della lampada sul mio comodino
«Che fai ora accendi pure la luce?» chiese, in una risata profonda
«Per vederti meglio, bambino mio» gracchiai, imitando la nonna di Cappuccetto Rosso
«Se proprio vuoi vederlo meglio vieni qui» asserì, scherzando. Mi alzai dal letto e lo raggiunsi. Mi accostai a lui, tirando giù il pigiama ed i boxer. Visto che c'ero, tanto valeva unire l'utile al dilettevole.
«Howard, ma quanta cavolo di pipì ti scappava?» domandai esterrefatto
«Ma che ne so» bofonchiò «Credo di aver bevuto troppo stasera»
«Quando mai» risposi, finii di fare le mie cose e mi lavai le mani
«Senti, visto che hai finito, mi prenderesti le salviettine umide che ho in valigia?»
«Le salviettine umide? Non puoi usare la carta igienica come tutti gli uomini?»
«Ti ho chiesto una cortesia...» si lamentò come una vecchietta
«Questa tua meticolosità ti fa sembrare una donna, lo sai?»
«Lo dice anche mia madre» gli porsi le salviette e lui mi ringraziò con un cenno del capo. Mi rimisi a letto, seduto come un vecchio inglese di ottant'anni.
«Howard...» sussurrai piano, quasi sperando che non mi sentisse. Magari con il suo respiro cupo, la mia voce non gli sarebbe arrivata fino alle orecchie
«Jay...» mi fece eco con il mio nome. Mi morsi il labbro con il canino, volgendo lo sguardo alla luce gialla che si diffondeva sul muro
«Hai mai pensato a come sarebbe fare sesso con un uomo?» tirò lo sciacquone (tutto questo era davvero molto romantico, e forse era proprio il contesto informale a rendermi così sciolto) e si affacciò sulla porta, guardandomi con due occhi perplessi.
«Mi stai prendendo in giro, Jay? Sono le tre di notte, non mi va di parlare di sesso tra uomini, poi non riesco a prendere sonno»
«Voglio dire, qualche cosa di diverso dal solito...»
«Se voglio fare qualche cosa di diverso faccio una partita a Shangai con Mark, non penso a come sarebbe fare sesso con lui. Ad ogni modo se sei interessato a sperimentare, domani sera ti mando a dormire con Gary. Sono certo che lui ti ascolterà e ti asseconderà, magari farete qualche cosa a tre. Io dormirò tranquillo, Robbie si addormenta subito, è una meraviglia»
«Gary non mi ispira» ribattei. Lui era ancora impalato, appoggiato sullo stipite della porta
«Che sei, un poeta? Tu non hai di certo bisogno di ispirazione» rise fragorosamente, tanto che credetti avrebbe svegliato tutto l'albergo «Comunque, visto che stiamo qui a discorrere di argomenti seri solo perché a me scappava la pipì, chi ti interessa? Cercherò di mettere una buona parola»
«Tu» sibilai in un colpo solo e lui scoppiò di nuovo a ridere. Era bello sapere che i miei compagni avevano una così alta considerazione di me da non prendere minimamente sul serio quello che dicevo, anche se in effetti in quella circostanza era abbastanza normale.
Spense la luce del bagno e si avvicinò lentamente a me, sembrava che mi stesse puntando. Quel senso di appartenenza, quell'essere corteggiato, mi fece vacillare.
«Ragazzo, ma sai come fanno l'amore gli uomini?» rise, ad un palmo dalle mie labbra, piegandosi sulle ginocchia al lato del mio letto. Era così alto, anche in ginocchioni «beh, tranquillo, fino ad un certo punto lo so anch'io, funziona come con le donne, prima ci si bacia...» disse, avvicinandosi ancora di più, sporgendosi verso di me, mandando in frantumi quella che si suole chiamare la bolla d'aria. Ok. Mi sentivo abbastanza pronto, almeno per il bacio. Era un esperimento, dopo tutto. Baciare un uomo non deve essere poi così diverso: un condensarsi di umidità per un totale di quattro labbra, due lingue e due bocche. Chiusi gli occhi.
«Ragazzi dove siete?» chiese, drizzandosi in piedi. Riaprii gli occhi di scatto. Howard si era avvicinato all'armadio e l'aveva aperto, nutrendo chissà quale convinzione. Poi era andato alla porta della camera, aprendo anche quella.
«Che stai facendo, Howard?»
«Credevo...» balbettò, richiudendosi la porta alle spalle «credevo fosse uno scherzo» non mi guardò neanche, spense l'abat-jour e si mise a letto, nel suo, logicamente.
«Howard» sussurrai di nuovo
«Che c'è?»
«Sei arrabbiato con me?»
«Perché dovrei essere arrabbiato con te?»
«Perché ho cercato di baciarti»
«Tu non hai cercato di baciarmi, Jason. Io ho cercato di baciarti, o meglio, ho finto di cercare di baciarti. Possibile che a quest'età ancora debba insegnarti certe cose?» ok, aveva ragione lui, ma era una cosa che volevo. Dovevo prendermela oppure no? Al massimo avrei rimediato un bel cazzotto nel muso e mi avrebbero messo a dormire con Robbie: era un prezzo che potevo pagare per la mia sete di conoscenza. La prima cosa a cui pensai fu se togliermi la maglia del pigiama oppure no: avevo un discreto fisico, diciamo che il 70% del fascino che esercitavo era dovuto a quello, quindi togliersela poteva essere produttivo. D'altro canto ero pur sempre un uomo, e anche Howard lo era. Rendersi conto che non avevo le tette, o ancora peggio, che ero piatto come una tavola da surf, avrebbe potuto metterlo a disagio. Optai per lasciare la maglietta. Mi alzai dal letto in silenzio, ma mi sentì ugualmente.
«Jay, dove stai andando?» ringhiò, voltandosi, giusto il tempo di accorgersi che ero sopra di lui. Credo che sussultò, ma il corpo era così grande che assorbì il colpo al suo interno.
Cercai di evitare di guardarlo, visto che la cosa avrebbe solo aumentato l'imbarazzo, anche se percepii i suoi occhi tremare prima di chinarmi sulle sue labbra.
Rispose al bacio con una certa intensità, un trasporto che neanche mi aspettavo, ad ogni modo di certo era meglio di un cazzotto in un occhio. Sfiorai la sua barba sulle guance ruvide, il mento non minuto, la mandibola serrata, qualsiasi cosa che mi ricordasse quanto fosse virile.

E, insomma, devo dire che mi piacque.
   
 
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