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Autore: ele_lele    11/02/2011    3 recensioni
Sono passati tre anni dalla Battaglia di Hogwarts. Alcune guerre sono finite mentre altre devono ancora cominciare. Gli schieramenti vacillano, i pregiudizi cambiano, le alleanze crollano, le carte vengono scoperte, gli incantesimi volano e tutti combattono per qualcosa. Chi per salvare se stesso, chi per sollevare il nome del proprio casato, chi per non morire da codardo e chi per seppellire un sentimento nuovo, sconosciuto, che molti chiamano amore.
Hermione Granger imparerà a combattere per la prima volta la sua guerra in un campo di battaglia a lei inusuale: la vita di tutti i giorni.
Genere: Commedia, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Blood I

Ad Alice. Perché io sono perennemente in ritardo.
E a Gaia. Che continua a essere una delle mie migliori amiche anche oltreoceano.






Capitolo I

"Everybody is a book of blood;

wherever we're opened, we're red."

 

 

 

La prima  di cui si accorse fu che qualcosa di viscido e caldo gli scorreva addosso.
Gli occhi chiusi, il vento freddo sul collo e la barba incolta di due giorni sporca di terra a contatto col terreno umido della notte.

I lampioni gettavano bagliori lugubri e irreali sugli alberi del parco e le ombre si allungavano a dismisura perdendosi nell'oscurità che sembrava incombere tutt'intorno come una mareggiata invernale sulla spiaggia grigia e fredda.

Provò a muovere un braccio senza riuscirci, maledicendosi per l'esclamazione di puro dolore che era uscita dalla sue labbra non appena aveva tentato di combattere l'intorpidimento che lo stava cogliendo e il gelo che sembrava penetrargli inevitabilmente nelle ossa, stordendolo e facendogli perdere la cognizione del tempo.

Quanti minuti erano passati da quando era stato attaccato? Quante volte aveva tentato, invano, di muoversi? Quanti incantesimi non verbali aveva provato? Troppi.
Infiniti, si disse, sconfortato e pronto ad arrendersi.

Socchiuse la palpebra destra, sentendo un fruscio d'ali di un germano reale che planava a terra e l'ignorava, incurante, procedendo altezzoso verso la sua meta.

Sopra di lui, la statua di Peter Pan del Kensington Garden (1) , lo guardava immobile, senza battere ciglio, senza neppure provare un briciolo di compassione per un essere che, come lui, non apparteneva al mondo dei non-maghi.
Babbani. Mezzosangue. Sanguesporco.
Chiuse nuovamente gli occhi, sentendosi a disagio. Qualcosa si muoveva sul suo collo. Strusciava lento, i suoi movimenti erano sinuosi e affascinanti. Letali.
Si allungava su di lui, senza che riuscisse a capire se si muoveva dalle scapole alla nuca o viceversa.
Sperò con tutto se stesso che l'animale non fosse letale.
Quando si accorse della vera natura di quel movimento per poco non si trovò a rimpiangere un morso velenoso e rapido.
Quella cosa che si stava muovendo su di lui, apparteneva alla sua natura, ma non per questo gli sarebbe stata meno fatale.
Immobile com'era, impossibilitato a chiedere aiuto o anche solo a reagire, si limitò a contare i battiti del cuore.
Quelli che rimanevano.
L'odore fu la prima cosa che percepì: forte, nauseabondo. Ferroso.
Non ci fu bisogno di aprire gli occhi e strizzarli nell'oscurità della notte per indovinarne il colore.
Rosso, e non blu come si ostinava a credere.
Rosso, puro come l'oro. O come gemme di rubino che brillavano incastonate nell’elsa della spada di Godric Gryffindor.
Rosso, a rappresentare il pericolo che ogni goccia che perdeva rappresentava una possibilità in meno di potersi alzare nuovamente.
Rosso come l'amore che forse non avrebbe mai provato.
Rosso come il colore che aveva imparato a disprezzare, come quelle divise che rappresentavano la sua nemesi.
Rosso come le labbra dopo i baci, come le ciliege tentatrici, come le rose che non aveva mai inviato a nessuna donna.
Rosso come il suo sangue purissimo che scorreva lungo il collo pallido, sempre più giù, fino a toccare il terreno e a mischiarsi con esso.
Sangue e fango.
Mudblood
.(2)
Come le mani delicate che un attimo dopo che aveva perso conoscenza si posarono sulla sua fronte.

 

                                                                                    *** 

 

Che solamente i maghi maggiorenni potessero accedere al complicato e altrettanto temuto esame di materializzazione(3) era una cosa comprensibile: una scarsa concentrazione poteva provocare spiacevoli conseguenze come “dimenticare una parte di sé in giro per il mondo”. Letteralmente.

A Hogwarts, l’istruttore inviato dal Ministero della Magia per tenere un apposito corso in vista dell’imminente esame, già al primo incontro con la mandria di ragazzi della scuola di magia e stregoneria, aveva tenuto a precisare, per chiunque non ne fosse già a conoscenza, ovvero per tutti coloro che non erano dei Purosangue, che persino i maghi più capaci preferiscono, quando possibile, ricorrere ad altri mezzi di trasposto, come manici di scopa, tappeti volanti e la tanto in voga all’epoca come allora, Metro Polvere.

Che lo Spaccamento non fosse poi una cosa campata in aria, inventata da quei burloni del Ministero solo per spaventarli l’avevano notato tutti quando, la Tassorosso Susan Bones si era Spaccata, lasciando indietro la sua gamba, a circa un metro e mezzo da sé.

Lo stesso Ronald Weasley, detto bonariamente (ma non troppo) The King, lo aveva sperimentato sulla sua stessa pelle quando all’esame di materializzazione si era giocato la licenza per essersi lasciato indietro mezzo sopracciglio.
Che il funzionario del ministero giunto al sesto anno li ritenesse incapaci di superare la prova era stato abbastanza chiaro quando aveva accennato alla materializzazione congiunta solo un paio di volte, toccando appena l’argomento e lasciandolo cadere subito dopo.

Già sarebbe stata una bella prova riuscire a materializzarsi senza dimenticare in giro per il castello parti del proprio corpo, dai capelli unticci e flosci di Tracey Davis, ai denti bianchissimi e perfetti di Lisa Turpin, alle leggendarie pustole di Eloise Midgen.

Quando Hermione Granger, ex Grifondoro, studentessa perfetta che annoverava nel suo curriculum non solo il titolo di Prefetto ma anche il più ben prestigioso di Caposcuola della sua Casa, decise di operare una smaterializzazione congiunta sapeva di non avere alternative.
Aveva deciso in un istante e non aveva avuto il tempo di rifletterci su tanto quanto avrebbe voluto.
Perché era proprio il tempo il fattore chiave per decidere della vita o della morte di una persona. Ed era esattamente il tempo, l’unica cosa che non aveva.

Un ragazzo della sua stessa età era accasciato a terra, il volto tra l’erba umida e la camicia un tempo immacolata era sporca di sudore, terra e sangue.
Macchie scarlatte si propagavano sul tessuto candido dell’indumento e sulla pelle del collo altrettanto pallida.
I capelli di un biondo chiarissimo, rispecchiavano il colore tenue della luna che si divertiva a creare contrasti di chiaroscuro da gettare tutt’intorno alla figura a terra.

L’umidità pareva una spada di Damocle (4) pronta a recidere in un sol colpo l’arteria pulsante del collo, rendendo l’oscurità piena di vita. Londra di notte non le era mai sembrata così silenziosa e, al tempo stesso, come per un ridicolo paradosso, così rumorosa.

Il tessuto duro dei jeans le avvolgeva le gambe facendole sentire freddo. L’aria estiva era decisamente finita da un pezzo constatò, con un pizzico di nostalgia per quello che si stava lasciando alle spalle, mentre si piegava e appoggiava le ginocchia al terreno sporco, macchiando i propri pantaloni di verde, marrone e rosso. Erba, fango e sangue.

Afferrò come meglio poteva il corpo inerte che si era trovata davanti, immaginando già i borbottii di Harry e le occhiate di Ginny, tirò fuori dai jeans stretti la bacchetta, non con poca difficoltà, e cercando di tenere a mente sia il posto dove avrebbe voluto materializzarsi col suo incosciente accompagnatore, sia di non farsi notare dalla coppietta di Babbani che era appena spuntata da un cespuglio poco lontano e si era appiattita su una panchina poco distante da loro in cerca di intimità, si smaterializzò mormorando tra se e se le celeberrime tre D: Destinazione, Determinazione, Decisione.

Fu questione di un attimo, e con un POP due figure erano sparite, inghiottite dal buio e dalle ombre che ora sembravano volersi allungare sui due fidanzatini che, avvinghiati, si lasciavano sfuggire di tanto in tanto mugolii e gridolini.
Sebbene Ronald Weasley, the King, non fosse mai stato particolarmente sveglio, una cosa era certa: grazie al lavoro operato dalla sua dolce metà,
LavLav, anche lui avrebbe potuto dire che tali mugolii e gridolini poco avevano a che fare col dolore e con lo spavento.

 

                                                                              ***

 

Le luci erano la prima cosa che le fece capire che erano giunti nel posto giusto. Tante, troppe luci. Così forti che rischiava di rimanerne accecata. (5)
Non fece in tempo a muovere un passo che tutto il peso del ragazzo inerme che stringeva contro il proprio petto le si riversò addosso, facendola cadere a terra e sbattere dolorosamente le ginocchia sull’asfalto ruvido.
Un lamento sfuggì alle labbra serrate, gli occhi strizzati dal dolore e dalla fatica.

Conscia che il suo dolore in confronto a quello del ragazzo era una bazzecola, prese un respiro e cercò di tirare fuori la mano che impugnava la bacchetta da sotto la schiena fredda del ragazzo. Mentre digrignava i denti, consapevole che doveva riuscire a tirare fuori la sua bacchetta magica, in quanto senza l’ausilio della magia non sarebbe riuscita a muovere il ragazzo di un passo e non si sentiva neppure di lasciarlo lì e andare in cerca d’aiuto, vide due figure vestite di bianco che le correvano incontro.

Non appena le furono accanto una delle due lanciò in aria delle scintille rosse e si affrettò ad prestarle soccorso per quel che poteva.

I due uomini attesero l’arrivo di un terzo ragazzo che portava con sé una barella, sollevarono il giovane ferito sdraiato sull’asfalto e lo depositarono con urgenza sopra il lettino, facendolo levitare in aria e trasportandolo il più velocemente possibile all’interno della struttura luminosa.

Hermione vide due uomini portare di gran carriera il ferito con loro e solamente quando il terzo uomo, quello che aveva sparato in aria le scintille rosse, si rivolse a lei con tono gentile e fermo chiedendole se stava bene e aveva niente di rotto, si accorse del sangue che imbrattava i suoi indumenti.
Non più solo del giovane, ma anche suo.
Sangue puro e sangue sporco che si mescolavano senza distinzione alcuna.
-Sì, sì- annuì distrattamente, osservando i jeans strappati i più punti e macchiati. La camicia leggera, di un elegante color panna, aveva due aloni di sudore sotto le ascelle, i colletto spiegazzato e una grossa macchia di sangue all’altezza del seno, dove probabilmente la ferita maggiore del ragazzo era venuta a contatto con il tessuto dei suoi abiti che lo avevano assorbito.

L’uomo la scortò diligentemente all’interno dell’edificio, borbottando di prassi e di esami; i loro passi rimbombavano sul pavimento di mattoni bianchi, lucidi e accecanti come le luci al neon che pendevano dal soffitto come filamenti di una ragnatela.

Le fu dato un plico di fogli da firmare, mentre lei, sconvolta, poneva la sua sigla ovunque l’uomo le indicasse; una tirocinante, capelli cortissimi di un rosso fuoco, le sorrise incoraggiante, mentre passava con una tazza di caffè bollente in mano.
Un’infermiera, i capelli tirati all’indietro in una severa crocchia, la scrutava dall’altro lato del corridoio, appoggiata allo stipite di una porta socchiusa, lo sguardo duro e le rughe del volto profonde. Sembrava corrucciata, quasi arrabbiata con qualcuno, probabilmente con i massacranti orari del lavoro o le troppe responsabilità.
Non appena si accorse che la ragazza ferita, tra una firma e l’altra, ricambiava il suo sguardo, le scoccò un’occhiata di fuoco e si ritirò nella penombra della stanzetta chiudendo orgogliosamente la porta alle proprie spalle ossute.

Un uomo con i capelli bianchi e ridicoli occhialetti squadrati, le passò davanti una decina di volte prima che anch’esso decidesse di barricarsi dietro una porta e non uscirne più.

-Perdonali- farfugliò l’uomo che continuava a farle firmare fogli su fogli, leggermente rosso in viso – sanno chi sei, come tutti nel nostro mondo, e non riescono a credere che…

-Che anche io sia umana?- concluse frettolosamente la ragazza indicando con un cenno del capo alle macchie di sangue che si intravedevano oltre gli strappi dei pantaloni.
L’uomo rise di una risata genuina, come se non si aspettasse una simile risposta e poi annuì divertito –Sì, come minimo si aspettavano che nelle tue vene scorresse ambrosia.(6)

-Icore- precisò la ragazza a bassa voce, senza essere sentita dall’uomo che si alzò per andare a consegnare i fogli firmati a una donnina rinsecchita, e nel mentre Hermione si rabbuiò, mormorando sottovoce –Non sarebbe cambiato nulla. Sempre Mezzosangue sarei stata…

Quando l’uomo ritornò la scortò in una saletta dove ad attenderla c’era una tirocinante che l’avrebbe a sua volta condotta da un medico che le avrebbe fatto un controllo generale.
Così, giusto per essere sicuri.
Chissà, magari ci scappava pure una foto con Hermione Granger. O magari lei, dopo aver visto l’efficienza dell’ospedale, avrebbe messo una buona parola con Potter. O col ministro della magia. O, meglio ancora, avrebbe deciso di mettere a frutto la sua laurea e prendere servizio proprio lì…

 

Scoprì che la tirocinante si chiamava Elle le stava simpatica non solo per i capelli ricci e arruffati simili ai suoi e per la marea di lentiggini che si trovava, ma per il suo carattere solare e spiritoso. La riempì di chiacchiere così tanto che la stordì. Per un attimo credé quasi di sapere come si sentivano le persone che le stavano attorno: Harry, Ginny, Ron…
Ron.
Ron.

Al solo pensiero del ragazzo i ricordi di pochi giorni prima rischiarono di sopraffarla. Le gambe si muovevano da sole, seguiva Elle come un automa. Il corpo era lì. La mente persa in un oceano di dolore che avrebbe solo voluto dimenticare.

 

                                                                                          ***

Il vento soffiava intrepido, smuovendo il terriccio nascosto sotto i ciottoli (7) che formavano la spiaggia e, arrivando negli occhi, la faceva lacrimare. Frugò nella sua borsetta alla ricerca degli occhiali da sole pur di non dargli la soddisfazione di vedere delle sue lacrime. E così la stava lasciando. E per davvero stavolta. Credeva che aver trovato dell’intimo che non le apparteneva nel suo cassetto l’avrebbe preparata. Invece aveva finto di non sapere nulla, di aver dimenticato tutto. Giocava a fare la perfetta innamorata quando…

-Come, scusa?
-Hermione, per favore, dovresti prestarmi attenzione. Ti sto dicendo una cosa davvero molto importante.

Le vennero le lacrime agli occhi e benedì gli occhiali da sole che aveva indosso. “Prestare attenzione? Per favore?” Era fin troppo evidente che quel discorso era stato preparato e non certo da Ron.

-Ron, perché non arrivi al punto almeno abbiamo entrambi il resto della giornata libera?- sputò fuori con cattiveria.
Lui parve colpito dalle sue parole e abbassò il capo.

-Sappiamo entrambi quello che vuoi dirmi, Ronald, quindi fallo e basta. In fretta, magari, così poi sei libero di andare…
-Non volevo...- iniziò lui ma Hermione non gli concesse di terminare la frase
-Cosa? Non volevi ferirmi? Non volevi che tra noi finisse così? Non volevi scopartela? Io credo che la risposta sia sempre la stessa, e sai quale? Sì. Credo che la risposta sia sì, ma che tu sia troppo codardo per ammetterlo, Ronald Weasley. Sai cosa non volevi invece? Non volevi… Non volevi… Oh, al diavolo, non lo so neppure io cosa volevi e cosa non volevi!

Lui le si fece vicino e lei sentì il battito del proprio cuore accelerare.

Merlino, era proprio patetica. Lui l’aveva tradita e lei ancora sperava che…
-Se vuoi potremmo avere, sì insomma, una storia di solo sesso, io e te. Voglio dire, non siamo stati male in questi tre anni, non vedo perché dovremmo smettere di vederci. E fare sesso mi sembra un ottimo sfogo, Hermione. Che te ne pare della mia proposta?

Lei lo guardava senza emetter un suono. Muta, immobile, pietrificata, non avrebbe neppure saputo dire se in realtà stava o non stava respirando.

Una storia di solo sesso? Una storia di solo sesso? Merlino, ma la stava per caso prendendo in giro?
-Una… Una storia di solo sesso?
-Sì
-Io e te?

Lui sembrava vagamente confuso da quella domanda, ma annuì mentre le orecchie cominciavano a prendere il tipico color rosso acceso –Beh, sì, io e te, Hermione…

-Sai una cosa, Ron? Grazie…
-Vuol dire che accetti?- chiese lui speranzoso che la questione fosse già finita.
-Aspetta, fammi finire- aggiunse lei con un tono carezzevole.
Non così in fretta, non così in fretta.
Lui annuì e stette in silenzio, ad aspettare parole dolci ed innamorate da lei che, in fin dei conti, per quanto stramba, in quei tre anni insieme era stata sempre dolce e innamorata. A modo suo…

-Grazie per questi tre anni insieme, sono stata la cosa più bella che mi sia capitata. Grazie per avermi amata, per avermi venerata- lui sorrideva compiaciuto e l’osservava distratto – e essermi stato sempre fedele. O almeno il più possibile –aggiunse vedendo il colore delle orecchie di lui assumere toni scarlatti – Grazie per tutti i sorrisi, tutti i baci appassionati, tutte le ricorrenze che non ti sei dimenticato. Grazie per non avermi regalato una scopa lucidante per il pavimento per il mio compleanno ma bensì quel volume di Storia dei Goblin che desideravo.- Lo sguardo di lui ora era perplesso. Era la sua mente che lo ingannava o non si ricordava di aver mai avuto tra le mani quel libro? E non era proprio una scopa lucidante quella che le aveva regalato per il suo compleanno? Ma lei non si era fermata e continuava a parlare come sempre, senza attendere la sua attenzione completa. Continuava a usare quel tono carezzevole che faceva venir voglia di offrirle i polsi affinché li baciasse; l’attesa logorante della lingua che passa sulle vene azzurrognole e lascia una scia umida dietro di sé. La voglia di alzare davvero le braccia e offrirglieli per davvero i polsi…

-… di sapere che odio quando dopo aver fatto l’amore ti alzi e vai a bere del firewhisky come se nulla fosse, come se io fossi una sega che ti fai in compagnia dei giornalini porno che ovviamente non sono nascosti nel terzo cassetto del mobile, sotto i tuoi calzini. Grazie di non esserti mai portato altre ragazze a casa nostra mentre io sono al lavoro con Harry e di esserti premurato almeno di non farmi trovare quello squallido reggiseno di pizzo rosso che poi è toccato a me buttare. Grazie di sapere cosa mi eccita e cosa no, di non farmi sentire una completa stupida ogni volta che siamo in pubblico, di essere sempre venuto alle cene con i miei genitori, di avermi sempre presentata fin dall’inizio come “tua fidanzata” e non semplicemente come Hermione Granger…- lo disse stizzita, come se qualcosa le fosse andato di traverso, soffocandola. Cose se il suo stesso nome fosse diventato impronunciabile per lei.

Ron abbassò lo sguardo e vide ancora i polsi vicini, leggermente in avanti, protesi verso di lei, e mentre la voce della sua ormai ex ragazza continuava ad aumentare di tono e di volume, gli parve di vedere sangue colare dal suo corpo verso i ciottoli scuri sui quali si erano fermati per osservare il mare. Le avrebbe volentieri dato i suoi polsi e lei l’avrebbe, altrettanto volentieri, ucciso. D’improvviso non era più tanto sicuro di voler sentire la sua lingua passare sulle sue vene, immaginando la sensazione di carta vetrata passare sopra di lui e farlo sanguinare, portargli via quella pelle pallida che le ragazze tanto amavano, punendolo, per un crimine che, agli occhi del ragazzo, non era definibile neppure come tale.

-Santo Merlino, ho sopportato tutto. Anzi, tutte! La biondina slavata con le gambe chilometriche, la mora grassa con una bocca grande quanto una casa che evidentemente deve essere stata particolarmente brava, la stupida riccia con gli occhiali da zitella acida, la magrolina con le borse sempre leopardate… Ah, quasi dimenticavo la ciliegina sulla torta: LavLav. Per Godric, Ron, non ti bastavano le altre? Proprio quella… no, stai tranquillo eroe, non ho intenzione di offendere la tua principessa sul pisello. E ti dirò, mi è sempre stata antipatica. Sia Lavanda che quella principessa. Figuriamoci poi se Lavanda è la principessa e il pisello su cui sta è quello del mio ragazzo! In ogni caso grazie ! Grazie di avermi rispettato come donna e di non avermi proposto una squallida storia d’amore che ovviamente puoi scordarti, stronzo! Ah, e grazie anche di quella scopata fenomenale in ufficio l’altra sera, quando abbiamo saltato la cena da tua madre perché ero in dietro col lavoro e mi hai fatto venire sulla cattedra. Almeno quel ricordo me lo tengo ben stretto…-

-Hermione io…- lo vide cercare una scusa decente poi impallidire. –Hermione, io l’altra sera ero a cena da mia madre. Eri tu che sei rimasta a lavoro. Da sola. Senza di me…-

-Oh, beh, allora quella scopata fenomenale deve essere tutto merito di Dean. Mi sembrava strano che fossi stato proprio tu a farmi provare un piacere così intenso-

Ronald divenne paonazzo, gli occhi stretti a due fessure. La odiava. Dio, in quel momento quanto la odiava… -Molto bene, allora mi sembra che siamo pari, Hermione

-Non saremo mai pari, Ronald. Mai.
-Volevi sentirtelo dire? Bene, tra noi è finita. Ti auguro altre scopate, com’era? Ah, sì: sensazionali!

Le mani strette a pugno, i passi duri che facevano scricchiolare i ciottoli sotto le scarpe lo vide allontanarsi da lei. E non seppe resistere.
-Fenomenali. Scopate fenomenali! Era fenomenali!- gli urlò dietro senza che lui si voltasse.
Quando fu abbastanza lontano da non sentire più neppure le sue grida isteriche, si accasciò a terra, sui ciottoli riscaldati dal sole, abbracciandosi da sola nel tentativo di non essere debole.

-Stronzo- sibilò rivolta al ragazzo – Ronald Weasley sei un fottutissimo bastardo. E io sono una stupida. Aveva ragione lui. Sola. Io sono sola. Sono sempre stata sola. E cornuta. Dio santo, avrei dovuto provarci con Dean, almeno gli avrei reso pan per focaccia. Stronzo, stronzo, stronzissimamente stronzo!

 

 

                                                                                 ***

 

-Miss Granger? Miss Granger?
Elle la stava chiamando, osservandola attenta sotto le lenti trasparenti degli occhiali squadrati.
I capelli biondi, vaporosi e ribelli come i suoi, erano raccolti in una disordinata crocchia che l dava un aspetto vagamente hippie.

Le labbra, lucide in un qualche rossetto, erano ferme in una posa opportunamente studiata per rendere più armonioso il suo viso paffuto.

-Sì, mi scusi, mi dispiace, il fatto è che ero distratta e…

-Non si deve scusare, Miss Granger. Le volevo solo dire che siamo arrivati. Mi attenda qui.

La ragazza aprì una porta e se la richiuse alle spalle un secondo dopo. Hermione si guardò attorno. Era tutto dannatamente bianco. Freddo. Asettico. Le veniva voglia di urlare e vomitare e accasciarsi al suolo e piangere ma non sarebbe stata una mossa saggia. Soprattutto lì, dove in men che non si dica l’avrebbero fatta internare nel reparto psichiatrico.

Dopo quella che le sembrò una piccola eternità, Elle uscì nuovamente.
-Ora può entrare.
E se ne andò come se nulla fosse, lungo il corridoio bianco e spoglio dove i suoi passi le rimbombavano nel petto e nelle orecchie.

 

 

Quando si azzardò a poggiare la mano sulla maniglia della porta ebbe modo di costatare che era fredda.
Come tutto in quel posto.
Indugiò più del necessario, ferma, senza respirare, immaginando cosa l’avrebbe attesa oltre quella porta –una prima soglia(8) che involontariamente aveva già varcato con la mente-, fissando il legno, anch’esso bianco, e cercando anche un solo difetto, una crepa, un’ammaccatura che la facessero sentire a casa.
Perché tutta quella perfezione la terrorizzava. Si sentiva squadrata, osservata, sotto esame. Un esame a cui non era pronta e si era presentata imbarazzata e impreparata.
Era salita su un palco troppo grande, e la giuria le chiedeva di recitare parti che non solo non sapeva, ma che non aveva mai neppure sentito nominare.
Consapevole che non solo non sarebbe potuta rimanere in quel modo per sempre e soprattutto che prima o poi avrebbe dovuto ricominciare a respirare, prese un bel respiro e abbassò la maniglia.
Di tutte le cose che si era immaginata fino a un secondo prima, quella che si trovò davanti era forse l’unica che non le era passata neppure nell’anticamera del cervello.
E a giudicare dal sorriso divertito che ricevette come incoraggiamento e risposta, lui si aspettava esattamente quell’espressione come reazione della ragazza.
La mandibola in caduta libera, gli occhi spalancati e gli arti impietriti.

 

 

 

                                                                           ***

 

 

NOTE

1)   Mi riferisco alla piccola statua dedicata a Peter Pan che si trova nel Parco Reale di Londra di Kensington Gardens (una volta era parte dei giardini privati di Kensington Palace)

2)  Ovviamente il termine italiano per riferisci a chi non è un Purosangue è solamente uno: Mezzosangue, ma in inglese la differenza tra Halfblood e Mudblood è piuttosto marcata ed evidente.
Con il termine Halfblood (che è correttamente tradotto in italiano con “Mezzosangue”) si vuole indicare un mago nato da un Babbano e da un genitore mago.
Invece il termine Mudblood (che letteralmente sarebbe “FangoSangue” o più liberamente “Sangue Infangato”) si indicano persone nate da famiglie Babbane .

Qui il gioco tra sangue e fango è sottolineato dalla presenza di una persona Purosangue in contrasto con una persona “Mezzosangue” (intesa come Mudblood) e il sangue puro di un Purosangue (un Malfoy) che cadendo a terra si mescola col fango (da qui il richiamo ai Mudblood).

3)   Santa Wikipedia ha fornito tutti i particolari che non ricordavo.
Come scritto dalla Rowling: la materializzazione può essere usata solo dai maghi maggiorenni (e per chi non lo ricordasse rammento che nel mondo magico si diventa tali a 17 anni) in possesso di licenza (che si ottiene con il superamento di un esame pratico). Al sesto anno il Ministero manda un funzionario a Hogwarts per tenere delle lezioni alle quali Ron, Harry ed Hermione partecipano. Le tre D esistono veramente (Destinazione, Determinazione  e Decisione) così come lo Spaccamento. Il primo caso di Spaccamento che ci viene descritto è veramente quello della Tassorosso Susan Bones (Harry Potter e il Principe Mezzosangue, capitolo 18, pagina 354 riga 3), alla quale segue una prima si Ronald (che viene bovviato al primo esame per mezzo sopracciglio) e una seconda ne “I doni della morte” che gli lascia una terribile ferita curata da Hermione con del Dittamo.
Ovviamente la materializzazione esiste sia singola che Congiunta.

4)  Una delle più famose versione è quella che ci viene narrata da Cicerone.
Sempre da Wikipedia: “
Damocle è un principe particolarmente adulatore alla corte di Dionigi I, tiranno di Siracusa. Damocle sostiene in presenza del tiranno che egli sia una persona estremamente fortunata, potendo disporre di un grande potere e di una grande autorità. Dionigi gli propone, allora, di scambiare con lui i rispettivi ruoli per un giorno, in modo da poter assaporare tale fortuna. Damocle accetta. La sera si tiene un banchetto, durante il quale inizia a tastare con mano i piaceri dell'essere un uomo potente. Solo al termine della cena nota, sopra la sua testa, la presenza di una spada affilata, sostenuta da un esile crine di cavallo. Dionigi l'aveva fatta sospendere sul capo di Damocle perché capisse che la sua posizione di tiranno lo esponeva continuamente a grandi minacce per la sua incolumità. Immediatamente Damocle perde tutto il gusto per i cibi raffinati che sta assumendo, nonché per le bellissime ragazze che gli stanno intorno e chiede al tiranno di voler terminare lo scambio, non volendo più essere così fortunato.”

5)  È la mia descrizione dell’Ospedale San Mungo per ferite e malattie magiche.
La Rowling ci da una suddivisione dell’edificio(Pianterreno:
 Incidenti da manufatti, esplosioni di calderoni, ritorno di fiamma di bacchette, scontri tra scope  Primo Piano: Morsi, punture, scottature, spine  Secondo Piano: Batteri magici; malattie contagiose: vaiolo di drago, nausea da svanimento, scrofungulus  Terzo Piano: Avvelenamento da pozioni e piante, eruzioni, rigurgiti, risa incontrollabili  Quarto Piano: Lesioni da incantesimo, fatture ineliminabili, maledizioni, applicazione errata di incantesimi Quinto Piano: Sala da tè per i visitatori e negozio ) ma non è riportata da nessuna parte una descrizione esterna.

6)  Secondo la mitologia l’ambrosia è sia il cibo sia la bevanda degli dei. Nel racconto l’uomo si confonde tra ambrosia e icore che, sempre secondo la mitologia greca, è il minerale che costituisce il sangue delle divinità.
In realtà il commento dell’uomo non è completamente errato in quanto, secondo alcuni testi, l’icore (velenoso per l’uomo) è presente (in piccole dosi) anche nell’ambrosia.

7)  Ovviamente generalizzare, come per tutte le cose, anche qui è dannoso. Non tutte le spiagge inglesi sono di ciottoli, anzi! La zona da me descritta prende spunto dalle spiagge ciottolose dell’East Sussex (dove c’è l’Eastbourne Pier, per capirci): pulitissime e (almeno quando ci si sdraia le prime volte) alquanto scomode.

8)    È un riferimento a Gérard Genette, critico letterario e saggista francese che disse che “il titolo di un’opera è la prima delle soglie che si incontrano”.

N.B.  la citazione iniziale "Everybody is a book of blood; wherever we're opened, we're red”  è di Clive Barker, regista e scrittore Britannico, tratta da “Infernalia”: Siamo tutti libri di sangue; | in qualunque punto ci aprano, | siamo rossi”  ed è un chiaro riferimento a uno dei temi centrali del capitolo: il sangue.

   
 
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