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Autore: Akiko chan    12/02/2011    1 recensioni
Indugiò ancora un attimo, perso in quel mare glauco, assaporando quell’emozione sconosciuta che lei sola sapeva trasmettergli… Un attimo ancora prima di entrare in lei. E fu in quell’attimo che lo percepì per la prima volta.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kei Hiwatari
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO II. I RICORDI DI LEI
 
-Sei sveglia?- chiese piano il ragazzo, scostandosi dal corpo accaldato il leggero lenzuolo di lino colorato.
-Sì…- rispose Pat sistemandosi meglio nell’incavo della spalla sinistra di Kei, facendo aderire i loro corpi nudi, stanchi e soddisfatti.
-Sei silenziosa, a che stai pensando?-
-Sto ascoltando il tuo cuore- disse seria, posizionando l’orecchio proprio sopra la parte sinistra dell’ampio petto imberbe del ragazzo.
-E che ti dice?-.
-Niente di quello che vorrei…-
-E che vorresti?- le chiese giocherellando distrattamente, con una ciocca dei lunghissimi capelli di lei che le ricopriva la schiena bianca come l’alabastro.
-Beh magari un semplice “ti amo”-
-Ma quelle sono robe da commediola di terza categoria!- sbuffò sprezzante.
-A me piacerebbe sentirtelo dire almeno una volta!- replicò asciutta, sollevando la testa e guardandolo dritto negli occhi scuri.
-Ma che serve dirlo? Tanto lo sai che ….- s’interruppe bruscamente volgendo lo sguardo altrove.
-Che?-
-Basta Pat, non fare la bambina. I sentimenti vanno dimostrati non detti. E qui credo di essere più esplicito io- sbottò stizzito, sollevandosi sui gomiti ed agitando le gambe per liberarsi dal groviglio di coperte spiegazzate che avevano lanciato in fondo al letto.
-Che vuoi dire?- Pat si mise a sedere, tirandosi con foga il lenzuolo sul petto per coprire le sue nudità, come se quel gesto la potesse protegge dallo sguardo freddo di lui.
 
Non sopportava Kei quando assumeva quel tono distaccato, la metteva tremendamente a disagio….accidenti a lui! Avevano appena fatto l’amore con passione, bruciando una tra le braccia dell’altro…e… ora le parlava come se fosse un’estranea qualunque!
 
Pat tirò ancora più su di sé il lenzuolo, sino a portarlo all’altezza del mento, incurante delle occhiate interrogative di Kei che appariva perfettamente a suo agio anche senza niente addosso.
 
-Chi è dei due che non vuole che si sappia in giro che stiamo insieme?- proseguì il ragazzo con una smorfia indecifrabile sul volto.
-Uffa Kei! Che cosa vuoi? Che metta fuori le pubblicazioni? E per dire cosa? Non so neanche cosa provi per me!- lo accusò irritata, saltando giù dal letto e infilandosi arrabbiata il pigiama abbandonato sul pavimento.
 
-Non inventare scuse Pat!- l’aggredì lui, vestendosi a sua volta.
-Non sono scuse! Che cosa provi per me? Mi ami?-
-E secondo te che ci faccio qui? Se non ricordi io rischio l’espulsione ogni volta che entro in questa stanza!-
-Per quello che te ne importa di essere espulso, non vedi l’ora di tornartene in Giappone dai tuoi amici! E poi anch’io rischio, che credi!-
-Ma non farmi ridere! La figlia del Senatore Delaney che può rischiare? Una discreta tirata d’orecchi?- la canzonò acido.
-Sei cattivo ed ingiusto! Qui sembra che a me tutto sia concesso e tu invece sia il martire perseguitato!-
-è così infatti- ammise facendosi scuro in volto.
-Ma non fare la vittima! Forse è vero che i nostri compagni sono un po’ diffidenti nei tuoi confronti, ma tu certamente non faciliti loro il compito. Sei sempre così freddo e taciturno. Guardi tutti come se volessi ucciderli se solo osano avvicinarsi a te. Sei arrogante, presuntuoso, indisponente…-
-Ma se sono così meschino perché stai con me?- la interruppe guardandola minaccioso.
-Me lo chiedo anch’io!- sbottò esasperata.
-E allora pensaci con calma, io me ne vado- concluse aprendo la finestra e saltando sul balcone, per scomparire nel buio un attimo dopo.
 
Pat si precipitò alla finestra sporgendosi sul davanzale, trattenne il respiro inquieta sino a che non vide Kei toccare il suolo indenne.
 
Non c’era niente da fare, per quanto la facesse arrabbiare o la ferisse, non riusciva a non preoccuparsi per lui. Lo amava così tanto, perché non lo capiva?
 
Guardò ancora in basso. Niente, se n’era andato…
 
Aveva una gran voglia di piangere, possibile che chiedesse troppo? Gli aveva solo chiesto di dirle che l’amava…Sin dal primo istante, ovvero da quattro mesi, gli aveva donato tutta se stessa senza condizioni, e non si riferiva al lato fisico, o almeno non solo. Si era dichiarata con franchezza, gli ripeteva ogni istante quanto lo amava e quanto fosse importante per lei…ma forse chiedeva più di quanto lui potesse darle…per Kei forse amare era troppo difficile…E comunque questo non cambiava una virgola del sentimento che la pervadeva…
 
Osservò assorta le fronde rigogliose della quercia a pochi metri dinnanzi a lei. Quell’albero era stato il loro fedele complice. Uno dei rami arrivava sino a pochi centimetri dalla sua finestra, per una persona agile come Kei, non era difficile salirvi ed entrare indisturbato nella sua stanza.
 
La rabbia, la frustrazione, la sofferenza, si dissolsero come un’inconsistente bolla di sapone, mentre ripensava alla prima volta che lui era inaspettatamente apparso alla sua finestra…
 
Pioveva a dirotto da due interi giorni… e così neanche quel pomeriggio sarei potuta andare a quello che era diventato un appuntamento fisso, il momento della giornata che attendevo con il cuore in gola.
 
Erano passate tre settimane da quel magnifico pomeriggio in cui Kei mi aveva baciata per la prima volta. Da quel momento i nostri incontri di bey erano diventati un lancio svogliato tra baci appassionati…
 
Non lo so quando esattamente ho cominciato ad innamorarmi di lui, me lo sono chiesta mille volte… A volte credo, e so di essere una sciocca romantica solo a pensarlo, che quest’amore ci sia sempre stato dentro di me e che aspettasse solo Kei per uscire allo scoperto…
 
So che Kei è la mia anima gemella. Ognuno di noi ne ha una da qualche parte, dispersa chissà dove, il problema è trovarla…molti la cercano per tutta la vita senza riuscirci…altri la incontrano per caso sulle rive di un lago, all’ombra di un cielo infuocato dagli ultimi bagliori del  sole…
 
So di piacergli e so, che a modo suo, mi vuole bene, ma non mi basta. Lo amo immensamente e ciò mi rende terribilmente insicura…ho paura di essere la sola a provare un sentimento così grande, che a volte  sfugge ad ogni mio controllo…eppure non riesco a negargli niente…Il solo pensare a lui mi fa morire di voglia di vivere…
 
Anche quel giorno, come ormai é mia consuetudine ogni istante della giornata,  stavo pensando a lui. Guardavo desolata la pioggia che scendeva copiosa,  sbattendo violenta contro il vetro della mia stanza. Le quattro e un quarto…che rabbia! Il solo pensiero che in quel momento potevo essere tra le sue braccia, ad illanguidire sotto la tenera pressione delle sue labbra, mi faceva salire il sangue alla testa…
 
Inveivo contro il tempo, la sfortuna, il mondo intero, quando sentii un colpo più forte alla finestra. Non poteva essere la pioggia e non stava neanche grandinando. Mi avvicinai titubante alla vetrata e feci un balzo all’indietro per lo stupore, quando scorsi il bellissimo volto di Kei oltre il vetro, bagnato fradicio, con i capelli ribelli completamente inzuppati e gli abiti incollati al corpo.
 
Spalancai la finestra, lui spiccò un balzo e, in un solo attimo, era all’interno della mia stanza, a pochi passi da me, bello e fiero come sempre.
 
-Non sopportavo un altro giorno senza vederti- mi disse semplicemente guardandomi dritto negli occhi e facendomi tremare le ginocchia.
 
È uno scombussolamento che non riesco neanche ora a dominare, ogni volta che mi specchio in quelle pozze profonde che sono i suoi occhi, il mio cuore esplode di felicità...
 
E felice, mi gettai tra le sue braccia.
 
-Calma Pat, ti bagnerai- brontolò accennando un sorriso.
 
È impossibile pretendere di più, Kei non ride mai…ora che ci penso non lo ha mai fatto in mia presenza…ma Kei sa ridere?
 
-Guarda come sei ridotto! Ti prenderai un malanno. Togliti tutto Kei- dissi d’impulso.
-Tutto?!?!- mi chiese guardandomi malizioso.
Sentii un’ondata di calore salirmi al volto e un attimo dopo le mie guance erano in fiamme…un altro impercettibile sorriso sul suo volto…il mio imbarazzo lo divertiva un mondo, glielo leggevo in faccia…bastardo…dolcissimo, amatissimo bastardo…
 
-Si…ma…tu… non ti preoccupare, cerco qualcosa che ti vada bene- blaterai allontanandomi in fretta.
 
Scovai in fondo all’armadio, un’orribile vestaglia rosa confetto con il collo adornato di piume di struzzo, un capo che avevo comprato in un attimo di follia e che avevo indossato una sola volta in occasione di una festa in maschera. Un indumento veramente indecente…ma se lo meritava… ovviamente la mia era una provocazione, volevo solo vendicarmi per la sfacciataggine di poco prima, per avermi messa in imbarazzo e soprattutto per essersi preso gioco della mia timidezza.
 
Non mi sarei mai aspettata che accettasse senza obiettare…ma lui, cocciuto come un mulo, nascose la sua perplessità dietro un’impenetrabile maschera d’indifferenza e si avvolse nell’osceno tessuto, non prima di essersi tolto sino all’ultimo indumento…
 
Si accomodò tranquillamente sul bordo del mio letto, guardandosi attorno curioso, apparentemente a suo agio, come se niente fosse. Ero talmente allibita per la sua reazione, o meglio non reazione, che non riuscii neanche a ridere, nonostante fosse veramente buffo…anche ora il solo ripensarci...
 
Stesi i suoi abiti in bagno, arrossendo ancora una volta mentre sistemavo in fretta i suoi boxer neri sullo stendino.
 
Tornai da lui…Come era comico infagottato in quel mantello rosa, con i capelli scompigliati ancora umidi e le piume che gli solleticavano il viso, sembrava un innocuo pulcino. Questa volta non mi trattenni e scoppiai a ridere senza ritegno. Lui mi osservò serio, aumentando la mia ilarità, tanto che alla fine mi dolevano tutti i muscoli della faccia e della pancia.
 
Quando mi calmai, mi avvicinai a lui con ancora le lacrime agli occhi -Hai freddo?- gli chiesi divertita concentrandomi per rimanere seria. Il suo silenzio, in fondo, mi inquietava…
 
-No…anzi sì- disse trapassandomi con i suoi occhi che ardevano di un inconsueto calore. Mi afferrò una mano ed io deglutii nervosamente mentre ogni traccia di divertimento scompariva dal mio viso.
 
-Scaldami tu…- sussurrò trascinandomi sul letto con lui.
 
Dovevo avere un’espressione alquanto spaventata perché aggiunse, con un tono dolcissimo che non scorderò mai, -Non avere paura, non farò niente più di quello che mi lascerai fare-
 
Eh…sapeva di andare sul sicuro? Aveva già capito che non avevo né la forza né la volontà di negargli nulla?
 
Non lo so…comunque si era sbagliato: non avevo paura.
 
Ero solo disorientata…stava accadendo tutto con una naturalezza che non avrei mai creduto possibile. Avevo sempre immaginato la mia prima volta come una decisione ponderata…Tra le mie principali doti annovero, con una certa fierezza, la razionalità ed il buonsenso…Ma in quel momento, in me, non esistevano più né l’una né l’altro, annientate dai baci sensuali di Kei, dalle sue mani esperte che già si muovevano su di me, dai suoi occhi più profondi degli abissi…
 
Non provai fastidio, né vergogna, anzi l’imbarazzo di poco prima, mi sembrava ora inopportuno ed infantile…
 
Tutto fu naturale ed estremamente semplice: fare l’amore con Kei fu la decisione più semplice della mia vita.
 
Forse avrei dovuto pensarci di più, a sedici anni certe decisioni non andrebbero prese così a cuor leggero, ma accadde… e mentre lui entrava in me, stando bene attento a non farmi male, stringendomi contro il suo sesso con infinita cautela, ebbi la certezza che non stavo commettendo alcun errore, che così doveva essere …
 
Forse é troppo semplicistico chiamare in causa il destino per spiegare le nostre azioni, ma la mia non è vigliaccheria, io so che cosa ho fatto…  
 
-…e soprattutto non me ne pentirò mai…ti amo stupido testone…perché sei così cieco e freddo?- sussurrò Pat ponendo fine a malincuore al filo incessante dei suoi pensieri.
 
Chiuse le imposte sospirando rassegnata: per quella notte, non sarebbe tornato indietro.
 
Si infilò nel letto che ancora trasudava il calore dei loro corpi uniti, soffocò, senza riuscirci, un singhiozzo contro il cuscino, mentre uno struggente senso di perdita le opprimeva il petto impedendole di dormire. 
  
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