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Autore: miss yu    16/02/2011    2 recensioni
In una città come tante altre... In una casa qualunque...
Dentro una giovane coppia e un gruppo di ragazzi: Jamie che ha perso le parole in un incidente, Alison che ha costruito un' altra se stessa per sopravvivere, Kyle che vive la sua omosessualità tra sfrontatezza e sensi di colpa, Mira che usa il sesso per sentirsi importante, Connor anoressico e autolesionista, Yuki che tenta di volare con ali tatuate.
Tutti alla ricerca di un significato diverso da dare alla propria vita: vite vuote o troppo piene, spezzate e da ricucire, intollerabili o solo confuse, vite da sprecare, da buttare o da spremere fino all'osso, vite rabbiose o solo spaventate...
Quasi impossibile trovarci un senso e a volte troppo faticoso; più facile lasciarsi vivere o meglio sopravvivere, ognuno come riesce, ognuno come può, vittime soprattutto di se stessi.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4: C’era una volta la vita…



C’era una volta la vita e tutti ne erano affamati e la desideravano con ardore e la vita venne, intessendo trame ed orditi accidentali…



E’ pomeriggio, in casa c’è solo Hillary e Matt con Jamie e Mira.
“Hill oggi viene quel mio compagno di scuola di cui ti ho parlato, quello nuovo che devo aiutare a mettersi in pari con il programma, ci possiamo mettere in camera se in soggiorno avete da fare” chiede Mira con aria falsamente innocente.
“Aspettiamo l’assistente sociale”
Mira raddrizza le orecchie.
“Per cosa?”
“Viene per Jamie”
“E che ci viene a fare, vuole fare quattro chiacchere con lui?”
“Non fare la spiritosa, viene a vedere come sta”
“Deve essere una maga per capire come sta, tu ci riesci?”
“Penso che stia meglio, che sia sereno e che stia poco per volta cominciando a dimostrarsi ricettivo verso quello che lo circonda, non ti è sembrato più attento, più pronto a cogliere quello che gli dici?”
In realtà a Mira non è sembrato proprio nulla, per il semplice motivo che di Jamie in pratica si dimentica l’esistenza, a volte se lo ritrova accanto e sobbalza impaurita, è così silenzioso da risultare quasi invisibile.
In ogni caso meglio lui che tutti gli altri con i loro scazzi, le loro depressioni, le loro paranoie.
Fossero tutti come Jamie, Mira è convinta che starebbe sicuramente meglio.
“Non ci ho fatto molto caso ultimamente” risponde.
“Solo ultimamente?” Hillary mette un briciolo di sarcasmo nella sua risposta.
“Sai che non sono brava ad occuparmi dei casi umani”
“E questo nuovo ragazzo, come mai ti sei accollata questo impegno?”
“Me l’ha accollato la prof e non ho potuto rifiutare”
Già pensa, Nathan è l’ennesimo caso umano che le capita tra i piedi ma ha dalla sua un’attrattiva fisica non indifferente e una serenità spiazzante, nulla a che vedere con gli sfigati di Parker’s House che sembra vadano a cercarsi le rogne peggiori.
Suona il campanello.
Quando Mira va ad aprire si trova di fronte l’assistente sociale, non fa in tempo a voltarsi per chiamare Hillary, che dietro arriva Nathan.
Schiva la donna, prende per mano il ragazzo e si infila sulla scala, tutto il più velocemente possibile, prima che qualcuno abbia il tempo di fermarla o di accorgersi di loro due.
Mira è abile a giocare d’anticipo e questo momento è ideale per portare a termine il suo progetto, Matt e Hill saranno occupati in altre faccende per un po’ e lei ne può approfittare.
Appena dentro chiude la porta.
Nathan deposita i libri e si toglie il giaccone.
Seduti alla piccola scrivania è gioco forza che il ginocchio di Mira sfiori quello del ragazzo, che bruscamente sposta il suo.
Mira lo guarda negli occhi succhiando la penna tra le labbra.
“Che c’è, è peccato anche questo?”
“Questo cosa?”
“Non fare il finto tonto, non ci possiamo toccare?”
“No, che c’entra, ma è meglio restare a distanza non credi?”
“Non credo, a me piace toccare la gente, lo trovo molto divertente, dovresti provare, lasciarti un po’ andare”
Nathan la sta guardando con occhi un po’ stupiti, non capisce se quella ragazza così bella e seducente ci stia provando o stia solo scherzando.
Mira si rende conto che sta correndo troppo, in fondo non ha davanti il solito ragazzo pieno di ormoni che non vede l’ora di scaricali in una sveltina, Nathan è qualcosa di desueto che lei deve imparare a gestire.
E’ come un pacco con scritto a lettere cubitali: “Fragile, maneggiare con cura”
Calma e moderazione, tempi lunghi, piccoli passi.
Assolutamente divertente!
Non è passata un’ora che qualcuno bussa, un paio di colpi secchi e poi la porta si apre senza che Mira abbia potuto anche solo dire ‘Avanti’.
Matt entra tranquillo senza farsi nessun problema.
Mira reprime uno sbuffo di rabbia, sempre a controllarla, ma che pensano? Che sia una ninfomane e che stia violentando il ragazzino?
“Allora tutto bene?” s’informa Matt.
“Sì certo, stiamo studiando”
“Vedo, comunque non ci siamo presentati, sei capitato in un momento un po’ particolare” dice rivolto a Nathan, che si alza per stringergli la mano.
“Beh io dovrei proprio andare” esclama poi il ragazzo radunando automaticamente i libri.
“Di già? Puoi stare ancora un po’ se vuoi, vero Matt?”
“Certo non c’è nessun problema, se ti fa piacere puoi fermarti anche a cena, basta dirlo a Hillary”
“Grazie ma non ho avvertito la zia e adesso è un po’ tardi”
“Capisco, sarà per un’altra volta”
“Certo, grazie signore”
“Puoi chiamarmi Matt, qui non ci formalizziamo più di tanto sai”
“D’accordo, comunque adesso devo andare”
Nathan si alza come se non vedesse l’ora di uscire dalla camera e avesse colto l’occasione della presenza di Matt per svignarsela.
“Allora ci vediamo domani a scuola, ti accompagno alla porta” dice Mira rassegnata.
Scendono le scale tutti e tre, sul divano c’è Kyle e Yuki che stanno guardando qualcosa alla TV.
“Ehi ragazzi questo è un nuovo compagno di Mira” esclama Matt a voce alta, cercando di attirare la loro attenzione.
I due si voltano pigramente e chiaramente poco interessati.
“Io sono Kyle e lui Yuki”
Nathan ha un attimo di indugio, un lievissimo spostare lo sguardo per evitare di guardare negli occhi di Kyle.
Frammenti di gesti così fugaci da passare inosservati ai presenti.
“Nathan” dice poi con voce in cui si cela un leggero imbarazzo e accenna un gesto di saluto.
Mira lo accompagna fuori.
“Non stare troppo a badare a quelli che incontri qui, sai sono tutti un po’ spostati”
“Non ti preoccupare, sono i tuoi fratelli?”
“Che diavolo vai a pensare, questa è una comunità familiare, non te lo avevo detto?”
“No non lo sapevo, scusa”
“E di che, comunque un giorno ti racconto la mia storia, verrai ancora vero?”
“Se per te va bene, so che ti faccio perdere un sacco di tempo, non vorrei approfittare”
“Approfitta pure non ti fare scrupoli, sono qui per questo”
Gli sorride e rientra in casa.
Forse un bacio sulla guancia avrebbe fatto il suo effetto… No, pensa Mira, meglio lasciarlo con queste parole che le sono uscite con la giusta dose di ambiguità.
Sorride tra se mentre chiude la porta, la cosa sta facendosi intrigante.



Alison apre la porta della sua camera con un senso di liberazione, anche per oggi la giornata è trascorsa ed ora potrà finalmente concedersi un momento di solitudine, di assenza da ogni rapporto, stendersi sul letto, chiudere gli occhi e non pensare a nulla, lasciarsi andare, lasciar scivolare via quella corazza che è si costretta ad indossare, quella durezza che la difende, quella scontrosità che la preserva.
Ma appena dentro si accorge della presenza di Mira.
Rimane sorpresa perché è difficile trovarla a quest’ora in casa, di solito passa tutti i pomeriggi dalla sua amica del cuore, quella Amber che a volte viene a chiamarla ma che evita accuratamente di entrare, come se non volesse beccarsi qualche infezione, l’amica perfetta per Mira.
Sua madre, lo deve riconoscere, quando diceva che i simili si attirano e che per conoscere una persona basta guardare chi frequenta, non aveva per niente torto.
Butta la cartelletta accanto al comodino e getta un’occhiata distratta alla compagna di camera che sta parlando al telefono e che le rivolge un rapido sguardo.
Si getta sul letto con le scarpe e chiude gli occhi.
In effetti lo stesso vale per lei: se sua madre vedesse Chris che penserebbe?
Sorride con sarcasmo, si immagina i suoi giudizi spietati e freddi.
Chris in realtà non è proprio l’amico che qualcuno si porterebbe dietro per fare bella figura.
Ma forse lei lo ha scelto proprio per questo, perché non vuole più fare bella figura con nessuno, anzi gode un mondo nel vedere come li guarda la gente, quando girano insieme allacciati per la vita.
“Sei tornata prima?”
La voce di Mira la fa sussultare.
Apre pigramente gli occhi, è strano che le rivolga la parola se non è più che necessario.
“Torno sempre a quest’ora il giovedì”
“Ah, non me ne sono mai accorta”
“Forse perché non ci sei mai”
“Può essere, in effetti preferisco stare il più possibile fuori di qui, ma i genitori di Amber sono arrivati ieri sera, si fermano qualche giorno e sai non voglio disturbare”
“Di solito sono via?”
“Sì, sono spesso assenti per lavoro”
“E Amber se ne sta da sola?”
“Beh ha diciotto anni e poi c’è suo fratello”
Ora Alison ricorda, certo il fratello di Amber, come ha fatto a dimenticarlo?
E’ il motivo per cui Mira passa quasi tutti i pomeriggi a casa dell’amica, il tipo superfigo di cui una volta le ha parlato, quello che lei si scopa e con cui il sesso è da impazzire.
Gli viene da ridere solo pensando a queste frasi fatte che sanno tanto di talk show dozzinale, di filmetti adolescenziali.
“Quello con cui stai insieme no?”
In realtà non gliene frega niente degli accoppiamenti di Mira che a quando ha sentito sono innumerevoli e incostanti, ma cerca di sforzarsi di fare un minimo di conversazione.
“Per l’appunto, Thiago”
Thiago? Ma che cazzo di nome è? Ad Alison viene da ridere ancora di più, proprio il nome giusto per un belloccio palestrato e pieno di testosterone.
“Comunque in questo periodo siamo un po’ in rotta”
Alison sta zitta, oddio Mira non penserà di raccontarle le sue avventure erotico-sentimentali?
“Cazzo scopa da dio ma a volte mi sembra così stupido, vuoto, non so come dire, dopo aver scopato non abbiamo mai niente da dirci”
Forse perché lui non è interessato all’ultimo trucco o a dove andare a fare shopping o al pettegolezzo dell’ultima ora, si chiede Alison.
“Forse non avete gli stessi interessi” risponde invece, rimanendo su di un campo neutrale.
“Già a lui interessa solo il basket, sai che palle”
Silenzio.
“E poi è geloso ma ci credi, ce lo siamo sempre detto che la nostra non è una vera relazione e a lui è sempre andato bene così, ma adesso si mette a fare il geloso”
Addio Thiago qualcuno ti ha soppiantato, pensa Alison.
“Hai un altro?”
“Macchè, ma se mi stressa ancora non ci metto niente a trovare qualcuno che lo sostituisca”
Alison spera che la discussione sia finita in questo modo ma si sbaglia.
“A dire la verità qualcuno ci sarebbe, ma è così… Non so neanche come definirlo, per questo volevo chiedere a te”
“A me? Io non so proprio niente di uomini”
“Lo so, ma ne capisci di tipi strani, non stai mica con quel balordo?”
“Stai parlando di Chris?”
“Sì Chris per l’appunto”
“Che c’entra Chris adesso, ti sei messa con uno come lui?”
“Figurati, è un mio compagno di scuola, è appena arrivato, non c’entra proprio niente con Chris ma anche lui è strano e non so come comportarmi, mi potresti dare qualche dritta”
Ecco ora è diventata l’esperta in tipi strani, di bene in meglio.
“Racconta”
“Beh è carino, tutto un altro tipo rispetto a Thiago, però mi piace, ma è, come dire, imbranatissimo, pensa che ha la fidanzata da un anno e si sono dati solo un paio di baci, ti pare possibile?”
“Come mai?”
“E’ che è molto religioso, sai tipo mormoni o cose del genere, insomma lui è convinto che il sesso debba essere fatto solo dopo il matrimonio, ci pensi?”
“Ahh”
“Comunque è da qualche tempo che ci vediamo perché l’aiuto a mettersi in pari con il programma e ho capito che gli piaccio”
“Sarebbe difficile il contrario”
“Già infatti, però ha sempre fatto finta di non accorgersi dei miei approcci e oggi li ha addirittura rifiutati”
“Una bella capacità di controllo”
“Appunto e poi continua a dirmi che lui è già impegnato e balle di questo tipo. Insomma tu dici che devo continuare a stuzzicarlo fino a quando cede? E se non cedesse? Io ne ho già le palle piene di aspettare ma d’altra parte non vorrei che pensasse male, non so come la prenderebbe se lo mettessi con le spalle al muro”
Si sente bussare alla porta.
Jamie mette la testa dentro, sorride.
“Che vuoi?” lo aggredisce Mira, stizzita per essere stata interrotta.
“Sarà pronta la cena” borbotta Alison alzandosi a sedere.
Jamie entra, la parola “cena” lo ha colpito delicatamente e si è soffermata giusto il tempo per afferrarne il senso.
E' da un po' che succede più spesso, parole che si trattengono il tempo necessario perché lui le acciuffi, ne scopra il significato, le decifri e poi le memorizzi.
Annuisce con la testa e Alison tira un sospiro di sollievo, ecco una buona scusa per evitare le domande di Mira.
Si alza e mette un braccio attorno alla spalla di Jamie, di solito non lo farebbe con nessuno, ma si è già sorpresa più volte ad avere atteggiamenti di tenerezza nei confronti del ragazzino.
“Che cosa avrà preparato di buono Hillary?” gli chiede con aria da cospiratrice.
Jamie le sorride di rimando.
A tavola Alison aspetta che Yuki abbia finito il suo sproloquio abituale che questa sera ha avuto per tema: “essere o apparire”, poi approfitta dell’attimo di silenzio che si è creato per annunciare: “Stasera dovrebbe venire Chris, dobbiamo finire un lavoro”
“Adesso si chiama così?” la sbeffeggia Yuki.
Alison non lo degna di un’occhiata.
Matt e Hillary si guardano l’un l’altro.
“Dopo cena? Non è tardi?”
“Sì, ma Lerman ha detto che il lavoro di Chris non va bene, deve rifarlo e gli devo dare una mano”
“E’ il nuovo professore di disegno?” chiede Matt.
“Sì, ce l’ha con Chris e non capisco perché, non gli va mai bene niente di quello che fa, possibile che non riesca a concepire quanto sono speciali i suoi lavori, pretende che si abbassi a fare copie di sedie e vasi come tutti quanti noi”
“Non mi sembra una pretesa assurda, in fondo Chris sta frequentando un corso e penso che debba seguire le indicazioni che seguite tutti”
“Ma lui è un caso disperato, si capisce subito che non puoi chiedergli qualcosa di normale, non sa neanche cosa voglia dire” interviene Yuki ridacchiando.
“Invece tu si vero? Non ti rendi conto che sei la persona meno adatta a parlare di normalità”
Alison si sente ferita anche se non sa bene perché, dovrebbe ormai conoscere Yuki e le sue battute, non le dice mai con cattiveria, mai come se esprimesse un giudizio, ma solo perché è in questo modo che lui riesce a dire qualcosa degli altri, evitando accuratamente ogni discorso minimamente serio.
Chris arriva quando ormai la cena è finita, è leggermente euforico, di un’euforia falsata che ormai è il suo standard.
Alison si rende conto che è da un sacco di tempo che non lo vede in uno stato di “normalità”: o è eccitato, euforico, su di giri o al contrario: chiuso e depresso, arrabbiato e insofferente.
Sempre e comunque sopra alle righe.
Alison non gli ha mai chiesto niente e mai glielo chiederà, si rifiuta in modo categorico di fargli da mamma, di dargli saggi consigli, di indirizzarlo su una strada più equilibrata.
Lei è sua amica e gli amici ti accettano per quello che sei, fino alla fine.
E’ questo che lei ha sempre chiesto agli altri senza trovare nessuno che lo facesse: tutti pronti a darle consigli, ordini, suggerimenti, ammonimenti, a chiedere di cambiare o di uniformarsi.
Lei non lo farà mai con Chris.
“Odio Lerman più di quanto lui odia me”
“Non ricominciare, cerchiamo di concentraci sul lavoro”
“Possibile che non afferri che del suo lavoro non me ne frega un cazzo, io ho altro per la testa, non capisce niente di me e di quello che faccio”
Alison annuisce, è perfettamente d’accordo.
Lerman è bravo e preparato, disponibile con tutti gli studenti, le sue lezioni sono interessanti e i suoi consigli precisi e preziosi.
Lei ha imparato di più in un mese con lui che quasi in un anno con il vecchio professore, eppure quello che non può perdonargli è l’accanimento che ostenta nei confronti di Chris.
Alison sta praticamente facendo il lavoro per Chris, mentre lui dormicchia con la testa appoggiata al tavolo.
Lo guarda e ha paura che lui non riesca ad arrivare a far capire al mondo la sua grandezza, che si bruci prima, che stia cercando in tutti i modi di non permettere che il suo sogno si realizzi. Forse ha paura, forse teme che il desiderio non si avveri e lo rende impossibile in partenza.
Jamie entra per prendere un bicchiere d’acqua.
Si sofferma accanto al tavolo, poi con uno sguardo come per chiedere il permesso si siede accanto a loro e rimane a guardare.
Osserva attentamente Alison che disegna, poi comincia a sfogliare la cartelletta dove ci sono tutti i disegni di Chris.
Li guarda attentamente per lunghi minuti, con uno sguardo che poco per volta diventa sempre più scuro e pieno d’ombra.
Alison si interrompe e lo osserva.
Jamie è quasi trascinato dentro le tavole, sembra che veda cose che non vuole vedere, forse ricordi, forse paure.
La sua espressione si rabbuia, si indurisce, le labbra hanno un leggero tremito, gli occhi si appannano.
Scuote lievemente la testa in segno di diniego, è come se una forza sinistra lo obbligasse a guardare nonostante ciò che vede gli faccia del male.
Alison si alza, gli va vicino, gli cinge le spalle, lo scuote delicatamente, poi chiude con un gesto la cartelletta sfilandogliela dalle dita.
Jamie rimane immobile.
In quel mentre entra Hillary.
“Cosa sta succedendo?” la voce preoccupata.
Chris non si è accorto di nulla, sta ancora con la testa tra le braccia appoggiata sul tavolo, in un dormiveglia che non ha nulla di naturale.
“Jamie ha visto i disegni di Chris” balbetta Alison.
Hillary prende la cartelletta e guarda, il viso si altera.
Depone i fogli con uno sforzo, fa un sospiro profondo, si passa una mano sui capelli, ravviandoli.
“Sono terribili” esclama.
“Sì e bellissimi” aggiunge Alison.
“Bellissimi?”
“Certo, sono opere d’arte”
La donna si accosta a Jamie, lo prende per le spalle.
“Andiamo Jamie è ora di dormire”
Mentre sta per uscire si volta.
“Non mostrarli più a Jamie, penso che gli abbiano fatto del male”
“Hillary il male esiste, non puoi far finta che non ci sia, che sia chiuso fuori da Parker’s House, ce l’abbiamo tutti il nostro oceano di male in cui annegare, l’unica cosa che si può fare è imparare a nuotare”
“E’ vero ma Jamie non lo sa ancora fare, per lui è stato come essere buttato al largo dove non si tocca e… Alison è così anche per Chris sai”
“Per Chris?”
“Sì, lui si sta avventurando troppo al largo, non riuscirà più a tornare a riva”
Chiude la porta e c’è solo il silenzio e il respiro di Chris.



Connor guarda fuori dalla finestra. Si morde un labbro, lo stringe tra i denti fino a sentire dolore, affonda i denti ancora più profondamente finché sulla lingua non assapora il gusto ferroso del sangue.
Appoggia stancamente la fronte contro il vetro. Lì fuori non c’è nulla da vedere, solo il buio che lotta contro la luce dei lampioni e sembra che stia per vincere la sua battaglia.
Guarda l’orologio, ormai è ora, scende le scale.
“Io vado Hillary” annuncia sperando che nessuno lo senta.
Hill mette la testa fuori dalla cucina.
“Un’ora non di più, intesi?”
Connor sbuffa.
Fuori il freddo umido lo accoglie come in un abbraccio.
Saltella un attimo sulle gambe e poi comincia a correre moderatamente in modo elastico. Ben presto si lascia alle spalle la casa, gira per Victory Road e finalmente si sente solo.
La strada è semideserta, dalle case esce una luce che subito si liquefa nella sera, il cielo è nero e l’aria intorno si addensa.
Connor sente il viso accarezzato dal freddo, il respiro che esce in brevi sbuffi di vapore, il cuore che pompa in modo regolare, aumenta l’andatura e intanto mentalmente fa il conto delle calorie che oggi è stato costretto ad ingurgitare. Ha preso nota di ogni cosa che ha messo in bocca, senza farsene accorgere ovviamente, perché il gioco delle calorie è severamente vietato.
In ogni caso sa a memoria quante è stato costretto a trangugiarne in base alla dieta che quel dannato dottore gli ha imposto, pena di nuovo l’internamento in una clinica per disturbi alimentari; guarda il contapassi che tiene in tasca, anche quello un oggetto proibito che lui è riuscito ad acquistare e a conservare in gran segreto.
Non gli interessano le miglia quanto piuttosto le calorie che deve smaltire.
Gli sembra impossibile che Matt e Hillary gli lascino fare la sua corsa serale, forse pensano che per lui possa essere uno sfogo dalla tristezza, dal vuoto. Lo sanno tutti che correre fa bene all’umore, che funziona come anti-depressivo.
In realtà tutto gira intorno ad un equivoco mostruoso: tutti pensano che lui sia depresso, angosciato e che cerchi in qualche modo di uscire dal mondo poco per volta, senza gesti eclatanti. Alcuni pensano che sia malato o matto. Qualcuno pensa che abbia tendenze suicide.
Non è vero!
L’anoressia e l’autolesionismo non sono un modo per cercare attenzione. Non una manipolazione. Non un voler morire. Sono solo meccanismi per affrontare i problemi: punitivi, potenzialmente pericolosi, ma efficaci.
Connor non si piace, odia il suo corpo, si sente talmente morto dentro da ricercare nella sofferenza fisica una prova che è ancora vivo.
L’anoressia e l’autolesionismo gli hanno permesso di controllare quel corpo che ha sempre percepito come persecutore e come nemico: troppo debole, troppo fragile, troppo effeminato, causa degli scherzi e delle battute dei compagni di scuola, delle umiliazioni e frustrazioni subite.
Quanta rabbia ha accumulato fin da bambino, rabbia che era incapace di sfogare in qualsiasi modo, che si accumulava dentro di lui trasformandosi in rifiuti tossici.
Quanta emarginazione e avvilimento sempre facendo finta di niente.
Il tagliarsi è stata la possibilità di mutare in dolore fisico, un dolore interno, un qualcosa di cui non è mai riuscito a parlare o più semplicemente che gli altri non hanno mai capito.
Ricorda che nell’infanzia è sempre stato un bambino iperprotetto, nato da una madre e un padre che ormai avevano perso la speranza di avere un erede, un bambino fragile e malaticcio, debole fisicamente e nel carattere, spaventato dal mondo.
E’ stato con l’adolescenza che qualcosa è cominciato a cambiare, che lui ha trovato un rimedio, un esorcismo alle sue paure, alle sue debolezze.
Ricorda ancora la sensazione dei primi tempi quando il suo stomaco chiedeva cibo e il senso di vittoria esaltante che lo pervadeva quando decideva che no, il desiderio non sarebbe stato soddisfatto.
E’ stato allora che con i suoi genitori i rapporti si sono deteriorati, quando hanno cominciato a fare domande, a controllare ciò che mangiava, ad entrare in bagno all’improvviso, a pretendere spiegazioni rispetto ai tagli che aveva sulle braccia o sulle gambe. Quando hanno iniziato ad avere facce preoccupate, a fargli strani discorsi, a guardarlo come si guarda un malato terminale e a portarlo da medici e da psicologi
I suoi non sono stati capaci di seguirlo, hanno avuto paura, di lui, di quello che avrebbe potuto fare; quando ha cominciato a dimagrire sempre di più, non hanno compreso la bellezza del suo corpo, la fermezza del suo carattere: più facile dargli del malato, dell’anoressico, dell’autolesionista.
Connor ancora non capisce che c’è di male nell’essere in questo modo.
Che c’è di male nel voler controllare la propria vita, non lasciarla al caso, darsi gioia e dolore in autonomia, saper fare rinunce, essere più forti di ogni tentazione, di ogni debolezza, vincere sui propri bisogni e desideri.
I suoi alla fine hanno abdicato, hanno rinunciato ai pensosi tentativi di aiutarlo a “guarire”.
Connor al loro pensiero si sente stringere lo stomaco da una rabbia sorda che gli brucia i polmoni: inetti, incapaci di accettarlo o di cambiarlo.
Se ne sono lavati le mani, hanno chiesto ad altri di prendersi cura di lui.
E poi c’è stata la clinica e tutto il resto e alla fine Parker’s House e Taylor.
Taylor è stata una rivelazione, la prima persona in tutta la sua vita a riuscire ad accoglierlo senza giudicarlo, ad amarlo per quello che è, a non chiedergli di cambiare.
Sa con certezza che solo stando con Taylor ha una possibilità di uscire dalla sua situazione, di poter rinunciare ai suoi tagli, alla sua anoressia, di trovare il coraggio di riempirsi di qualcosa, di rinunciare al suo vuoto, di far entrare qualcuno dentro di lui.
Ora corre e sente il sudore scorrergli lungo la schiena, le gambe gli tremano un po’, la vista è un po’ annebbiata, il cuore martella nel petto e il fiato fatica ad uscire, sembra bloccato in mezzo al costato, chiuso in polmoni al limite del collasso.
Ma lui continua a correre e non si ferma perché tra le mani il contapassi non ha ancora raggiunto le calorie che deve smaltire.
Corre e si sente potente anche se allo stremo delle forze.
Solo poco prima dello scadere dell’ora comincia a rallentare il ritmo, riduce i battiti del suo cuore, il suo ansimare.
E’ completamente sudato ma la felpa copre il suo corpo bagnato e tremante.
Imbocca la strada diritta che porta a casa, quando dall’angolo di Victory Road sbuca inaspettatamente Yuki abbarbicato ad una ragazza bionda.
Non può far finta di non vederli, lo hanno quasi travolto presi come sono a strusciarsi e a sbaciucchiarsi, senza neppure guardare dove mettono i piedi.
“Ehi guarda dove vai” borbotta spostandosi.
Yuki sembra riemergere da un buco nero, ha lo sguardo un po’ sfuocato e un’aria più ebete del solito.
Connor non riesce a reprimere una smorfia di disgusto.
Con Yuki c’è un’ antipatia a fior di pelle fin dal primo momento che lo ha visto, anzi a ben pensarci fin dal primo momento che Taylor ha detto che quel tipo non gli piaceva.
“Ehi Connor, la tua solita corsa dopo cena?”
“Già” risponde di malavoglia e cerca di allontanarsi, per lui i convenevoli si possono considerare conclusi.
“Ehi aspetta, non conosci Nina, vi presento”
Nina è piccola di statura, arriva più o meno alla spalla di Yuki, ha una matassa di capelli biondi incredibile, un groviglio di trecce, rasta, code e forcine.
Il viso è molto carino, sembra quello di una bambola, quasi troppo.
Quello che subito si nota sono in ordine: una serie di piercing che le contornano le labbra, la bocca carnosa e seducente, i grandi occhi azzurri ornati da ciglia chiaramente finte che le danno l’aspetto di un cartone animato.
Ha unghie lunghissime laccate di verde brillante, se ne accorge quando lei gli allunga la mano.
L’impressione è che siano tutte e due un po’ fumati e non perfettamente in grado di comprendere con dovizia di particolari tutto quello che succede, in caso contrario Yuki non si sarebbe fermato a parlare con lui e non gli avrebbe mai presentato quella tipa, solitamente si ignorano vicendevolmente, quando non si stuzzicano pesantemente.
“Abiti anche tu in quella specie di galera?” gli chiede Nina.
“Già ma ancora per poco, fra qualche mese divento maggiorenne e posso andarmene”
“Buon per te, Yuki dovrà aspettare ancora un anno ma questo è il destino ed è necessario seguire il proprio karma. Quest’anno ci servirà per poter rendere reali i nostri sogni”
“Ah sì?” la conversazione a Connor sembra stia assumendo connotazioni un po’ bizzarre.
“E’ così, nulla accade per caso, io e lui avremo il tempo per rinascere sotto forme nuove e poi partiremo per il mondo e il mondo dovrà essere pronto per accoglierci”
“Capisco” Connor comincia a sentire freddo, il sudore si sta congelando sulla pelle e sui vestiti.
“Il progetto di Nina è’ meraviglioso, vede grandi possibilità per noi, per riuscire a sviluppare tutte le nostre potenzialità. Raggiungeremo il mondo con la musica e gli faremo aprire le ali!”
Nina si stringe di più a Yuki, che si china per baciarla.
Connor non sa che rispondere, sta tremando ed è stanco, una stanchezza che gli è scesa come un macigno sulle spalle e nelle gambe.
Quei due sono completamente partiti per un altro mondo che non gli interessa per nulla conoscere.
“D’accordo, io comincio ad andare”
Si volta bruscamente e riprende a correre.
“Che tipo è quello?” chiede Nina a Yuki quando emerge dall’abbraccio.
“E’ uno scassacazzi, se ne sta sempre per conto suo con quell’aria di superiorità come se non volesse mescolarsi alla plebe. L’unico con cui ha legato è stato Taylor, in effetti si assomigliano parecchio, forse per questo si sono trovati così bene insieme. Taylor è l’essere più stronzo che abbia mai conosciuto, un egocentrico totale, non passava giorno che io e lui litigassimo per qualcosa, non mi è sembrato vero quando se n’è andato”
“Se n’è andato?”
“Qualche mese fa, appena ha fatto diciannove anni, ora sta a Londra e sembra che faccia il modello”
Yuki non può trattenere una smorfia di insofferenza.
L’antipatia per Taylor è ancora a fior di pelle, non lo ha mai sopportato con tutte quelle sue arie del cazzo, da cui quell'idiota di Connor si è fatto completamente suggestionare.
Nina si accosta stringendosi a lui.
Ecco cosa gli serve! Quella ragazza è la sua salvezza, la sua possibilità di riscatto, il suo salvagente, la sua occasione fortunata.
L’abbraccia, se la stringe forte, non vorrebbe mai lasciarla andare, vorrebbe starsene così per sempre anche se tutt’intorno è buio e freddo.
Lui e Nina insieme scaleranno la montagna della vita e arriveranno in cima, sa di potercela fare con lei vicino.
E’ Nina che gli ha permesso di rendersi conto che la vera soluzione è non arrendersi mai anche quando sembra che la fine sia vicina, perché invece è solo l’inizio di qualcosa di nuovo.
Non si accorge Yuki di come i suoi pensieri siano gli stessi di Connor. Di come entrambi abbiano bisogno di qualcuno a cui appoggiarsi per poter dare un senso alla vita che altrimenti di senso non ne avrebbe, di come Taylor e Nina svolgano per ognuno di loro la medesima funzione.
Quando Connor entra in casa sguscia direttamente in bagno e apre l’acqua della doccia.
Si spoglia rapidamente e si ficca sotto il getto.
Sente la porta aprirsi e la testa di Jamie fare capolino.
“Non vedi che ci sono io? Che vuoi?”
Jamie lo guarda un attimo e Connor trema perché lo sguardo del suo compagno di camera è come se fosse una brezza leggera che ti tocca la pelle e ti fa rabbrividire.
A volte pensa che Jamie possa guardarlo anche dentro, in modo chiaro e netto.
E ha paura perché non deve essere piacevole guardare il nulla, forse fa venire le vertigini o ti fa stare male.
Ma forse anche Jamie è vuoto e per lui non è qualcosa di così estraneo come per tutti gli altri.
Esce dalla doccia e si strofina per asciugarsi.
Jamie è ancora lì sulla porta, come in attesa.
“Devi usare il bagno? Aspetta un attimo, vattene fuori mi dai fastidio”
Lo spinge con irritazione e chiude a chiave la porta.
Pensa che fra pochi mesi, a primavera, compirà diciotto anni ed allora sarà finalmente libero da ogni tutela, potrà lasciare Parker’s House e andare da Taylor e iniziare a vivere veramente.



Kyle sta chinato sul PC movendo pigramente solo gli occhi e la mano destra.
Digita velocemente una risposta alla domanda che il tipo in chat gli sta ponendo, sorridendo.
Facebook è il suo regno segreto. La sera, quando si connette, il tempo sembra scorrere senza neppure fare rumore.
Lì lui si trasforma in quello che vorrebbe essere: sexy, sfrontato, intrigante, sfacciato e spensierato, di quella leggerezza che nasce da una coscienza pura senza nessun senso di colpa.
Si diverte a chattare mantenendo il tono staccato e divertito di chi ha solo l’imbarazzo della scelta in fatto di uomini, di chi è ricercato e ammirato.
Il suo profilo su fb è tutto un falso a cominciare dal nickname che ha scelto con molta cura e di cui è molto fiero, visto che sembra adattarglisi a meraviglia: “K J Lusty”.*
A Kyle piace fotografare e la sua abilità è a portata di tutti coloro che vogliono rifarsi gli occhi.
I suoi album di foto sono ricchi di inventiva a partire dai titoli con cui li ha accuratamente catalogati: “Lusty sadomaso” “Lusty brava massaia” “Lusty nerd” “ Lusty femme fatal” “Lusty burlesque” e così via.
C’è voluto tempo e soprattutto attenzione per non farsi scoprire durante gli scatti e poi non è stato per niente facile procurasi l’occorrente per rendere i suoi travestimenti realistici, ma insomma Kyle è soddisfatto delle sue foto dove lui appare bellissimo, sexy e affascinante ma mai volgare, solo un tantino eccitante e malizioso, sostanzialmente spregiudicato ed assolutamente disinibito.
Il suo primo amico è stato naturalmente Jared ma poi le richieste sono diventate numerose: amici di Jared, amici degli amici e così via.
Quando è su fb si trasforma e diventava veramente K J Lusty .
Certo le conversazioni in chat non brillano per varietà di argomenti e neanche per approfondimenti culturali, in fondo sono abbastanza monotematiche, ma a lui va bene così.
Solo in quel luogo virtuale e con una identità fasulla si sente bene, si diverte senza sentirsi sporco, si crogiola nel desiderio che sa di suscitare negli altri senza sentirsi veramente in pericolo.
Può parlare lasciandosi andare, diventare ciò che gli altri si aspettano da lui: un sogno erotico, una fotografia guardando la quale ci si può fare una sega.
K J Lusty è in gamba e sicuro di sé, non un idiota che sbava dietro ad un ragazzo cretino e per giunta etero che neanche lo considera, non il ragazzino che Jared usa quando gli altri gli vengono a noia; K J Lusty è uno che lo fa venire duro ad un sacco di uomini che gli chiedono appuntamenti e incontri piuttosto clandestini, che gli fanno proposte indecenti, che non usano mezzi termini per esprimergli la loro approvazione.
Quando Kyle si stanca di K J Lusty a volte va sul suo blog.
Cioè non è proprio suo ma di un certo Devendra che in sanscrito significa re dei re.
Quel nome l’ha scoperto per caso e gli è subito piaciuto un sacco, quanto vorrebbe potersi chiamare così nella vita di tutti i giorni.
E’ un altro nick, è un’altra parte di sé.
Nel blog ci sono sempre delle sue foto che ritraggono attimi di vita che secondo Kyle sono essenziali: un tramonto, una foglia, un ghiacciolo che si sta sciogliendo, un barattolo a fianco del marciapiede, cose così.
Lì Devendra scrive appunti, riflessioni, poesie, riporta frasi di libri o di film che lo hanno colpito.
Non è un blog molto frequentato, ma ogni singolo commento per lui vale come un abbraccio.
Lì Kyle è ciò che ha paura di essere, lascia trasparire la sua dolcezza, il suo desiderio di sentirsi amato, il suo bisogno di avere accanto qualcuno perché lui non sa stare da solo e allora piuttosto si accontenta. Devendra però non vorrebbe accontentarsi, vorrebbe piuttosto imparare a fare a meno di chi non lo merita, vorrebbe riuscire a far coincidere parti di sé che sembrano fare a cazzotti.
K J Lusty e Devendra dovrebbe potersi conoscere e fare amicizia, ma Kyle è sicuro che non si sopporterebbero neppure per un attimo.



* Lust: lussuria
  
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