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Lampade
Orion
agitò la bacchetta e accese una vecchia lampada a olio.
Un
elfo domestico di nome Kreacher era impegnato a chiudere accuratamente
le
pesanti tende di velluto; quando ebbe finito, si allontanò
con passo felpato e
si richiuse la porta alle spalle.
-Walburga.-
esordì Orion, prendendo posto a tavola.
La
donna chiamata Walburga non rispose subito, troppo impegnata a
sorreggere un
bambino assopito sul suo seno. Lo posò con delicatezza in
una culla dall’aria
antica e si voltò verso quello che doveva essere suo marito.
-Sirius
si è addormentato da pochi minuti.- sussurrò,
posando le mani di porcellana
sulle spalle di Orion e stringendole leggermente. Aveva lunghi capelli
mossi,
fermati dietro la nuca da un fermaglio scintillante, e il suo corpo
sottile era
fasciato da una veste piuttosto signorile che brillava alla luce della
lampada.
Né
lei, né suo marito erano più giovanissimi, ma
entrambi conservavano una
fierezza e un orgoglio innati che scintillavano costantemente nei loro
occhi,
come un fuoco eterno. I loro lineamenti fermi, quasi scolpiti,
diffondevano
tutt’attorno un’aura di totale
invulnerabilità, di cui nessuno dubitava ma di
cui molti desideravano la disfatta.
-Siediti
e mangia qualcosa, Walburga.- proseguì Orion, facendo
stridere le posate contro
il piatto.
Walburga
obbedì e prese qualche boccone di ciò che era
stato accuratamente preparato per
lei.
Le
sue labbra si muovevano con lentezza, mentre Orion parlava a bassa voce
della
visita resa a suo fratello quel pomeriggio: le bambine, sue nipoti,
erano molto
piccole, ma già disciplinate e dignitose.
Con
uno scatto improvviso e un atteggiamento che denotava poca o nessuna
attenzione
alle parole di lode dell’uomo, Walburga allontanò
il piatto e strinse le
labbra, infastidita.
-Non
ti senti bene?- domandò Orion, sollevando lo sguardo verso
la moglie.
-No.-
rispose lei, dolcemente. -Sto meglio di quanto sembri, Orion.
La
luce della lampada ad olio si affievolì per un istante,
prima di ritornare più
vivace di prima.
Le
dita di Walburga sfioravano distrattamente le perle che portava ai lobi.
-Sono
incinta.
Sirius
muoveva i suoi primi passi e aprile volgeva al termine, quando Regulus
Arcturus
Black venne al mondo, già carico del pesante fardello di un
cognome così
illustre, e di un nome che rievocava le profondità del
cielo; stranamente
silenzioso, compì il suo primo respiro senza piangere
né strillare.
-È
un bambino tranquillo.- sentenziò Orion, rivolgendosi a
Kreacher.
-Assolutamente,
signore.- rispose lui. S’inchinò brevemente e
proseguì: -Kreacher è contento,
signore… Kreacher è felice che ci sia un nuovo
padroncino a cui offrire i suoi
servigi.-
-Molto
bene, Kreacher. Sono sicuro che mio figlio potrà contare sul
tuo aiuto.
-Il
padrone vuole che Kreacher faccia qualcosa?
-No.
Come sta mia moglie?
L’elfo
domestico strinse la federa con cui era vestito. -La signora sta bene,
padrone.-
-Ottimo,
Kreacher. Ottimo.- Orion si allungò sulla poltrona e accese
la lampada.
-Portami del vino elfico. Festeggio un nuovo Black, che ci
porterà onore.
Non
ci crederete, forse, ma sono emozionatissima per
questa nuova
long-fiction.
Ho scritto molte altre storie su Regulus, ma questa è la prima che non sia totalmente introspettiva e che parli di lui fin dalla nascita.
Spero davvero che sia una buona idea e che possa piacere, perché ho notato che molto spesso le storie che hanno Lui come protagonista non riscuotono molto successo.
Nessuno (o quasi **) lo venera abbastanza, probabilmente. u.u
Come primo capitolo è piuttosto corto, ma andando avanti diventeranno più lunghi (mi fermerò, prima o poi, non preoccupatevi).
Ho immaginato che Regulus sia nato alla fine di aprile perché, in quel periodo, la costellazione di Arturo è più visibile ad occhio nudo (a proposito, lo sapevate che è una delle stelle più luminose e veloci?).
Come al solito, vi supplico di lasciare una recensione.
*occhi dolci da cagnolino*
Al prossimo capitolo, se il primo andrà bene!
Chiara