19. Love Me Tender
Il
viaggio di ritorno fu piuttosto silenzioso: Adia ancora non riusciva a
capacitarsi di aver superato indenne il primo incontro con la famiglia di
Bobby, e soprattutto non riusciva a credere di aver fatto una così buona
impressione da riuscire a farsi immediatamente strada nel cuore delle due
bambine. “Ti senti bene?” si sentì domandare a un certo punto.
“Certo,
sto benissimo. Perché?”
“Perché
non hai risposto alle ultime tre domande che ti ho fatto” le rispose Bobby,
continuando a guidare.
“Scusa,
ero un po’… sovrappensiero.”
“Ti
capita spesso, ultimamente” osservò lui, distogliendo lo sguardo da lei e
lasciandolo vagare sulla città.
“Sì,
è vero” ammise Adia sottovoce.
“Ne
vuoi parlare?”
Lei
scosse la testa e sorrise. “Non è niente di grave. Stavo solo pensando a
stasera. Sono stata bene.”
“Certo
che sei stata bene. I Mercer trattano bene gli ospiti.” Parcheggiò davanti alla
libreria e spense il motore. Si voltò verso Adia e le passò un braccio dietro
le spalle. Si avvicinò con gesti lenti e misurati, insicuro solo in apparenza.
Era incredibile come pochi giorni insieme fossero stati sufficienti ad
insegnare ad Adia come interpretare i comportamenti di Bobby. Lasciò che la
pressione della mano di Bobby sulla sua schiena la spingesse verso di lui, e
lasciò che lui la baciasse. Non c’erano dubbi, Bobby con le donne ci sapeva
fare: un misero bacio era riuscito ad interrompere il flusso disordinato dei
suoi pensieri, e un misero bacio la stava spingendo a desiderare di trascorrere
un’altra notte insieme.
“Stanotte
puoi restare, se vuoi” gli sussurrò, staccandosi di quel poco che bastava per
articolare quelle cinque parole.
“Tu
vuoi che resti?”
“Non
te lo avrei chiesto” gli fece notare.
“Ok,
resto. Tu entra, io parcheggio meglio e arrivo.”
“Va
bene.”
Adia
scese, attraversò il marciapiede e si infilò in negozio, mentre Bobby
riaccendeva il motore e si allontanava di qualche metro. La guardò nello
specchietto retrovisore, chiedendosi ancora una volta com’era possibile che una
donna così bella e speciale come Adia avesse scelto di stare con lui. Rimase in
auto per qualche minuto, cercando ancora una ragione a tutto ciò che stava
accadendo, o comunque cercando di convincersi che stesse accadendo davvero.
L’aveva portata a cena a casa di suo fratello, le aveva fatto conoscere la sua
famiglia… le sue nipoti l’avevano costretta a leggere loro la favola della
buonanotte! Non poteva essere tutto vero.
Si
decise ad entrare, sbarrando l’ingresso al proprio passaggio. Mentre saliva al
piano superiore, si sfilò il giubbotto. Prima di qualsiasi altra cosa, avrebbe
voluto chiederle di dire la verità, di smettere di trincerarsi dietro la bugia
di qualche giorno prima. C’era qualcosa che non gli aveva detto, qualcosa che
stava nascondendo. E non era un’inezia, ne era sicuro. Stava pensando alle
parole più adatte da usare, quando entrò nella stanza e vide Adia seduta sul
bordo del letto, con un’espressione tanto triste da far pensare che sarebbe
potuta scoppiare in lacrime in meno di dieci secondi. “Non ti azzardare a dirmi
che stai bene” la ammonì, lanciando il giubbotto su una sedia e
inginocchiandosi davanti a lei. Non ricevette risposta. “Non hai l’aria di una
che sta bene” continuò, sfilandole piano gli stivali.
“Non
è niente, stai tranquillo.”
Bobby
le lanciò un’occhiata a metà tra il furioso e l’annoiato. “Non mentire a me, agnellino. Dai, che succede?”
Adia
esitò, guardandosi intorno per evitare di doverlo guardare – e per tentare di
non piangere. “E’ per… è per la mia gamba” ammise, finalmente, con un filo di
voce.
“Non
mi importa della tua gamba, lo sai.”
Altro
silenzio. “Mi fa male. Già da un po’.”
“E
non l’hai detto a nessuno?”
“Non
volevo essere di peso.”
Bobby
scosse piano la testa. Sapeva essere così testarda… “Sei stata da un medico,
almeno?”
“Sì,
ci sono stata. Ero al telefono con lui, oggi pomeriggio. Non era un fornitore”
confessò, abbassando la testa in segno di pentimento.
“Sospettavo
che mi avessi detto una bugia. Che ti ha detto?”
“Ho
bisogno di un’altra operazione. Potrebbero… ah, non so nemmeno perché te ne sto
parlando.”
“Tutti
abbiamo bisogno di parlare, agnellino. Dai, che ha detto il medico?”
Adia
esitò ancora. Era stata lei a lanciare il sasso, eppure non sembrava pronta a
continuare la partita. “Io… potrebbero rimettermi in sesto la gamba. Farmi smettere
di zoppicare.”
“Mi
sembra una buona cosa, o sbaglio?” commentò lui, rialzandosi e mettendosi a
sedere accanto a lei.
“Sì,
sarebbe grandioso, però…”
“Però
cosa?”
“Niente.
Niente di importante.” Fece per alzarsi, ma lui la trattenne per un polso e la
costrinse a sedersi di nuovo.
“Però
cosa?” ripeté, severo.
“Però…
servono… ecco, servono soldi.”
“Soldi?
Quanti?”
“C-cinquantamila
dollari. E io non… non li ho.” Abbassò la testa, sperando che i capelli le coprissero
il volto. Non servì, perché Bobby riuscì comunque a vedere la lacrima che le
rigò la guancia.
“Ci
sarà sicuramente una soluzione” la rincuorò lui. “Tuo fratello e le tue sorelle
sicuramente…”
“Aaron
farebbe di tutto per me, questo è vero. Sulle mie sorelle ho qualche dubbio”
rispose sarcastica.
“Perché?
Sono le tue sorelle, in fondo” si stupì Bobby. continuava ad illudersi che
tutte le sorelle e tutti i fratelli del mondo fossero pronti ad aiutarsi l’un l’altro
come lo erano lui, Angel e Jerry.
“Loro…
loro mi considerano responsabili della morte di papà” confessò Adia, alzandosi
e riponendo gli stivali nel solito angolo. “Se non fosse stato per me, non ci
sarebbe stato il musical. Niente musical, niente prove. Niente prove, niente
sparatoria sul sagrato della chiesa.”
“Ma
non è stata colpa tua!” esclamò Bobby, scattando in piedi a sua volta.
“Lo
so, Bobby! So benissimo che avrebbero trovato un altro momento per ammazzarlo,
ma loro non vogliono rendersene conto! Mi considerano colpevole quanto gli
uomini che hanno sparato, lo capisci? Loro pensano che sia colpa mia!” Stava urlando, e stava piangendo. E gli stava
raccontando cose di sé che pochissimi sapevano. Cose di cui non gli sarebbe
importato nulla, dieci anni prima. Ma adesso era tutto diverso: adesso, Adia
era la donna che amava, e vederla così disperata gli faceva male. La raggiunse
e la strinse in un abbraccio, cercando di farle sentire tutta la sua presenza. Le
accarezzò i capelli, mentre lei continuava a ripetere ciò che le sorelle
pensavano di lei.
“Ssh”
le sussurrò, accarezzandola con dolcezza. “In qualche modo faremo. In qualche
modo troveremo i soldi.”
“No,
Bobby, voglio che ne resti fuori.”
“Non
posso starne fuori, Adia. Ci sono dentro. Ci sono saltato dentro quando ti ho
fatta cadere davanti al supermercato.”
Trascorse
qualche minuto di silenzio. “Perché vuoi aiutarmi, Bobby?”
“Io
voglio… voglio aiutarti perché ti amo,
Adia.” Fatto, l’aveva finalmente detto. Ti
amo, Adia.