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Autore: Marguerite Tyreen    24/02/2011    2 recensioni
Dublino, 1919.
Prima di fuggire da se stesso e dalla colpa che gli ha sconvolto l’esistenza, Liam aveva un ideale: l’indipendenza della sua Irlanda.
Aveva un amico fraterno, Shannon, da quando erano bambini.
E aveva Aisling, bella, volubile e orgogliosa. Aisling che li amava entrambi.
Aisling, talmente lontana, ora, da sembrare un sogno.
Adesso del suo passato non gli resta più nulla, se non il ricordo.
Qualche antico ricordo irlandese…
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Il Novecento
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ricordi d'Irlanda' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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 Cuimhnì na Eirinn
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 Capitolo IV: Scent of happiness


 
 
- Sai, Liam – erano passati al tu molto presto, trovandosi subito a loro agio – Patrik mi parla sempre di voi, di te e Shannon, intendo. Ormai è come vi conoscessi anch’io, ma sono felice di averti incontrato finalmente di persona.
Affondò col cucchiaino la panna nel caffé. La bevanda era davvero terribile, ma Aisling era adorabilmente di compagnia.
- Avrai modo di conoscere anche Shannon, se ti farà piacere.
- Non vedo l’ora! – fece lei con una nota di entusiasmo nella voce – Siete amici da tanto?
- Pressoché da sempre.
Si rabbuiò un istante: - Dev’essere bello crescere assieme fin da quando si è bambini. Io, invece, credo di non aver mai avuto nessuna amicizia autentica. Gente che va, gente che viene. Per via del lavoro di mio padre, non sono mai rimasta nella stessa città più di qualche anno: sempre a fare conferenze in giro per il mondo, lui. E noi al seguito. Ma del resto, da quando mamma è morta, lui e Patrik sono tutta la mia famiglia. Mettiamola così, ho visto quasi tutta l’Europa.
- Io non mi sono mai mosso da Dublino, se per questo. Non la chiamerei sfortuna…
- Lo so, ma si finisce per perdere le proprie radici. E si ha come l’impressione che nessuno ti abbia mai conosciuto per quello che sei veramente. A volte penso: se adesso dovessi morire, nessuno saprebbe chi è stata veramente Aisling, no?
Se l’era tenuto stretto quel soprannome, riferendosi così a se stessa fin da subito.
- Che pensieri tristi. Mi consolo: dicono di me che sia un pessimista, ma tu non scherzi.
- In genere sono più positiva, sarà che questo tempo mi mette di cattivo umore.
Fuori dal locale minacciava di piovere entro breve.
- Ecco, vedi, anche all’università veri amici non ne ho. Solo conoscenze. Le ragazze sono poche, da me. E i maschi – disse “maschi” con un certo infantile disappunto – o sopportano a malapena che una donna sia migliore di loro in tutte le materie oppure non fanno altro che corteggiarti, ma in modo stupido o volgare.
- Certo, ti sei scelta uno strano corso. Filosofia, davvero insolito.
- Per una ragazza?
- No, intendevo in generale. Ai politici spetta di cambiare il mondo, ai poeti di inventarlo, ai giornalisti di descriverlo. E a voi filosofi?
- Chissà.- lei si accese una sigaretta. Era una delle poche donne che Liam avesse visto fumare – Forse a noi spetta di interpretarlo, anche se ce ne vuole!
- Mi intendo soltanto di letteratura, non di filosofia. Mi dispiace, ma a me di sedermi a interpretare non è mai andato. Spero non ti offenda quello che dico.
- Sono ben poche le cose che mi offendono, e sicuramente non quello che viene detto in tutta onestà. Eppoi lo so, lo so, che tu non sei tipo da sederti a interpretare il mondo. A raccontarlo forse sì. È strano, sai, ti credevo incline alla meditazione.
- Alla meditazione, non alle chiacchiere, cosa che spesso capita alle nostre riunioni.
- Touché. – sorrise lei – Prima o poi dovrei venire anch’io. La prendereste una ragazza?
- Immagino di sì, non saresti l’unica. Certo che sei insolita.
- Lo prendo come un complimento.
- Oh, non volevo certo intendere che…
- No, no, va benissimo. Sono io a non fare nulla che possa sembrare usuale. Mi piace pensare di essere una persona bizzarra, non ne soffro.
- Sicura?
Aisling si sentiva perfettamente compresa con lui, nonostante l’avesse incontrato appena da un’ora.
Ma ci sono persone che si conoscono in un’ora, in una vita oppure mai.
Liam era talmente limpido che un’ora era stata più che sufficiente, si disse, ben sapendo che lui, invece, con tutto l’impegno e l’intelligenza che avrebbe potuto metterci, non l’avrebbe compresa mai.
Si confidò apertamente: - Forse è l’abitudine. Forse è che devo sempre trovare il modo di accettarmi, facendo qualcosa di inusuale. Forse, semplicemente, sono sempre stata troppo al centro dell’attenzione di tutti, per rassegnarmi che, prima o poi, dovrò pur passare inosservata.
Oddio, chissà che idee ti stai facendo di me!
- Niente di diverso da quello che mi stai dicendo. Anzi, mi trovo molto bene, nonostante il diluvio fuori – ormai la pioggia batteva con forza sulle vetrate del bar – e questo caffé che fa veramente orrore.
Lei rise di nuovo, continuando a tormentare la povera panna che non si decideva a sciogliersi.
- Grazie, anch’io mi trovo bene con te. – aggiunse con dolcezza.
- Sai, forse è questa città che ti va stretta. Non so, dopo l’Europa, finire a stabilirsi a Dublino, che non è certo il luogo più aperto e culturalmente vivace che si possa trovare… Hai letto quell’ultimo libro di Joyce?
- Quale? Dubliners? Sì, certo: ma mi sono addormentata alla quarta storia. Accidenti, non sarà amico tuo, visto che fra scrittori vi conoscete!
- No, figurati. Puoi dire quello che pensi, non mi formalizzo.
- Beh, credo che la mia dormita abbia già detto tutto. E tu come l’hai trovato?
- Penso che abbia ragione, che davvero, a volte, siamo come paralizzati.
- Oh, non credere che sia un problema solo di Dublino. La gente è così un po’ ovunque: c’è quella con la testa piena di sogni e quella che se ne infischia in ogni paese. Non sperare di trovare chissà cosa fuori di qui. – fece un cenno elegante con la mano che reggeva il lungo filtro della sigaretta. Liam rimase per un attimo a osservare la sottile scia di fumo che sciolse i contorni di lei in una fine nebbiolina, prima di venire catturato di nuovo dalle sue parole: -Magari a Parigi si respira un’aria diversa, Roma è ancora vivace, ma tutto il mondo è paese. Temo sia un difetto dell’essere umano: si strugge tra desiderio e noia e non conclude nulla, se non rovinarsi l’esistenza.
Liam la guardò senza capire.
- E’ Shopenhauer, non dirmi che… No, accidenti, non sarai anche tu un hegeliano!
- No, è che proprio io e la filosofia non andiamo d’accordo.
Lei aveva già tuffato la testa bionda nella borsa alla ricerca di qualcosa, prima che avesse potuto finire la frase.
- Ecco qua. – gli porse un volumetto smilzo dalla copertina gialla.
Il mondo come volontà e rappresentazione. Non prometteva niente di buono. Almeno sarebbe stato un ottimo viatico per le notti di insonnia.
- Tu e la filosofia non andrete d’accordo, ma se vuoi andare d’accordo con me… Ma sono certa che noi due diventeremo ottimi amici, non trovi?
- Certo! A patto che tu finirai Joyce.
- Andata. – posò sulla sua la propria manina guantata.
Avevano continuato a chiacchierare a lungo, del più e del meno, degli esami, dei progetti futuri, di qualche vecchio aneddoto del passato. Avevano riso soprattutto, non curandosi della pioggia che, in quel tardo pomeriggio di fine dicembre continuava a cadere fitta e gelida.
Ridevano sotto i portici ed evitando le pozzanghere come due bambini. Era molto tempo che Liam non si sentiva tanto spensierato.
Poi, improvvisamente com’erano arrivate, le nubi color di cenere erano sparite, lasciando posto ad un tramonto limpido, striato di viola.
L’accompagnò fino a casa, da buon cavaliere.
- Ci si vede. - Aveva detto lei, semplicemente, come si conoscessero da una vita. -  Magari anche domani: se ho un attimo di pausa passo da te, tanto siamo a due passi. Chissà che non conosca anche questo famoso Shannon Donovan. Convincilo a venire, uno di questi giorni.
Era rimasto a guardarla finché non sparì dietro la porta d’ingresso.
Quella sera, lasciati da parte i suoi romanzi e quelli altrui, si immerse nella lettura di Shopenhauer, senza trovarla particolarmente interessante. Ma qualche spunto valido era riuscito a darglielo.
Forse non era poi tanto negato per la filosofia, anche se aveva sempre preferito la storia.
Magari si sarebbe fatto consigliare qualche discreto saggio sul patriottismo, che risultasse più utile per la sua attività. Tanto in casa O’Connor le idee dovevano circolare molto più liberamente che nella sua.
Non riuscì a dormire. L’incontro con Aisling, la chiacchierata, le mille idee che già passavano per la sua testa di poeta glielo impedivano.
Era certamente la più bella e la più imprevedibile delle creature che avesse mai incontrato. Non solo, divideva con lui anche l’ideale di Erin. Era più di quanto avrebbe potuto chiedere in una persona. Per la prima volta in vita sua, si sorprese a non dormire pensando ad una ragazza.
 
L’indomani, nel pomeriggio, come sempre era andato a casa di Shannon.
L’aveva trovato insolitamente intento a lucidare l’automobile nel cortile, mansione che teneva a svolgere personalmente, anziché nello studio a scrivere.
- Ehi, vecchio bardo, cos’è quell’espressione raggiante che hai sul muso? Si direbbe che tu abbia vinto alla lotteria.
- Meglio… - fece l’altro, appoggiandosi al cofano della macchina, dal lato opposto a quello che Shannon stava lustrando.
- Aspetta, aspetta: fammi guardare bene. Quella è la faccia di uno assolutamente cotto. Liam, chi è la disgraziata che ha la scalogna di essere corteggiata da te?
- Per il momento nessuna. Ma ho conosciuto la più bella fanciulla di Dublino, Shan. Quella che sarà la mia musa, quella che potrò, nella poesia, paragonare alla bellezza e alla fierezza della stessa Erin.
Bella come una visione, tanto più che come senhal le ho dato il nome di Aisling.
- Come che?
- Il senhal: il nome dietro al quale i poeti nascondono l’identità della loro musa.
- Ah ah… - fece l’altro, scettico – E quando e dove l’hai incontrata?
Gli raccontò brevemente dello scontro coi libri e tutto il resto, di come fosse stata lei stessa a cercarlo.
- Eppoi dicono che sono i giornalisti a far colpo sulle donne, eh? Congratulazioni, pazzo di un bardo. Sono tanto contento per te.
- Vedi di non correre. Ho detto solo che è molto simpatica, non che me la sposo.
- Possibile, Liam, che tu vedi solo le relazioni o come amicizia o come matrimonio? Santo cielo, c’è una vasta gamma di sfumature in mezzo! Mi sa che dovrò darti qualche lezione… A proposito, la conosco?
- E’ Kathleen O’ Connor, la sorella di Patrik.
- Quella Kathleen O’ Connor?
- Proprio lei. Ah, dimenticavo, Shan: vuole conoscere anche te. Patrik le ha parlato molto di noi. Anzi, vuole venire anche a darci una mano alle riunioni.
- Una patriota? Meglio ancora. Mi sta già piacendo, la ragazza.
 
Aisling e Shannon si erano presi subito in simpatia.
Presto tutti e tre erano diventati inseparabili e già aspettavano la bella stagione per organizzare qualche scampagnata con la macchina di Shan.
Aisling non ricordava di aver mai visto due persone legate da tanta affinità come i due amici, nonostante le notevoli differenze di carattere, tanto che, lei che non si stupiva mai di niente, era davvero meravigliata dalla forza della loro amicizia.
A volte temeva di confonderli o di pensare a loro come un’unica entità.
Ad ogni modo, nonostante il loro affiatamento, era stata integrata nel duo, allargato a trio per l’occasione, senza sentirsi mai fuori luogo o inopportuna.
Al contrario pareva davvero che fosse cresciuta con loro fin dall’infanzia e, per la prima volta in vita sua, si sentiva davvero a casa.
Erano passati quasi quattro mesi, dal dicembre del ‘15 fino alla fine di marzo del ‘16, che avevano visto consolidarsi la loro amicizia.
Come sempre, ogni mercoledì, andavano e venivano dalle riunioni, con l’unica differenza che, da diverso tempo, erano accompagnati da Aisling.
A dire il vero, non era un momento per nulla tranquillo dal punto di vista politico, quello che stavano vivendo.
Per le strade c’era aria di insurrezione e Liam non era per niente sereno. Sentiva il suo serpeggiare insinuarsi nelle riunioni, nei capannelli di amici, nella segretezza delle lettere.
Ciò che più lo inquietava era la possibilità di un fallimento anzi, la probabilità di un fallimento, che non sarebbero stati in grado di gestire né di sopportare.
Era nervoso quel mercoledì e, seduto in un angolo, ascoltava i discorsi degli altri torturando tra le mani il baschetto di tweed.
- Ben venga la rivolta, sono troppi anni che sopportiamo. Se il movimento dei Volontari Irlandesi ha intenzione di insorgere noi lo aiuteremo.- aveva detto qualcuno.
Aisling era rimasta un istante a pensare, prima di prendere la parola: - Noi, certo. Ma noi chi siamo? Solo un gruppo di studenti, di privati cittadini che si riunisce per cercare di capirci qualcosa. Ma, politicamente, non contiamo nulla. Siamo disuniti e disorganizzati. Rischiamo di far cadere nel nulla una buona occasione.
Avevano tutti trattenuto il respiro per ascoltarla. Parlava con una disinvoltura impressionante, con la sicurezza di chi è conscio dei propri argomenti.
- Dunque, cosa proponi, Kathleen? Di organizzarci? Con un’insurrezione in giro, tu stai a perdere tempo con le formalità, solo perché ci riconoscano ufficialmente? Ma andiamo! – aveva replicato uno dei presenti.
- Io dico solo che la gente non è con noi. – la voce di Liam li aveva raggiunti dall’ombra – E se la gente non è con noi, per chi liberiamo Erin?
- La gente sarà con noi, se prendiamo l’iniziativa. – Patrik non perse un istante per ribattere con le sue idee.
- No, se non è con noi non andiamo da nessuna parte.
- Spettava a voi poeti fare propaganda. Altrimenti qui finisce che noi liberiamo Erin a costo di sangue e sacrifici e tutta la popolazione si gode la ritrovata libertà senza aver mosso un dito.
- Non è questo che intendo, Patrik. Voglio dire che insurrezione significa inevitabilmente un combattimento e non possiamo farci andare di mezzo gente che ha scelto di non starci, è chiaro?
- Non è chiaro per niente! Per la miseria, Liam, io credevo fossi con noi.
- Lo sono, infatti. Ma c’è la sua differenza fra scrivere un’ode a Erin e scendere sulle barricate.
- Insomma, hai paura. Dillo: io, William Murray, sono un vigliacco che, fin che c’è da nascondersi dietro qualche bella parola lo fa, ma quando poi c’è da pagare di persona…
- Basta così, Patrik. Io sto con Liam. – fece Shannon risoluto.
- Forse non hai capito, Pat. – sua sorella aveva cercato di mediare – Quello che vuole dire Liam è che senza il consenso della gente, senza sapere se l’insurrezione è quello che Dublino vuole, rischiamo di farci odiare dalla nostra stessa patria, oltre che di venire sconfitti. Non possiamo permettercelo ora: la volta che si lotta per l’indipendenza dev’essere quella buona.
- Era suo il compito di fare propaganda, no? Il cantastorie è lui, ma se non vale un accidente, non sarà mica colpa mia, adesso.
- Pat, non sei tu a comandare, nel caso te lo fossi dimenticato. Liam si è dato da fare quanto te e quanto me, quanto tutti noi. Ma tua sorella ha ragione: siamo solo una decina di studenti, cosa pretendiamo di fare?- gli aveva ricordato qualcuno.
La riunione si tolse senza una soluzione definitiva, se non quella di stare ad attendere gli eventi.
In cuor suo, Liam sentiva di aver parlato in tutta onestà e di essere in pace con la propria coscienza.
Al suo fianco, Shannon camminava in silenzio, assorto nei propri pensieri e guardandosi bene dall’interferire in quelli dell’amico, mentre l’accompagnava verso casa.
- Ehi, e adesso si va via così? – Aisling li aveva seguiti, col fiato corto per la corsa – Senza nemmeno salutare? – si era infilata sottobraccio a entrambi.
- Scusaci, siamo tutti e due soprapensiero, direi.- si giustificò Shannon.
- Non ve la prendete troppo per mio fratello, lo sapete che è un egocentrico attaccabrighe.
- Ci mancherebbe. Tu, piuttosto, Aisling, hai parlato molto bene.
- Grazie, Shan, ho detto quello che credevo opportuno. Ma ora non pensiamoci più. E tu, Liam, sorridi, su, altrimenti ti vengono le rughe. – aveva riso, con quella sua bella voce argentina.
A Shannon non sfuggì la tenerezza che ella mise nell’aggiustare amorevolmente il berretto sui capelli di Liam.
- Su, mo mhúirnín bán1 , non essere tanto pessimista: magari le cose andranno meglio di come pensi.
- Me lo auguro, Aisling.
- La serata è meravigliosa. – sospirò lei, annusando l’aria, in un gesto talmente spontaneo da farli sorridere – C’è già profumo di primavera. Perché non facciamo una passeggiata?
Liam annuì: almeno stare accanto a lei era sempre un buon motivo per rallegrarsi.
- Vieni con noi, Shan?
Lui rimase per un attimo indeciso se lasciarli soli oppure seguirli, poi alla fine adducendo il pretesto di un impegno fissato per la mattina di buon’ora si dileguò dietro l’angolo del viale.
- E così Shan ci ha abbandonati. – fece lei, con una certa malizia nella voce.
- A quanto pare… - improvvisamente Liam si sentì in imbarazzo, senza sapere cosa dire.
Rimase per un momento a fissarsi la punta delle scarpe, finché non ripresero a camminare.
Sprofondò le mani nelle tasche, ritrovandovi uno dei saggi di filosofia che lei si ostinava a passargli.
- A proposito, questo è tuo. – le restituì il volumetto.
- Già letto? Lei, signor Murray, legge più libri di quanti non riescano a produrne gli scrittori. La prossima volta ti porto Il patriottismo di Bakunin. È uno dei testi preferiti di papà. Tanto per stare in argomento, quando venite a trovarlo? Da quando sa che anch’io sono sempre con voi continua a chiedermi di invitarvi a casa per conoscervi di persona. Gli piaceresti, sai: adora gli intellettuali.
Liam si figurò brevemente l’incontro e i discorsi che avrebbe potuto fare con il vecchio filosofo O’Connor. Lo ricordava, per averlo visto un paio di volte in facoltà, come un uomo dall’aria austera e poco favorevole alla spensieratezza dei suoi giovani studenti.
- Capiterà. – disse senza troppo entusiasmo, perdendosi ad ammirare la luna che splendeva piena su Dublino in un cielo incredibilmente terso.
- E’ davvero una stagione splendida, non trovi? Ho voglia di primavera, di sole, di abiti leggeri e di correre nel verde.
- Il verde ce l’abbiamo. – scherzò lui, accennando al parco cittadino dall’altra parte della strada -  Magari non per lanciarci in una corsa a perdifiato con questo freddo marzolino, ma per fare due passi…
- Ma sì, andiamo. Non è poi così tardi.
La luna illuminava i viali del parco con il suo bagliore sidereo e irreale, creando un arabesco d’ombre con le fronde degli alberi.
- C’è un che di magico, questa sera… - Aisling si strinse di più al braccio di Liam – Come se la città fosse sospesa, incantata.
- Sarà la quiete, prima dell’insurrezione. Non so se sia veramente magica, questa situazione, o piuttosto inquietante.
- Oh, via, smetti di rovinarmi il romanticismo. Per fortuna che il poeta sei tu! Pensa solo alla magia.
Senti, ne percepisci anche l’odore.
- Perché, che odore ha la magia?
- Questo! Quello della primavera. Non mi credi? Prova ad annusare l’aria…
Liam, a dire la verità, sentiva soltanto il profumo lievemente dolciastro dei capelli di Aisling, lasciati sciolti a sparpagliarsi nella leggera brezza serale.
Riuscì a dimenticare, guardandola, così fresca, giovane e viva, le sue preoccupazioni, le meditazioni e tutto il resto del mondo.
Erano soli nel parco e, a lui parve, anche sulla faccia della terra. Era con lei e non si era mai sentito così meravigliosamente a casa, nel posto che il caso e la sorte gli avevano assegnato.
Capì, in quel momento, ciò che da mesi ormai sospettava: era arrivato il tempo di desiderare che un attimo potesse durare in eterno, quand’erano insieme. Sentiva la sua risata sincera, le sue deliziose manine di seta sfiorare la lana ruvida del suo cappotto, la sua guancia appoggiarsi alla sua spalla, mentre erano fermi ad ascoltare il suono del vento fra le fronde.
Uno scricchiolio sotto i loro passi li fece sussultare.
- Devo aver calpestato qualcosa – disse lei, sollevando lo scarpino. Chinandosi per vedere meglio, rise di stupore vedendo che si trattava di un pettinino.
Fece per raccoglierlo e appoggiarlo sopra una delle panchine, quando lui la fermò: - Non toccarlo.
- Perché mai?
- Potrebbe averlo perso una Banshee
- Una cosa?
- Non conosci la leggenda delle Banshee? Ma che irlandese sei, allora? – le rispose con tono scherzoso.
- Su, su, racconta. – replicò con una sorta di dolce e fanciullesco entusiasmo – Adoro le leggende.
- Shtt, parla più piano. Non vorrai che questi spiriti ci sentano? – disse in un sussurro, cercando di creare l’atmosfera giusta con la voce – Vieni qui.
- Qui dove? No, toglitelo dalla mente, non mi siedo per terra con la gonna bianca.
- Io le leggende o le racconto come si deve o non le racconto affatto.
Non aveva fatto in tempo a finire la frase che se l’era trovata seduta a fianco, col visino proteso verso di lui in attesa della sua storia, come una bambina.
- Le Banshee – prese a dire lui – sono donne giovani e bellissime, vestite di verde, che proteggono i valorosi eroi irlandesi. Quando si pettinano i lunghi capelli, lamentandosi, significa che qualcuno sta per morire. Difatti, hanno sempre gli occhi arrossati, perché piangono sulle tombe dei loro cari. Ma non si fanno mai vedere dagli esseri umani. Se ciò accade, è un brutto presagio, ovviamente. Però la si può costringere a pronunciare il nome del predestinato per salvarlo.
- Non mi piace questa storia: è troppo triste.
- Non è così triste. Se sei una persona onesta e di valore, hai sicuramente una Banshee a proteggerti.
- Quindi forse anche noi ne abbiamo una…
- Bisognerebbe chiedere a loro se ci ritengono abbastanza degni. – sorrise lui. – Chissà, amano i boschi: magari sono qui in questo momento.
Lei sobbalzò, aggrappandosi al suo braccio: - E come nascono queste creature?
- Sono gli spiriti delle donne morte di parto. Oppure di quelle che hanno sofferto troppo per amore, tanto da morirne.
- Poverine, allora mi dispiace! Banshee, mi sentite? Mi dispiace tanto per voi. – disse a voce appena un po’ più alta.
Liam constatò come fosse deliziosamente infantile in quel momento
– Non ve lo porto via il vostro pettine. Che brutta cosa soffrire per amore, non credi?
- Già. Tu ne hai mai sofferto, Aisling?
- Io? Oh no, non sono proprio il tipo, sai. Ho un carattere troppo frivolo.
- Ma sei mai stata innamorata?
- Tutti i giorni! C’è sempre una buona ragione per innamorarsi: della vita, di Erin, della libertà, della filosofia…
- Intendo dire, di un uomo, Aisling.
- Più o meno due o tremila volte – rise – Ma è sempre finita male.
- Forse non era amore.
- Forse sono io a non esserne capace e a prendere sempre tutto alla leggera. Sono una donna volubile, sai. La donna è mobile… - canticchiò in un pessimo italiano, come da libretto, la romanza di un’opera lirica che ricordava di aver sentito a teatro – E tu, sei mai stato innamorato? Ma che domande faccio? È ovvio: sei così carino!
Liam arrossì appena: - Una volta, credo.
- E lei com’era, racconta!
- Sbagliata, per me, evidentemente. – sorrise con un certo imbarazzo.
- Beh, non abbiamo avuto molta fortuna. C’è tempo, c’è tempo! Speriamo che i nostri spiritelli ci aiutino, allora.
- Già… - sospirò lui, lasciando che il silenzio cadesse su di loro.
Si perse a guardare il profilo di Aisling, sottolineato dolcemente dalla luce argentea. Non gli era mai parsa tanto bella come in quel momento.
Scivolò con lo sguardo sulla sua bocca socchiusa e sui grandi occhi color grano, rivolti al cielo.
Improvvisamente, desiderò di poterla baciare. Tremò a quel pensiero, scacciandolo.
Era tutto così meravigliosamente perfetto che non osò rischiare di rovinarlo per un impulso.
Si limitò soltanto a posare la propria mano su quella di Aisling, ancora appoggiata al suo braccio.
- Sei gelata, forse è meglio rientrare – le disse con la voce incrinata dall’emozione.
- Sì… E’ stata una bellissima serata, Liam.
- Anche per me.
 
L’aveva baciato su entrambe le guance, prima di sparire nel portone d’ingresso.

Il suo profumo l’aveva raggiunto più forte di prima, mentre l’abbracciava, e s’impresse nella sua memoria per tutta la notte e per quelle successive.
Lentamente ma inesorabilmente, il profumo di Aisling stava diventando quello, meraviglioso e intangibile, della felicità.
 

 
 _______________
 
1. Gaelico. Trad: “mio caro”

Nota dell’autrice:
 
Mie carissime,
spero che il capitolo vi sia piaciuto, soprattutto in questa ultima parte dell’idillio notturno, al quale sono molto affezionata :)
Come sempre, un sincero e sentito grazie a tutti voi che passate a leggere.

In particolare a:  AlexandraRoses, dubhefly, fruttina89, ginny89potter , Littlejane, Martina97 , Olthir_84 che hanno messo la storia tra le seguite.

A Minimelania per averla inserita tra le ricordate.

E di nuovo a dubhefly, per la prima recensione, di cui sono stata enormemente felice.
 
Se avete piacere di farmi sapere la vostra opinione, io sono qui ;)
In attesa del prossimo capitolo, un bacione e un saluto affettuoso,
vostra
 
Marguerite.

 

   
 
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