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Autore: isachan    26/02/2011    8 recensioni
"Forse era stato in quell'istante... quando, passeggiando per le vie della sua Tokyo, Akito le aveva involontariamente sfiorato una mano.
Un gesto normale, ovvio per due fidanzati.
Forse fu proprio in quel pomeriggio che Sana Kurata pensò per la prima volta che la mano di Akito sarebbe stata quella che avrebbe stretto per tutta la vita."
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi qui!! ^^ Via con il nono capitolo!

 

 

 

CAPITOLO NOVE: NEVE

 

 

Ci fu un momento,- e ci fu davvero-, nel quale, non appena la vide rientrare in casa e sul viso le scorse quello sguardo spento, pensò seriamente di lasciarla.

No, non era uno scherzo. Ci pensò sul serio, perché capì in un attimo il motivo di quello sguardo distrutto. Capì, - d’altronde l’aveva già sospettato-, che Sana non era stata in nessun supermercato a fare la spesa da brava fidanzata. Affatto. Era tornata ancora da lui.

E, per un istante, pensò di non voler sapere più nulla. Di lei. Di Hayama. Della loro storia infinita.

Non voleva sapere cosa si erano detti, il perché Sana era tornata a casa in quello stato. Niente. Voleva solo smettere di soffrire e di essere parte di quella ridicola farsa.

Tutto questo, tutti questi pensieri, questa voglia di chiudere definitivamente con l’unica donna che avesse mai amato, durò il breve arco di pochi secondi, forse anche meno.

Giusto il tempo di vederla avvicinarsi a lui e lasciare che gli sfiorasse il volto con una mano, prima di poggiare la testa sul suo petto.

- Scusami, Nao.

La sentì sussurrare mentre nell’aria intorno a lui già si diffondeva il dolcissimo profumo dei suoi capelli rossi.

- Scusami. Prometto che d’ora in poi non ti farò soffrire mai più. Non esisterà nessun altro tranne te.

   Mi impegnerò con tutta me stessa per amarti come meriti.

D’istinto la abbracciò forte, attirandola a sé ancora di più e poggiando il capo nell’incavo della sua spalla.

- Mi permetterai di amarti ancora, Nao?

E davvero non ci riuscì a mettere in atto i suoi buoni propositi. Di fronte a quella domanda, non poté fare altro che ascoltare il suo cuore e mettere, per l’ennesima volta, da parte l’orgoglio.

Anche un solo istante con te, Sana, vale molto di più di tutto l’orgoglio del mondo.

- Si, ne sarei felice.

Va bene, Sana. Sarò l’uomo più felice del mondo se riuscirai ad amarmi anche la metà di quanto hai amato lui.

La sentì accoccolarsi meglio sul suo petto e non fece caso, o forse volle illudersi di non averlo fatto, a quelle strane gocce salate che gli bagnarono il petto.

 

 

 

                                                                       ***

 

Non sapeva quando, di preciso, avesse iniziato a nevicare.

Però, nel momento in cui poggiò le dita sottili sui vetri del balcone della camera da letto per scorgere il calmo paesaggio notturno, vide che un meraviglioso e soffice manto bianco aveva già ricoperto ogni cosa.

Nevicava, proprio come si conveniva alla notte della Vigilia di Natale.

E sentì di nuovo il cuore pulsare nel petto. Un battito stanco, forse malato, ma pur sempre un battito. Un piccolo, impercettibile colpo sotto le costole, per ricordarle che, nonostante tutto, era ancora viva. Che la morte che aveva sentito nelle ossa mentre scappava via da Akito ancora una volta, non aveva comunque ucciso il suo cuore.

Forse l’aveva fermato per un po’, giusto il tempo di assimilare l’ennesima delusione, di soffocare la voglia di morire al pensiero che sì, stavolta era finita davvero.

Che non c’era più posto per Sana e Akito. Almeno non in questa vita.

 

Forse in un’altra vita, Akito, riusciremo ad essere meno vigliacchi.

Forse saremo capaci di capire che quello che ci legava non andava sprecato.

Ma me ne sono resa conto troppo tardi, sai? Che un amore così meritava persone migliori. 

 

Distolse per un attimo lo sguardo dal paesaggio imbiancato e lo rivolse verso Naozumi che intanto dormiva tranquillo. Studiò con meticolosa attenzione ogni lineamento di quel volto familiare e si sentì una stupida.

Come poteva aver anche solo pensato di lasciarlo? Di lasciare un uomo così meraviglioso?

Forse perché, per un istante, aveva lasciato libero il suo cuore di scegliere. E il suo cuore aveva scelto indiscutibilmente, maledettamente, incomprensibilmente, ancora Akito.

Aveva scelto di annegare in quegli occhi dorati, di saziarsi del sapore di quelle labbra così sue e di cullarsi nell’assoluta certezza che di quel sapore non si sarebbe saziata mai.

Ma era maledettamente sciocco, e masochista, pensarci adesso. Adesso che, forse, lui stava provando il sapore di altre labbra, e annegando in altri occhi.

Mentre, solo poche ore prima, aveva promesso a Naozumi che sarebbe diventata la donna che meritava, aveva sentito una sensazione strana. Un pensiero nuovo a riecheggiare fra le pareti del suo cervello. A urlare quasi, come una condanna.

La consapevolezza che se Naozumi non l’avesse ripresa con sé, se lei non fosse stata abbastanza brava a convincerlo, allora sarebbe rimasta davvero sola.

Forse era un pensiero sciocco… che avrebbe dovuto già provare anche quando, quattro anni prima, aveva gettato al vento tutta la sua vecchia vita, come si fa con un vestito passato di moda.

Eppure quella volta era stato diverso.

C’era stata la rabbia, il dolore, folle e accecante dolore, mescolato alla voglia di fuggire lontano, di evadere da quella storia che era diventata soffocante. Di non vedere più la delusione che appariva negli occhi di Akito ogni volta che lei annunciava allegra di aver avuto una parte nell’ennesimo film. La necessità di non doversi più giustificare con nessuno e di fare ciò che amava senza restrizioni.

Salire su quell’aereo per New York doveva essere solo un modo come un altro per staccare un po’ la spina. Non era, o meglio, non doveva essere, una fine.

C’era stato il pensiero costante, il dubbio legittimo, la lontana speranza, che non sarebbe stato tutto perduto. Che quando sarebbe stata in grado di tornare a Tokyo, Akito sarebbe stato ancora, e sempre, suo.

Poi era apparso Naozumi, inaspettato come una mattina di sole in un giorno d’inverno, e il coraggio di tornare non l’aveva più trovato.

 

Si, quella volta era stato diverso.

Stavolta invece, lo stato d’animo era completamente differente. Stavolta non c’era più il beneficio del dubbio… quel pensiero che “Forse non è ancora finita…che quando gli dirò che non ho mai smesso di amarlo, allora tornerà da me.”

E invece lui non era tornato. E stavolta, davvero, era andato tutto perduto.

 

Sarà meglio che accetti una buona volta che Akito non farà più parte della mia vita.

Sarà meglio che ami Naozumi come merita di essere amato.

E pazienza se ora mi sembra di morire… e se il mio cuore continua ad urlare che non c’è abbastanza tempo, che una sola vita è troppo breve per amare qualcun’ altro come amo Akito.

Stavolta dovrà essere  il mio cuore ad accettare la mia decisione.

 

Giurò a sé stessa che non avrebbe ceduto alla voglia di piangere. Che quando Naozumi si sarebbe svegliato, la mattina dopo, sarebbe stata una fidanzata perfetta.

Ma non quella notte, non ancora.

Non mentre fuori stava ancora nevicando… non finché sul display del suo cellulare, alla voce “data” seguiva la scritta “24 Dicembre”.

Per quella notte poteva essere sé stessa, poteva sentire ancora quella voglia di morire e di correre da Akito per passare la Vigilia insieme. Per scacciare dalla loro vecchia casa qualsiasi donna osasse mettere le mani sul corpo di Akito, in quel giorno così importante.

Sospirò, alzando gli occhi  per ricacciare indietro le lacrime e vide che dal cielo notturno continuavano a scendere fiocchi di neve.

E per un istante le sembrò di vedere, nel grande giardino che circondava la sua casa d’infanzia, un bambino accovacciato sulle ginocchia, con i capelli biondi disordinati dal vento e dai fiocchi di neve, concentrarsi per creare un minuscolo pupazzo, con due piccoli sassi al posto degli occhi e due ramoscelli al posto della braccia.

Un colpo alla memoria, uno schiaffo in pieno viso, una valanga a franarle sul cuore.

Quella scena nitida, incredibilmente reale anche se così lontana. Lo stesso giardino, lo stesso cielo, la stessa bianchissima neve.

“E’ per me? Questo sarebbe il mio regalo?” , gli aveva chiesto allegra.

Lui aveva acconsentito, con il capo chino e le guance leggermente arrossate, colpa dell’inevitabile imbarazzo.

“Grazie!”, aveva risposto, sinceramente colpita dal gesto di quello che allora era per lei solo “un grande amico”.

Solo a distanza di anni capì che quella notte anche lei gli aveva fatto un regalo. Perché, anche se lì per lì non se ne accorse, era stato quello il momento in cui, per ringraziarlo, gli aveva regalato il suo cuore.

 

 

                                                                       ***

 

Il suo era stato indubbiamente un comportamento idiota. E immotivato. E masochista.

Però non c’era riuscito a comportarsi diversamente. Proprio non era stato in grado di acconsentire alla richiesta che Naoko gli aveva fatto, solo poche ore prima.

“Akito, posso passare da te stanotte?”. Un domanda semplice da capire, senza un significato nascosto, senza bisogno di interpretazioni.

Era stato così spontaneo il modo in cui la voce allegra di Naoko l’aveva formulata, che Akito si era ritrovato spiazzato. Disarmato, di fronte alla consapevolezza che anche questa Vigilia non l’avrebbe visto insieme a Sana.

E allora sarebbe stato più che legittimo permettere a Naoko di entrare nella sua casa, nella sua vita e nel suo cuore.

Nessuno avrebbe osato rimproverargli qualcosa se, a quella spensierata domanda ascoltata da dietro un telefono, avesse risposto semplicemente “Si”.

Non sarebbero serviti giri di parole, grandi discorsi che a lui non si addicevano per niente. Solo un “Si”, veloce e indolore come lo strappo di un cerotto sopra la ferita.

Perché una ferita c’era, ed era una cosa che non poteva negare.

Qualcuno era tornato per riaprirla ancora,… aveva sradicato i punti con inaudita violenza, e affondato le unghie nel taglio con cattiveria cieca.

E la ferita aveva ricominciato a sanguinare, dolorosa e copiosa come quando gli era stata inferta per la prima volta, da mani che non avrebbe mai creduto capaci di ferire.

La ferita peggiore è quella provocata dalle mani che fino ad un attimo prima ci accarezzavano.

E non sai quanto ancora faccia male.

 

E allora aveva capito che non sarebbe bastata Naoko a tamponare il suo dolore. Che il sangue non avrebbe cessato di scorrere. Che non sarebbe comunque stata in grado di salvare il suo cuore.

Per questo, dopo aver preso un profondo respiro, a quella semplice domanda aveva risposto con un rassegnato “Scusami, Naoko. Ma stanotte voglio restare solo.”

E il tono della sua voce era stato così affranto che quello “scusami” più che a Naoko, sembrava rivolto al suo cuore.. per le crepe che era stato costretto a sopportare e per l’ostinazione con la quale, nonostante tutto, continuava pulsargli nel petto.

 

Mosse qualche passo stanco per dirigersi verso il balcone che si trovava in soggiorno e poggiò le dita sulle lastre vetrate.

La neve era ovunque. Sulle strade, sulle fronde spoglie degli alberi, sulle auto immobili lungo i marciapiedi.

Era tutto incredibilmente silenzioso, muto, come una vecchia fotografia.

Quando su quel manto bianco gli sembrò di vedere due bambini scambiarsi il secondo di una serie infinita di baci, capì che l’unico modo per guarire era quello di ammalarsi ancora di lei.

Di superare l’orgoglio e il risentimento e di ammettere a sé stesso che c’era una sola verità. Chiara, semplice e innegabile come la neve che ancora stava guardando.

Ti amo ancora.. anche se non lo meriti.

Dopotutto, era così facile capirlo.

- Ti amo, Sana…

Sussurrò a bassa voce, nella vana illusione che lei potesse sentirlo.

Portò una mano sul petto e sentì che il suo cuore aveva iniziato a battere più forte.

E gli sembrò che anche la ferita facesse già un po’ meno male.

 

 

 

                                                                       ***

 

Al suo compleanno non c’aveva mai tenuto molto. Forse perché cadeva in un giorno nel quale le persone sono impegnate solo ad attendere la mezzanotte per scambiarsi i regali e darsi stupidi baci sulle guance in segno d’augurio.

Quindi, quando qualcuno le faceva gli auguri si chiedeva se glieli facesse perché era il suo compleanno o perché era la vigilia di una delle feste più importanti dell’anno.

Poi,- ed era una cosa che la faceva incazzare da morire-, aveva sempre ricevuto un unico regalo. Sarebbe stato impossibile infatti aspettarsi un regalo di compleanno e uno per Natale, visto che tra le due ricorrenze passavano appena 24 ore.

Proprio una bella fregatura, nascere la Vigilia di Natale.

Però c’era un aspetto positivo… il fatto che aveva sempre passato il compleanno circondata di persone.

Le tombolate organizzate in famiglia erano una ricorrenza irrinunciabile e, quindi, si ritrovava ogni anno seduta ad una grande tavolata, a cenare con ogni cibo possibile e immaginabile e a giocare a tombola e ad ogni gioco di carte umanamente conosciuto.

Dopotutto, non era poi così male essere nati il 24 dicembre.

Sospirò, coprendosi meglio con le coperte pesanti e stringendo le braccia intorno al petto per lenire il freddo pungente che aleggiava nella stanza.

Era indiscutibilmente la prima volta che passava il suo compleanno rannicchiata su un letto, quando la sveglia sul comodino segnava appena le 22:30.

 Bè, di certo non poteva pretendere tombolate e grandi cene fino a notte inoltrata, visto l’evento che si sarebbe consumato solo poche ore dopo.

Aya e Tsuyoshi, infatti, aveva ritenuto opportuno andare a letto molto presto. Era troppa l’ansia che li accompagnava in vista del loro imminente matrimonio.

E allora lei era rimasta sola, con il desiderio di essere lontana chilometri e chilometri da quella casa.

Di stringere forte il suo bambino e di svegliarlo presto la mattina di Natale per fargli trovare il tanto atteso regalo sotto l’albero in soggiorno.

Forza, Fuka. Presto potrai tornare a casa.

Si, bastava solo pazientare un po’. E cercare di non essere così egoista e provare a gioire per la felicità dei suoi migliori amici. E poi avrebbe potuto fare quello che le riusciva meglio… fuggire.

Fuggire ancora, e portare con sé quella inconfessabile verità. E chi se ne importa del fatto che avrebbe lasciato ad Aya l’incombenza di non rivelare un segreto così sconvolgente! Tanto lei, da donna matura e comprensiva qual’era sempre stata, avrebbe capito e non l’avrebbe mai tradita.

Scusami Aya… spero solo che un giorno riuscirai a perdonarmi.

 

 

 

                                                                       ***

 

Nella notte, lo sentì respirare tranquillo. Solo ora che tutto intorno a lei era finalmente silenzioso, poteva effettivamente rendersi conto dell’importante svolta che stava per accompagnare la sua vita in una nuova direzione, ancora più bella di quella precedente.

Ricordò che già decidere di andare a convivere con il suo ragazzo di sempre, praticamente l’unico uomo con cui avesse intrattenuto una relazione, era stato un cambiamento enorme.

Lei, che i cambiamenti li aveva sempre odiati.

Di quello, però, non si era mai pentita e, ne era certa, non si sarebbe pentita mai.

Nel buio che aleggiava nella camera da letto, si lasciò andare ad un sorriso commosso.

Ancora poche ore e sarebbe diventata la signora “Sasaki”. Ancora poche ore e Tsuyoshi sarebbe diventato suo marito. Suo marito.

Le suonava ancora così strano pronunciare le parole “Tsuyoshi” e “marito” nella stessa frase.

Da domani, dovrò iniziare ad abituarmi.

Pensò tra sé e sé, coprendosi meglio con le coperte profumate e chiudendo gli occhi nella speranza di prendere sonno.

Probabilmente, non sarebbe riuscita a dormire neppure un istante.

Pazienza.

Qualche ora di sonno sacrificata non era niente se il premio in palio era una vita intera da passare con l’uomo che amava. E lei lo sapeva bene.

 

 

                                  

                                                                       ***

 

“- Quando ti sposerai con Akito, Sanachan, che periodo dell’anno vorresti scegliere?

- Chi ti dice che mi sposerò con quell’idiota, Fukachan?

Fuka sorride, scuotendo la testa e scambiandosi uno sguardo rassegnato con Aya, seduta accanto a lei sul divano della casa che Sana e Akito hanno appena comprato.

- Oh, andiamo! Solo perché ieri avete litigato non puoi dire che non sai se lo sposerai. Non potresti sposare nessun’altro, ne sei assolutamente consapevole anche tu.

Sana sbuffa e stringe i pugni, prima di alzarsi e andare in cucina a posare il vassoio con le tazze che prima contenevano il tè preparato per le sue migliori amiche.

Quando torna nel salotto dove la stanno aspettando le sente ancora ridacchiare per lo scambio di battute avuto prima con Fuka.

Proprio non riesce a capire come le sue amiche possano anche solo pensare che lei voglia sposare un tipo incorreggibile come Akito Hayama!

- Allora Sanachan, in cucina hai trovato anche un po’ di sincerità?

La rimbecca Fuka, ghignando divertita.

- Spiritosa! Davvero molto spiritosa!

- Su, Sanachan. Sai che Fukachan ha ragione. Tu non vedi l’ora di sposare Akito.

Sulle parole di Aya, la saggia del gruppo, si limita a sbuffare e a incrociare le braccia, fintamente offesa.

Bastano pochi secondi e torna a sorridere come sempre, perché, in realtà, sa benissimo che le sue amiche hanno ragione. Lei non vede l’ora che Akito, l’incorreggibile e scorbutico Akito, le chieda di sposarlo.

- Se proprio devo sposare quell’imbecille…

Dice poi, cercando inutilmente di far sparire quel luccichio che le illumina gli occhi.

- … mi piacerebbe farlo il giorno di Natale.”

 

 

 

                                                                       ***

 

Lo spettacolo che si trovò di fronte agli occhi, non appena fu abbastanza vicina per scorgere la piccola chiesetta ad occhio nudo, la lasciò per qualche istante senza parole.

Aveva vissuto a Tokyo praticamente per tutta la sua vita, esclusi quegli ultimi quattro anni, eppure non ricordava di aver mai visto le mura antiche di quella chiesa così caratteristica. C’era qualcosa di magico nelle insenature delle pareti corrose dal tempo e dai mille uragani; qualcosa che faceva di quella piccola struttura un ponte con un’epoca lontana dove gli unici suoni che si sentivano nell’aria erano quelli soavi e gioiosi degli uccellini cinguettanti e del frusciare delle fronde degli alberi mosse dal vento, nelle fresche mattine di primavera.

Lì, in quel piccolo, piccolissimo squarcio di terra, pareva di essere tornati indietro di un bel po’ di secoli.

Ad aiutare quel ritorno al passato c’erano anche gli alberi interamente ricoperti dalla neve caduta durante tutta la nottata precedente.

Vorrei tanto sposarmi anch’io in un posto come questo.

In realtà, da quando la sua storia con Akito era finita, non aveva mai pensato all’ipotesi di potersi sposare. Si era sempre sentita mancare già al solo pensiero di poter passare il resto della vita trovandosi ogni mattina accanto un volto diverso da quello di Akito.

Però, nel sentire l’atmosfera di pace e di serenità che si respirava nell’aria in quel momento, pensò che sarebbe stato bello potersi sposare. Forse un giorno, forse neppure troppo lontano, quando il suo cuore sarebbe stato pieno di qualcuno diverso da Akito.

Quando qualcun altro, Naozumi per esempio, sarebbe stato in grado di riempire tutti i buchi della sua anima, di trovarne i tasselli mancanti.

 

- Aya e Tsuyoshi hanno scelto un bel posto vero?

In piedi accanto a lei, Naozumi le strinse una mano.

- Si, è bellissimo.

Era strano comportarsi normalmente dopo ciò che era successo appena un giorno prima. Avevano passato la notte in silenzio, ed erano andati a dormire senza che nessuno dei due trovasse il coraggio di iniziare una conversazione. E lei sarebbe stata sempre grata a Naozumi per non averle chiesto nulla di ciò che, invece, ne era certa, avrebbe tanto voluto chiederle.

Non c’era stato nessun “Sei andata da Hayama, vero?” o “Cos’è successo tra voi?” o “Sei tornata da me perché lui ti ha respinta?”. Niente. Solo un abbraccio dolce e pieno d’amore. Lo stesso amore che lei stessa si era ripromessa infinite volte di ricambiare, senza però riuscirci mai.

Stavolta, però, sarebbe stato diverso. Stavolta non ci sarebbe stato più il fantasma di Akito ad aleggiare sulla loro storia, perché il fantasma di Akito era stato debellato definitivamente il giorno precedente. Tutto era sparito su quel perentorio “Io non ti amo più”.

 

- Sana, vieni. Entriamo. Sei la testimone, non puoi arrivare in ritardo.

Santo Naozumi che, in un momento come quello, aveva anche la forza di scherzare.

Lo fai per me, vero? Perché sai che sto soffrendo.

- Si, entriamo.

Da oggi in poi ti prometto che farò di tutto per meritare il tuo amore.

- Nao, aspetta un momento…

Lo bloccò, afferrandolo per un braccio e sgualcendo appena la giacca dello smoking in seta nera che avevano comprato insieme qualche tempo prima. Un’idea nuova, forse folle, a balenarle in testa.

E giuro che ti amerò anche di più di quanto io abbia mai amato Akito.

- Cosa c’è, Sana? Qualcosa non và?

Forse amarti come ho amato lui sarebbe già abbastanza.

- Naozumi, vorresti sposarmi?

 

 

***

 

“- Che accidenti significa che è partita?

- Esattamente quello che ho detto, Tsuyoshi. Sana è partita.

Si alza di scatto, scuotendo la testa sconvolto per la confessione del suo migliore amico.

- Per dove? E, soprattutto, quando tornerà?

Akito si stringe nelle spalle, cercando di nascondere quella tristezza nello sguardo che, invece, Tsuyoshi nota in meno di un istante.

- Dovrebbe essere a New York per girare l’ennesimo film e no, non credo che tornerà.

- COSA? AKITO, SIETE FORSE IMPAZZITI?

Oh,si. Devono essere assolutamente impazziti perché Tsuyoshi non ce la fa proprio a concepire l’idea che quei due, gli stessi imbecilli che c’hanno messo anni per dichiararsi il loro reciproco amore, che per tutta la vita non hanno fatto altro che amarsi, alla fine abbiano deciso di separarsi.

- Và al diavolo anche tu, Tsuyoshi!

- O no, bello mio! Così è troppo facile! Ora mi spieghi tutto come si deve. Dimmi per quale cazzo di motivo la tua ragazza è andata via senza darti il minimo preavviso!

- Le ho chiesto di rinunciare e lei ha scelto di partire comunque. Non c’è nient’altro da spiegare.

- Bene. Davvero ottimo, Akito. Complimenti.

- CHE CAZZO VUOI CHE TI DICA? Ha scelto lei di andare via.

- E tu, ovviamente, non hai fatto nulla per fermarla.

Ancora non gli sembra vero. Prenderebbe a schiaffi il volto di Akito se poi non fosse assolutamente certo che sarebbe lui stesso ad avere la peggio.

- Ho scoperto che è partita solo stamattina, quando sono tornato a casa e lei non c’era più.

- Mio Dio… Sana non può averti fatto questo.

- A quanto pare invece l’ha fatto eccome.

Improvvisamente, la voglia di prendere il suo amico a schiaffi lascia il posto all’impulso di abbracciarlo forte. È peggio di una pugnalata al cuore vedere quegli occhi così spenti.

- Quindi non… non le hai chiesto quella cosa?

Akito si lascia andare ad un mezzo sorriso, ma Tsuyoshi sa benissimo che, in realtà, il suo amico non vede l’ora di piangere.

- Vuoi sapere se ho fatto in tempo a chiederle di sposarmi prima che mi abbandonasse? No, Tsuyoshi. Non ho fatto in tempo.”                                                                

 

 

/*/

 

 

Note dell’autrice: Si, lo so benissimo che molte di voi vorranno uccidermi per il modo in cui ho concluso il capitolo. Però non disperate.. ho intenzione di continuare con questa storia ancora per un po’, e quindi dovranno succedere ancora molte cose! ;)

Che dire? Questo è un capitolo introspettivo, uno di quelli che amo tanto scrivere, anche se fondamentalmente non succede niente di rilevante. Ma posso assicurarvi che gli sviluppi “importanti” arriveranno eccome! ^^

I soliti ringraziamenti di rito per tutte voi che mi seguite sempre e mi riempite di complimenti! Vi adoro infinitamente! ;)

Aspetto ovviamente recensioni.

A prestissimo! ^^

 

   
 
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